Estremisti religiosi e coloni scatenati
«Ora attaccano anche noi cristiani»
MICHELE GIORGIO
Il Manifesto 5/02/2023
«Sai dell'ultimo attacco? Hanno distrutto una statua di Gesù alla Flagellazione. Coloni ed estremisti israeliani prendono di mira anche i cristiani», ci dice Sami nel suo negozio di alimentari affollato di bambini usciti da scuola. Sami si riferisce all'attacco compiuto il 2 febbraio alla Cappella della Condanna, dietro il complesso della Flagellazione, da un uomo che le autorità israeliane hanno descritto come un turista americano, uno «squilibrato». E che invece il Patriarcato latino (cattolico) ha indicato come un «estremista ebreo». A fermarlo è stato il portiere del sito religioso, Majed Al Rishek, un musulmano. Le immagini del placcaggio rugbistico dell'aggressore hanno fatto il giro del web. «Qui a Porta Nuova siamo preoccupati» aggiunge Sami «prima (gli estremisti) sputavano quando, durante i nostri riti religiosi, vedevano la croce. Adesso sono violenti, ci urlano di andare via perché, dicono, Israele è solo degli ebrei. Qualcuno di noi ora chiude prima del solito». Qualche sera fa, davanti al ristorante Taboun, decine di religiosi estremisti hanno inveito contro turisti e proprietari dei locali. Ne è seguita una violenta rissa in strada andata avanti per mezz'ora con lanci di sedie e bottiglie e tavoli rovesciati.
Porta Nuova con i suoi vicoli stretti che corrono fino alla Porta di Giaffa e al Santo Sepolcro è la manifestazione storica oltre che religiosa della comunità palestinese cristiana. Negli ultimi due-tre anni Porta Nuova è diventata anche un punto di ritrovo serale. Lo scorso Natale, tra luci colorate e ricchi addobbi, ha ospitato la soprano italiana Giuliana Mettini che si è esibita con canti festivi apprezzati da abitanti e turisti.
Il comune israeliano di Gerusalemme, mosso anche da intenti turistici, ha dato alla comunità cristiana a Porta Nuova una ampia possibilità di organizzare eventi e attività. «Ma agli estremisti israeliani non piace questa libertà e che i cristiani possano mostrarsi attivi nel professare la loro fede ed esibire la croce», spiega Mariam, cattolica impegnata in attività di sostegno agli anziani. «Per loro» aggiunge la donna «tutti gli arabi, musulmani e cristiani, devono lasciare questa terra».
Le Chiese da tempo denunciano gli atti vandalici che subiscono dagli estremisti non solo a Gerusalemme. E hanno chiesto alle autorità israeliane di agire con polso fermo per mettere fine a queste intimidazioni.
Nelle ultime settimane le intimidazioni si sono moltiplicate. Un cimitero cristiano ortodosso a Gerusalemme è stato devastato, la scritta «Morte ai cristiani» è stata lasciata sui muri di un monastero nel quartiere armeno e sono stati vandalizzati i locali del centro maronita di Maalot. «Non è un caso che la legittimazione della discriminazione e della violenza nell'opinione pubblica e nell'attuale scenario politico israeliano si traduca poi anche in atti di odio e di violenza contro la comunità cristiana», denuncia il Patriarcato latino (cattolico) facendo riferimento al nuovo governo israeliano di cui fanno parte partiti di destra estrema e suprematisti come il ministro della Sicurezza nazionale Itamar Ben Gvir.
A un paio di centinaia di metri dalla Porta di Giaffa, la Cattedrale di San Giacomo – o meglio, di due distinti santi di nome Giacomo – costruita nel 1163 ancora oggi viene illuminata senza l'elettricità, solo dalla luce del sole, da candele e lampade ad olio.
È il motore che anima il quartiere armeno della città vecchia di Gerusalemme e la sua comunità – meno di mille persone – per la maggior parte composta da profughi e sopravvissuti al genocidio in Turchia. Alcuni vantano origini antiche a Gerusalemme che vanno indietro di mille anni. Pur vivendo con i palestinesi e considerati da questi parte integrante del loro popolo, gli armeni hanno buoni rapporti con gli israeliani e si mantengono relativamente «autonomi» rispetto al conflitto. «Siamo orgogliosi del nostro passato e teniamo alla nostra identità, riconosciamo i diritti di tutti e vogliamo vivere in pace», ci dice Hagop Djernazian, un giovane attivista armeno. Da qualche tempo le cose si sono complicate per la sua comunità. Djernazian spiega che «sempre più spesso giovani estremisti ebrei scrivono frasi minacciose sui muri, e strappano i nostri manifesti funebri perché sopra c'è la croce».
All'interno del convento armeno ci attende George Kahkedijan, un giovane che qualche sera fa prima è stato percosso e arrestato dalla polizia e poi detenuto per 16 ore. «Poco prima» racconta «la nostra chiesa era stata attaccata, (gli estremisti) hanno strappato la nostra bandiera. Siamo scesi in strada per allontanarli ma quelli hanno subito cominciato a urlare mekhablim mekhablim (terroristi, ndr) e la polizia è intervenuta solo contro di noi».