venerdì 25 giugno 2010

PRESA DI POSIZIONE DI "NOI SIAMO CHIESA"

         SIAMO CHIESA

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Il crocifisso deve essere solo un simbolo della fede. “Noi Siamo Chiesa”, come tanti cattolici che si richiamano al Concilio, è contro la campagna del governo e del Vaticano per riformare la sentenza della Corte Europea dei diritti dell’uomo del 3 novembre

 

            Oggi si terrà a Roma una conferenza stampa di presentazione di un convegno di area governativa  che si terrà domani per polemizzare contro la sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo del 3 novembre scorso, che ha giudicato che l’esposizione del crocifisso nelle scuole di Stato è in contraddizione con l’art.9 della Convenzione europea per la tutela dei diritti dell’uomo (in connessione con l’art.2 del Protocollo n.1). L’ultimo editoriale di Cilviltà Cattolica e un documento della Presidenza della CEI del 18 giugno vanno nella stessa direzione mentre il Vaticano si è attivato da mesi presso gli Stati membri del Consiglio d’Europa e presso altri movimenti cristiani perché contrastino la sentenza di novembre. Ugualmente il Prof. Carlo Cardia ha pubblicato un testo “Identità culturale e religiosa europea. La questione del crocifisso” che è stato esplicitamente sponsorizzato dal governo. Si sta quindi intensificando la campagna politica e mediatica perché la Corte, nel giudizio d’appello che si terrà a Strasburgo il 30 giugno, modifichi la sentenza di primo grado.

            Non hanno molti strumenti per fare sentire la loro opinione quanti dissentono da questa mobilitazione, non condividendo la posizione dei vertici delle istituzioni e dei maggiori partiti. “Noi Siamo Chiesa” fa parte di questa area di opinione, in particolare presente tra tanti cattolici, che si augura la conferma della sentenza. “Noi Siamo Chiesa” ritiene infatti che il crocifisso sia un simbolo religioso sul quale tutti i cristiani debbano meditare nel raccoglimento delle loro coscienze, sia nella preghiera individuale che in quella comunitaria. Si pretende invece di considerare il crocifisso come un simbolo stesso dell’identità e della cultura nazionale ma ciò è in contraddizione con lo spirito e il dettato della Costituzione e dello stesso Concordato tra Stato italiano e Chiesa cattolica del 1984. La strumentalizzazione di questo simbolo nel nostro paese è fatta non solo da cattolici fondamentalisti (nostalgici  di una  “cristianità” finito da molto tempo) ma anche da forze politiche e culturali estranee a ogni riflessione evangelicamente ispirata.

            “Noi Siamo Chiesa”, anche interloquendo con la Corte con un intervento diretto ad essa inviato  il 23 maggio, ha fatto presente le caratteristiche di paese multireligioso e multiculturale che il nostro paese ha acquisito negli ultimi anni e che rendono ancora più opportuni e utili, per la coesione sociale, i principi riconosciuti dalla Corte. Anche le chiese protestanti presenti in Italia (mozione votata dalla XIII assemblea della FCEI – Federazione delle Chiese Evangeliche Italiane- nel novembre 2003) hanno preso una posizione contraria all’esposizione del crocifisso nelle scuole. La posizione di “Noi Siamo Chiesa” è esplicitamente appoggiata da movimenti ed organizzazioni cattoliche, che si ispirano al Concilio Vaticano II, presenti in Europa, tra cui le Comunità Cristiane di base, l’European Network Cheurch on the Move, la rete spagnola Redes Cristianas, la rete francese Parvis, L’Observatoire Chrétienne sur la Laicité,  Nous Sommes aussi l’Eglise ecc…. 

            Credenti e non credenti dovrebbero meditare le parole del senatore Pietro Ichino, che così concludeva nell’aula del Senato il suo intervento il 4 novembre 2009 all’indomani della sentenza di primo grado : “Questo uso del crocefisso mi disturba come credente: perché Cristo non è morto in croce soltanto per il nostro Paese, né soltanto per i Paesi europei; e il suo Vangelo non si identifica affatto con la nostra cultura, ma è stato dato a tutta l’umanità. Questo uso del crocefisso come bandiera, o come simbolo di una cultura per distinguerla dalle altre, se compiuto dai credenti, costituirebbe una violazione del primo comandamento biblico: “Non usare il nome di Dio invano”. Se è compiuto dallo Stato laico, vedo in esso un’appropriazione indebita. E chiedo che esso cessi al più presto: per rispetto dei cristiani prima ancora che dei non cristiani”.

                                                                 

Roma,  22 giugno 2010                                                  NOI SIAMO CHIESA”