domenica 23 luglio 2006

Dalle ferie

Martedì 18 luglio, trovandomi in ferie per alcuni giorni, ho partecipato ad una serata sul tema “Che cos’è la preghiera?” , introdotta dal parroco nei locali della parrocchia di San Nicola di Pietra Ligure.

Lodevole l’iniziativa: almeno 40 i partecipanti. Il relatore non ha certo brillato per la profondità biblica, ma ha lanciato una convinta esortazione a guardare a Gesù come modello di preghiera. Si sa: sono riunioni fatte più per ascoltare che per dialogare.

Non ho però voluto a rinunciare ad un breve intervento sottolineando come nel contesto mondiale sia oggi necessario fare i conti con l’assurdo, l’indifferenza, con le “domande di Giobbe”. Ho voluto sollecitare il relatore, nel contesto ecclesiale di oggi, sul fatto che la chiesa istituzionale non sia così accogliente verso gay e lesbiche, separati e divorziati/e e scarsamente impegnata nel valorizzare le esperienze della altre tradizioni religiose.

Il parroco, con quella banalizzazione che è tipica di molti ambienti cattolici, ha messo nella preghiera l’antidoto alla guerra... Quanto agli omosessuali e lesbiche... “bisogna pregare per queste persone alle quali la natura non ha dato una buona regolarità”.

Siamo alle solite: evanescenza spiritualistica e cultura del pregiudizio. E’ triste toccare con mano che la fede rimane fuori dai luoghi reali della storia e che gli occhiali catechistici prevalgono sulla Bibbia.

Tra un parroco pieno di “normalità” e tante persone “alle quali la natura non ha dato una buona regolarità”... io mi colloco con questi “anormali”... La comunità cristiana... è così “normale”... da essere estremamente monotona, infantile.

mercoledì 12 luglio 2006

Fiamma di fuoco

La prima settimana di luglio in comunità è stata piena di slancio. Anche se la maggior parte dei fratelli e delle sorelle della comunità, quelle che possono permetterselo, godono alcuni giorni di riposo.

Nei tre gruppi biblici di cui sono animatore, mattino, sera e “notturno” (dei 5 che attualmente si ritrovano in cdb), quest’anno è cresciuto l’amore per la lettura biblica come non era mai successo nei 33 anni della nostra storia.

Nei momenti in cui non si pone al centro la ricerca biblica rischiamo facilmente di cadere e ricadere nei soliti "bla bla bla", di parlarci addosso. E’ ancora la Bibbia che ci sorprende quando, acquisita la consapevolezza che i linguaggi e le culture sono lontane dalla nostre, la leggiamo con “l’ermeneutica della simpatia”, con la volontà di inserirci in quel cammino di amore e di libertà al quale Dio ci chiama.

Avendo la fortuna di vivere le mie giornate a contatto con molte persone “maledette” dai poteri o abbandonate alla disperazione, sento sempre di più che la pratica della lettura biblica riaccende continuamente in noi la fiamma della vita, della condivisione.

Martedì 4 luglio abbiamo letto insieme, accanto ad alcuni versetti della lettera di Giacomo, il testo di Esodo 3, 1 - 6: "Ora Mosè stava pascolando il gregge di Ietro, suo suocero, sacerdote di Madian, e condusse il bestiame oltre il deserto e arrivò al monte di Dio, l'Oreb. L'angelo del Signore gli apparve in una fiamma di fuoco in mezzo a un roveto. Egli guardò ed ecco: il roveto ardeva nel fuoco, ma quel roveto non si consumava. Mosè pensò: «Voglio avvicinarmi a vedere questo grande spettacolo: perché il roveto non brucia?». Il Signore vide che si era avvicinato per vedere e Dio lo chiamò dal roveto e disse: «Mosè, Mosè!». Rispose: «Eccomi!». Riprese: «Non avvicinarti! Togliti i sandali dai piedi, perché il luogo sul quale tu stai è una terra santa!». E disse: «Io sono il Dio di tuo padre, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe». Mosè allora si velò il viso, perché aveva paura di guardare verso Dio".

E’ stato appassionante, ci ricordava Amabile, che aveva curato la presentazione, ridirci che Dio non si consuma. Non viene meno né la Sua acqua né la Sua fiamma. Fiorentina ha sottolineato che Mosè condusse il gregge “oltre”. La parola semina in noi voglia di “altro”, decisione per un “oltre” quando da mille parti ci viene suggerito di stare fermi e rassegnati.

Franca, Andres, Tommaso hanno visto nel Dio che chiama Mosè per nome la eco di Isaia 43: “Non temere, io ti ho chiamato per nome... Tu sei mio... Per me sei molto prezioso... io ti stimo e ti amo”. Sì, nonostante tutte le nostre incapacità di vedere e di sentire, leggiamo le Scritture anche per riporre nel nostro cuore questa fiducia e prendere coscienza del nostro essere chiamati/e per nome.

Una fiducia, ricordava Chiara, che si costruisce a piccoli passi perché spesso i paroloni nascondono un vuoto. E se facciamo i sordi? Dio non si dà per vinto e chiama Mosè due volte e Samuele... addirittura tre. Il Dio “svegliarino” ci viene incontro in mille modi... Per Maria è, come ci suggerisce il testo, tutta la realtà di ogni giorno che può diventare “terra santa”, il luogo in cui Dio parla. Spesso è proprio dai luoghi spinosi, dalle situazioni intricate e dalle cause perse che ci giungono il grido e la voce di Dio.

Ti benedico con tutto il mio cuore,
o Dio, fiamma di un fuoco inestinguibile.
Per tu sei l’unica fiamma che non si spegne,
sei l’unico fuoco che arde e che non si consuma.
Da Te, pozzo d’acqua viva e fuoco eterno,
potrò attingere sempre.
Anche le stelle hanno i giorni contati,
ma Tu solo sei la vita senza misura.
Come Mosè, anch’io voglio accostarmi,
voglio che i miei occhi e il mio cure ti cerchino,

capaci di meravigliarsi
“per l’opera delle Tue mani e le parole della Tua bocca”.

Voglio togliermi i calzari delle mie false sicurezze,
delle mie insensibilità per potere scoprire e sentire
che questa vita quotidiana è la “terra santa”

nella quale Tu fai risuonare il Tuo invito
a diventare figli e figlie della risurrezione.

lunedì 10 luglio 2006

Valencia: nulla di nuovo

D) Terminato il viaggio papale a Valencia, quali sono le sue riflessioni?
R) Il viaggio in Spagna ha rappresentato per papa Ratzinger la prima occasione per constatare quanto vuoto si sia creato nella chiesa spagnola, quanta irrilevanza abbia ormai il suo messaggio. A livello di numeri, poi, si è trattato di un vero fallimento.

D) Più concretamente...
R) Papa Benedetto non ha una parola nuova; è di una monotonia sconcertante, non fa che ribadire alcune idee ossessive sulla famiglia e sul matrimonio, senza situare nel contesto e nei problemi di oggi. Un robot avrebbe più fantasia... Si tratta di una litania ammuffita, un canto che è avulso dalla realtà.

D) Davvero si è impressionati dal furore con cui se la prende con le coppie omosessuali... C'é qualcosa di inspiegabile in questo accanimento...
R) Si, sembra che sogni degli omosessuali ogni notte... Sono il suo incubo. In realtà non è del tutto così inspiegabile: la gerarchia si concepisce come la custode di un ordine immutabile e, nello stesso tempo, vede sorgere una coscienza individuale diffusa che manda in frantumi questo presunto ordine. Per la gerarchia la fede è vivibile solo all'interno di questo paesaggio, di questo "ordine naturale". Fuori è tutto desolazione, peccato, errore. La sua battaglia, quindi, è a tutto campo, dove qualcuno mette i passi fuori dal sentiero autorizzato. Questo papa non sa dubitare delle sue certezze perché, quando ascolta, in realtà lo fa solo per organizzare la sua risposta.

D) Non le sembra, don Barbero, che si stia configurando una chiesa di spettatori anziché di attori? Non è questa la chiusura definitiva delle finestre aperte dal Concilio Vaticano II?
R) Direi di più. La chiesa, ridotta a gerarchia, subisce uno snaturamento. La partecipazione, la condivisione delle responsabilità non è un lusso di qualche momento fortunato nella vita ecclesiale. Assolutamente no: se la chesa è essenzialmente comunità, questo travisamento spegne l'ecclesialità, soffoca e nega la struttura portante della realtà ecclesiale. I fedeli diventano spettatori e si diffonde lo "sbadiglio del popolo di Dio". In questo clima di esautoramento della comunità, i fedeli assisteranno sempre di più allo spettacolo religioso e ai teatri sacerdotali "come mucche che guardano passare un treno".

D) Ha fatto riflettere il comportamento di Zapatero che non ha partecipato alla messa papale...
R) Finalmente un politico che ha il senso della dignità e il coraggio delle proprie idee... Ha accolto il papa con rispetto, ha parlato con lui, ma non si è profuso in inchini o in baciamani. Come uomo, è stato coerente con le sue convinzioni. Perché, non essendo credente, avrebbe dovuto partecipare a un rito a lui estraneo? Imparino molti nostri politici che, atei in tutta la loro vita, diventano ipocriti chierichetti di circostanza. Questa è un'ipocrisia non solo italiana, purtroppo.

intervista a cura di Serena Corfù