sabato 15 dicembre 2018

UNA ESPERIENZA DA CONOSCERE

CHIESA DI SAN ROCCO: PRETE DA 50 ANNI



care tutte e tutti

Utilizzo IN PARTE una riflessione che mi è stata richiesta dai giovani studenti di teologia perché non ho intenzione di parlare di me e della mia esperienza dopo 50 anni di prete se non con gli mici/che o con chi potrebbe cambiare i rapporti umani nella chiesa al livello di scelte pastorali

“Parlarne è interessante solo se viene detto francamente sia quanto si pensa sia quanto si è vissuto. Questa è una riflessione sintetica che ritengo di avvio con questa

comunità di san Rocco che sento mia ,non come proprietà ma come stile .

Credo che in 50 anni dalla chiesa locale sia la seconda o la terza volta – dicevo ai giovani - che vengo invitato ad un confronto in Seminario ;in passato fui invitato sempre solo sul mio lavoro coi migranti una volta su richiesta del servizio migranti e una su richiesta del seminario teologico.



È vero: sono un prete extradiocesano da 50 anni a Torino per scelta (forse per questo da tempo mi occupo di extracomunitari) e per consiglio di un vescovo di questa chiesa, Michele Pellegrino, mio compaesano che conoscevo bene che anche lui fece questa scelta prima di essere vescovo di questa diocesi e le ragioni sono molte. ” Ho sempre voluto conservare la libertà evangelica dei figli di Dio fin dal primo giorno e questa difficilmente si mantiene se non sei autonomo, oltre che nella testa, anche nella vita economica. Per questo, dopo 5 anni di “tempo pieno” pastorale in 3 parrocchie , sono vissuto di lavoro dipendente con un rapporto contrattuale (doposcuolista a Collegno, dipendente comunale come bibliotecario a Nichelino, poi a Torino come responsabile dell’Ufficio Stranieri e Nomadi del Comune a giunta comunista sindaco Novelli, assistente religioso in ospedale, direttore dell’Ufficio Migranti della diocesi senza stipendio…). Fui obbligato a licenziarmi dal comune ,dal servizio pubblico da un altro vescovo che mi voleva all’ufficio migranti perché nessuno lo accettava.



Essere “suddito” nella chiesa è un atteggiamento che nessuno evangelicamente può imporre ad un credente nel Dio di Gesù Cristo, neanche ad un prete. Siamo fratelli, collaboratori, uomini liberi di mantenere la dignità. E la chiesa cattolica non rispetta questo diritto umano: parla di dialogo, di sinodalità .. ma in realtà pensa a una sudditanza con la rinuncia ai tuoi diritti umani . Così l’ho vissuta la relazione con la Chiesa che l’autonomia lavorativa ed economica mi ha permesso di tollerare. E questa è la chiesa cattolica in cui dovrete lavorare .

La mia formazione non è in questa diocesi: dopo il liceo classico a Fossano da privatista (e l’esame di stato, sempre per poter scegliere più liberamente ), ho avuto una formazione “fidei donum” per 5 anni a Verona (Studentato della CEI) al Seminario per l’America Latina, che mi ha fatto conoscere attraverso i vescovi e i formatori (durante il Concilio Vaticano 2°) una chiesa diversa, povera, con grandi contraddizioni, ma profondamente umana. In questa scelta ho trovato molti giovani teologi intenzionati a rispondere ad un richiamo di papa Giovanni XXIII ad uscire e collaborare con altre chiese sorelle. Poi l’incontro col vescovo Pellegrino mi ha convinto a restare e provare nella diocesi di Torino in una chiesa di legno (corso Taranto) per un po’ di anni che sono diventati 50.

Gli anni di lavoro presso il sindacato (formatore, internazionale, stranieri) dal 1975 al 1982 mi hanno permesso di incontrare il mondo del lavoro soprattutto manuale (avevo già fatto il contadino fin da piccolo per 5 anni con tanto di libretto). L’incarico internazionale mi ha aperto la vita ad incontri diversi fuori Italia, tutti interessanti: Palestina e Siria, Polonia di Solidarnosc, Brasile di Lula , Nicaragua e Centro America, Argentina, utili ora nel servizio ai migranti. È in Argentina che ho incontrato Papa Bergoglio a maggio del 2008 prendendo il “mate “a casa sua dopo il seminario sugli immigrati italiani in Argentina che me lo ha fatto scoprire.

Stimolare la nascita di movimenti di solidarietà dal basso è stata la mia caratteristica (ancora oggi seguo progetti in America Latina e Africa, Egitto, Senegal) ed anche movimenti pacifisti (Ghandi è il mio riferimento). Sono anti-concordatario (anche se non lo divulgo troppo).



Non voglio dare consigli, ma mettere insieme delle riflessioni che guidano ancora oggi la mia vita.

1.       La chiesa in cui credo è quella cattolica cioè universale “Nella Chiesa nessuno è straniero e la Chiesa non è straniera a nessuno”. Da oltre 35 anni guida nel mio lavoro pastorale con i migranti, rifugiati, Rom.

2.       Siamo alla chiusura, per fortuna, di una chiesa clericale: così penso e vedo. Fra 10 anni gran parte della parrocchie cattoliche della Diocesi di Torino saranno chiuse se non si sceglie di promuovere i laici al livello di primi responsabili delle comunità (come è avvenuto in America Latina): “viri probati”, uomini o donne, su cui Paolo VI ebbe paura di aprire al sacerdozio ed oggi ci troviamo con questa chiesa senza laici responsabilizzati e senza giovani.

3.       Quale sarà il vostro ruolo di futuri improbabili preti: quello evangelico del servizio alla Parola, alle persone. Quindi ascolto dei bisogni, formazione, responsabilità ai laici fino all’autonomia… Chi fa il prete per fuggire dal mondo che non riesce a affrontare, a vivere positivamente, scelga altre vie.

4.       L’assenza di giovani e giovani adulti nella Chiesa pesa molto: sono assenti dalla chiesa-parrocchia 2 generazioni perciò è difficile costruire una chiesa del futuro prossimo.

5.       Vi propongo quello che è il mio sogno concreto di oggi: la formazione di “missionari ecumenici” nelle chiese cristiane.

I “seminari” svuotati e le università teologiche diventino luoghi di convivenza e formazione al dialogo perché siamo “una cosa sola” anche se le Chiese resteranno divise per un po’: strade diverse che mirano all’unità..

Le strade diverse sono tutte buone: quello che conta è la fede non le religioni. E le fedi sono in un unico Dio a cui tutti facciamo riferimento.


6.       Dialogo interreligioso (esperienza” Insieme”, in atto ) di dialogo interreligioso con ebrei, musulmani,  altri cristiani siamo al 6^ incontro comune. Vi garantisco che è possibile anche oggi ,anche in questo clima

7.       Nuova chiesa con gli immigrati: sulla pastorale la diocesi dorme. Li fa riunire, pregare, ma non è capace di farli entrare nelle parrocchie ed accoglierli nella pastorale normale.

8.   la Comunità di san Rocco è quello che fin da giovane ho cercato di costruire: un punto di riferimento dove le persone che cercano Dio si incontrano in libertà e cercano di vivere i valori che credono . Il posto è per tutti, a qualsiasi fede e religione si appartenga . Ringrazio quanti ci credono in questo progetto.



Fredo Olivero 2017.6.25