L’ultima speranza dell’Etiopia
Financial Times, Regno Unito
Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite si è finalmente accorto della tragedia in corso in Etiopia. Il 5 novembre ha chiesto un immediato cessate il fuoco e la fine dei "discorsi d'odio".
Purtroppo né il premier Abiy Ahmed, sempre più isolato, né i ribelli del Fronte popolare di liberazione del Tigrai (Tplf) sembrano intenzionati a raccogliere l'appello.
Per entrambi, qualunque esito diverso da una vittoria totale potrebbe significare la fine. Abiy nel 2019 ha ricevuto quello che con il senno di poi è uno dei più immeritati Nobel per la pace e ha legato il suo futuro alla distruzione del Tplf. Però ha commesso gravi errori di calcolo. Non solo ne ha sottovalutato la capacità militare, ma si è anche affidato a un'accozzaglia di forze indisciplinate, tra milizie regionali e soldati dell'Eritrea, che si sono macchiate di alcune delle atrocità più gravi commesse nel conflitto. Crimini come stupri di massa e massacri di civili sono stati probabilmente compiuti da tutte le parti in conflitto, compreso il Tplf, come indica un recente rapporto. In quanto capo del governo, Abiy è responsabile di aver schierato forze evidentemente fuori controllo in una guerra che ha già provocato migliaia di vittime, condannandone 400mila alla carestia e due milioni alla fuga.
L'unico
modo per uscire dall'impasse potrebbe essere un cessate il fuoco
costruito intorno a un nuovo governo di transizione che, prima cosa,
dovrebbe cercare di risolvere con urgenza il problema che affligge
l'Etiopia dal 1974: come conciliare le rivendicazioni di autonomia
dei diversi gruppi etnici all'interno della struttura statale. Il
tentativo di Abiy di affrontare la questione è irrimediabilmente
fallito. Se l'Etiopia vuole evitare il destino della Jugoslavia, il
prossimo passo dovrà essere un successo.
Internazionale,12
novembre