Mestiere facile del grillo… è il suo. Non sono per nulla un estimatore di Giuseppe Grillo.
Gli manca, a mio avviso, proprio la cultura e allora spesso procede a “sparate” e spara su tutto e su tutti. Allora il populismo diventa capace di chiamare a raccolta tutti i “brontoloni” e poi si ferma poco oltre.
Tuttavia la proposta di un più veloce avvicendamento dei parlamentari è, a mio avviso, seria. Non certo dopo 10 anni, ma andrebbe già bene se si arrivasse a 15. E non oltre.
Così pure, in maniera più precisa, stabilire la decadenza di parlamentari condannati per taluni reati è da prendere in considerazione e precisare, aldilà dei suoi enunciati piuttosto rozzi.
A parte la volgarità che lo contraddistingue e che oggi lo mette alla pari della dilagante bassezza dei linguaggi mediatici, a parte i luoghi comuni di cui è pieno ogni suo discorso, nella sua ultima comparsa teatralizzata ha toccato il fondo, il punto più basso in due momenti.
Qui, riporto qualche tratto di una significativa lettera di Alessandro Paris:
“Caro” Signor Giuseppe Grillo, detto “Beppe”, Lei sbaglia.
E non sbaglia per il semplice motivo che il suo moto di protesta, abilmente orchestrato, possa configurarsi come qualunquismo e antipolitica.
Nel merito, alcune delle sue opinioni sono condivisibili, e sono patrimonio di molti che avvertono il problema che la transizione della nostra Repubblica nel cosiddetta “seconda”, dopo gli anni ’90, ha comportato.
Lei è convinto che basti il richiamo al popolo, che lei chiama “cittadini”. Ma lei non sa cosa sono i cittadini. I padri di questa Repubblica ritennero che, i cittadini, per le loro garanzie democratiche, si dovessero organizzare in partiti.
E lo sa perché? Perché si usciva da un regime in cui vigeva il partito unico, e un duce che incarnava in sé il destino del popolo.
Ora io ritengo che una frase detta da Lei ieri sia fortemente incostituzionale, e sia fautrice di un profondo attacco alla nostra democrazia. Sa qual è? È questa: “Noi i partiti li vogliamo distruggere, sono il tumore della democrazia”.
Lei forse non si rende conto della profonda forza eversiva di quest’ asserzione. Legga l’articolo 49 della Costituzione repubblicana : Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale.
Lei si è anche permesso di far abbassare una bandiera rossa di un ragazzo che, ingenuo e sprovveduto eppure latore di una storia carica di libertà (parlo dell'Italia, non della Russia) alzava: Lei gli ha detto “abbassa quella bandiera, porta sfiga”.
Ma come si è permesso? Sa che dietro quella bandiera, che altrove è stata causa di massacri, ci sono il sacrificio di migliaia di donne che si alzarono “per dignità non per destino “ (Calamandrei) contro un totalitarismo che aveva fatto strame dell’Italia.
Lei non si rende conto di quanto l’Italia abbia, nei suoi cromosomi, il gene del totalitarismo. La rimando a un libro meraviglioso, “Rivoluzione liberale” di Piero Gobetti.
Vi si parla di come sia nato il fascismo. Lei forse non sa che il fascismo, in Italia, nacque proprio nella stessa piazza i cui Lei ha tenuto il suo comizio. Palazzo d’Accursio.
Ha, inoltre, scelto l’8 settembre come data della sua manifestazione. Sostenendo, con un’ignoranza storica imperdonabile che “Dall’8 settembre ’43 a oggi nulla è mutato in Italia”.
Si dovrebbe vergognare. Lei è un pericolo per la democrazia, signor Grillo Si limiti a sparare sul suo blog (talvolta ci azzecca, ma anche un orologio fermo due volte al giorno segna l’ora giusta”) e a sponsorizzare i suoi libri da acquistare.
Lasci ai cittadini uniti in partiti la democrazia. Essa è una cosa seria. Ben più seria di quanto pensi uno che si erge su un palco a sproloquiare i suoi proclami su tutto e su tutti”.
Condivido. Solo che mi sembra che Beppe Grillo non sia in grado di capire la portata culturale e politica di Alessandro Paris.
Mi sembrano illuminanti le considerazione di Corrado Augias su Repubblica di martedì 11 settembre:
“Attaccare in blocco i partiti è una sciocchezza. I partiti sono stati i tiranti, i tendini di un paese molto diviso, spesso hanno garantito loro, in mancanza d’altro, una riconoscibilità nazionale.
Non i partiti in sé ma la loro degenerazione, la loro trasformazione in macchine elettorali o di sottogoverno, è la malattia politica da curare; così come la presa soffocante d’una politica degenerate sulla vita di singoli cittadini e delle loro imprese.
Il guaio per Grillo, e per tutti noi, è che quando s’è consumato il rito liberatorio, dopo aver ucciso lo stregone o avergli gridato in piazza un vituperio, l’antipolitica non conta più niente e non porta a niente.
L’antipolitica raccoglie un sintomo, lo interpreta, lo potenzia ma non ha nessuna terapia da proporre. Fino a quando non diventa essa stessa politica. E’ questo il paradosso”.
Personalmente ritengo che compito della politica, quella seria, sia proprio nella capacità di raccogliere gli stimoli da qualunque parte vengono e cercare di tradurre in realtà ciò che è costruttivo e possibile.
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