venerdì 4 giugno 2010

UNA FERMA DENUNCIA

 

Cresce la voglia di sparare sui pacifisti

Flavio Lotti denuncia: il no del governo italiano offende la nostra coscienza e tradisce i principi di legalità e di giustizia. La “Freedom Flotilla” è un’operazione umanitaria contro un blocco illegale che va tolto subito.

 

 

La decisione del governo italiano di votare contro la risoluzione del Consiglio Diritti Umani delle Nazioni Unite che condanna il sanguinoso attacco israeliano alle navi umanitarie dirette alla popolazione di Gaza e istituisce una commissione internazionale d’inchiesta indipendente è una grave offesa alle nostre coscienze e tradisce i principi democratici di legalità e di giustizia. Il governo italiano dice un giorno una cosa e il giorno dopo fa esattamente il suo contrario. Altro che impegno per la pace in Medio Oriente. L’inchiesta comunque si farà e sarà condotta dall’Onu.

 

Al centro di quella risoluzione, come della dichiarazione unanime del Consiglio di Sicurezza dell’Onu nonché delle precedenti risoluzioni 1850 (2008) e 1860 (2009), c’è la necessità urgente di togliere il blocco alla striscia di Gaza e di garantire il flusso continuativo di beni e persone. Questo era anche l’obiettivo della missione umanitaria brutalmente bloccata dalle forze armate israeliane. E questo deve essere l’obiettivo dichiarato dell’Italia e di tutte le forze che desiderano sinceramente la pace per i palestinesi e gli israeliani (insieme alla soluzione definitiva del conflitto israelo-palestinese).

 

Il Consiglio di Sicurezza dell’Onu ha chiesto inoltre a Israele di “garantire l’arrivo a destinazione dell’assistenza umanitaria trasportata dal convoglio navale”. Chiediamo al Parlamento e al governo italiano di esercitare ogni pressione necessaria su Israele per ottenere al più presto questo primo obiettivo concreto e per assicurare l’accesso della nave irlandese “Rachel Corrie” in viaggio verso il porto di Gaza.

 

Dopo “il Giornale” che dal primo giorno ha scritto a lettere cubitali che “Israele ha fatto bene a sparare” e che quelli delle navi sono amici dei terroristi, cresce la voglia di continuare a sparare sui pacifisti. E’ chiaramente un’operazione di propaganda tesa a spostare il dibattito dal cuore del problema politico: il blocco di Gaza e la continuazione dell’occupazione israeliana dei territori palestinesi.

 

In ogni caso, chiunque siano gli attivisti italiani e internazionali che hanno organizzato e partecipato alla “Freedom Flotilla” va ricordato che:

 

1. “L’intervento armato con strage di civili operato dall’esercito dello stato di Israele in acque internazionali contro pacifisti a bordo di imbarcazioni dirette a Gaza, configura un insieme di flagranti violazioni di principi e norme del vigente Diritto internazionale: Carta delle Nazioni Unite, Diritto internazionale umanitario, Diritto internazionale dei diritti umani, Diritto internazionale del mare. (Centro Diritti Umani dell’Università di Padova);

 

2. La “Freedom Flotilla” è chiaramente un’operazione umanitaria contro un blocco illegale ripetutamente condannato dall’Onu, tesa a dare attuazione a quanto stabilito dalla Risoluzione Onu 1860 del 2009.

 

3. Invece di continuare a sparare sui pacifisti o sugli attivisti della “Freedom Flotilla” tutti dovrebbero rispondere ad alcune domande: perché deve essere la società civile a rompere il “blocco di Gaza” mentre i governi e le istituzioni democratiche preposte non fanno nulla per ottenere lo stesso obiettivo che hanno scritto in tante risoluzioni? E’ umano tollerare questa forma unilaterale di punizione di massa? Quanta illegalità stiamo tollerando? Per quanto ancora?

 

4. Chi invoca il rispetto dei diritti umani deve ringraziare la “Freedom Flotilla”: da quattro giorni le drammatiche condizioni della popolazione di Gaza sono ritornate al centro dell’attenzione internazionale e da tre giorni l’Egitto si è sentito in dovere di togliere la sua parte di “blocco della Striscia di Gaza”. Poi si dice che i pacifisti non sanno fare politica.

 

Flavio Lotti, coordinatore nazionale della Tavola della pace

 

Perugia, 3 giugno 2010