«Rinunciare al Paradiso, piuttosto che abbandonare un cane»
Yudhishthira disse: «Si dice che l’abbandono di una creatura devota e fedele sia un gravissimo peccato, pari nel mondo all'atto di uccidere un brahmano! Per questo io non abbandonerò in alcun modo questa creatura, o grande Indra, per mero desiderio della mia personale felicità. Una creatura spaventata, che mi è devota, che è tormentata perché non ha altro rifugio che si è rivolta a me, che è misera e incapace di proteggere sé stessa, che desidera salvare la propria vita. Possa io compiere ogni sforzo per non abbandonare mai una simile creatura, neppure a costo della mia stessa vita». (Mahabharata, parvam 17, adhyaya 3, strofe 7-16).
Siccome mi piace quando la riflessione biblica è incentrata sul tema che è al centro della nostra rivista mensile, ho deciso per una volta di attingere a una fonte extrabiblica che mi sembrava più appropriata. La Bibbia, infatti, fatta eccezione per il riferimento ai cagnolini che mangiano delle briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni (Matteo 1s. 27) non riporta grandi esempi di interazioni positive tra cani e umani.
Per contro, devo ammettere che mi ha sempre commosso un racconto contenuto nel Mahabharata, poema epico indiano composto in sanscrito tra il IV sec a.C. e il IV sec. d.C. (uno dei testi religiosi più importanti dell'Induismo). In esso Yudhishthira, il primo e più virtuoso dei cinque fratelli Pandava (eroi in conflitto con i loro cugini Kaurava), dopo aver abbandonato tutto e giunto alle porte del cielo, pronto ad entrare in Paradiso, vie- ne fermato dal dio Indra che gli ingiunge di lasciare il cane randagio che, sbucato fuori dal nulla, lo aveva accompagnato nella difficile ultima ascesa al sacro monte. Yudhishthira prega il dio di lasciar. entrare il cane perché ne ha compassione, ma Indra insiste dicendo che in Paradiso i cani non entrano e che non c'è nulla di male nell'abbandonare questa bestia. Al che l’eroe risponde che quello sarebbe un atto ignobile e che preferisce non accedere alla prosperità del Paradiso se per giungere a essa deve abbandonare una creatura fedele. All’ennesima replica di Indra che non vede alcuna crudeltà nell'abbandono del cane e che gli impone di scegliere tra quella bestia e il Paradiso, Yudhishthira pronuncia le parole riportate nei versetti del Mahabharata scelti per questa riflessione e decide di restare con il cane, rinunciando al Paradiso, piuttosto che abbandonarlo.
Da cristiano che ama gli animali e convive con un cane e un gatto, devo dire che mi sento profondamente toccato da questo testo antico che appartiene a una tradizione religiosa e spirituale molto diversa dalla mia, ma che parla al mio cuore. E spero che parli anche alle lettrici e ai lettori del nostro giornale e a coloro che ritengono che l'amore del prossimo possa o debba includere anche gli animali.
A ogni modo, mi piace il fatto che il racconto indiano in realtà si concluda con un lieto fine. Quello dell'abbandono del cane si rivelerà, infatti, essere un'ennesima prova di fede e di virtù, superata la quale Yudhishthira entrerà in Paradiso.
Sergio Manna, pastore valdese a Rorà
L’Eco delle Valli, agosto 2022