- Quoziente familiare, testamento biologico e fine vita nelle mani della politica si trasformano in "merce di scambio" per ottenere "qualche voto in più", per "riagganciare forze politiche", "per scompaginare le fila avversarie". E' il durissimo commento contenuto in un editoriale apparso sull'ultimo numero di Famiglia Cristiana.
L'articolo, intitolato "Sui giovani solo annunci e tante vuote promesse", parte da un'analisi della condizione giovanile nel nostro Paese. Giovani abbandonati a se stessi, si legge, da una politica che agisce soltanto per badare ai propri interessi di parte. "Oggi - afferma il settimanale - conta di più affermare i princìpi, magari con la forza, piuttosto che trovare vere soluzioni ai problemi. Qualunque sia il tema. E' la politica degli annunci e dei rimandi".
A questo punto l'affondo sul biotestamento. "E c'è di peggio. Importanti provvedimenti come testamento biologico e fine vita si fanno solo per scompaginare le file avverse. Per mettere in difficoltà, evidenziare contraddizioni e divisioni. Stesso discorso per il 'quoziente familiare'. O meglio, il 'Fattore famiglia'. Non più necessità vitale e inderogabile per le famiglie, soprattutto con figli. Ma merce di scambio per riagganciare forze politiche. Per qualche voto in più. Per galleggiare, comunque".
Riportando il discorso sui giovani, Famiglia Cristiana fotografa la situazione
elencando un po' di dati. "Nel Paese - si legge - la disoccupazione è all'8,7 per cento. Ma per i giovani cresce in modo esponenziale. Nella fascia d'età tra i 15 e i 24 anni il 29,2 per cento è disoccupato: quasi uno su tre. Peggio al Sud. I migliori, poi, fuggono all'estero. E ora si spera di farli tornare con facilitazioni di piccolo cabotaggio". Solo "lacrime di coccodrillo", denuncia l'editoriale, dopo averli "massacrati".
"C'è voluto un anziano e saggio presidente, come Napolitano - conclude l'articolo - per far capire che i giovani sono il nostro futuro,il futuro del Paese. Su cui investire. Con fiducia e nel dialogo. Non isolando e blindando il palazzo, ma lasciandoli esprimere. Pacificamente, come essi stessi vogliono. Difendono un loro diritto. Una speranza per l'avvenire. Quella che gli abbiamo rubato, rendendoli precari a vita".
(11 gennaio 2011)