Caro Adriano,
voglio esprimerti la mia solidarietà per quello che è accaduto. Purtroppo
accade che siano utilizzati termini e giudizi da parte di persone non
consapevoli della gravità del loro dire e, in questo caso scrivere.
L'omofobia è una malattia difficile da sconfiggere, che si annida in tutti
gli ambienti, anche quelli più aperti, attenti alle nostre battaglie, ai
nostri vissuti.
Io spero che questa brutta vicenda abbia insegnato qualcosa e che chi si è
permesso di scrivere quelle frasi così ingiuriose comprenda quanto male
oggi procurano le parole. Ogni giorno la cronaca si occupa di persone gay,
lesbiche e trans che per il loro orientamento sessuale e o identità di
genere, vengono uccise, violentate, aggredite.
E' la punta violenta di un fenomeno vasto e in espansione, che deve esser
contrastato con coraggio, anche attraverso le pubbliche denunce.
Ti esprimo ancora la mia vicinanza, un abbraccio.
Aurelio Mancuso presidente nazionale Arcigay
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da "La nuova Provincia di Biella"
«Questo è un cupio, bastardo e comunista. Se fossi in te lo metterei in cima alla lista dei primi da licenziare».
A essere insultato così pesantemente è stato Adriano Guala, personaggio di spicco del movimento gay biellese, colpevole di aver pubblicato sabato scorso sulle colonne di questo giornale un fondo in cui denunciava, molto semplicemente e ancor più pacatamente, lo stato di difficoltà in cui versa lo stabilimento in cui lavora, la Zegna Baruffa di Vallemosso.
Gli epiteti invece, contenuti in una mail, sono partiti da un computer della redazione cittadina de "La Stampa", precisamente dal terminale in uso alla giornalista Paola Guabello. Quasi certamente la persona che ha spedito il messaggio invece di rispondere al suo diretto interlocutore con il quale commentava i contenuti del fondo, ha inviato la risposta a tutti i soggetti in elenco, compreso lo stesso Guala.
L'esponente gay comunque non è stato l'unico a essere insultato: altrettanto colpevole per aver pubblicato il fondo ritenuto giornalisticamente una "schifezza", nella stessa mail il nostro direttore Massimo De Nuzzo, definito «un bastardo contro il quale potresti vedere con l'avvocato se ci sono gli estremi per una querela».
L'episodio è stato denunciato ieri pomeriggio in un'apposita conferenza stampa svoltasi nei locali della "Città di sotto" dallo stesso Guala con a fianco il segretario di Rifondazione Roberto Pietrobon ed Enzo Francone del Torino Pride.
Nell'esposizione dei fatti Guala si è detto preoccupato del clima di avversione nei confronti del mondo gay: «Quello che è accaduto in questi giorni è solo l'ultimo di una lunga serie di episodi di intolleranza.
Spiace che in questo caso la protagonista appartenga a una categoria, quella dei giornalisti, che dovrebbe mostrare maggiori responsabilità e sensibilità. Mi accorgo che nonostante tutti gli sforzi fatti in questi ultimi anni l'omofobia è ancora a livelli preoccupanti. Davanti a queste cose non potevo rimanere zitto facendo finta di nulla».
Nel suo intervento Guala non ha voluto fare nomi, nè quello della giornalista nè quello della testata per cui lavora, ma si è limitato a raccontare la vicenda, iniziata mercoledì, lo stesso giorno in cui sulla Nuova Provincia è stata pubblicata la sua lettera aperta. «Quando ho letto la mail sono rimasto sconvolto per toni e termini utilizzati.
Ne è poi arrivata una seconda con la quale la giornalista smentiva di avere materialmente scritto la lettera affermando che il suo computer poteva essere stato utilizzato da altri: non lavoro in un giornale e non so come funzioni il sistema ma dubito che chiunque possa accedere alle singole postazioni».
Per quanto riguarda futuri sviluppi, sia Guala che Francone assicurano che «oggi ci limitiamo alla denuncia pubblica ma certamente, una volta accertati i fatti, procederemo per vie legali».
La conferenza stampa è stata chiusa dall'intervento di Roberto Pietrobon, segretario di Rifondazione comunista, anch'egli amareggiato ma soprattutto allarmato per la vicenda.