(Matteo 16, 13-20)
Essendo giunto Gesù nella regione di Cesarea di Filippo, chiese ai suoi discepoli:"La gente chi dice che sia il Figlio dell'uomo?".
Risposero:"Alcuni Giovanni il Battista, altri Elia, altri Geremia o qualcuno dei profeti".
Disse loro:"Voi chi dite che io sia?"
Rispose Simon Pietro:"Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente".
E Gesù:"Beato te, Simone figlio di Giona, perché né la carne né il sangue te l'hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli. E io ti dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli.
Allora ordinò ai discepoli di non dire ad alcuno che egli era il Cristo.
Questa pagina matteana trova un parallelo in Marco 8, 27-29 e in Luca 9, 18-20, ma solo il Vangelo di Matteo riporta il celebre "tu sei Pietro ...".
E' tutt'altro che conclusa la discussione degli studiosi. Resta del tutto probabile che essa non risalga per nulla a Gesù, ma – come dirò – sia una "produzione" della comunità di Antiochia.
Ancora e sempre in ricerca
Gesù, l'inquieto ed inarrestabile ricercatore della volontà di Dio, mentre procede da un villaggio all'altro, tra accoglienza e rifiuto, non cessa mai di interrogare le gente e di interrogare il suo cuore. Sarò sulla strada giusta?
Umorismo della teologia imperiale
Mentre Gesù vuole confrontarsi su che cosa si pensi di lui, molti predicatori e commentatori ufficiali si lanciano nell'elogio del papato …
Non è affatto strano e fuorviante supporre che il nazareno, mentre il suo messaggio incontrava scarsa accoglienza e crescente opposizione, volesse confrontarsi con i suoi discepoli e sapere da loro come fosse percepita la sua testimonianza.
Ma perché non pensare che Gesù avesse bisogno anch'egli del confronto, del sostegno dei suoi amici per capire se non era fuori strada?
Noi siamo stati abituati ad un Gesù sempre sicuro, pimpante, divino, inossidabile. Qui il Vangelo ci presenta un Gesù bisognoso di rassicurazione, di sostegno.
Per dirla in una parola: un Gesù che ha anche lui bisogno degli altri per capire e percorrere la sua strada. Chissà quante volte Gesù nel dialogo con se stesso e nella preghiera al Padre si sarà interrogato sul suo percorso, sulla sua fedeltà ai poveri, agli ultimi, a Dio.
Questa dimensione della piena umanità e della fragilità del nazareno è straordinariamente stimolante per la nostra vita quotidiana, ma completamente occultata dalla predicazione e dalla catechesi.
Lo ribadisco spesso perché si tratta di un salto di qualità della nostra fede e della nostra lettura della Bibbia.
La fede di Pietro
E' bello lo slancio sincero di Pietro e l'espressione benedicente di Gesù.
La Bibbia è piena di queste locuzioni enfatiche, promissorie, solenni. Ad Abramo viene promesso di diventare il tramite della benedizione per tutti i popoli, con una discendenza più numerosa della polvere della terra (Genesi 1, 2-13); a Davide viene promesso un regno eterno …
Questi linguaggi biblici sono il segno della benevolenza incommensurabile e senza pari di Dio che ci accompagna nell'adempimento di una missione, nell'affrontare il cammino della vita.
La "comunità" di Matteo non sa nulla del papato, questa deviazione che arriverà secoli dopo attraverso una costruzione di stampo imperiale.
Invece ad Antiochia, dove probabilmente questo vangelo venne redatto, si conservava memoria del fatto che era stato Pietro a suggerire la strada "liberatoria" (ecco sciogliere e legare), in un momento di altissima tensione tra i "partigiani di Giacomo" e i "partigiani di Paolo", più aperto ai cosiddetti circoncisi.
Era stato l'insegnamento accogliente di Pietro che aveva fatto della comunità una "casa degli uni e degli altri", che aveva così permesso il proseguimento dell'esperienza comunitaria.
A Pietro, scrive Matteo, Gesù stesso aveva riconosciuto questa fede come dono particolare di Dio, lasciandoci dell'apostolo un ritratto di saggezza e di accoglienza forse superiore alla realtà.
La comunità di Matteo riconosce nella indicazione di Pietro un segnale "rivelato" da Dio stesso, non un espediente tattico umano, non un mezzuccio per sopravvivere.
Ma, tessuto questo straordinario elogio della fede e dell'insegnamento di Pietro, pochi versetti dopo lo stesso discepolo viene chiamato Satana e gli viene intimato di passare dietro, di allontanarsi, come "un ostacolo, come uno che non ha il senso delle cose di Dio".
Pietro: le sue e le nostre contraddizioni
Dimentichiamo quell'oscenità che è il papato romano, quella montatura blasfema che viene gabbata come risalente a Gesù, quella direzione generale degli affari ecclesiastici e quell'imprenditore del sacro truffaldino che è il pontificato romano.
Pietro è altro: è quel pescatore che si mette al seguito di Gesù con tanta passione ed altrettanta fragilità. I vangeli a più riprese ci ricordano sia l'una che l'altra. Matteo e Marco lo chiamano addirittura Satana.
Pietro esprime in sé la figura del discepolo. Come facciamo noi, gente debole e fragile, a proseguire il cammino di Gesù? Non ci è richiesta né la perfezione né il superamento della nostra fragilità.
Pietro come tutti i discepoli, come ciascuno/a di noi, vive i tempi della fede e i giorni di Satana, immagine dell'infedeltà.
Siamo, come Pietro, uomini e donne segnati dalle contraddizioni. Nessuno/a di noi ne è esente.
Dircelo, riconoscerlo, dare un nome alle nostre personali e comunitarie ambiguità può diventare il primo passo per muoversi verso la conversione.
E' relativamente facile parlare contro la chiesa del potere e del denaro; è più difficile cercare ogni giorno di convertirci ad una vita sobria. E' facile parlare di impegno, di libertà dalle idolatrie quotidiane, è altra cosa vivere la nostra esistenza quotidiana uscendo dai nostri egoismi e dalle nostre pigrizie.
Lo possiamo constatare anche nelle nostre comunità. Spesso noi che facciamo grandi discorsi, di amore, di solidarietà, di relazioni costruttive … abbiamo tanti tratti di meschinità, di piccineria …
Se parto da me, che spesso celebro l'elogio del riposo sabbatico, noto una mia mai guarita contraddizione: il sabato e la domenica ho impegni come tutti gli altri giorni della settimana, e spesso ancora di più.
La lettura biblica ed il confronto comunitario mi servono a prendere atto che le contraddizioni e le incoerenze non sono affatto tutte fuori di me. Potrò continuare a denunciare quelle che rilevo all'esterno solo se riconosco le mie.
E riconoscerle non è tutto perché poi è necessario mettere mano e cuore alla mia personale conversione.
L'orizzonte è aperto
Gesù annuncia che, nonostante le nostre incoerenze, fragilità e contraddizioni, Dio mantiene la Sua fiducia nei nostri riguardi. La Sua magnanimità non è la conseguenza delle nostre virtù.
Già ai tempi di Matteo era difficile perseverare nel cammino del profeta nazareno. Come potevano avere fiducia questi quattro gatti che oggi chiamiamo un po' ampollosamente "la comunità di Matteo"?
Gesù, come l'evangelista ribadirà ai versetti 18-20 del capitolo 18, aveva trasmesso ai suoi discepoli il messaggio della straripante fiducia in Dio:"per quanto siate pochi e deboli, per quanto siate segnati dalla contraddizione, Dio accompagnerà con il Suo amore ciò che voi "legate e sciogliete", quello che cercherete di fare".
Nessun conferimento di poteri, ma una straordinaria promessa. E' parte costitutiva della nostra fede, l'impegno di alimentare la nostra fiducia in Dio, ma è ancor più necessario che ci ricordiamo della fiducia che Dio nutre verso di noi.
E' il Suo amore che non arretra e non si ritira davanti ai nostri limiti, errori, voltafaccia e irriga i sentieri del nostro cuore sospingendoci fiduciosi verso la vita, dentro la vita.
Ti prego
Aiutaci a diventare, o Dio, gli uni per le altre delle piccole pietre su cui a volte appoggiare i nostri piedi vacillanti. Ma nello stesso tempo aiutaci a fare in modo che non usiamo i Tuoi doni per costruire un potere piccolo o grande.
Aiutaci ancora a superare nella nostra chiesa la struttura mondana del papato e a costruire ministeri di uomini e donne al servizio della comunità e soprattutto del vangelo.