SACRI SFRATTI: A ROMA, VATICANO ED ENTI ECCLESIASTICI TOLGONO LA CASA A DUECENTO FAMIGLIE
A Roma il più grande proprietario di immobili è il Vaticano: almeno un quinto delle case della capitale, la maggior parte delle quali nel centro storico della città, appartiene direttamente alla Santa Sede (cioè all’Apsa, l’Amministrazione del Patrimonio apostolico della Sede Apostolica guidata dal card. Attilio Nicora) e allo Ior (la banca vaticana), ma anche alla diocesi e a circa 2mila fra enti ecclesiastici controllati dalla Conferenza episcopale italiana, istituti e congregazioni religiose, confraternite (v. anche Adista n. 39/07).
E dalla metà di ottobre, il proprietario ha iniziato a sfrattare gli inquilini e le famiglie che non sono più in grado di pagare i canoni di affitto che, in molti casi, sono anche raddoppiati. È infatti scaduta lo scorso 14 ottobre la proroga prevista dalla legge approvata dal Parlamento nel dicembre 2006 che ‘congelava’ gli sfratti per i nuclei familiari ‘deboli’, cioè con un reddito medio-basso e in cui siano presenti figli a carico, anziani, malati terminali o disabili.
Se per chi vive nelle case appartenenti ai cosiddetti "grandi proprietari" – come casse professionali e previdenziali, compagnie di assicurazione e banche – la sospensione dura fino al giugno 2008, per gli inquilini delle abitazioni di proprietà ecclesiastica, invece, il tempo è scaduto, in quanto, come spiega il consigliere del Municipio Centro Storico di Roma Mario Staderini, nel testo di legge è stata cancellata una riga che considerava "grandi proprietari" anche i "soggetti fisici o giuridici detentori di oltre 100 unità immobiliari ad uso abitativo".
Una omissione che, aggiunge l’esponente radicale della Rosa nel Pugno, "sembra fatta su misura per gli enti ecclesiastici i quali, fra l’altro, godono dell’esenzione Ici (appena confermata in Finanziaria con il voto unanime del Senato, eccezione fatta per i senatori della "Costituente Socialista" di Gavino Angius, ndr), e della riduzione del 50% dell’Ires, ovvero dell’imposta sul reddito cui vanno ricondotti i redditi fondiari derivanti da affitto di immobili".
E così, per oltre 200 famiglie che abitano in case del Vaticano o di enti ecclesiastici, dallo scorso 15 ottobre gli sfratti sono diventati esecutivi (a Roma in totale i ‘nuovi’ sfratti sono circa 2mila, in Italia 4mila).
"Quasi tutti vengono sfrattati non per morosità – dice ad Adista Luigi Cerini, fondatore dell’associazione "Diritti in Movimento" che sta sostenendo la lotta degli inquilini che rischiano di perdere la casa e di ritrovarsi in mezzo ad una strada – ma per fine locazione".
E anche perché i nuovi canoni di affitto fissati dal proprietario sono insostenibili, come nel caso di Nadia Evangelisti, che si è vista proporre dall’Ordine dei Maroniti della Beata Vergine Maria un aumento dell’affitto del 300% che, ovviamente, non può pagare. Eppure, come ricorda l’associazione "Diritti in Movimento" in un "Appello alle donne ed agli uomini di buona volontà", Giovanni Paolo II, nell’Angelus del 16 giugno 1996, aveva chiesto a "quanti si richiamano al Vangelo di Cristo" di mostrare "una più grande sensibilità anche sul terreno concreto e urgente del diritto alla casa" e aveva affermato che "ad ogni persona deve essere garantito un alloggio che sia non solo un riparo fisico, ma un luogo adatto a soddisfare le proprie esigenze sociali, culturali e spirituali".
Nonostante queste parole, continua l’associazione, "la Santa Sede, Propaganda Fide, vari collegi e confraternite, attraverso le loro amministrazioni, ci stanno sfrattando per finita locazione, per aprire negli appartamenti in cui abbiamo sempre vissuto bed and breakfast o per affittarli in modo clientelare. Il tutto in nome del profitto e del denaro, in contrasto con i dettami della solidarietà a cui si rifanno non solo le sacre scritture".
Prosegue il documento: "Siamo donne, uomini, anziani, bambini, giovani, famiglie che a causa dello sfratto provano sulla propria pelle l’impossibilità di continuare a vivere, di sperare in un domani. Ma siamo determinati ad ostacolare con tutte le nostre forze il progetto di allontanarci dalla città o dal quartiere in cui siamo cresciuti" (un programma – la sostituzione dei vecchi abitanti poveri con nuovi benestanti e la bonifica fisica dei quartieri degradati – che la letteratura urbanistica chiama gentrification, ndr).
Scrivono direttamente al presidente della Cei, mons. Angelo Bagnasco, gli "sfrattati dal Vaticano" riuniti nel "Comitato lotta per la casa centro storico".
"Siamo un gruppo di famiglie in affitto nelle case di proprietà dell’Apsa, dello Ior e di altri importanti enti religiosi. Da anni oramai ci troviamo quotidianamente a convivere con l’incubo di finire in mezzo alla strada, espulsi dai contesti sociali in cui abbiamo vissuto per decenni: la procedura di sfratto è in fase esecutiva. Secondo le statistiche, il nostro reddito è al limite della soglia di povertà, ed avendo al nostro interno anziani, figli e disabili, sino al 15 ottobre abbiamo potuto bloccare lo sfratto. Nei prossimi giorni molti di noi attendono la visita dell’ufficiale giudiziario e della forza pubblica. Al di là delle questioni legali, non riusciamo a capire il perché di questo calvario. Siamo stati dei bravi inquilini: abbiamo sempre pagato l’affitto e avuto cura dell’appartamento. Se, come spesso accadeva, non avevano bagno né riscaldamento, i lavori erano a nostre spese.
Eppure veniamo sbattuti fuori. Sappiamo che la crescita del mercato immobiliare rende le nostre case molto appetibili", proseguono, "ma è possibile che la nostra storia, la nostra realtà, non valga più nulla? Quando nelle settimane passate l’abbiamo sentita invocare ‘uno slancio collettivo’ per risolvere l’emergenza abitativa, una piccola speranza è nata dentro di noi: che il massimo esponente della Chiesa cattolica italiana, nominato per volere del pontefice, potesse fermare la frenesia speculativa che si è impossessata della Chiesa. Nessuno però ci ha proposto di rinnovare il contratto, né tanto meno gli sfratti si sono fermati. Siamo noi in torto, perché ci sono persone più bisognose a cui dare le nostre case, oppure i mercanti sono di nuovo nel tempio?".
Condivide in parte le ragioni degli sfrattati mons. Gaetano Bonicelli, membro della Commissione della Cei per i Problemi Sociali e il Lavoro, la Giustizia e la Pace, intervistato dalla Stampa il 29/10: gli sfrattati "fanno bene a chiedere uno stimolo più forte da parte della Chiesa", dice il vescovo, e noi dobbiamo fare "un’autocritica perché è inutile parlare di sostegno alle famiglie e poi mancare sull’essenziale". "Nella gestione delle case degli enti ecclesiastici deve essere prioritario l’elemento di assistenza e di servizio pubblico. Meglio ricevere affitti più bassi di quelli di mercato piuttosto che negare una mano a chi non riesce a trovare una sistemazione alternativa".
da: www.adista.it
A Roma il più grande proprietario di immobili è il Vaticano: almeno un quinto delle case della capitale, la maggior parte delle quali nel centro storico della città, appartiene direttamente alla Santa Sede (cioè all’Apsa, l’Amministrazione del Patrimonio apostolico della Sede Apostolica guidata dal card. Attilio Nicora) e allo Ior (la banca vaticana), ma anche alla diocesi e a circa 2mila fra enti ecclesiastici controllati dalla Conferenza episcopale italiana, istituti e congregazioni religiose, confraternite (v. anche Adista n. 39/07).
E dalla metà di ottobre, il proprietario ha iniziato a sfrattare gli inquilini e le famiglie che non sono più in grado di pagare i canoni di affitto che, in molti casi, sono anche raddoppiati. È infatti scaduta lo scorso 14 ottobre la proroga prevista dalla legge approvata dal Parlamento nel dicembre 2006 che ‘congelava’ gli sfratti per i nuclei familiari ‘deboli’, cioè con un reddito medio-basso e in cui siano presenti figli a carico, anziani, malati terminali o disabili.
Se per chi vive nelle case appartenenti ai cosiddetti "grandi proprietari" – come casse professionali e previdenziali, compagnie di assicurazione e banche – la sospensione dura fino al giugno 2008, per gli inquilini delle abitazioni di proprietà ecclesiastica, invece, il tempo è scaduto, in quanto, come spiega il consigliere del Municipio Centro Storico di Roma Mario Staderini, nel testo di legge è stata cancellata una riga che considerava "grandi proprietari" anche i "soggetti fisici o giuridici detentori di oltre 100 unità immobiliari ad uso abitativo".
Una omissione che, aggiunge l’esponente radicale della Rosa nel Pugno, "sembra fatta su misura per gli enti ecclesiastici i quali, fra l’altro, godono dell’esenzione Ici (appena confermata in Finanziaria con il voto unanime del Senato, eccezione fatta per i senatori della "Costituente Socialista" di Gavino Angius, ndr), e della riduzione del 50% dell’Ires, ovvero dell’imposta sul reddito cui vanno ricondotti i redditi fondiari derivanti da affitto di immobili".
E così, per oltre 200 famiglie che abitano in case del Vaticano o di enti ecclesiastici, dallo scorso 15 ottobre gli sfratti sono diventati esecutivi (a Roma in totale i ‘nuovi’ sfratti sono circa 2mila, in Italia 4mila).
"Quasi tutti vengono sfrattati non per morosità – dice ad Adista Luigi Cerini, fondatore dell’associazione "Diritti in Movimento" che sta sostenendo la lotta degli inquilini che rischiano di perdere la casa e di ritrovarsi in mezzo ad una strada – ma per fine locazione".
E anche perché i nuovi canoni di affitto fissati dal proprietario sono insostenibili, come nel caso di Nadia Evangelisti, che si è vista proporre dall’Ordine dei Maroniti della Beata Vergine Maria un aumento dell’affitto del 300% che, ovviamente, non può pagare. Eppure, come ricorda l’associazione "Diritti in Movimento" in un "Appello alle donne ed agli uomini di buona volontà", Giovanni Paolo II, nell’Angelus del 16 giugno 1996, aveva chiesto a "quanti si richiamano al Vangelo di Cristo" di mostrare "una più grande sensibilità anche sul terreno concreto e urgente del diritto alla casa" e aveva affermato che "ad ogni persona deve essere garantito un alloggio che sia non solo un riparo fisico, ma un luogo adatto a soddisfare le proprie esigenze sociali, culturali e spirituali".
Nonostante queste parole, continua l’associazione, "la Santa Sede, Propaganda Fide, vari collegi e confraternite, attraverso le loro amministrazioni, ci stanno sfrattando per finita locazione, per aprire negli appartamenti in cui abbiamo sempre vissuto bed and breakfast o per affittarli in modo clientelare. Il tutto in nome del profitto e del denaro, in contrasto con i dettami della solidarietà a cui si rifanno non solo le sacre scritture".
Prosegue il documento: "Siamo donne, uomini, anziani, bambini, giovani, famiglie che a causa dello sfratto provano sulla propria pelle l’impossibilità di continuare a vivere, di sperare in un domani. Ma siamo determinati ad ostacolare con tutte le nostre forze il progetto di allontanarci dalla città o dal quartiere in cui siamo cresciuti" (un programma – la sostituzione dei vecchi abitanti poveri con nuovi benestanti e la bonifica fisica dei quartieri degradati – che la letteratura urbanistica chiama gentrification, ndr).
Scrivono direttamente al presidente della Cei, mons. Angelo Bagnasco, gli "sfrattati dal Vaticano" riuniti nel "Comitato lotta per la casa centro storico".
"Siamo un gruppo di famiglie in affitto nelle case di proprietà dell’Apsa, dello Ior e di altri importanti enti religiosi. Da anni oramai ci troviamo quotidianamente a convivere con l’incubo di finire in mezzo alla strada, espulsi dai contesti sociali in cui abbiamo vissuto per decenni: la procedura di sfratto è in fase esecutiva. Secondo le statistiche, il nostro reddito è al limite della soglia di povertà, ed avendo al nostro interno anziani, figli e disabili, sino al 15 ottobre abbiamo potuto bloccare lo sfratto. Nei prossimi giorni molti di noi attendono la visita dell’ufficiale giudiziario e della forza pubblica. Al di là delle questioni legali, non riusciamo a capire il perché di questo calvario. Siamo stati dei bravi inquilini: abbiamo sempre pagato l’affitto e avuto cura dell’appartamento. Se, come spesso accadeva, non avevano bagno né riscaldamento, i lavori erano a nostre spese.
Eppure veniamo sbattuti fuori. Sappiamo che la crescita del mercato immobiliare rende le nostre case molto appetibili", proseguono, "ma è possibile che la nostra storia, la nostra realtà, non valga più nulla? Quando nelle settimane passate l’abbiamo sentita invocare ‘uno slancio collettivo’ per risolvere l’emergenza abitativa, una piccola speranza è nata dentro di noi: che il massimo esponente della Chiesa cattolica italiana, nominato per volere del pontefice, potesse fermare la frenesia speculativa che si è impossessata della Chiesa. Nessuno però ci ha proposto di rinnovare il contratto, né tanto meno gli sfratti si sono fermati. Siamo noi in torto, perché ci sono persone più bisognose a cui dare le nostre case, oppure i mercanti sono di nuovo nel tempio?".
Condivide in parte le ragioni degli sfrattati mons. Gaetano Bonicelli, membro della Commissione della Cei per i Problemi Sociali e il Lavoro, la Giustizia e la Pace, intervistato dalla Stampa il 29/10: gli sfrattati "fanno bene a chiedere uno stimolo più forte da parte della Chiesa", dice il vescovo, e noi dobbiamo fare "un’autocritica perché è inutile parlare di sostegno alle famiglie e poi mancare sull’essenziale". "Nella gestione delle case degli enti ecclesiastici deve essere prioritario l’elemento di assistenza e di servizio pubblico. Meglio ricevere affitti più bassi di quelli di mercato piuttosto che negare una mano a chi non riesce a trovare una sistemazione alternativa".
Esattamente il contrario di quello che sta avvenendo. E non è l’unica contraddizione, come nota Staderini: "La scorsa settimana il prefetto di Roma Carlo Mosca ha incontrato il card. Camillo Ruini, vicario del papa per la città, chiedendogli un aiuto per trovare una sistemazione abitativa per i cittadini romeni e i rom sgomberati dalle baraccopoli della Capitale in seguito all’omicidio di Giovanna Reggiani, riconoscendo quindi il ‘peso’ della Chiesa dal punto di vista immobiliare. Proprio mentre, nelle stesse ore, diversi enti ecclesiastici stavano sfrattando molte famiglie".
Luca Kocci
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