mercoledì 29 novembre 2006

SEMPRE PIU’ IMPORTANTI

Giovedì 23 novembre ho partecipato al “coordinamento parrocchia di San Lazzaro - comunità cristiana di base” per ciò che riguarda gli incontri periodici che da parecchi anni realizzano le nostre due comunità.

Don Mario Polastro ha proposto, trovando il convinto sostegno dei presenti, un tematica sempre più importante: incontriamoci per dialogare e confrontarci sulla lettura della Bibbia nelle nostre comunità. Sembra profilarsi un percorso a più tappe che potrebbe durare tutto il 2007.

A me sembra che, dopo i fervori degli anni conciliari, lo stato di salute della lettura della Bibbia nelle comunità cattoliche sia in caduta libera.

Non mancano introduzioni, serate a tema, incontri con teologi e teologhe. Ma la lettura continuativa nei gruppi comunitari è poco frequente. Si tratta, al più, di brevi periodi, ma sono poche le realtà comunitarie che tutto l’anno leggono la Bibbia.

Dovremo, tornando a queste iniziativa delle due comunità, individuare - come faremo nelle prossime settimane - un percorso a tappe più preciso, ma i lineamenti sembrano questi:

1- “Lettura popolare della Bibbia”: ascoltiamo e lasciamoci interpellare da altre esperienze.

2- “Nella vita delle nostre comunità che cosa rappresenta la lettura della Bibbia: fecondità, difficoltà, percorsi”.

3- “Apporti delle letture storico-critiche, femministe, narrative, in chiave psicologica del profondo”.

In vista di questo percorso, che resta gioiosamente aperto a chiunque voglia aggiungersi da altre esperienze, mi permetterò di segnalare alcune opere semplici e utili e di proporre qualche riflessione.

Lo farò da questo “spazio”, convinto come sono che la parola di Dio resta il pane dei nostri cuori nel nostro cammino di fede. Questo “accendere il desiderio della parola di Dio” è sempre stato e resta tuttora il centro del mio ministero.

Intanto caro amico e cara amica, siamo nella “furia” natalizia. Trovati dieci minuti ogni giorno per leggerti una parabola, sostare in silenzio, ascoltare, pregare.


FORZA RAGAZZI/E DI RIVALTA...

Che gioia ho provato in questi incontri con voi, cari ragazzi e ragazze di Rivalta...  I vostri 10 - 16 anni sono autentiche fioriture di vita.

Abbiamo conversato sul “Vangelo di Marco” e sui “racconti di miracolo” in un dialogo spontaneo e vivace. I vostri animatori/animatrici fanno con voi un cammino di amicizia e di fede davvero significativa.

Quando, come avviene da parecchi anni, incontro 6 o 7 volte l’anno i vostri genitori per gioiosi pomeriggi di studio e di confronto, mi rendo conto che voi avete la grande fortuna di vivere relazioni costruttive e di ricevere stimoli preziosi. E’ un grande dono di Dio...

Siete un gruppone di 25 ragazzi/e che sorridono alla vita e la stanno prendendo in mano sotto il sorriso di Dio.

lunedì 27 novembre 2006

JUAN JOSE’ TAMAYO

Venerdì 24 novembre a Torino, presso il Gruppo Abele (Corso Trapani 91) ho partecipato all’incontro di gay e lesbiche credenti, da tempo programmato come conclusione del Gay Pride di Torino dell’estate appena trascorsa.

Il tema: “Una fedeltà scandalosa? L’amore nella coppia gay e lesbica” è stato presentato dal teologo cattolico Juan Josè Tamayo con grande preparazione e con altrettanto coraggio.

La sua relazione ha soprattutto esplorato le origini e lo sviluppo di una teologia morale sessuofobica che è tuttora parte dell’insegnamento del magistero cattolico. Platone, Paolo di Tarso, gran parte della patristica, Agostino di Ippona costituiscono le tappe dell’insediarsi di questa visione dualistica in cui il corpo viene considerato e percepito come la prigione o il nemico dell’anima.

Questa ossessione, secondo il teologo spagnolo, non nasce in seno all’ebraismo o al cristianesimo, ma trova crescente spazio nella tradizione cristiana. In Agostino, vescovo di Ippona, questa elaborazione troverà il suo più funesto compimento.

Secondo Tamayo, la cui relazione verrà tradotta in italiano e diffusa nei prossimi giorni, il camino verso una teologia morale liberatrice è ancora lungo perché la gerarchia cattolica non fa un serio riferimento al Gesù storico ed è prigioniera della tradizione, letta in modo tradizionalistico.

Al dibattito ha anche partecipato una numerosa rappresentanza della “Scala di Giacobbe”.

Ho voluto manifestare pubblicamente a Tamayo il mio personale apprezzamento per il prezioso contributo biblico e teologico.

Di lui voglio segnalare, oltre ai contributi che spesso compaiono su ADISTA, due preziosi volumi:
- Dieci parole chiave su Gesù di Nazareth
(Editrice Cittadella, Assisi, 2002, € 31,50);
- Per questo lo hanno ucciso (Editrice Cittadella, Assisi 2000, € 14,50).

Si noti che Tamayo è un teologo laico, ovviamente inviso al vaticano. Una buona ragione in più per leggere i suoi scritti.

sabato 25 novembre 2006

"Non è mica vangelo"

da: PRIDE, dicembre 2005

"Non è mica vangelo"
Intervista a Don Franco Barbero

di Matteo Bandini

Sogna Zapatero cardinale. Considera l'"inquisizione vaticana una dittatura che teme la felicità dei sudditi". E che ha bisogno di quel "chierichetto di Bruno Vespa". Vuole i preservativi in Africa. Intervista a don Franco Barbero, il prete dissidente espulso da Ratzinger, che a gay e lesbiche credenti consiglia di "ribellarsi alla prigione ecclesiastica".

Sono quasi tre anni che don Franco Barbero, presbitero di Pinerolo, vive nella condizione di paria. Nel marzo del 2003 ricevette dall'allora prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, Joseph Ratzinger, una lettera con sentenza inappellabile di "riduzione allo stato laicale e dispensa dagli obblighi". In pratica, un benservito.

Lui, in tutta risposta definì Ratzinger un "buttafuori". Don Franco è un teologo dissidente che ha contestato i dogmi cattolici: il celibato dei sacerdoti; la verginità di Maria - "È servita ad appoggiare l'oppressione patriarcale delle donne; la fede non ha bisogno di statuine, ma di persone in carne ed ossa" - il ruolo della donna; le posizioni del Vaticano contro divorzio, contraccezione e omosessualità.

Ha benedetto le unioni fra preti e donne laiche e gli amori delle coppie gay. E si è schierato a favore del World Pride di Roma del 2000. Nell'anno del Giubileo, lui sfilava contro corrente con quelli che vanno "contro natura", determinando buona parte di quei pruriti che sono poi sfociati nella sospensione "a divinis". D'altronde ha sempre detto che l'omosessualità è un dono e che "diventiamo etero e omo in mille modi diversi. Dio non fa un pezzo sbagliato, Dio non è la Fiat".

Anche dopo la sospensione, ha continuato a guidare spiritualmente la sua comunità di base di Pinerolo (www.viottoli.it), che raccoglie cattolici, valdo-metodisti ed appartenenti alle altre chiese evangeliche, dando la benedizione al gruppo di credenti gay e lesbiche, la Scala di Giacobbe, sorto all'interno della sua comunità.

Don Franco, lei, come tanti altri "don anonimo", è ogni giorno a contatto con i problemi della gente comune. La gerarchia, invece, sembra lontana dalla quotidianità delle persone. Mi chiedo se la legge di Dio sia fatta a favore dell'uomo, o se l'uomo debba seguire, attraverso i catechismi, la legge di Dio imposta dalle gerarchie. Non è una sottomissione dell'uomo ad astratti principi gerarchici?

Non ho mai pensato che la chiesa si possa tagliare come un pezzo di formaggio o dividere nettamente in buoni e cattivi. Tanto meno ritengo di essere il rappresentante del bene. Mi sembra, però, che la gerarchia cattolica, come struttura, sia in larga misura al servizio dell'oppressione delle coscienze. Essa oggi è una delle strutture del dominio patriarcale, legata mani e piedi ai poteri reazionari e impegnata in prima fila contro la crescita dei diritti nella società civile. Dal mio punto di vista, la chiesa è un altro pianeta rispetto alle gerarchie che nulla hanno in comune con il Vangelo o quello che lei definisce la legge di Dio. Il mestiere della gerarchia è rendere le persone sottomesse. Gesù è stato, invece, un maestro di tenerezza, di felicità e di responsabilità. Si può "essere chiesa" senza obbedire alle gerarchie. Anzi, spesso è proprio la fedeltà al Vangelo che ci spinge a disobbedire alle gerarchie. O meglio, a non riconoscerle come autorità morali!

La sola sessualità contemplata dalla Chiesa è quella procreativa laica. Le recenti confessioni dell'Abbè Pierre di aver ceduto alle tentazioni della carne, il caso del cardinale Groer di Vienna e gli scandali di pedofilia dei vescovi americani aprono interrogativi. Come può la Chiesa (che per sé professa la castità), pretendere dai laici ciò che, attraverso suoi rappresentanti, essa stessa trasgredisce?

Penso che lei per "chiesa" intenda la gerarchia. Come può una struttura tutta maschile e maschilista essere sana? Di fronte alla sessualità del corpo, al piacere e realtà simili la gerarchia ha sempre emesso "verdetti" assoluti e sessuofobici. Lo stesso celibato (che può essere vissuto onestamente quando è una scelta libera e revocabile), quando diventa obbligatorio è una farsa, un'ipocrisia, un'oppressione. I frutti si vedono: amori nascosti, sessualità repressa, relazioni clandestine e poi... patologie come la pedofilia.

Lei conosce preti non casti?

Certamente. Ci sono preti che hanno rapporti con prostitute o storie di sesso infelice. Conosco però anche molti preti che amano sentimentalmente e sessualmente una donna o un uomo con grande castità. La castità è l'amore vero, non l'astinenza. Molti preti hanno preso la libertà di amare e fanno benissimo. Per molti però, la clandestinità è una grande sofferenza.

Conosce anche coppie di preti gay?

Sì, alcune sono felicissime. Altre hanno paura dell'inquisizione vaticana che si è fatta crudele, spietata, feroce. Tutte le dittature hanno paura della felicità dei "sudditi".

Gianni Vattimo sostiene che la Chiesa sopravviva, "reclutando manodopera" dai Paesi in via di sviluppo. La crisi del sacerdozio nei Paesi occidentali è evidente. Perché la Chiesa impone il celibato?

Un prete affettivamente realizzato non sarebbe più un funzionario a disposizione dei superiori. Nella stagione dell'obbedienza e della sessuofobia, se lo immagina un vescovo che deve fare i conti con il prete, la moglie e i figli? E poi un uomo povero di affetti e privo di una qualche forma di famiglia, economicamente rende di più e costa di meno. Quindi stanno reclutando a migliaia preti papalini, opusdeisti, focolarini... che, almeno sulla carta, si dichiarano celibi, casti, obbedienti. Importante è soprattutto la... dichiarazione di castità. Poi... è decisivo "che non si sappia"...

Ha mai conosciuto preti sieropositivi? Se sì, come si comportava la Chiesa?

Ho conosciuto pochi preti sieropositivi e, invece, parecchie suore. L'istituzione, in questi casi, ha praticato la condanna, l'ipocrisia, l'abbandono. È la "gerarchia", chiesa "matrigna", che ha il cuore di pietra.

Secondo gli ultimi dati Unicef, ogni minuto un bambino africano viene contagiato e un altro muore di Aids. La Chiesa ha delle responsabilità? Ostacolare la diffusione dei preservativi, sapendo che il sesso viene praticato ugualmente, non significa implicitamente favorire la diffusione dell'Aids?

Devo dirle però che a questa pratica assassina, a questa cultura della morte molti missionari si sono sottratti e molte suore sono all'avanguardia nel serio lavoro di prevenzione. Là è molto più importante distribuire preservativi e diffondere la cultura della prevenzione che non celebrare la messa: due cose molto belle, mi intenda!

Lei è stato ridotto a laico con l'obiettivo di indurre "sofferenza che aiuti a maturare sentimenti di conversione". La Chiesa si oppone alla pillola abortiva, sostenendo che ridurre il dolore, banalizzerebbe l'aborto e ne aumenterebbe le richieste. In questa cultura del dolore, anche l'aids può essere letto come un "giusto" castigo per i "peccatori"...

Vede, la gerarchia per mantenere il suo potere ha bisogno di persone con la schiena curva e il cuore gemente. Gesù aiutava le persone a diventare "erette" e cercava i sentieri della loro liberazione. La gerarchia vuole fare "clienti" che abbiano sempre bisogno dei suoi "prodotti", sempre bisognosi di chiedere permesso. I movimenti femministi, la coscienza femminile oggi diffusa, i gay e le lesbiche consapevoli e felici hanno rotto questo quadro e quindi la gerarchia ripete i suoi diktat in modo sempre più perentorio ed ossessivo. Davanti alle persone che crescono psicologicamente e spiritualmente la gerarchia è impotente. I cittadini e i cristiani adulti sono la disperazione della gerarchia che, invece, ha bisogno di chierichetti come Vespa o degli atei devoti come Pera, Ferrara e simili.

Il tormento interiore di molti gay credenti nasce dall'omosessualità o da come la Chiesa fa vivere l'omosessualità ai suoi credenti? Sensi di colpa e di inutilità, compresi.

Ho scritto migliaia di pagine su questa particolare questione, nei miei libri e in risposta ad un'incredibile quantità di lettere ricevute. Oggi i documenti ufficiali parlano in un linguaggio perfido di rispetto e "comprensione". Certo, non possono negare la realtà degli omosessuali. Ma sia il Lexicon, sia il Compendio catechistico, collegano le relazioni omosessuali al "disordine affettivo", al "contro natura", all'anomalia, al peccato, all'attentato alla famiglia. Purtroppo molte lesbiche e molti gay cattolici continuano a sentire questi discorsi come parola di Dio e non riescono ancora a liberarsi da questa ideologia ecclesiastica. Da molti anni cerco di accompagnare le amiche e gli amici che in tanti modi mi contattano, a uscire da questa prigione ecclesiastica. La fede è un'altra cosa e oggi esiste un gran numero di teologi e di biblisti che aprono sentieri di libertà.

Vorrebbe fare cardinale Zapatero?

Povero Zapatero... Non vorrei collocarlo in un consesso così reazionario! Però mi permetta di sognare un cardinal Zapatero. Ci vorrebbe davvero in alto loco qualcuno che avesse il suo coraggio sia nella chiesa che nel parlamento.

Qual è la sua ricetta per una Chiesa più snella?

Una chiesa che prenda sul serio il Vangelo, che divorzi dai banchieri e dalle dittature militari e psicologiche... Sarebbe già un buon inizio... non le pare? Insomma, una chiesa amica delle donne e degli uomini, una chiesa che vive per l'amore e la giustizia... Una "chiesa gerarchica" che scende dai troni e vive sulla strada.

giovedì 23 novembre 2006

VELLETRI

Ho partecipato alla prima parte del convegno della Rete Evangelica Fede e Omosessualità (R.E.F.O.) che si è svolto a Velletri da venerdì 10 domenica 12 novembre su “Le chiese cristiane di fronte alle benedizioni di unione: un panorama europeo, ricerca per un percorso comune”.

Ho apprezzato il coraggio degli organizzatori, ma ho constatato che in Italia anche le chiese protestanti (che pure ne parlano e ne discutono apertamente) sono in grande difficoltà di fronte alla decisione di “benedire” le coppie di gay e lesbiche cristiane.

Eppure qualcosa si muove se in convegni come questo si possono liberamente esprimere voci diverse, senza censure e senza autocensure.

Le chiese protestanti in Italia stanno per preparare un’assemblea che affronterà entro il 2007 l’argomento in maniera specifica. Un buon segnale di serietà e di coraggio.



POLLARI

Siamo davvero in uno stato particolare.

Un alto funzionario viene meno alle sue responsabilità, tradisce completamente il suo dovere, viene dimostrata la sua condotta assolutamente corrotta e... che cosa fa il governo? Gli assegna un “incarico speciale” presso la Presidenza del Consiglio.

Un operaio viene licenziato in tronco, un altissimo funzionario viene spostato ad altro incarico. E’ questo malcostume che toglie credibilità alla politica.

Simili decisioni sono frutto di quella viltà che non possiamo più tollerare. I deboli pagano, i potenti sono pagati e la fanno franca.

Vorrei sapere se gli hanno anche dato una liquidazione e qual’è il suo attuale stipendio. In questi casi occorre avere il coraggio di licenziare.

Ho molto stima di Prodi, ma ritengo questa scelta vergognosa, compromessa, inescusabile, sporca.

martedì 21 novembre 2006

ARIA PER L’AMORE - Corso di preparazione al matrimonio

Domenica 3 dicembre dalle 14,30 alle 16,30 ha luogo a Pinerolo un incontro (il primo di una serie di tre) di uomini e donne credenti o in ricerca di fede che vogliono riflettere sul senso di vivere in coppia.

Come avviene da anni, questi incontri sono aperti a persone eterosessuali, omosessuali, transessuali, separate e divorziate... Per chi vuole è possibile partecipare il mattino alla celebrazione eucaristica della comunità di base (ore 10 – centro comunale di via dei Rochis 3), al pranzo e poi... all’incontro pomeridiano.

Luogo: corso Torino 288. Tematica: “Aria per l’amore: un amore aperto alla vita comunitaria e ai problemi del mondo”.

Modalità: Presenterò una scheda con interrogativi, piste di ricerca, osservazioni.



UN POMERIGGIO DI VERA COMUNICAZIONE

Domenica 19 novembre ho vissuto un pomeriggio intenso con gli amici e le amiche della “Scala di Giacobbe”. Attorno al tema della solitudine, sul quale avevamo anticipato alcune considerazioni il sabato pomeriggio, la riflessione si è organizzata in positivo.

Si tratta di valorizzare le possibilità che abbiamo di vivere esperienze di amicizia, di comunità, di solidarietà, di vicinanza. Dalla stessa realtà del gruppo possiamo attingere la forza, lo stimolo, la spinta a “gettare ponti” nella nostra vita quotidiana.

Ovviamente è la qualità delle relazioni che conta: relazioni appunto, non solo momentanee connessioni. Ci hanno colpito alcune puntualizzazioni di Zigmunt Bauman “Vita liquida” (Laterza) in cui si sofferma a descrivere il degrado delle relazioni che spesso sono vissute come disimpegnate connessioni e sconnessioni...

Mille pensieri sono stati mesi in circolazione, ma soprattutto abbiamo respirato un clima caldo, pieno di affetto e di ascolto reciproco...

venerdì 17 novembre 2006

"SONO UN PRETE FELICE LEGATO A VINCOLO DI OBBEDIENZA SOLO A DIO"

da: www.liff.it, 22 ottobre 2006

INTERVISTA: "SONO UN PRETE FELICE LEGATO A VINCOLO DI OBBEDIENZA SOLO A DIO"
Franco Barbero, sacerdote celebrante nel 1978 del primo matrimonio tra due persone dello stesso sesso; da allora sono in tutto 104 le coppie omosessuali e 70 le coppie etero “divorziate”, da lui unite

di Ludovica Mazza , Lega Italiana Famiglie di Fatto

Torino:” Jutta Pabst, convivente dello scrittore-pittore Silvano Bernasconi, morto all’improvviso per un malore lo scorso 20 Agosto, non può entrare nella casa dove ha convissuto per anni con il suo compagno, La Procura ha posto i sigilli per tutelare gli eredi, la prof.ssa Pabst richiede solo gli oggetti personali per vivere e lavorare.”

Roma: “Benedetto XVI desidera ripristinare la Messa in latino in tutte le Chiese Cattoliche del Mondo”

Roma: “Benedetto XVI ammonisce le famiglie a non lasciarsi travolgere da moderne correnti culturali ispirate all’edonismo e al relativismo ed esorta a mantenersi fedeli nella loro vocazione in ogni stagione della vita, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, come hanno promesso nel rito sacramentale: non osi separare l’uomo ciò che Dio ha unito!”

Brescia: “ Hina Saleem, la giovane pachistana massacrata a coltellate dal padre non ha ancora avuto un degno funerale . Il convivente della ragazza ha chiesto di poterle dare sepoltura in Italia, in contrasto con l'intendimento della famiglia di seppellirla in Pakistan. Al momento non vi sono basi giuridiche per soddisfare tale richiesta”.

Roma:” Prodi dal Papa: I PACS non sono previsti nel programma di governo, ma si prevede il riconoscimento dei diritti delle persone che scelgono un’unione di fatto”


Reality o Soap Opera? Ovviamente la mia mente malpensante mi rievoca l’oscurantismo, l’ipocrisia e il perbenismo. Basita di fronte a tale indifferenza sono “ascesa” in quel di Pinerolo per chiedere conforto a Don Franco Barbero, sacerdote celebrante nel 1978 del primo matrimonio tra due persone dello stesso sesso; da allora sono in tutto 104 le coppie omosessuali e 70 le coppie etero “divorziate”, che hanno ricevuto un’identificazione così considerevole da un sacerdote cattolico.


Franco Barbero 67 anni, ordinato ministro di Dio nel 1963, è un religioso italiano ridotto allo stato laicale il 25 Gennaio 2003 da Papa Giovanni Paolo II, con un decreto della congregazione per la dottrina della fede, firmato allora dal cardinale Joseph Ratzinger, eletto il 19 Aprile 2005 al soglio pontificio.

Quali sono i pensieri di Don Franco di fronte a questo comportamento vaticano da KGB? Qual è la Sua missione? Lo Stato Italiano è un feudo della città del Vaticano? L’omosessualità è una svista di Dio, o “Dio non è la Fiat”? Le Unioni di Fatto, di qualsiasi sesso, hanno diritto ad una tutela legale, ad un riconoscimento giuridico e magari cattolico?

Ascoltiamo, con umiltà e silenzio, un sacerdote di gran vitalità e “passione”, un uomo libero, un maestro di preghiera, un mago della comunicazione interpersonale. Fondatore della Comunità di base di Pinerolo, in provincia di Torino, geniale, vulcanico e innamorato della vita.

Lei si sente un sacerdote?

Se per sacerdote s’intende ministro della comunità, mi sento tale, ora più che mai e non ho tenuto in alcuna considerazione il decreto “ad personam” del Papa, reso esecutivo dal cardinale Ratzinger. Il provvedimento può considerarsi invalido, non ascoltando il soggetto su cui si sentenzia ed è un modo incivile non dialogare e risolvere comunque “a suon di scomunica”.

Indi la maledizione papale è divenuta la mia benedizione: non ho mai avuto tantissime richieste di ministero come in questo momento e incontro le persone più belle, sane ed oneste; le persone che non hanno in mano tutte le certezze, affrontano i problemi, la vita e non possiedono la carrozza della verità.


Mi dilettano le persone “appiedate”, mi piace chi cammina lungo il sentiero della vita, guardando negli occhi le persone, i problemi e non ricevono alcuna telefonata divina, indicante i percorsi umani di questa nostra esistenza. Sono un prete felice.


Ha fatto vincolo d’obbedienza e rispetto, non ha mantenuto la promessa?


Quando promisi obbedienza e riverenza, erano queste le due parole, credevo ingenuamente che obbedire al mio vescovo fosse l’anticamera dell’obbedienza a Dio. Mi sono reso conto che i funzionari del tempio sono esecutori d’ordini societari e nulla hanno a che vedere con il vangelo, di conseguenza ho maturato ben presto il doloroso, ma chiaro convincimento che tra l’obbedienza alla gerarchia e l’obbedienza a Dio vi era un profondo divario.


Successivamente la mia coscienza mi ha suggerito di obbedire a Dio e non al magistero e non è stato un ingenuo ribellismo, ma una maturazione spirituale, psicologica e culturale, indicatami dal confronto con molte donne e uomini: il popolo di Dio.


Il Suo è un sentiero, paragonabile alla famosa poesia di Robert Frost: “ Due strade divergevano nel bosco. Io scelsi la meno frequentata”?


E’ un contrasto che all’inizio sembra insuperabile, in seguito diventa liberatorio: un’urgenza insita nell’anima c’induce a scegliere, se stare dalla parte della vita, dell’onestà e del vangelo. A quel punto è necessario opporsi e sono felice di aver infranto il mito dell’obbedienza gerarchica, altrimenti sarei stato un vile. Rispettare la gerarchia è infinitamente facile e molto comodo, perché c’è chi t’indica ciò che è giusto o sbagliato, chi è nella natura o contro natura, sono padroni di tagliare il mondo come il formaggio!


L’abitudine “ all’argent” è fondamentale, perché in “Quella” Istituzione non manca e non ti è negato! Fuori si ha la necessità di pagare le bollette e conoscere la vita: dall’enel al gas, dall’acqua all’affitto, questa è l’onestà del reale, dell’esistenza. Sono contento di aver potuto disobbedire al faraone.


Se potessi tornare indietro, prenderei le medesime decisioni, le stesse scelte, il tempo insegna: lo farei prima! Dopo 43 anni di sacerdozio sento che la strada percorsa è stata la migliore, rapportata a ciò che l’istituzione avrebbe continuato a propormi.


Alcun rimpianto?


Per quello che mi riguarda e ciò non è molto piacevole, aver perso l’amicizia d’alcuni miei confratelli…


L’ hanno abbandonata?


Evidentemente una parte mi ha visto come il diavolo, indi l’acqua santa si mette da parte.
Molti mi telefonano e mi scrivono di nascosto, che non si sappia!

Questo aspetto mi ha causato sofferenza. Non ho subito un’emarginazione, è vero che ho perso qualche corpuscolo d’amici, ma ne ho trovati altri, numerosi e molto più vivi, ho una vita intensissima con contatti di una ricchezza straordinaria.


Numerose volte i giornali hanno descritto la mia figura come se facessi cose straordinarie: l’eucaristia con due donne lesbiche o due uomini gay, una celebrazione matrimoniale di una coppia etero in seconde nozze o una gay, assolutamente ordinario. L’interrogativo che mi pongo, quando officio la messa, non è il modo con cui si amano, E’… Se Sì Amano; perciò soffro, quando nella pubblicistica, tutto questo è presentato come una cosa eccezionale, forse è una sofferenza che in parte comprendo.


Che cos’è l’Amore?


Soprattutto ciò che il femminismo ha scoperto e che continua ad asserire, spesso inascoltato: è prendersi cura, è mettere insieme una grande passione, una bella corporeità vissuta secondo le stagioni dell’esistenza…Si, è un grande prendersi cura.


La tenerezza è uno dei valori assoluti della vita, dove corpo e sentimenti coabitano, tutto ciò supera il dettame patriarcale. Bisognerebbe vivere gelosamente il soffio vitale: intraprendere, sognare, creare, rispettare e non invadere. Il prendersi cura è il vertice più alto dell’amore, reciprocamente, nel bene e nel male, nella fragilità, nei limiti, accettarsi.


La libertà, la morale comune, la propria coscienza, il libero arbitrio, come si possono manifestare nei confronti della società, permeata di ipocrisia e falso perbenismo, di fronte alla Chiesa, allo Stato e a Dio?


La strada che conduce alla libertà è bella, avvincente ma difficile, perché da ogni parte giungono echi di schieramento: nella cultura, nelle chiese, nella società, a volte nei partiti; insomma è difficile compiere il percorso di libertà, però lo ritengo possibile nel senso ideologico, se apriamo gli occhi sulla vita ci sono tante voci da ascoltare, tanti momenti, una moltitudine di emozioni.

Sono stato a Torino per la manifestazione “ Laici in piazza” e ho visto un bosco di positività, ci sono tanti suoni, uomini, donne, i gruppi, i movimenti; di conseguenza il metodo migliore è il confronto continuo, l’ascolto reciproco, il dialogo, evitando alcune contrapposizioni, sovraesposizioni, come il Papa ha fatto con i mussulmani. Ecco, io credo sia possibile continuare questi percorsi di libertà e di libero arbitrio, nel confronto e nello studio, con un’espressione seria, positiva e costruttiva.

Nella chiesa vige la censura, in realtà mi sembra molto importante non parlare in sacrestia, bensì a viso aperto e compiere personalmente un itinerario di libertà interiore, di argomenti da portare sulle questioni, di mitezza nel dialogo, nessuno vuole scomunicare nessuno, ma anche di autonomia nell’esistenza quotidiana.

Mi spiego meglio, moltissimi miei confratelli mi parlano con grandissimi ed enormi sensi di colpa, con una dipendenza dall’istituzione che hanno interiorizzato come la Madre: non sono mai nati, non hanno mai visto la luce. Poi esiste realmente il problema economico, conosco migliaia, ma migliaia di preti che mi dicono: “ o mangio questa minestra o non campo”.

Io non mi nutro di questa “brodaglia”, perché ho imparato cosa significa mantenersi e allora capisco quanto sia tragico vivere alle dipendenze di uno, che se non mangi i suoi prodotti, se non esprimi le sue idee, se ti discosti da un’opinione, ti castagna! Se tue sei dentro l’istituzione possiedi la casa, la macchina, il telefono, hai tutto! Oggi è un privilegio incredibile!


Credo la chiesa, soprattutto a livello gerarchico, una società di assicurazioni. Guardi cos’è accaduto politicamente, si ostentano discorsi di pace, poi s’impartisce l’ordine ai vescovi americani di appoggiare la rielezione di Bush, questi sono i fatti. La chiesa a livello gerarchico non vuole perdere alcuna amicizia ricca e potente, quello che mi dispiace maggiormente è che si metta sul conto di Gesù una disumanità ecclesiastica. Gesù è sempre stato molto umano: la chiesa è disumana.


Un matrimonio su due dura al massimo tre anni. Nel 60% dei casi le persone iniziano un nuovo rapporto di coppia. Perché lo stato non può legiferare nei confronti delle unioni di fatto etero e gay?


Ritengo lo Stato Italiano represso e impedito nel Suo legiferare, perché inferiormente ci consideriamo una provincia dell’impero Vaticano, dovremmo aver capito che non siamo un feudo, ma una società di liberi cittadini! Purtroppo, nella cultura diffusa dai nostri politici e amministratori, trova troppo spazio la consultazione oltre Tevere, è una tradizione drammatica la nostra, in questa Italia subiamo un condizionamento fortissimo del potere Vaticano che su tutto interviene.

In questi giorni si disquisisce sul testamento biologico, sull’eutanasia, il Papa si esprime e allora parla agli Onorevoli, ai Senatori cattolici ,dicendo loro qual è la posizione che dovremmo assumere, come nella lettera inviata ai politici riguardo ai PACS, le unioni di fatto. L’ingerenza Vaticana da un lato e la poca crescita laica dei rappresentanti del popolo che non sanno rappresentare il popolo!

Spesse volte mi chiedo se intendono raffigurare la volontà dei cittadini o il dominio Vaticano! Inoltre è sconcertante che ciò sopravvenga nei partiti della sinistra, per quanto possa rincrescere, nel frattempo ci sono dei processi di crescita laici, purtroppo sono stentorei, lenti, contradditori. Ci troviamo in una situazione di vera difficoltà, avessimo qualche Zapatero!

Conosce, naturalmente, i PACS. Cosa ne pensa del progetto di legge presentato dall' On. Grillini?


Conosco bene i PACS, con Franco Grillini li presento volentieri durante manifestazioni e quant’altro. Li ritengo un passo di civiltà , per prendere in considerazione tante situazioni che attraverso la solidarietà, potrebbero trovare non dico la soluzione integrale, ma decisamente migliorie o addirittura deliberazioni conclusive: anziani, uomini, donne.

Mi rammarico che sia la chiesa a condannare, proprio Lei, oratrice di solidarietà! Ma non si è capito che qui si vuole garantire giuridicamente un aiuto reciproco? Ma è mai possibile? Nasce una proposta di legge che vuole far crescere nella società l’unione, l’accordo, la partecipazione , la felice convivenza, evitando tante violenze e tante miserie e cosa si fa? Ci si contrappone!

Ritengo i PACS un primo passo per regolare tante situazioni di sofferenza facilmente risolvibili. Affermare che questa proposta di legge sia contro la famiglia, è puramente un’invenzione ideologica, non c’è alcun attentato a nulla e a nessuno, c’è semplicemente un allargamento del concetto di famiglia., un arricchimento interiore.


Ha celebrato matrimoni tra persone divorziate?


Si. Ho celebrato tanti matrimoni, in seconde nozze, dopo aver ascoltato queste persone che mi hanno raccontato le loro storie, il bello e il brutto, la sofferenza e la rinascita. Ritengo che cristallizzare gli individui nel dolore sia la cosa più insana di questo mondo. Ho visto nascere in queste coppie, a volte dopo separazioni molto provate, nuovi amori e ho sorriso, gioendo con loro, perché quando nasce un amore ti senti sempre bene!

Per quale motivo condannare alla solitudine, all’ansia e all’infelicità…? E’ nato un amore! Si fa tesoro dell’esperienza precedente, le seconde nozze sono sempre indovinate! Si amano, si vogliono bene, certo usando discernimento, di conseguenza procedo tranquillamente in barba a tutte le leggi ecclesiastiche, perché la felicità degli uomini e delle donne viene prima di tutte le regole. Nel vangelo non c’è alcuna opposizione a questa situazione e la società a questo è arrivata prima della chiesa.

Quante sono state le coppie divorziate che lei ha sposato, la loro provenenza e l'estrazione sociale?


Le coppie che ho sposato in seconde nozze sono circa una settantina e provengono da parti molto diverse, dal Veneto, alla Sicilia, parecchi dal Lazio: sono coppie che hanno trovato porte sbattute in faccia e sono persone di grande intendimento umano, che hanno allevato famiglie, hanno continuato a prendersi cura dei figli nati all’interno del primo matrimonio, hanno un grande sentimento di fede e vogliono AVERE un segno di fede.

Anche di età molto diverse, l’ultima coppia che ho sposato avevano lei 68 anni lui 72. E’ una bella decisione! Come estrazione sociale, direi ceto medio, persone provenienti da ambienti cattolici e qualche coppia non particolarmente credente, poi ci siamo incontrati ed è nato un desiderio di fare un cammino spirituale e cristiano.

L’atteggiamento più ipocrita che riscontro in alcuni sacerdoti è quando dicono: “ non venite a fare la comunione qui, andate in un altro paese, a 20 km”, si appellano alla coscienza dei loro parrocchiani, ma in modo tragico, perché questa è una scuola d’ipocrisia, le cose sono o non sono, purtroppo questo è un atteggiamento estremamente diffuso.

Lei ha celebrato 107 matrimoni gay di cui alcuni transessuali. L'omosessualità è ancora considerata una diversità?


Devo dire, per quanto dispiaccia riconoscerlo, che in una parte della popolazione c’è ancora questo tragico pregiudizio:sono in essere ed in atto dei sostanziali cambiamenti, se ne parla, anche molte persone di una certa età hanno accolto bene questa evoluzione. Le persone più giovani hanno avuto altri stimoli per riflettere, anche se nei giovanissimi c’è un certo timore, dovuto alla paura di affrontare una vita che ha molti volti: la pluralità.

Quando scarseggia la nostra autostima, ci rispecchiamo ossessivamente nella nostra identità, fomentata ulteriormente dalla morale cattolica con parole in culturali, volgari e pesantissime: contro natura, anormalità, malattia. Oscenità “ di ordinaria follia”, perché si chiude l’omosessuale nel senso di colpa, si consiglia un bravo confessore, un terapeuta funzionale, nell’appoggiare le tesi sopra descritte.

Purtroppo anche nella chiesa protestante, pur avendo una maggiore apertura nei confronti della dinamica omosessuale, non c’è un grande coraggio. Il 10 Novembre sarò a Roma per il convegno protestante delle coppie e delle benedizioni omosessuali, ma nemmeno questa chiesa si pronuncia a favore delle coppie gay.

Cosa consiglia a quelle persone che non riescono a dichiarare la prorpia omosessualità e cosa suggerisce ai genitori, amici, colleghi?


Una domanda grossa, la domanda che spesso mi sento rivolgere. Tantissime persone non riescono a dirlo ad altri, perché ancora non hanno compiuto il passo di dirlo a se stessi. Cosa consiglio? Che non si isolino, che prendano contatto con realtà diversificate: gruppi di gay credenti, gruppi laici, Arcigay, Arcilesbica, che vivano, quindi comunichino. In realtà, pur rispettando i soggetti che hanno tutte queste incertezze, pongo sempre una domanda: “ quando diventerai una persona che avrà il coraggio, cosa possiamo fare per aiutarti?


Dobbiamo fare di più, in modo che le persone siano coscienti della loro dignità, della bellezza, dell’amore e del vivere secondo la nostra personale natura: trovarsi nella vita. La chiesa insegna a nascondersi, nel lavoro gli ambienti sono estremamente delicati, però si deve acquisire un’indipendenza psicologica, perché la realtà è conflittuale. Purtroppo sono pochissime le famiglie raggiunte dall’AGEDO.


Adozione per coppie gay?


L’adozione è accudire: non sono legato alla figura maschile e femminile, perché i ragazzi nella società incontreranno entrambe le persone. La nostra legge prevede, per le coppie eterosessuali, una disamina dell’attitudine, della stabilità e delle capacità accuditive , così dovrebbe essere per le coppie omosessuali, eguale trattamento.

Le prime indagini compiute sui figli di gay e lesbiche dicono che questi non hanno alcun disturbo aggiuntivo rispetto agli altri. Nella nostra comunità ci sono due donne lesbiche che vengono da matrimoni precedenti e hanno figli, le bambine stanno benissimo! Se c’è amore accuditivo, dov’è il problema??
Si possono superare “documenti” in nome dell’amore. Noi siamo la chiesa e lo stato dei certificati, abbiamo dimenticato gli uomini, le donne e il loro cammino nella vita.

Cosa possiamo fare per indurre i politici italiani a legiferare nei confronti delle unioni di fattoetero e gay?


Intanto non rassegnarsi! La battaglia per i PACS deve rimanere al centro dell’attenzione.


La proposta dell’On Grillini la trovo molto importante, perché può trovare un fronte più ampio e mi sembra fondamentale che i PACS non siano esclusivamente legati al fattore omosessuale, ma percepiti come solidarietà al di là del genere e del sesso.


Lavorare per le alleanze parlamentari, organizzare iniziative di aperture, un esempio, il registro delle unioni civili nei comuni.


Tutto questo perché solleva dibattito, pone il problema, fa discutere nelle associazioni, nei comuni, nel volontariato. Ogni battaglia per la laicità deve essere portata avanti con costanza, in modo continuativo e pubblico, altrimenti si rischia di incorrere nel pericolo di battaglie isolate o regionali, che non producono effetti.


Il centro-sinistra dovrebbe darsi delle priorità su questo capitolo e terreno dei diritti. Per esempio quello che ha fatto Zapatero, senza farne un mito, è stato fondamentale per la Spagna. Il re Juan Carlos, richiamato all’ordine dalle autorità vaticane, ha semplicemente risposto che avrebbe firmato le leggi proposte dal suo paese.


Ci sono persone della sinistra ecclesiale, come Zanotelli e Ciotti, estremamente validi, che però non si espongono su questi argomenti. Se si combatte contro la mafia, la droga, la pedofilia, non ci sarà alcun ordine gerarchico ecclesiale che potrà ostacolare questi buoni intendimenti, perché per la chiesa si rappresenta il volto pulito di una realtà sporca.

Nella chiesa cattolica il mito del matrimonio eterosessuale è un dogma, il divorzio lo rompe, ma non lo nega! L’aborto è qualcosa che non nega affatto, la chiesa dice: “ è un incidente di percorso”! L’unione gay scardina quello che è il dogma:« Per sua indole naturale, l'istituto stesso del matrimonio e l'amore coniugale sono ordinati alla procreazione e all'educazione della prole e in queste trovano il loro coronamento ».

Mentre l’aborto e il divorzio non toccano questa unicità della struttura del matrimonio eterosessuale monogamico, che fanno difendere da dio come una soffiata divina, l’unione omosessuale ribalta totalmente la situazione.


Lo stato non deve occuparsi dei dogmi ma dei bisogni del suo paese!


Cosa augura alla Chiesa...

Auguro alla Santa Romana Chiesa Cattolica ed Apostolica che arrivino due o tre Papi come il pastore tedesco, paradossalmente figure di questo genere, così oppressori e faraonici , fuori dai processi di liberazione, fanno crescere una precisa distinzione: una cosa è la fede con una comunità di credenti che si confrontano, l’altra è la chiesa burocrate, la chiesa caserma, esercito.

Forse qualcuno comincia ad aprire gli occhi, si comincia a dire che la fede è un’altra cosa. Se Dio è così brutto, io mi allontano, mi spavento! Se Dio è così mostruoso come lo sono le leggi ecclesiastiche, da domani inizio a rapinare banche!


Cosa augura allo Stato Italiano...


Allo Stato Italiano auguro semplicemente laicità. Pensare in base alla ragion-critica e alla ragion- politica costruttiva, prendere in considerazione i cittadini e le cittadine e smetterla di sbirciare in Vaticano. E’ uno stato con cui mantenere rispettosi colloqui ,ma non deve influire nelle cose interne, è uno stato straniero! E il capo di stato straniero quando va in visita al parlamento, non si sieda al centro, ma sotto a chi detiene il governo delle istituzioni (leggesi presidente del consiglio),
gli si può assegnare una bella sedia, ma non situarlo nel nucleo principale della Camera, sono cose che stupiscono, sembra che tutti diventino chierichetti!

Con questa esilarante battuta saluto Don Franco Barbero, guardando negli occhi un sacerdote, a tutti gli effetti, in grado di fare pastorale.


Di cosa ha paura la Chiesa?
Delle persone che si dedicano totalmente ad amare il prossimo e far scoprire loro il silenzio interiore. Di coloro che hanno il coraggio di amare e di esistere, perché contribuiscono a far sì che migliaia di individui credano in se stessi e si lancino nell’avventura di vivere per gli altri. Di coloro che hanno il coraggio di dire un sì assoluto alla vita.

mercoledì 15 novembre 2006

SE L’ITALIA IMPARASSE DAL SUDAFRICA

A Città del Capo la settimana scorsa il Parlamento ha votato a larga maggioranza la Civil Union Bill, la legge che autorizza il matrimonio omosessuale.

Così il Sudafrica è il primo Paese del continente a legalizzare l’unione tra due persone dello stesso sesso. Si noti: la legge è stata approvata con 230 voti a favore, 41 contrari e 3 astensioni.

L’entrata in vigore della legge è prevista per la fine di novembre e sarà applicabile ad ogni cittadino/a che abbia compiuto il diciottesimo anno di età.

Com’era prevedibile, la gerarchia cattolica e alcune istituzioni religiose hanno subito condannato la legge che, secondo il governo, rientra nel suo impegno di combattere ogni forma di discriminazione.

Se sapessimo imparare dal Sudafrica...

OLMERT: MEGLIO IN CASA CHE AL GOVERNO

L’Unità di lunedì 13 novembre ha riportato, in un servizio da Tel Aviv, un commento sul Gay Pride di Gerusalemme da parte di una figlia lesbica del presidente Olmert.

E’ interessante notare che, mentre sul piano politico Olmert è un convinto militarista, in casa - secondo le dichiarazioni di questa figlia - è un padre più rispettoso. C’è sempre qualcosa di buono anche nel cuore di un “uomo di guerra” come lui.

Ma più che al granello di eventuale bontà di Olmert, sono interessato al coraggio di questa “figlia” che sa essere se stessa con grande dignità e con pari chiarezza.

‘Per noi è stata una vittoria amara’. Così, in una rara intervista, una figlia del presidente Ehud Olmert ha descritto le proprie sensazioni quando venerdì ha preso parte assieme alla propria compagna alla manifestazione del Gay Pride nello stadio universitario di Gerusalemme, fra ingenti cordoni di polizia predisposti per impedire attacchi da parte della comunità ultraortodossa. Ricercatrice di letteratura ebraica e responsabile di una casa editrice, Dana Olmert ama di solito tenersi lontana dalla luce di riflettori. Attivista di estrema sinistra, ha preso parte a un picchetto di protesta quando mesi fa una famiglia fu distrutta sulla spiaggia di Gaza da una deflagrazione attribuita dai palestinesi alla artiglieria di Israele. Inseguita dai fotoreporter, la figlia del presidente lasciò subito la zona per difendere la sua privacy. ‘Da un lato sono stata molto felice di ritrovarmi fra quelle che sono le persone più dolci che io conosca’ ha detto, parlando della manifestazione del Gay Pride. ‘Ma d’altra parte - ha proseguito – c’era qualcosa di triste nel fatto che ci hanno rinchiusi in un ambiente limitato, sembrava di essere in gabbia. All’ingresso ci hanno chiesto di metterci un nastro rosa, siamo stati tenuti alla lontana dagli abitanti di Gerusalemme’ “.

Queste righe, che cito da L’Unità, ci rimandano comunque un altro messaggio: gli spazi di libertà vanno conquistati con mitezza e con determinazione.

MA QUESTO E’ INFORMARE?

In questi anni ho molto riflettuto sulle modalità e sui contenuti dell’informazione. I motivi per questa riflessione sono, ovviamente, uno più di mille, ma io ho dovuto farlo anche partendo da una vicenda personale.

Di tanto in tanto mi telefona qualche giornalista per una intervista. A parte qualche lodevole eccezione, mi sento rivolgere la domanda: “Quanti matrimoni omosessuali ha già celebrato?”.

Cerco sempre di spiegare, con pazienza e con chiarezza, che nella mia vita non benedico nozze gay da mattina a sera, ma per l’intervistatore questa mia precisazione è quasi sempre inutile o irrilevante. Egli non ha interesse o non riesce a collocare questa mia scelta in un contesto più vasto e più meditato.

Se dico che vivo dentro l’esperienza della chiesa di base, che mi occupo di teologie della liberazione, che ho scritto alcuni studi sulla figura di Gesù, che mi occupo di volontariato, che lavoro come animatore di gruppi biblici... tutto questo non interessa il mio interlocutore.

Lui vuole ad ogni costo scrivere quattro righe che facciano scoop. Io che cerco ostinatamente di avviare una riflessione, che mi prefiggo di evitare lo scoop, che amo ragionare evitando gli slogan e le semplificazioni, il più delle volte mi vedo costretto a rifiutare queste semplificazioni oppure a leggere un articolo che banalizza tutto.

Credo che una delle rivoluzioni più urgenti consista proprio nella qualità dell’informazione. Passare dal gioco delle parole alla capacità di “educare al pensiero” è un impresa oggi tanto difficile e contro corrente quanto necessaria.

Certamente continuerò a celebrare l’eucarestia di tante belle nozze omosessuali, ma... la mia vita colloca questa scelta in un camino comunitario in cui, come cittadini/e e credenti, siamo impegnati perché crescano nella società e nella chiesa la pratica della giustizia, l’espansione dei diritti, la responsabilità verso il creato. Ogni tessera ha il suo significato se inserita nel mosaico.

martedì 14 novembre 2006

“Noi preti, la Chiesa e le donne”. E-mail di amore e sofferenza

da: LA REPUBBLICA del 1 febbraio 2004

Franco Barbero era un sacerdote, cacciato dal Vaticano per le sue prese di posizione contro la morale sessuale. A lui scrivono centinaia di religiosi.

“Noi preti, la Chiesa e le donne”. E-mail di amore e sofferenza

di Paolo Griseri


Scrivono, si sentono in colpa, accusano la chiesa cattolica di ipocrisia. Ma soprattutto soffrono in silenzio, condannati dalla tonaca, dai voti e talvolta dall'indigenza a una dura clandestinità. «Quello che appare ogni giorno sul monitor del mio computer - dice Franco Barbero - è un autentico oceano di sofferenza». La sofferenza di scoprire l'amore per una donna dopo aver promesso eterna fedeltà a Dio e alla sua chiesa.

Fino al 14 marzo 2003 anche Franco Barbero era un prete: quel giorno il Vaticano lo ha cacciato dal sacerdozio proprio per le sue prese di posizione contro la morale sessuale propugnata dalle gerarchie cattoliche. Così la pietra dello scandalo che la chiesa aveva scartato è diventato il confessionale telematico dei tanti sacerdoti italiani alle prese con il loro inconfessabile problema.

«Scrivono a tutte le ore deI giorno e della notte - racconta Barbero - in cerca di una risposta, di una parola di serenità in tanto dolore». Un sacerdote di Napoli, 41 anni, racconta il suo tragico Venerdì Santo, il giorno in cui la chiesa commemora la Passione di Gesù: «Caro don Franco, il Venerdì santo di oggi, scusa la bestemmia, mi sono visto io in Croce. Mentre svolgevo la liturgia c'era davanti a me la donna che mi ama. Piangeva e sono sicuro che piangeva per me. Mi ha telefonato e ml ha detto: "Don Luciano, sei tu il crocifisso"». Accusano la gerarchia di non sapere o non voler comprendere.

Si dibattono come pesci nella rete, schiacciati tra i dovere della castità e i loro sentimenti: «Sono andato dal cardinale - scrive un prete del Lazio – ma lui non capiva nulla. Mi sa che intende la chiesa come un'azienda che congela il cuore. Ma io mi sono innamorato di Laura e andrò avanti».

Talvolta cercano solidarietà impossibili: «Voglio restare prete ma ho paura che scoprano che amo Maria. Uso tanti psicofarmaci e passo le notti insonni. Ne ho parlato con un confessore che non capiva. Allora ho scelto un altro sacerdote perché sapevo che anche lui è innamorato di una donna. Ma lui ha fatto finta di non esserlo ed è stato ruvido con me».

Vite doppie, clandestinità senza prospettive che portano all'abbrutimento: «Caro don Franco, tu parli di una chiesa della libertà che non esiste. Io ho incontrato tanta ipocrisia. A 38 anni so solo fare sesso e non ho mai imparato ad amare». Non c'è solo la solitudine. C'è anche, spesso, la paura di tradire il proprio mondo, l'immagine di sé, di infangare con il proprio comportamento la chiesa stessa.

Si firma «prete miserabile» l' autore di una delle missive più sconvolgenti: «Mi sento come un ladro, costretto a fuggire in continuazione da tutto e da tutti ogni giorno. Il peggio è che godo di una buona fama. Sono stimato da tutti in quanto prete. L'idea che un giorno la cosa possa essere nota (ci frequentiamo da sei anni con Anna) mi fa morire di spavento. Penso a mia madre, a tutti coloro che mi conoscono e mi stimano. Penso al danno che farei alla mia chiesa».

In questa condizione l'amore per una donna è vissuto come una droga alla quale non si riesce a dire di no: «C’è una forza occulta che mi spinge e alla quale non posso resistere». La donna come tentazione malefica: dalla Genesi in poi c'è una letteratura sull'argomento.

E c'è chi rischia di soccombere. Una mail disperata, spedita all'una di notte: «Sto per concludere la mia giornata di prete e ho fatto l'amore con una donna in camera mia sotto il Crocifisso. Mi sento sporco e peccatore. Non so se arriverò a domani».

C'è un filo di speranza in questo oceano di sofferenza? Franco Barbero mostra un'ultima lettera scritta da un ragazzo trentenne della Toscana: «Ho appena lasciato il ministero per amore di questa donna e ho troncato tutte le amicizie precedenti. Adesso ti dico il mio dolore: in tutto questo tempo ho perso Qualcuno per strada e questo Qualcuno è proprio Colui che di tutte queste sofferenze non ha colpa alcuna: Dio. Non sono più riuscito a pregare, ho perso per strada l'amore più bello. E come se avessi bisogno di stare un po' lontano anche da Lui perché l'ho messo insieme a quella istituzione che mi ha ucciso. Ora il mio amore, la donna con cui vivo, mi dice che è tempo di pensare insieme a Dio».

Alcune testimonianze:

Il sorvegliato
“Mi sento un sorvegliato speciale e già mi trovo confinato. Sento che la prossima volta, con il prossimo sgarbo del mio superiore, mi tornerà il tormento. Eppure nel mio cuore voglio diventare prete” (seminarista, 27 anni, Roma).

Tu mi ami…
“Patricia sono contento che tu ami un prete e che nella tua dichiarazione d’amore tu mi abbia detto: ti amo come uomo e come prete “ (don Salvatore, prete sposato).

La periodicità
“Caro don Franco, sono un francescano e ho capito che la castità è periodica. La periodicità e la saltuarietà appartengono a tutti i quattro conventi in cui ho vissuto finora” (frate francescano, quarantenne).

Mi sento sporco
“Caro don Franco, tu parli di una chiesa della libertà che non esiste. Dove sono la misericordia e la tenerezza di cui mi fai cenno? A 38 anni io so solo fare sesso e non ho mai imparato ad amare. E’ vero, io mi sento sporco ma ‘Loro’ non sono puliti” (prete, emiliano).

Il pane
“Caro don Franco, bisogna inventarsi qualche iniziativa per guadagnarsi il pane. Tu fai bei discorsi però se non hai da mangiare sei costretto alla parrocchia” (sacerdote, 42 anni, abruzzese).

La chiesa azienda
“Sono andato dal cardinale che non capiva nulla. Mi sa che per lui la chiesa è un’azienda che congela il cuore. Io di vivere gelato ne ho abbastanza. Mi sono innamorato di Laura e andrò avanti” (prete, 37 anni, Roma).

Non c’è guerra
“Finalmente ho trovato un lavoro. Continuerò a fare il prete come dici tu. Ci sposteremo da questa città. Tra donna e Vangelo non c’è guerra. Gesù trattava con lo stesso affetto le donne e gli uomini” (Giuseppe, 40 anni).

Lei mi ha guarito
“ Ho vissuto 27 anni con Luisa e sono triste e depresso perché lei è morta. Mi ha tanto amato e mi ha guarito dalla depressione. Se Roma non capisce diventerà maestra di ipocrisia” ( sacerdote, 50 anni, piemontese).

In camera mia
“Sto per concludere la mia giornata di prete e ho fatto l’amore con una donna in camera mia sotto il Crocifisso. Mi sento sporco e peccatore. Non so se arriverò a domani” (prete anonimo, ore 1.05 di notte).

La congiura
“Ho 63 anni e vivo in parrocchia. Da 19 anni vivo con una donna ma anche lei, come me, è povera. Così anche la povertà congiura contro di noi. Non so dirti che cosa faremo ma io non l’abbandono” (sacerdote anziano, lombardo).

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da: Sacerdoti Lavoratori Sposati, 8 settembre 2003

Carissimi/e tutti/e,
apprezzo moltissimo tutte le iniziative e le "mobilitazioni" per l'abolizione del celibato obbligatorio. Sento che esiste una profonda comunione di intenti e non giudico negativamente il fatto che il vasto "arcipelago" stenti a trovare un'unica modalità organizzativa.

Anche qui esprimiamo diverse sensibilità e accentuazioni teologiche differenti che si possono arricchire reciprocamente. L'arcipelago, a mio avviso, non è frammentazione e mi sembra anche molto efficace. Con molta semplicità metto alcune mie riflessioni accanto alle vostre.

1) Riprendendo un pensiero di Drewermann, direi che chi ama oggi non può attendere che l'istituzione ufficiale, forse fra vent'anni, lo autorizzi. Conosco molti preti che vivono un bell'amore e non hanno abbandonato il ministero. Questa, a mio avviso, può essere una strada, se viene scelta insieme dalla coppia e se risulta concretamente e felicemente vivibile.

2) Se c'é da firmare un appello, lo faccio volentieri, ma non mi interessa l'autorizzazione vaticana. Mi interessa di più lavorare perché nasca una nuova coscienza nella chiesa (senza escludere nessuno dal dialogo) privilegiando la crescita dal basso.

3) Vorrei far di più per l'aspetto economico-materiale per quei confratelli che sono in serie difficoltà, ma sono sempre più convinto che ogni prete deve puntare all'autonomia economica. Per me questo ha comportato alcune ristrettezze, ma anche maggiore libertà in questi quarant'anni di ministero. Per me è stato faticoso ma possibile, soprattutto grazie alla mia comunità cristiana di base.

4) L'insistenza su questa battaglia è sacrosanta, tanto più che non c'é da illudersi, a mio avviso, che Roma cambi opinioni e disciplina tanto presto. Non vorrei però che si cadesse nell'errore di credere che, rimossa questa mostruosità del celibato obbligatorio, sia avvenuto il rinnovamento del ministero in seno alla comunità cristiana. A mio avviso si deve eliminare questa disumanità per poter meglio affrontare il nodo teologico e pastorale del sacerdozio - ministero.

5) Prego spesso Dio perché mi aiuti nel vincere le mie paure negative e mi infonda serenità e coraggio. Penso che, se ci affidiamo al caldo soffio di Dio, non mancherà l'audacia per scelte nuove. Anche il piccolo terreno delle relazioni fraterne e sororali ci offre la possibilità di ampliare alcuni spazi di libertà e di felicità. Grazie a tutti e tutte per l'impegno e i pensieri che ho raccolto con gioia dai vostri scritti.
don Franco Barbero

domenica 12 novembre 2006

CON SPERANZA SENZA ILLUSIONI

Gay Pride a Gerusalemme

A Gerusalemme, anche se all’interno di uno stadio per motivi si sicurezza, il Gay Pride si è svolto, nonostante le proteste del Vaticano, degli ebrei ortodossi e degli islamici fondamentalisti. Certo fa pensare il fatto che una tanto celebrata democrazia non riesca a garantire la sicurezza ad un corteo per i diritti civili.


Orrori

Gli “orrori militari” dell’esercito israeliano si susseguono e vengono catalogati come “errori tecnici”. Un governo guidato da un irresponsabile guerrafondaio come Olmert si spiega così: “La strage? Errore tecnico dell’artiglieria. Ma l’offensiva va avanti”. Espressioni che si squalificano da sole. Probabilmente il ridimensionamento di Bush alle elezioni di medio termine rallenterà un pochino il flusso di armi USA ad Israele. Intanto balza agli occhi un dato sconcertante: Israele non ha una classe politica dirigente all’altezza della situazione. Burattini di Bush, i dirigenti israeliani hanno portato il loro popolo ad un livello di invivibile insicurezza, facendo di fatto gli interessi dei fondamentalisti palestinesi. Così due popoli che cercano al pace continuano a farsi la guerra per il delirio e l’inettitudine dei rispettivi dirigenti politici. L’ONU, se esistesse davvero, qui dovrebbe farsi sentire.


Aspettiamo fatti concreti

Le elezioni USA e la netta vittoria dei democratici e la forte affermazione delle donne costituiscono indubbiamente segnali di speranza. Ma continuo a non condividere i discorsi trionfalistici di alcuni commentatori. Per in USA non è avvenuta nessuna svolta e il nuovo ministro della difesa non ha proprio un curriculum da pacifista. Ovviamente, Bush non può non tenerne conto, ma la promessa di ascoltare i consigli dei democratici non indica ancora alcuna “svolta” politica. Del resto, questo risveglio tardivo degli elettori e delle elettrici americani non cancella alcune ombre. Si tratta di vedere se si accontenteranno di aver vinto le elezioni o se esigeranno una nuova politica.


D’Alema ci ripensa

Il nostro ministro degli esteri è volato a Kabul con una motivata convinzione che finalmente potrebbe diventare proposta politica seria se non si fermerà a metà strada. Serve una conferenza internazionale sull’Afganistan perché l’intervento militare non ha risolto nulla e la situazione è sempre più caotica. Il governo fantoccio, messo su da Bush, non ha alcuna parvenza di democrazia reale e, nello stesso tempo, non governa né il territorio né l’economia dell’Afganistan. Correndo dietro alle politiche aggressive degli USA, ci siamo immessi nella prospettiva delle “soluzioni militari” che oggi si dimostrano totalmente perdenti e fallimentari in Palestina, in Iraq come in Afganistan. Occorrono decisioni radicali.

sabato 11 novembre 2006

METTERSI IN CAMMINO

Scrivo queste righe proprio mentre sono in partenza per il convegno della REFO a Velletri (Roma), dopo il bell’incontro di alcuni giorni fa con Vladimir Luxuria e Aurelio Mancuso sulle coppie di fatto a Pistoia.

Per quanto i viaggi siano molto faticosi e addirittura “massacranti” (si va e si viene velocemente per un convengo o un incontro), per me sono anche un grande dono di Dio: l’incontro con fratelli e sorelle che dialogano e si regalano racconti, esperienze, voglia di vivere, interrogativi su Dio, la chiesa, la fede, la politica...

Del resto, quando si intrecciano relazioni profonde, il viaggio avviene in tante direzioni. In questi mesi dopo l’estate per ben 8 domeniche su 11 sono venuti a farci visita dei fratelli e delle sorelle, soprattutto gay e lesbiche, dalla Francia, dalla Svizzera, da Modena, da Bologna, da Roma, da Piacenza, da Perugia...

Per me questo scambio (che, spesso, ha coinvolto anche alcuni fratelli e sorelle della comunità) dà vita a quella rete che alimenta la speranza di una chiesa “altra”. In genere si tratta di persone che arrivano da percorsi diversi, che desiderano celebrare l’eucarestia con la comunità e poi poter avviare un tessuto di relazioni in cui sia possibile vivere ed esprimere secondo ciò che si è.

Scopriamo insieme che, tra mille possibili viaggi, c’è anche quello che si prefigge lo scambio di esperienze, una preghiera comunitaria, uno studio biblico, un pranzo condiviso nella gioiosa constatazione che la lontananza territoriale non proibisce affatto la vicinanza nei progetti di vita.

Insomma... diventiamo tessitori e tessitrici di umanità e di fede e impariamo ad accoglierci gli uni le altre.

venerdì 10 novembre 2006

CANTARE VITTORIA?

L’esito delle elezioni USA di medio termine rappresentano un segnale che apre uno spiraglio verso un futuro meno integralistico. Questo sembra probabile. Ma sarebbe, a mio avviso, assai ingenuo pensare ad una svolta.

Intanto hanno vinto dei democratici assolutamente poco innovativi e la loro vittoria, com’è evidente dalle loro dichiarazioni e dalla intera campagna elettorale, sembra una sfida a Bush più che alle sue politiche. Non si vede nel partito democratico USA un programma che abbia il sapore dell’alternativa ai repubblicani.

Le stesse dimissioni di Rumsfeld rappresentano un atto dovuto più che un cambio di rotta. Comunque... i prossimi giorni chiariranno se avverrà qualche significativo ritocco.

Vedremo se sarà messa in discussione l’occupazione dell’Iraq. Questo sarebbe il segnale di una svolta che, indebolendo il militarismo USA, rimetterebbe in mano alla politica anche la questione palestinese. Il governo militarista di Israele senza l’appoggio integralista degli USA sarebbe costretto a passare dalle armi e dall’attuale sterminio ad una trattativa politica.

In ogni caso, se non siamo al tramonto dell’impero, queste elezioni puniscono il guerriero Bush e invitano gli americani a diffidare dall’unilateralismo. Il mondo gira e gli USA non sono più il punto fermo attorno al quale tutto ruota. Il delirio di onnipotenza dei governanti USA ha prodotto almeno il risveglio di coscienze assopite e acritiche?

PERSECUZIONE CHE CONTINUA

Mentre a Torino (udite, udite!) si parla con enfasi del fatto che il cardinale ha deciso di aprire un dialogo con gli omosessuali credenti, come se fosse un mezzo miracolo, la conferenza dei vescovi cattolici degli USA proclama che non è peccato essere omosessuali.

Questo documento, che non contraddice in nulla le oppressive e discriminatorie prese di posizione vaticana, viene talvolta presentato come una profonda innovazione. In realtà, chi lo legge per intero ne prova disgusto in parecchi passaggi che, sotto linguaggi ambigui e felpati, ribadisce: “gli atti omosessuali violano il vero scopo della sessualità”.

Siamo alle solite: non è peccato essere omosessuali, ma è peccato vivere da omosessuali. Insomma, si può aver diritto di cittadinanza nel mondo e nella chiesa (bontà loro!) anche se si è omosessuali, a patto che si viva senza praticare l’amore omosessuale.

E’ una presa in giro che va smascherata tanto più che e ancor più per il fatto che si presenta come “accoglienza, rispetto e compassione”. Chiamiamo le cose con il loro nome: è ipocrisia.

Intanto la santa sede ha chiesto allo Stato di Israele un segno di rispetto con una lettera al ministro Livni. Non per le vittime di Beit Hanun, uccise dai tank di Tzahal, ma per Gerusalemme che ha ospitato il gay-pride, ritenuto un’offesa alla città santa.

In realtà il Vaticano si trova nella consueta cattiva compagnia. Infatti il Rabbinato Capo di Israele ha invitato a una protesta pacifica e a “riunioni di preghiera contro questa abominevole marcia”. Si è pregato da giovedì mattino contro il Gay Pride al Muro del Pianto.

Così vanno le cose... ma l’arroganza dei poteri che perseguitano e uccidono non arresta i cammini di liberazione.

TROPPA GRAZIA SANT’ANTONIO...

Giovedì 9 novembre La Stampa di Torino, uno dei quotidiani più noti in Italia e diffusissimo in Piemonte, a pag. 49, nella sezione “Torino e Provincia” parla di un primo confronto pubblico tra esponenti della curia e associazioni omosessuali:

“E’ nata una serie di dibattiti con sociologi, come Chiara Saraceno, ed esponenti di buddismo, della chiesa valdese e della sinagoga riformata. Per la chiesa cattolica, in verità, era già intervenuto don Barbero, vescovo di Pinerolo, ma la sua è una posizione particolare, non sempre esprime il sentire delle gerarchie ecclesiastiche...”.

Sorprendente!!! Scopro di essere diventato vescovo di Pinerolo e, per giunta, un vescovo dissidente...

Credetemi... non appartiene alle mie aspirazioni... Il vescovo di Pinerolo stia tranquillo: non gli prenderò il posto.

giovedì 9 novembre 2006

Luca e Francesco, doppie nozze gay. Don Franco: "Li sposai in clandestinità"

da: LA REPUBBLICA dell'8 novembre

CRONACA
Torino, la coppia omosessuale sposata con rito cattolico in Italia, per la prima volta, nel 1978. Ora sono convolati in Spagna
Luca e Francesco, doppie nozze gay
Don Franco: "Li sposai in clandestinità"


Il prete 'ribelle' sospeso a divinis continua a celebrare messa
"La fede è superiore alla dottrina della Chiesa. L'amore è un dono di Dio"


di Alberto Custodero

Luca e Francesco sono gli unici gay al mondo ad essersi sposati due volte. Il loro primo matrimonio è stato religioso, celebrato in totale segretezza, il 4 febbraio del 1978, a Pinerolo (nel Torinese), da un sacerdote, don Franco Barbero.

Il secondo - in piena ufficialità - che li ha resi legalmente "coniugi" (formula che sostituisce un improbabile marito e moglie), si è svolto in Spagna grazie alla recente legge che autorizza i matrimoni gay. Luca e Francesco, quando sono stati dichiarati "sposi" da don Franco, avevano rispettivamente 27 e 31 anni, il primo era commesso in un negozio di alimentari, il secondo professore di lettere al liceo.

Un paio di anni fa, sapendo che il governo laico di Zapatero, in una cattolicissima Spagna (dopo Belgio e Olanda), di lì a poco avrebbe reso legali i matrimoni omosessuali, si sono trasferiti nei pressi di Malaga, sulla Costa del Sol, per diventare cittadini spagnoli.

E così, a maggio di quest'anno, 10 mesi dopo l'approvazione della legge Zapatero, nel municipio di una cittadina dell'Andalusia si sono giurati fedeltà per la seconda volta.

Oggi (uno 59enne, l'altro 55enne, entrambi in pensione), sono forse i primi omosessuali italiani a essere stati dichiarati "coniugi" in Spagna. A raccontare la loro lunga storia d'amore durata 28 anni e "consacrata" da due matrimoni, uno cattolico e l'altro laico, il primo clandestino, il secondo alla luce del sole, è il sacerdote pinerolese.

Don Franco, tre anni fa, per la sua teologia che considera "non trasgressione, ma oltrepassamento" della dottrina cattolica (è per una rilettura dei dogmi alla luce del vangelo e dei problemi della società contemporanea), fu sospeso a divinis da Joseph Ratzinger, allora prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, oggi papa.

Nonostante quel provvedimento che suscitò molto clamore negli ambienti del cattolicesimo progressista italiano, il prete "ribelle" ("ma non gay", precisa) continua a celebrare messa come se nulla gli fosse successo rifacendosi al dogma cattolico (semel sacerdos, semper sacerdos), secondo il quale chi un giorno è stato ordinato sacerdote, lo rimane per sempre.

"Ricordo quel 4 febbraio di 28 anni fa come fosse ieri - racconta don Franco - la cerimonia, segreta, è stata semplice, colorata da qualche mazzo di fiori, ma senza festa, né canti, né musica. Solo tanta gioia intorno al tavolo nella sede della comunità.

Eravamo in 5, Luca e Francesco, i due testimoni (uno dei due era un omosessuale che aveva sofferto le pene dell'inferno per essere stato relegato fra gli 'impuri'), e io, in camice e stola. Fu una celebrazione normale, con la comunione sotto le due specie, e il solito calice".

Non fu certo facile, per un don Barbero allora trentanovenne (oggi ne ha 68), due anni prima della Fondazione Sandro Penna, il primo movimento omosessuale italiano voluto da Angelo Pezzana, compiere un gesto così azzardato e così contrario alla dottrina della Chiesa.

"Quel matrimonio - ricorda il sacerdote - rappresentava per gli 'sposi' e per me una scelta convinta e felice che vivemmo come fosse una cosa naturale. Nel febbraio del 1978, però, era un fatto che non potevo comunicare a nessuno. Segretissimo".

I tempi, allora (a Torino s'inziavano i processi alle Bierre di Curcio, il 16 marzo ci sarebbe stato il sequestro Moro), non erano ancora maturi per parlare di "matrimoni omosessuali". "Per questo - ha aggiunto il sacerdote - era un episodio da chiudere.

Noi della comunità di base eravamo impegnati nella lotta contro il concordato e la Dc in quella contro il terrorismo. Il vaticano (dopo la dichiarazione 'Persona Humana' di Paolo VI), era ostile agli omosessuali e a nulla era valso lo 'strappo' dell'Associazione dei teologi americani che pubblicò 'La sessualità umana'. Anche avessi voluto, non avevo interlocutori".

Don Franco non si fermò con Luca e Francesco. "Dopo il primo episodio - racconta - continuai a essere sollecitato a celebrare segretamente matrimoni. Fra l'83 e l'84 ne feci in tutto una sessantina in regime di totale clandestinità non solo fra uomini, ma anche fra donne. Qualcuno aveva portato il papà, pochissimi la mamma".

Il prete pinerolese ha sempre avuto la consapevolezza che di fronte alla legge della Chiesa quei matrimoni non fossero riconosciuti. "Ero cosciente - ha confessato - di compiere un rito gravemente peccaminoso. E le coppie gay lo erano di fare un atto non valido".

Perché, allora, li celebravano? Ecco la "teologia" sui matrimoni gay del prete "ribelle". "Per noi, la fede è superiore alla legge ecclesiastica che va presa per quello che vale visto che non è mai uguale nel tempo. Noi, con tranquillità, diciamo: una cosa è la dottrina della Chiesa, un'altra il dono di Dio della fede che libera dall'obbedienza - e in questo caso schiavitù - della norma.

Ebbene, quando due uomini o due donne hanno capito che quel loro amore è un dono di Dio, davanti a lui ritengono di essersi sposati. È questo il significato che i gay danno alla cerimonia nuziale che non ha valore di fronte alla legge civile, ma costituisce un cammino di fede".

martedì 7 novembre 2006

UN DIO "NONNINO"?

Dopo secoli di predicazione cristiana che ha presentato un Dio giudice-giustiziere, pronto a punire ogni nostra “trasgressione”, era abbastanza naturale che dei cristiani come Bush e come Blair teorizzassero un “Dio degli eserciti” contro le forze del male. Le televisioni di tutto il mondo ci mostrano questi due presidenti “cristianissimi” uscire dal tempio dopo il culto domenicale.

Per grazia di Dio - è proprio il caso di dirlo! – questa visione terrorizzante e terroristica ha progressivamente lasciato spazio in molte esperienze cristiane ad una visione “altra”, al cui centro c’è un Dio accogliente, amoroso, misericordioso. Questa svolta rivela una fecondità straordinariamente liberante.

Ma, come capita anche nelle migliori famiglie, qualche volta si gira pagina un po’ troppo velocemente e così, abbandonato il padre burbero, ci si trova a fare i conti con un nonnino rammollito e bonaccione. Il Dio amore, che tutto perdona, che tutto accoglie diventa, in questa vulgata un po’ troppo riduttiva e deformante, un Dio pacioccone, un Dio “buonuomo”, un Dio buonista, molto complice delle nostre mediocrità, un Dio che non chiede nulla a nessuno.

Questa banalizzazione del Dio amore risuona qualche volta anche nelle predicazioni domenicali della mia comunità. L’amore è, certo, accoglienza e misericordia, ma non è mai banale: è una “cosa seria”, richiede impegno, sollecita la responsabilità personale.

Il Dio di cui ci danno testimonianza le Scritture e Gesù non è un mollusco, un Dio “senza spina dorsale”. Le metafore bibliche ci parlano di Dio nei termini di un padre, di una madre, di un pastore, di un partner pieno di sollecitudine, che intende vivere con noi una relazione di amore vero, cioè libero, serio, gioioso, impegnativo.

Si tratta di un Dio che nel Suo amore ci sollecita alla responsabilità. La parola “amore” indica la realtà più bella e più profonda, più libera e più impegnativa anche nella nostra vita quotidiana, se le parole conservano un riferimento reale alla vita.

Questo Dio coccolone che ci tiene in braccio perché noi viviamo al calduccio e dormiamo tranquilli come eterni fanciulloni, forse rappresenta un equivoco rispetto al Dio biblico. Vogliamo farci un pensierino? Chi nella mia vita mi ha davvero amato e mi ama, mi regala tutta la sua accoglienza e si prende cura di me, ma nello stesso tempo mi sollecita a crescere, a diventare responsabile...

Insomma il Dio amore è un Dio esigente, che mi rivolge degli appelli impegnativi. Mi lascia totalmente libero, ma mi addita sentieri di giustizia, di solidarietà, di conversione che sono davvero difficili. Questo “nonnino divino”, accondiscendente, remissivo, potrebbe essere un “dio fabbricato” a misura dei nostri comodi e non meno dannoso del Dio giustiziere di catechistica memoria.

COSCIENZA E PAROLA: NESSUNA CONFUSIONE

Di tanto in tanto, anche nella mia comunità, sento che il sincero richiamo alla coscienza diventa, a mio avviso, tanto prezioso quanto ambiguo.

Spesso siamo tutti/e un po’ incoscienti o incapaci di ascoltare la coscienza, ma nella cultura dell’individualismo oggi galoppante possiamo anche correre il rischio di ritenere che la nostra personale coscienza, per quanto illuminata e matura, sia lo specchio di Dio o che la voce della coscienza sia la voce stessa di Dio o il Vangelo.

La parola di Dio è ancora “altro” dalla più onesta e illuminata coscienza. Essa certo può giungerci anche attraverso la “voce della coscienza”, ma non è riducibile ad essa. In buona coscienza ogni giorno si compiono azioni terribili: questo ci è ben noto. Ma, se guardiamo la nostra vita quotidiana, è molto facile vivere in una buona coscienza che, però, non cessa di essere esposta al rischio di mille accomodamenti e di altrettante manipolazioni. I “buoni” in genere sono in buona coscienza e proprio questo blocca la loro conversione.

La predicazione della Parola di Dio non ha forse il compito di smuovere le nostre coscienze e di aprirci orizzonti che non sono necessariamente inscritti nei territori della coscienza personale? La parola di Dio non è spesso una rivoluzione delle nostre coscienze, un appello a capovolgere le nostre coscienze colonizzate?

“Secondo l’educazione che abbiamo ricevuto la voce della coscienza si identificava con la voce di Dio. Certo questo rimane anche vero, esiste però un problema a monte che è la formazione della coscienza attraverso i meccanismi psicologici. Freud ci ha giustamente insegnato a riflettere criticamente sulla natura del senso di gratificazione o di rimorso che proviamo nella nostra coscienza. La voce della coscienza psicologica può dipendere da tabù ancestrali e da rapporti infantili tutt’altro che positivi. Marx ci ha ugualmente insegnato che la coscienza può essere formata in modo da tenere docili e obbedienti ...” (A. Giudici).

Baumann ci ha documentato in questi ultimi 20 anni i processi attraverso i quali avviene una radicale colonizzazione della coscienza. Tutto questo va ricordato non per diminuire il valore della coscienza, ma per conoscerne i limiti e le interferenze. L’elogio biblico della coscienza è vero, ma è consapevole dei sui limiti.

Trovo assai illuminante il messaggio di questo antico testo biblico:
“Ogni consigliere suggerisce consigli,
ma c'è chi consiglia a proprio vantaggio.
Guàrdati da un consigliere,
infòrmati quali siano le sue necessità
- egli nel consigliare penserà al suo interesse -
perché non getti la sorte su di te
e dica: «La tua via è buona»,
poi si terrà in disparte per vedere quanto ti accadrà.
Non consigliarti con chi ti guarda di sbieco,
nascondi la tua intenzione a quanti ti invidiano.
Non consigliarti con una donna sulla sua rivale,
con un pauroso sulla guerra,
con un mercante sul commercio,
con un compratore sulla vendita,
con un invidioso sulla riconoscenza,
con uno spietato sulla bontà di cuore,
con un pigro su un'iniziativa qualsiasi,
con un mercenario annuale sul raccolto,
con uno schiavo pigro su un gran lavoro;
non dipendere da costoro per nessun consiglio.
Fidati dell’uomo che teme sempre Dio,
di cui sai che osserva i comandamenti,
che condivide il tuo modo di vedere:
costui, se inciampi ti aiuterà.
Segui quel che la tua coscienza ti suggerisce,
perchè essa non ti tradisce mai.
In certi casi ti avverte meglio
di sette sentinelle sulle mura.
E, soprattutto, invoca il Signore
perchè guidi i tuoi passi nella verità” (Siracide 37, 7-15) .

I consiglieri

Il brano è tratto dal libro del Siracide, un testo sapienziale ebraico del 180 a. C., tradotto in greco 50 anni dopo. Il libro ebbe grande fortuna per il suo utilizzo popolare. Delineava “sapienzialmente” i tratti fondamentali di una vita fedele alla Torah, in modo quasi catechistico. Questo brano fa parte di una pericope (=pagina) più ampia in cui l’Autore discorre con il lettore sulla affidabilità dei consiglieri.

Spesso nella vita “chiedere consiglio” può essere saggio, anzi necessario. Ma scegliere il proprio consigliere è impresa che necessita di grande consapevolezza, di attento discernimento. Puoi sbagliare porta... e dar fiducia a persone inaffidabili. Proprio per questo l’Autore vuole aiutare il lettore a distinguere accuratamente tra consiglieri onesti ed affidabili e consiglieri inaffidabili.

L’elenco occupa i versetti dal 10 al 15. E’ interessante notare quanto sia lungo (basta leggere il testo!) l’elenco dei consiglieri e delle consigliere da evitare. E’ sorprendente la saggezza con cui il Siracide tratteggia i comportamenti e i soggetti dei quali occorre “non fidarsi” (37, 11).

Ma l’interesse del sapiente non si limita a distogliere dai cattivi consiglieri. Egli punta ad indicare la via positiva. Di chi, dunque, occorre fidarsi? La risposta è breve e sostanziosa per il pio israelita che in quel periodo (ellenistico) era bombardato da tante “proposte” di vita che si presentavano sotto forma di “buoni consiglieri”, ma è molto attinente alla vita spicciola, quotidiana di ieri e di oggi.

Nulla di nuovo in queste parole. Sempre i profeti e i sapienti avevano dato questo consiglio. Il Siracide lo ribadisce fermamente: se vuoi scegliere un consigliere guarda la sua vita, quella di “sempre” (v. 12), quella “vissuta” ogni giorno.

Ma, ad una lettura approfondita, Siracide rivela qui una sorprendente apertura verso la cultura corrente che celebrava con grande enfasi il valore delle coscienza individuale. Il suo “elogio della coscienza” è davvero ampio: la coscienza suggerisce, non tradisce mai e in certi casi avverte meglio di 7 sentinelle sulle mura. Bisogna seguirla!

Nelle Scritture cristiane sarà poi Paolo a celebrare i “fasti” e i “nefasti” della coscienza.

La coscienza non basta

Ma, fedele alla tradizione ebraica, Siracide precisa che il “dono” della coscienza non può da solo orientare la vita. Mentre celebra le lodi della coscienza, egli ricorda un “soprattutto”, una “alterità”, una relazione che è ancora “altro” dalla stessa coscienza.

La coscienza viene così “relazionata”, storicizzata, liberata dal suo delirio di onnipotenza. La modernità ci ha mostrato a chiare lettere le conquiste, i percorsi, le risorse e i limiti della coscienza individuale e collettiva, le sue distorsioni, le sue colonizzazioni, le sue ferite, le sue malattie. Si pensi a quali “balzi positivi” ha compiuto negli ultimi 50 anni la “coscienza” nel femminismo, nei movimenti omosessuali, nelle esperienze religiose. Nello stesso tempo i nuovi livelli di coscienza non hanno impedito alla società, ai poteri e a molti individui l’insorgere di nuove forme di razzismo, di violenza, di sterminio, di mercato sessuale. Mai come oggi nella storia si è abusato dei bambini e delle bambine. La coscienza può essere deformata, bloccata, soffocata, colonizzata. Si possono anche commettere, forse, dei crimini in buona coscienza?

La storia recente, recentissima, sembra confermare la saggezza del nostro Autore: non facciamo della coscienza un Dio! Diamole il giusto posto.

In sostanza la promozione della coscienza che troviamo in Siracide dice ancora una volta che la relazione con il nostro cuore, con la consapevolezza della nostra identità può dilatarsi e ricevere “ossigeno esistenziale” da un sano rapporto creaturale con Dio.

Ogni “totalizzazione” di un dono può diventare un’illusione o una prigione.

Il Dio della Bibbia ci chiama a “dire il nostro nome”, ad affermare e far valere la nostra coscienza, mentre ascoltiamo la Sua voce che ci guida “nella verità” (v. 15). In una cultura “fusionale” può essere importante sopportare il peso e vivere la tensione vitale della polarità: io-Dio-noi.

Il Dio “amico della coscienza” si rivolge ad Adamo, ieri ed oggi, con l’interpellazione: “Dove sei?” affinché non avvenga che “l’uomo e la donna, nascondendosi da Dio, si nascondano a se stessi” (Martin Buber) e al loro destino.

Secondo la fede biblica “l’uomo non si riconosce in maniera autentica in uno specchio che rifletta la stessa immagine, ma piuttosto nella chiamata che lo interpella, e nella parola che egli riceve. Mosè domanda: chi sono mai io da andare dal Faraone e da condurre gli israeliti fuori dall’Egitto? Egli comprende se stesso solo nell’assunzione del suo compito e nella parola che a lui rivolge il suo Dio (Es 3, 11, ss.). La consapevolezza di Geremia che gli fa dire (Ger 1, 6 ss.) “io non ho esperienza”, viene corretta e superata dalla missione che egli riceve. La autocomprensione che un uomo ha di se stesso non viene raggiunta in una riflessione intorno al suo proprio essere, ma nella chiamata che discopre un nuovo volto. L’uomo che, chiuse le sue orecchie, si ritira in se stesso e su di sé solo conta, non soltanto si disumanizza, ma tende a divinizzare la propria persona...” (H. Walter Wolff, Antropologia dell’Antico Testamento, Queriniana, pagg. 104-105).

I congegni del nascondiglio possono annidarsi anche nella coscienza, se voltiamo le spalle alle voci “altre” che gridano dal cielo e dalle terre. Dio non spodesta la nostra coscienza, ma la rafforza, le dà voce, la fa risuonare quando noi l’abbiamo soffocata.

In ogni caso, ci dice Siracide, quando noi abbiamo ascoltato la voce della nostra coscienza, resta ancora necessario pregare Dio, rivolgerci all’Altissimo perché diriga i nostri passi nella verità e nell’amore.

Quest’ultimo versetto rappresenta il vertice della sapienza. Non fermiamoci a metà strada, non limitiamoci alla coscienza, non chiudiamoci nella casetta del nostro cuore, ma apriamo le porte e le finestre al sole divino, al Creatore.