PERCHÉ GIUSTIFICHIAMO
di Maria Bonafede
I giornali di oggi ci ricordano che secondo i dati della Corte dei conti, la corruzione costa complessivamente al paese 60 miliardi di euro l’anno ovvero mille euro a testa, lattanti compresi.
L’informazione passa veloce e si passa a discutere di altro: se
La penso diversamente: in Italia la corruzione non è un incidente di percorso ma un “sistema” che attraversa partiti, associazioni, organismi religiosi ed arriva ai singoli individui. Il “sistema” è forte perché genera una cultura che lo legittima e che manda assolti corrotti e corruttori semplicemente perché è normale “arrangiarsi” e “oliare” meccanismi farraginosi e lenti. E così diventa normale corrompere per agevolare una pratica, costruire una mansarda, guadagnare un favore. E ovviamente diventa normale farsi corrompere perché “una mano lava l’altra” e “dove c’è domanda c’è sempre offerta”. Nasce così una catena della corruzione che stringe e soffoca la democrazia, dai livelli più alti a quelli più bassi.
In Italia questa catena è più forte e invadente che in altri paesi: perché?
A parere mio perché ciò che in altri paesi è la cultura della responsabilità in Italia diventa cultura della giustificazione. Nessuno è mai responsabile di niente (“non ho colpa, sono stato costretto…”) e tutti sono sempre pronti a invocare una giustificazione. (la sottolineatura è mia)
Certa politica giustifica l’evasione perché troppo alta è l’imposizione fiscale; la famiglia giustifica il pargoletto indisciplinato perché troppo stressato,
Altre culture ed altre tradizioni religiose, quelle che più che alla Chiesa guardano a Dio, hanno una più alta cultura della responsabilità: proprio perché figli di un Dio d’amore portiamo la responsabilità del dono che ci viene fatto. E ne rispondiamo di fronte a Lui e di fronte agli altri uomini e alle altre donne. Essere responsabili significa saper pagare, dover risarcire, sapersi tenere alla larga da cricche e comitati d’affari, saper rinunciare a gratifiche e guadagni illeciti. Altra cultura, diversa da quella prevalente tra noi italiani, popolo di giustificati e di giustificanti.