Una chiesa come tavola rotonda
"Riguardo al perché e al come servire, e chi,
mi sorge spesso questa
immagine alla mente:
una tavola che è rotonda.
Ci
sarà bisogno di segarla per farla rotonda,
bisognerà
ridisegnarla e ridefinirla.
Questo rifare e far rinascere
tavole ecclesiastiche che sono lunghe e strette
può essere
doloroso
sia per le tavole sia per le persone
ma lo fu
anche la croce,
una tavola fin troppo dolorosa
di dono e di
«sì».
Ma da una morte così viene la vita
perché una
morte così arriva mentre si risorge
e si è alla ricerca di una
tavola che sia rotonda.
E come sarebbe una chiesa che ha una
tavola rotonda?
Non
ci sarebbero troni né tribune d’onore
perché ci sarebbe un
solo Re,
che
oltretutto è uno che, proprio a tavola,
lava i piedi degli
altri…
Perché Dio ha chiamato un popolo,
non ha
chiamato «noi» e «loro».
«Noi» e «loro»
non sono
capaci di sedersi attorno
a
una tavola rotonda
perché non ci sono lati su cui sedersi
e
tutti sono invitati a prendere parte
della pienezza e del cibo…
Una
tavola rotonda significa che
non ci sono posti prenotati
nessuno
è primo e nessuno è ultimo
nessuno è migliore e non ci sono
angoli
per «i più piccoli tra voi».
Una
tavola rotonda significa:
essere-con, far parte, stare
insieme.
Significa spazio per lo Spirito,
significa doni e
una profonda e inquietante pace per tutti…
Siamo
noi che, nel presente,
mescoliamo e impastiamo
la pasta del
pane del futuro.
Non possiamo continuare a prepararci per il
passato…"
Chuck LATHORP, In Search of a Roundtable, in: A Gentle Presence, ADOC, Washington, D.C. 1977, pp. 5-8.