I ministeri femminili nella storia
Secondo le anticipazioni del quotidiano francese "Le Figaro" dei 13 gennaio 2010, nel libro del cardinal Robert Sarah Des profonder de nos coeurs per
la continenza sessuale da funzionale (al ministero dei preti)
diventerebbe ontologica, per cui il celibato è necessario anzi
indispensabile.
Sempre nel medesimo numero del giornale parigino c'è
un'intervista al cardinale dal titolo "pretti siate fieri del vostro
celibato "il tutto pensato come un grido d'amore per il Papa, i preti e
tutti i cristiani nella crisi sconvolgente che sta attraversando
la Chiesa.
Con
questa politica (che scambia l'ideologia per amore) la gerarchia
ecclesiastica cerca di proteggere l'attuale forma di servizio
presbiterale a scapito del diritto dei fedeli di accedere
all'Eucarestia, soprattutto nelle zone costrette a privarsene per mesi
se non anni (e così che si amano i cristiani sparsi nelle regioni più
impervie?.
L'oggetto
del contendere è proprio la concezione sacrale dell'Eucarestia e dei
ministeri: essa da una parte richiede obbligatoriamente un ministro
ordinato maschio celibe e dall'altra la rifiuta al divorziati risposati.
Nel testo del cardinale si trova la seguente tesi: "lo Stato coniugale
riguarda l'uomo nella sua totalità; e dato che servire il Signore
richiede tutte le risorse di una persona, non sembra possibile che le
due vocazioni si realizzino contemporaneamente". L'affermazione sembra
provenire dallo scritto di Ratzinger (inserito all'interno del libro)
che si richiama al "non posso tacere" di Sant'Agostino, cosa che invece
dovrebbe fare il Papa emerito.
Il
cardinale, prefetto della congregazione per il culto divino e i
sacramenti, che ottenuto la licenza in teologia alla Gregoriana, ma
anche quelle in sacra Scrittura presso lo studium francescano di
Gerusalemme dovrebbe conoscere 1 Corinti 9,5 in cui Paolo scrive: "non
abbiamo forse noi, io e Barnaba il diritto di portare in giro una
sorella di fede come moglie, allo stesso modo degli altri apostoli, dei
fratelli del Signore (Matteo 13,55; Marco 6,3) e di Cefa" Pietro, gli
apostoli e Giacomo, il fratello carnale del Signore (Galati 1,19) non
hanno forse servito il Signore? I vescovi sposati di cui si parla nella 1Timoteo 3,1-7 non hanno servito il Signore? Gli attuali preti sposati della Chiesa cattolica di rito greco orientale non stanno servendo il Signore?
Per
quanto poi concerne i ministeri femminili, secondo lo storico e
accademico del cristianesimo Giorgio Otranto sul finire del V secolo in
una vasta area dell'Italia meridionale e della Dalmazia, c'erano donne
che esercitavano un vero e proprio sacerdozio (termine classico che
tuttavia andrebbe evitato) ministeriale.
Infatti
papa Gelasio nel 494 d.C. indirizza una lunga lettera a tutti gli
episcopi della Lucania, Calabria e Sicilia, infuriato per il fatto che
proprio col mandato dei vescovi "Le donne venivano ammesse ad
amministrare ai sacri altari e compivano tutte le funzioni che erano
state assegnate solamente al ministero degli uomini e non competono al
sesso femminile".
Anche
le epigrafi attestano l'esistenza del presbiterato femminile in
Calabria tra la metà e la fine del V secolo, come la Leta presbitero di
Tropea (che non è la moglie del prete) ma c'è pure una Flavia Vitalia
nella città dalmata di Salona, ove sul coperchio di un sarcofago compare
anche il termine di sacerdotae (neologismo inequivocabilmente femminile, inesistente nel latino classico).
Attone(vescovo
di Vercelli tra il IX e il X secolo) esperto canonista e raccoglitore
di disposizioni conciliari in materia di organizzazione ecclesiastica,
vita sacramentale ed espressioni liturgica, ribadisce che nelle comunità
cristiane antiche non solo gli uomini ma anche le donne venivano
ordinate ed erano a capo delle comunità; erano chiamate presbitere ed
avevano il compito di predicare, comandare e insegnare a fondo.
Tutto
questo significa che la posizione assunta a riguardo dalla Chiesa
antica (non dalla sola gerarchia) non può configurarsi come una
tradizione monolitica, ma piuttosto come una questione vivamente dibattuta e diversamente risolta almeno nel primo mezzo millennio
cristiano, per poi essere definitivamente stroncata a partire dalla
monarchia assoluta papale.
I conservatori insistono sul fatto che Gesù
avrebbe selezionato solo 12 maschi, per cui tale scelta sarebbe
irreformabile con il solito ritornello:
"Non
ci possiamo fare niente perché proviene dalla volontà di nostro Signore
". Ma noi sosteniamo che il nuovo testamento dice proprio il contrario le défaut méthodologique è
loro, non nostro, a prescindere dalle condizioni socio culturali della
donna in quel tempo. Solo Luca restringe il titolo di apostolo ai 12,
conosciuti a livello catechistico nella dizione classica. Ma gli
apostoli sono più dei dodici, come ad esempio Paolo e Barnaba, chiamati
tali da Luca stesso nell'unica sua eccezione esterna ai 12 in atti 14,4.
Si è apostoli per un dono di Gesù risorto, con l'incarico personale e
permanente di predicare ed edificare la Chiesa.
L'apostolo
è mandato dall'alto per volontà e diritto divino. Orbene nel finale
della lettera ai Romani (16,1-16) non c'è solo la diaconessa Febe
(quella che di solito viene ricordata) ma tutto una serie di saluti a
donne e coppie di sposi: salutare Trifena e Trifosa e Perside che
si affaticano nel Signore. Salutate Prisca e Aquila una coppia nominata
ben sei volte nel Nuovo testamento in una delle quali si dice
esplicitamente che erano marito e moglie. Veniamo ora al pezzo forte
(Romani 16,7): "Salutate Andronico e Giunia (una coppia come Prisca e
Aquila; Giunian in accusativo non è un maschio, come invece la
voluto far passare una tendenziosa storiografia cattolica) sono degli
apostoli insigni che erano in Cristo anche prima di me".
Più precisamente sono esimi fra gli apostoli
che spiccano come tali nel senso forte di Paolo, il quale non si
riferisce al loro pur indubbio apostolato a Roma. Giunia è un apostola
insigne come Barnaba: gli apostoli non furono tutti maschi, poiché ci
sono state apostole per volontà divina; sono perciò i tradizionalisti
che vanno contro il diritto divino anziché assecondarlo. Se è così, chi
siamo noi per interdire loro il presbiterato (che è un di meno rispetto
all'essere apostoli? Di diritto umano_ ecclesiastico, e quindi
riformabile, sono i preti solo maschi.
Mauro Pedrazzoli
Il foglio 469