domenica 28 aprile 2024

 IL LORO PROGETTO NON E’ VIVERE, MA VINCERE

D’ora in poi accanto al bel nome di Israele dovrò scrivere “Il governo che adora le armi e le guerre”. Come cristiano continuerò a leggere ed amare la Bibbia ebraica e quella cristiana.

Quando con grande lungimiranza pensavamo a due stati e due popoli, credevamo che fosse quello il cammino vero verso la pace. Israele, certo, non è stato spinto in questa direzione da governi criminali come quello italiano, francese, statunitense e tedesco.

Il resto è noto: si vuole fare delle armi ultrapotenti il dio del futuro, ma Dio è l’amore.

Oggi la politica è un continuo fuggire dai problemi reali. Artefici di queste operazioni criminali sono gli USA e il governo di Israele, due realtà che, se togli loro il potere delle armi, sono una nullità di pensiero e di prospettive umane e il totale sradicamento di ogni etica umanitaria.

Israele non è solo governo e i suoi partigiani, ma il messaggio che Israele lancia nel mondo è sostenere la guerra che affamano e uccidono i poveri e gli stranieri.

Franco Barbero 28/04/2024

 GOOGLE ED ISRAELE

“La nostra indagine sulle attività dirompenti è ora conclusa e abbiamo preso provvedimenti”. Questo è il sunto delle affermazioni della multinazionale Google.
Ci si aspetterebbe che esse preludano all’interruzione del contratto di fornitura di servizi informatici che dal 2021 Google (e anche Amazon) hanno col governo israeliano. Contratto che sta probabilmente aiutando quest’ultimo nello sterminio della popolazione di Gaza, che ha già prodotto oltre 34.000 morti e un milione di profughi e che il recente rapporto di Amnesty International afferma sia caratterizzato da “crimini di guerra”.
Invece l’incipit riguarda l’ulteriore licenziamento di 28 dipendenti di Google che contestavano le politiche dell’azienda. Con ciò, in Google USA, i licenziamenti per motivi politici sono dalla scorsa settimana più di 50. Essi sono stati comminati dopo l’arresto di nove lavoratori durante la Giornata nazionale di azione del 16 aprile, caratterizzata dalle proteste negli uffici di Google a New York City e a Sunnyvale, in California (come riferisce il Washington Post).
“Alla fine siamo un posto di lavoro e le nostre politiche e aspettative sono chiare: questo è un business e non un posto per agire in un modo che distrugga i colleghi o li faccia sentire insicuri, per tentare di utilizzare l’azienda come piattaforma personale, o per combattere su questioni dirompenti o di dibattito politico” ha detto l’amministratore delegato di Google Sundar Pichai.
Google smentisce ciò che afferma l’Associazione “No Tech for Apartheid”, che denuncia che il contratto di fornitura di alta tecnologia e di intelligenza artificiale da 1,2 miliardi di dollari, firmato da Israele con Google e Amazon nel 2021 e noto come Progetto Nimbus, non è utilizzato dal Ministero della Difesa israeliano solamente per scopi civili, ma anche a supporto delle operazioni militari contro il popolo palestinese. La denuncia dell’associazione e degli attivisti licenziati ha come fonte articoli di alcune riviste, come Time.
Le iniziative dei lavoratori di alcune grandi aziende tecnologiche, dove negli ultimi mesi sono partite anche iniziative di sindacalizzazione (dal 2021 Alphabet Workers Union, detta anche Google Union, è un sindacato dei lavoratori che conta 700 iscritti all’interno di Alphabet Inc., società madre di Google), fanno parte del grande movimento per la pace e i diritti del popolo palestinese che si sta sviluppando negli Stati Uniti, il principale sostenitore militare di Israele.
Nei campus universitari, riannodandosi con le lotte contro la guerra nel Vietnam, molti studenti alternano sit-in e accampamenti di lotta nonviolenta contro la collaborazione delle università col governo israeliano e per il disinvestimento da ogni forma di produzione militare. Queste manifestazioni sono contrastate da arresti, interventi delle guardie di sicurezza dei campus, cariche di polizia, espulsione di studenti e licenziamenti di docenti.
Tali ritorsioni, che contrastano col diritto di opinione, sono state auspicate anche dal primo ministro israeliano Netanyahu, che, con un suo messaggio, ha definito i partecipanti “branchi antisemiti”, fingendo di ignorare che una parte consistente della comunità ebraica degli USA è in prima fila nelle proteste contro l’attacco da Gaza.
In questo contesto, i licenziati di Google sono stati invitati a parlare alle manifestazioni degli studenti in corso presso l’Università di Berkeley. La politica di Biden di fornitura di armi allo storico alleato sta procurando sempre più contestazioni e conseguenze sul suo già traballante consenso in vista delle elezioni presidenziali di novembre.


                                                                    27.04.24 - Ezio Boero-Pressenza

 VIOLENTO ATTACCO INFORMATICO CONTRO LA RETE “L’ABUSO”

Devastato il server e reso irraggiungibile per diverse ore il sito dell’associazione di sopravvissuti agli abusi sessuali del clero.

Ci sono temi, denunce, lotte, tabù per l’italiota media. Non se ne deve parlare, omertà assoluta pena lo scandalo, l’isolamento, la delegittimazione, i rutti dei branchi servili. Martin Luther King disse di temere il silenzio degli onesti più della violenza dei malvagi. Di onesti, soprattutto intellettualmente, ne vediamo sempre meno, rari più delle mosche bianche. Mentre i silenzi abbondano.

Al di là di chiacchiere, propagande e menzogne la difesa dei bambini, la lotta contro gli orchi e le reti strutturate e consolidate della pedocriminalità è patrimonio di pochi. Si toccano fili pericolosi, nervi scoperti, potentati e colletti bianchi. Dovrebbe scandalizzare, se questo fosse un Paese che conosce la parola dignità, la violenza, l’abuso, lo stupro. Invece scandalizza chi denuncia, scatena orde e branchi chi non si piega e non tace. E più si sale nelle alte sfere più queste complicità di fatto e queste squallide vigliaccherie aumentano.

In Italia esiste, ormai da molti anni, l’unica associazione di sopravvissuti agli abusi sessuali del clero, Rete L’Abuso.

Dovrebbe essere una battaglia comune a tanti quelle di vittime e sopravvissuti, dovrebbe scandalizzare ogni abuso contro l’infanzia. Francesco Zanardi può, invece, raccontare quante censure, quante verità di comodo, quanta omertà e quanti intrighi e trame per nascondere, occultare, difendere gli abusatori proliferano in Italia. Rete L’Abuso è online, ha un sito strutturato che è una potente fonte di informazione e conoscenza. Nel settembre scorso è ripartito Tg L’Abuso, una news settimanale in cui vengono riportate notizie e denunce di abusi in Italia e nel mondo.

WordNews.it è nata per scrivere quel che non si può scrivere, perché eravamo (e siamo) stanchi di una informazione omologata, prona, omertosa.

Che non informa ma si piega servile ed accondiscendente. Per questo, sin dalla prima edizione, siamo al fianco di Francesco e della Rete.

E sulle nostre pagine stiamo, ogni settimana, rilanciando tutte le edizioni. 

La mattina del 23 aprile abbiamo ripubblicato l’ultima edizione, la numero 33. Nelle stesse ore un’amara e gravissima notizia: il sito di Rete L’Abuso è andato offline diverse ore per un violentissimo attacco informatico. Che giunge a distanza di poche settimane da segnalazioni e censure sui social a post e pubblicazioni di denunce di abusi e di sistemi di omertà, connivenza, difesa dell’abusatore.

Questo non è il primo attacco subito da www.retelabuso.org negli anni. Ma è il più violento e devastante. È una realtà che conosciamo fin troppo bene, avendo subito un attacco che fece crollare il nostro sito tre anni fa. E ricordiamo i silenzi, le omertà, i volti girati dall’altra parte.

Per questo esprimiamo oggi tutta la nostra solidarietà a Francesco Zanardi e a Rete L’Abuso. 

Contro ogni censura, ogni squadrismo, ogni violenza siamo al loro fianco e continueremo a sostenere ancor di più ogni denuncia, lotta, battaglia, preziosa informazione di Rete L’Abuso.

Le nostre pagine, il nostro sito erano, sono e resteranno a totale disposizione della Rete. 

26.04.24 - Alessio Di Flor

PREGHIERA DI VENERDI’ SERA

Invito alla preghiera

 

Lettore:   Padre, portiamo a te questo giorno,

Tutti        lo mettiamo nelle tue mani.

Lettore:   Facci comprendere o Signore, le tue vie.

Tutti        Mostra a noi il sentiero che porta a te.

Lettore:   Teniamo il tuo amore davanti ai nostri occhi.

Tutti        La tua fedeltà orienta i nostri passi

 

Salmo 133

Ecco quanto è buono e quanto è soave

che i fratelli vivano insieme!

2È come olio profumato sul capo,

che scende sulla barba, sulla barba di Aronne,

che scende sull'orlo della sua veste.

3È come rugiada dell'Ermon,

che scende sui monti di Sion.

Là il Signore dona la benedizione

e la vita per sempre.

 

1   E veramente una cosa bella,

     che dà gioia,

     vivere in comunità.

 

2   É un'esperienza che arricchisce la persona.

     Stimola l'intelligenza ponendo interrogativi

     che impegnano ad approfondire le cose.

 

1   Costringe ad essere veri quando si parla,

     ad essere coerernti nelle scelte importanti

     e nella semplice vita di ogni giorno.

 

2   È uno stile di vita che cambia e valorizza

     anche i rapporti con gli altri,

     trasmette una qualità nuova di incontro.

 

1   Vivere in comunità è vivere

     un'esperienza di Dio,

     dare un segno di Lui che è comunione.

 

2   Vivere in comunità è un dono

     che ha la sua radice in Lui

     Dio amante della vita.

 

SILENZIO

 

Vieni respiro di Dio

 

Vieni Spirito di Dio, respiro della creazione,

vento del cambiamento che soffi attraverso le nostre esistenze,

aprici a nuovi sogni e nuove speranze.

 

Quando le nostre menti chiuse si barricano contro nuove idee

e preferiscono il passato a ciò

che tu potresti voler fare attraverso di noi, domani…

Vieni respiro di Dio, alito del Vivente, spalanca le nostre

menti.

 

Quanto i nostri occhi chiusi non riescono a vedere i bisogni

mondo e sono ciechi alle possibilità di servizio e di amore…

Vieni respiro di Dio, alito del Vivente, spalanca i nostri occhi.

 

Quando le nostre mani chiuse si aggrappano ai nostri doni e

alle nostre ricchezze per il nostro uso esclusivo...

Vieni respiro di Dio, alito del Vivente, spalanca le nostre mani.

 

Quando i nostri cuori chiusi limitano il nostro affetto a noi

stessi e ai nostri cari…

Vieni respiro di Dio, alito del Vivente, spalanca i nostri cuori.

 

Vieni, soffio di vita,

vento forte e gentile, che accarezzi gli umili e travolgi i

superbi.

 GAZA, INFERNO A CIELO APERTO

Dopo sei mesi di intervento militare israeliano, la striscia di Gaza è ormai un immenso cimitero con un bilancio di vittime civili che, per il ministero della salute, controllato dal movimento Hamas, avrebbe superato i 32.000 morti.

Queste cifre, come sappiamo, sono contestate da Tel-Aviv- da cui non è stato diffuso alcun bilancio - ma a fine febbraio, di fronte a una commissione parlamentare, il segretario di Stato alla difesa statunitense, Lloyd Austin ha parlato in totale di 25.000 persone uccise prima che una portavoce del Pentagono, Sabrina Singh, si affrettasse a precisare come quest'ultimo «citasse una stima del ministero della saute di Hamas».

Mentre prosegue il blocco degli aiuti alimentari internazionali da parte di Israele, gli abitanti di Gaza speravano in una tregua prima dell'11 marzo, giorno di inizio del mese di ramadan. Ma i negoziati tra il Mossad e Hamas, supportati dai diplomatici egiziani e qatarioti non hanno dato frutto. Uno stallo che getta nello sconforto le famiglie degli ostaggi detenuti dal movimento islamista e alimenta la protesta contro il primo ministro Benjamin Netanyahu. Il capo del governo, molto restio sulle trattative al Cairo e a Doha, si preoccupa piuttosto di conquistare Rafah, città del sud dell'enclave in cui 1,5 milioni di palestinesi vivono intrappolati. «Ho detto che non avevamo la possibilità di smantellare Hamas senza entrare a Rafah e senza eliminare i battaglioni che resistono al suo interno.

Speriamo di farlo con il sostegno degli Stati uniti, ma se necessario lo faremo da soli», ha scandito Netanyahu dopo l'incontro a Tel-Aviv con il segretario di Stato statunitense Antony Blinken, giunto nel tentativo di convincerlo a rinunciare all'attacco.

   In questo contesto, il Consiglio di sicurezza della Organizzazione delle Nazioni unite ha adottato, infine, il 25 marzo, una risoluzione in cui si esige il «cessate il fuoco immediato» a Gaza. Approvazione resa possibile dall'astensione degli Stati Uniti, anche se la Casa bianca, preoccupata di chetare Tel-Aviv, ha sollecitamente affermato che il testo non rappresentava un'«inversione di tendenza» nei rapporti israelo-statunitensi. Inoltre, Washington ha insistito sul carattere «non vincolante» della risoluzione. Una posizione ingannevole: la richiesta formulata dal testo è inequivocabile, e ogni decisione del Consiglio di sicurezza si inserisce nel diritto internazionale che ogni membro dell'Onu deve rispettare.

All'indomani del voto, sul campo, niente è cambiato. Israele continua a bombardare l'enclave e a proibire l'ingresso dei camion dell'Agenzia delle Nazioni unite per il soccorso e l’occupazione dei profughi palestinesi nel vicino oriente (Unrwa).


AKRAM BELKAÏD (“Le Monde diplomatique”)

sabato 27 aprile 2024

 NON SOLO IN PIAZZA MA ANCHE ALLE URNE

Ieri era 25 aprile e gli italiani erano lì, sventolando bandierine e con i lucciconi agli occhi cantando “Bella Ciao”.

Poi, quando si tratta di andare a votare, molti diventano snob, e che ci vado a fare, e non mi rappresentano e sono tutti uguali e non ci sono più i politici di una volta. Certo, se non si vota, di politici (nuovi o di “una volta”) ce ne saranno sempre meno, anzi, poi non ce ne saranno proprio più, come le razze estinte, tanto a che servono?

La libertà non si difende solo con i cortei, ma specialmente esercitando i propri diritti costituzionali, tra i quali il diritto a eleggere e essere eletti è forse il più importante.

L’assenteismo alle urne è uno schiaffo in faccia a tutti quelli che si sono impegnati in prima persona prima e dopo l’8 settembre per un paese democratico, e ci hanno rimesso la vita, e quanti ragazzi e ragazze c’erano tra quelle file.

da “La Repubblica” del 26 aprile

 LA PRIMA LINEA RUSSA E’ NELLA GUERRA ALLE DONNE

Non è per uno scherzo del destino che Mosca è diventata nell’ultimo ventennio il faro mondiale di ogni sovranismo, dopo essere stata per gran parte del Novecento la capitale globale del comunismo.

La ragione di fondo è nell’aspirazione del regime di Putin a difendere «i valori tradizionali», contro quella che considera la «degenerazione morale dell’Occidente».

Un’aspirazione condivisa da sovranismi collocati alle più diverse latitudini, da Bolsonaro a Orbán passando per Trump e Le Pen, che da anni hanno ormai affidato al Cremlino la bandiera della verità nella guerra di culture che ha sostituito la lotta di classe sovrapponendosi e confondendo i confini tra Oriente e Occidente.

E se nel febbraio 2022 l’aggressione russa all’Ucraina aveva reso d’improvviso più difficile parteggiare apertamente per le ragioni della superpotenza nucleare che calpesta l’indipendenza di una nazione e ne massacra gli abitanti, oggi l’imbarazzo dei putiniani di ogni Paese è scomparso: dalla destra statunitense ai rossobruni tedeschi o italiani torna a farsi sentire il tifo per un regime che ha messo nel mirino, non solo metaforicamente, chi sceglie di vivere liberamente la propria sessualità o chi difende i diritti di ogni minoranza.

Marta Allevato, per circa un decennio corrispondente da Mosca e oggi specialista di politica russa e internazionale per l’Agi, ha dedicato un libro brillante alla «crociata del Cremlino per i valori tradizionali» (La Russia moralizzatrice, Piemme).

Tra la storia recente e gli incontri con protagonisti celebri o poco conosciuti di tante battaglie di impegno civile, l’autrice racconta i vari fronti della campagna putiniana per la dittatura del tradizionalismo.

Una campagna che ha permesso al regime di sopravvivere alla crisi di consensi del 2011-2012, rilanciandosi nella lotta contro liberalismo, secolarismo, pacifismo e omosessualità: i cavalli di Troia della “degenerazione morale” con cui l’Europa e l’Occidente vorrebbero contaminare il mondo russo.

In particolare Marta Allevato si sofferma su un aspetto assai poco noto della crociata putiniana: la persecuzione del femminismo («fenomeno molto pericoloso - nelle parole del patriarca Kirill - perché qualsiasi intrusione dall’esterno nelle questioni familiari comporta gravi conseguenze negative») e di chiunque si batta per la tutela delle donne dalla violenza domestica e sessuale.

Ne esce la fotografia di un Paese nel quale, sullo sfondo di una disparità sostanziale tra uomini e donne con differenze di reddito che sfiorano il 40 per cento, non solo sono stati bocciati tutti i tentativi di varare una legge sull’eguaglianza di genere ma negli ultimi anni si è apertamente discusso di limitare l’interruzione volontaria di gravidanza qualora non vi sia il consenso del padre o si è introdotto (come nella repubblica autonoma di Mordovia) il reato di «induzione all’aborto» per chiunque spinga una donna a ricorrervi.

Lo stesso è accaduto per le violenze domestiche: nel gennaio 2017 la Duma - ricorda l’autrice - ha depenalizzato «le percosse domestiche “non gravi”, se compiute per la prima volta e senza danni significativi.

Da due anni di carcere si è passati a quindici giorni di detenzione o a una multa, se la violenza non si verifica più di una volta l’anno». E nella discussione parlamentare si è difesa la misura «con la necessità di garantire il diritto alla sculacciata, come strumento educativo per i bambini».

Ma se il putinismo utilizza l’idea sovranista di famiglia come trincea di regressione civile, è proprio la famiglia ad essere evocata come strumento di resistenza al regime da quei piccoli, sparuti e coraggiosi nuclei di opposizione civile che nella stessa Russia si battono contro l’aggressione all’Ucraina.

Marta Allevato ne cita uno significativo: il gruppo “Resistenza femminista”, che ha riunito una quarantina di associazioni di attiviste e che nel 2023 ha ricevuto il Premio Aquisgrana per la Pace.

«Violenza domestica contro donne, bambini e anziani - questo il loro messaggio di ringraziamento - è la violenza che lo Stato russo incoraggia e alimenta e che è uscita dalle nostre case e ha superato i confini nazionali.

La guerra inizia in casa e deve finire in casa».

Piccoli segnali di luce e di speranza, nel buio fitto della Russia di oggi.

Andrea Romano (da “La Repubblica”, 26 aprile 2024)

DOMANI EUCARESTIA ON LINE DELLA NOSTRA COMUNITA’

Care amiche e amici della Comunità,

domani ci riuniremo per la celebrazione eucaristica alle 9:45. La celebrazione inizierà alle ore 10 come sempre.

Il link per collegarsi è: meet.google.com/vpu-vkkh-wf

Il canone di questa settimana è stato realizzato a partire da alcune riflessioni di Luigino.

A domani allora! Ciao!

Sergio

DIO CHE SPRIGIONA DALL’UMANO

P. Saluto all’assemblea

G. Siamo qui con la voglia di camminare ancora insieme. I nostri percorsi sono molto diversi e manifestano la ricchezza multicolore della realtà, del mondo. Siamo diversi ma amiamo incontrarci di nuovo per raccontarci, liberi di scegliere di cambiare ancora, per pregare insieme e per fare memoria dell’insegnamento di Gesù. La nostra realizzazione passa attraverso l’amare la vita pienamente, essere capaci di

donare reciprocamente qualcosa di noi, manifestare quel riflesso di Dio che è dentro di noi e farlo entrare nel mondo.

 

Momento di silenzio

 

Letture bibliche

 

Marco 1, 12-13

E subito lo Spirito lo sospinse nel deserto e nel deserto rimase quaranta giorni, tentato da Satana con le bestie selvatiche e gli angeli lo servivano.

 

Luca 4, 13

Dopo aver esaurito ogni tentazione, il diavolo si allontanò da lui fino al momento fissato.

 

Matteo 4, 17

Da allora Gesù cominciò a predicare e a dire: “Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino”.

 

Marco 14, 35- 36

Pregava se fosse possibile passare via da lui quell’ora e diceva: “Abba! Padre! Tutto è possibile a te: allontana da me questo calice! Però non ciò che voglio io, ma ciò che vuoi tu”.

 

Luca 22, 42-44

Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà. Gli apparve allora un angelo dal cielo per confortarlo. Entrato nella lotta, pregava più intensamente, e il sudore diventò come gocce di sangue che cadono a terra.

 

ESSERE UMANI PER DIVENTARE DIVINI (riflessione di Luigino)

Ho scelto questi versetti perché sono quelli che, uscendo dai Vangeli, per me, manifestano e simboleggiano maggiormente l’umanità di Gesù in due momenti della sua vita, cruciali e difficili, tali da mettere in ombra, se non dimenticare, la sua divinità ereditata come persona, a immagine e somiglianza di Dio.

Due momenti: uno all’inizio della sua predicazione con il battesimo e l’andata nel deserto, l’altro alla fine della sua vita, nell’oscura notte del Getsemani dove Dio è assente. Entrambi ci presentano un Gesù uomo con tutte le sue fragilità umane, ma con la sua potenzialità divina, non “come voglio io”. E’ un io che si dona e non che subisce, perché poteva rifiutarsi; lo si capisce dalla richiesta, non voleva morire, quindi una scelta consapevole e nemmeno di ubbidienza, ma un darsi all’altro, al Padre. Trovo significativo come Gesù inizia la sua attività decidendo di essere un predicatore itinerante del regno dei cieli, e come la sua vita viene fatta concludere su una croce, non per sacrificio, ma per libera scelta donata come testimonianza. In questi due momenti non mi sembra di vedere in Gesù, nulla che mostri il Dio incarnato, piuttosto l’uomo che rivela il Dio che lo abita dal quale trae la forza per andare oltre le tentazioni, oltre la morte; l’uomo che ha fede in un Dio che, nonostante le apparenze, non abbandona, per cui non resta che accettare

consapevolmente il proprio destino e consegnarsi con fiducia a Dio. Il figlio dell’uomo Gesù, rivelando il Dio che lo abita, in cui crede, si mostra resiliente alle avversità, superando le tentazioni e di andare oltre la sua morte. Non per nulla dopo il battesimo, troviamo Gesù nel deserto. Il battesimo è la scelta di vita, il deserto è l’avvio della sua scelta, l’inizio della sua missione. Nel deserto Gesù è solo con se stesso con le bestie che sono lì, lì per sbranarlo, con gli angeli per servirlo, cioè quella forza, quell’energia della vita che pulsa in lui e che tanto ama. In Gesù vi è la chiamata dello Spirito che lo porta alla sua conversione, predicare e far conoscere il desiderio del padre suo, la conoscenza del regno dei cieli. Dall’esperienza del deserto forse aveva capito che non è la forza della spada a rendere l’uomo libero.

Ma che cosa rappresenta il deserto? Luogo di solitudine dove riflettere, dove decidere sul da farsi, dove si può morire di stenti. Per Gesù è il luogo della sfida con se stesso e con il potere. Gesù si interroga sulla sua missione. Il deserto per Gesù è il luogo del digiuno, cerca di digiunare dalle lusinghe, dalle opportunità offerte dall’esercizio del potere egemone: politico, militare, finanziario e religioso. Ancora, è il luogo della riflessione, del suo combattimento interiore. Gesù è in compagnia delle bestie feroci, cioè la sua coscienza travagliata: i suoi tormenti, le sue esitazioni, le sue incertezze, le sue paure, le decisioni da prendere. Si sente addosso una grande responsabilità, che non è più di Dio, ma sua. Un deserto durato quaranta giorni, un tempo lungo per decidere e non facile. Per vivere nel deserto se vuoi vivere, devi trovare l’acqua, devi scavare in profondità la sabbia, che muta le fisionomie delle dune al soffiare del vento, il mulinare dei pensieri in Gesù. Scavare è quello che Gesù ha fatto in se stesso, in balia delle tentazioni, ha scavato dentro se stesso per trovare l’acqua della vita che gli ha permesso di uscire vivo dal deserto. A che cosa, lì, Gesù ha rinunciato, allontanando il tentatore, che sarebbe tornato poi, in un secondo momento, nel Getsemani? Gesù ha rinunciato al dominio del potere umano e alla sua gestione, per mostrare come potrebbe essere gestito nel vero servizio e

nella amministrazione dei beni. Con la sua testimonianza ha mostrato di amare la vita servendola, fino al punto di donarla per amore, perché l’umanità creda che all’uomo tutto è possibile, vivendo il Dio che lo abita, andando oltre il potere umano. L’esperienza di Gesù nel deserto insegna cercare Dio dentro se stessi e viverlo, perché fuori si vede solo l’immagine di Dio che portiamo dentro, la vera rappresentazione simbolica della nostra fede. Il Dio nel quale crediamo e ci fidiamo.

Tutto questo per me ce lo insegna l’umanità di Gesù, un Gesù che non scende più dalle stelle, ma che nasce dalle stalle per salire verso le stelle, un uomo che ha saputo trasformare, convertire la sua umanità, abitata dal divino per viverla in Dio, senza fine.

Non è tanto la conoscenza del Gesù storico, indagine molto importante, ma la storicità del suo messaggio, cavalcando i secoli, che per me, lo rende grande e unico per tutto il mondo, anche per quello di oggi. L’amore che Dio ha per tutta l’umanità, amore fatto conoscere da Gesù di Nazareth, e testimoniato da coloro che si lasciano amare da Dio, è un amore libero perché disinteressato e incondizionato, non dipende dalle azioni dell’uomo più o meno meritevoli, ed è un amore che libera, che se accolto è capace di rende nuove tutte le cose.

 

Interventi liberi

 

1 Sono nata diversa. Sono diversa perché seguo la mia libertà? Ma il mio amore non può essere sbagliato. Il colore che porto nel mondo non deve essere sprecato. Ho bisogno di compagni di cammino che mi insegnino ad amarmi come sono. Sogno di accompagnare anche io chi si sente perduto nel suo cammino.

2 Cammino invisibile in un mondo freddo  e inospitale. Non sono uguale a nessuno stereotipo di successo. Ma io non posso essere inutile. Anche io porto semi che possono fiorire. Ho bisogno di incontrare chi mi aiuti a regalarmi al mondo. Sogno di fare sbocciare altri semi dimenticati.

3 Ci svegliamo ogni giorno circondati dall’odio e dalla violenza. Navighiamo in mari sconosciuti per trovare uno spazio di pace. Spesso temiamo che non esista un porto sicuro al quale attraccare. Ma non possiamo scomparire dal mondo. Anche noi portiamo lo stesso sogno di bellezza di chi ha paura di accoglierci. Abbiamo bisogno di persone libere che abbiano il coraggio di scegliere. Sogniamo di aprire le nostre porte ad altri viandanti impauriti.

 

Memoria della cena

T. O Dio, nella fiducia che vogliamo riporre in Te, oggi noi rinnoviamo il nostro impegno a camminare sulla strada di Gesù di Nazareth e ripetiamo il gesto che egli compì con i suoi amici e le sue amiche, prima di essere processato e poi crocifisso.

Egli prese nelle sue mani il pane della mensa e, dopo aver alzato gli occhi al cielo per benedire il Tuo nome dolce e santo, lo divise dicendo: “Prendete e mangiatene tutti. Questo pane che spezziamo e mangiamo, sotto lo sguardo di Dio, è il segno della mia vita, riassume il significato della mia esistenza. Se ogni giorno voi condividerete i doni che Dio vi ha fatto, davvero farete corpo con me, sarete il mio corpo, la mia vita

nel mondo”.

 

Preghiera di condivisione

 

Preghiere spontanee

 

Padre nostro

 

Benedizione

Forse non è un Dio triste che sacrifica un figlio per perdonare i peccati dell’umanità.

Forse c’è un uomo, un maestro di vita che ha scelto di avere fede in un sogno.

Forse non è necessario vincere. Forse bisogna coltivare una grande speranza.

Forse è bene saper spargere i semi su ogni suolo, con coraggio.

Forse è meglio così piuttosto che arrivare alla fine di un viaggio con la sacca piena di possibilità conservate per timidezza e mai usate.

Forse è bene aver fiducia che anche il seme finito su un sottile velo di suolo portato dal vento possa mettere radici, disgregare la roccia e continuare il percorso che fa di oceani monti e di vulcani campi fioriti.

Forse è la nostra curiosità instancabile che apre gli occhi di Dio sul mondo, e sono le nostre scelte libere che lo fanno camminare e crescere accanto a noi.

 

Per la Comunità Cristiana di Base Via città di Gap, Pinerolo

Luigino Zanotto e Sergio Speziale, 28 aprile, 2024