FUOCO
Giovanni De Mauro
Internazionale del 13.09.2018
Il decreto legislativo numero 104 è stato pubblicato sulla Gazzetta ufficiale
dell’8 settembre 2018. Sono 5.675 parole la cui sostanza è che dal 14
settembre in Italia è molto più facile comprare un’arma, comprese quelle
definite “da guerra” come i kalashnikov e i fucili semiautomatici.
Era
un impegno che Matteo Salvini aveva preso in campagna elettorale. L’11
febbraio, in visita alla fiera Hit Show di Vicenza, aveva firmato un documento
intitolato “Assunzione pubblica di impegno a tutela dei detentori
legali di armi”. Incredibilmente, i dati sul numero di armi che
circolano in modo legale in Italia non sono resi pubblici dal ministero
dell’interno. Secondo alcune stime, che risalgono al 2007, le armi nel
nostro paese sono tra i 4 e i 10 milioni.
Di sicuro, scrive l’Agi
citando l’Associazione nazionale produttori armi e munizioni sportive e
civili, ci sono 1.300 punti vendita al dettaglio di armi e munizioni,
ai quali si aggiungono più di 400 associazioni sportive dilettantistiche
e tiri a volo. Per un volume d’affari complessivo di 900 milioni di
euro.
Il mercato italiano è più piccolo di quello statunitense, ma tra i paesi industrializzati
l’Italia è uno di quelli con il più alto tasso di omicidi compiuti con
arma da fuoco, in rapporto alla popolazione: 0,71 ogni centomila
abitanti, subito dopo gli Stati Uniti (2,97) e la Svizzera (0,77) ma
prima di Spagna (0,20), Germania (0,19) o Francia (0,06). Ed è vero che
in Italia gli omicidi, indipendentemente dall’arma usata, sono molto diminuiti
(dai 1.916 del 1991 ai 397 del 2016), ma crescono percentualmente
quelli compiuti tra le mura domestiche e in cui le vittime sono donne,
così come aumentano gli ammonimenti delle questure per violenza
domestica.
In questi giorni il parlamento sta discutendo
la proposta della Lega di modifica della legge sulla legittima difesa,
che prevede l’eliminazione del principio di proporzionalità tra offesa e
difesa. Se sarà approvata, ci sarà davvero da aver paura.