DIO RINCHIUSO IN UNA
COSTRUZIONE DOTTRINALE
"Nulla caratterizza così bene la nostra vita religiosa come queste immagini
di Dio di nostra propria fattura.
Penso al
teologo che non aspetta Dio, perché lo possiede già,
rinchiuso in una costruzione dottrinale. Penso allo studente in teologia che non aspetta
Dio, perché lo possiede già, rinchiuso
in un
libro. Penso all'uomo di chiesa che non aspetta Dio, perché lo
possiede già, inserrato in una
istituzione. Penso al credente
che non
aspetta Dio, perché ce lo ha già, chiuso nella sua
personale esperienza religiosa.
Non è facile sopportare il 'non possesso' di Dio, l'attesa di
Dio. Non è
facile predicare una domenica dopo l'altra senza elevare la pretesa
di possedere Dio e di poterne disporre. Non è facile
annunziare Dio ai bambini
e ai pagani, agli scettici e agli atei, spiegando in
pari tempo che noi stessi non possediamo Dio, ma
che anche noi lo aspettiamo.
Sono persuaso
che buona parte dell'ostilità contro il cristianesimo
proviene dal
fatto che i cristiani elevano palesemente, o in modo
occulto, la pretesa di possedere Dio ed hanno
quindi perduto
l'elemento dell'aspettazione che era così
importante per i profeti
e per gli apostoli (...).
Noi siamo più forti quando aspettiamo che quando possediamo. Quando possediamo Dio lo riduciamo al piccolo frammento che di
lui abbiamo potuto sperimentare e comprendere e così ne facciamo
un idolo. Soltanto praticando
l'idolatria si può credere
di possedere Dio.
Ma quando
sappiamo di non conoscerlo e siamo in attesa di Lui
per poterlo
conoscere, allora sappiamo realmente qualcosa di Lui
ed egli ci ha
afferrati e conosciuti e ci possiede. Allora siamo
credenti pur nella nostra incredulità ed egli ci
accoglie nonostante la nostra
separazione da lui"' (Paul Tillich, citato in "Dialogo su Dio" di
H. Zahrnt,
Queriniana 1976, pag. 425).
NOTA
Citato in parecchi libri
don Franco Barbero