giovedì 26 settembre 2024

 UNA FEDE MOLTI LINGUAGGI

 

 Tradizione e tradizionalismo

 

Non trovo modo migliore di esplicitare questo problema che riprendere una riflessione del teologo protestante Paul Tillich del 1963 che fu data alle stampe dopo la sua morte.

“La tradizione è buona. Il tradizionalismo è cattivo. L'atteggiamento tradizionalistico nei confronti della tradizione impedisce di andare in cerca del significato vivente dei suoi elementi. Questi sono dati per scontati e non vengono più messi in discussione. Ma soltanto se la tradizione viene trasformata frequentemente può essere salvata come realtà vivente. Una conseguenza fatale del tradizionalismo è l’elusione di questioni assai serie. Sembra che le conferenze ministeriali tendano ad evitare i problemi teologici basilari. In un tempo in cui vengono attaccati tutti gli elementi fondamentali del cristianesimo, tale atteggiamento acuisce fortemente l’irrilevanza. I ministri che discutono liberamente i problemi basilari della fede nella predicazione, nell'insegnamento e nella loro attività di consulenza psicologica vedono spesso minacciato il loro impiego. È poi particolarmente penoso quando avviene che gli insegnanti della scuola di catechismo, che sanno destare l'interesse degli allievi - accade, talvolta! - perché affrontano interrogativi che occupano le menti dei ragazzi, vanno incontro alle accuse dei genitori o addirittura al licenziamento, mentre sono al sicuro quelli che controbattono a tali interrogativi con un “dovete credere”. Poche cose hanno contribuito all'irrilevanza del cristianesimo quanto la scuola di catechismo. Una cosa che favorisce ed incoraggia il tradizionalismo è l’attesa, da parte di molti laici, che le chiese debbano essere un caposaldo del conformismo e in generale del conservatorismo. Essi dimenticano che un tempo esistevano i profeti di Israele, e che nell'intera storia del cristianesimo - per non dire di Gesù e degli apostoli - sono stati proprio i riformatori rivoluzionari ad effettuare continuamente i passi determinanti nello sviluppo delle chiese.

A molti le controversie sui fondamenti paiono indebolire le basi che ci sorreggono. Non è così soltanto nelle chiese. La parola 'controverso', è divenuta oggi, nell'insieme, una parola negativa. Dovrebbe essere invece una parola quanto mai positiva. Nelle controversie, infatti, nel ‘sì e no’, è possibile conoscere la verità, e in nessun altro modo. Se si escludono - vuoi da parte della chiesa, vuoi da parte della società – le affermazioni controverse, tale chiesa e tale società sono condannate ad una lenta decadenza” (L’irrilevanza e la rilevanza del messaggio cristiano per l’umanità oggi, Queriniana, Brescia 1998, pag. 45).

I grandi maestri degli anni, '60-'70 del secolo scorso, cioè Rahner, Kung, Schillebeeckx e Spong (e molti/e altri) ci avevano aiutati a vivere la tradizione in modo liberante. Essa divenne per molti di noi un oceano mosso e vitale, attraversato da mille correnti: farne uno “specchio immobile”, allora era come farne uno stagno. In quegli anni di fiorente dibattito teologico e storico imparammo a riconoscere la vitalità inesausta della tradizione cristiana nei secoli, la sua fioritura plurale, l'incessante bisogno di arricchire il tesoro ricevuto e di cambiare molte parole e di spostare molti accenti nella “canzone viva della fede”.

Oggi questa consapevolezza è diventata, per una parte del cristianesimo, più profonda e questo compito di “dire Dio in modo nuovo”, nel contesto del mondo culturale della modernità, si fa sentire come necessario “per salvare la fede” e più urgente, anzi indilazionabile.

Il linguaggio teologico, catechistico, liturgico del passato diventa, a mio avviso, una lingua straniera, un vocabolario religioso che parla di una visione del mondo che non esiste più, che non aggancia la vita di chi vive, respira e agisce nel clima delle acquisizioni delle scienze moderne. Questo, almeno, nel cosiddetto Occidente.

Quali sono, in sintesi, i nodi principali che gli uomini e le donne “moderne” debbono affrontare se non vogliono entrare in una “contraddizione invivibile” tra fede cristiana e cultura contemporanea?

Nel paradigma della modernità, assunta nel suo apporto positivo, culturale e scientifico, non possono trovare spazio molte delle strutture del paradigma cristiano premoderno.

Lo spazio mi costringe a poco più di un elenco, ma i riferimenti bibliografici e alcune citazioni potranno aiutare chi legge queste note ad approfondire.

(continua domani)