giovedì 28 febbraio 2019

GEORGE BERNARD SHAW


"Libertà significa anche responsabilità.
Ecco perché la maggior parte della gente ne ha paura".


QUANDO....

"Quando parlo di amore non parlo di un sentimento debole e romantico. Parlo di quella forza che tutte le grandi religioni hanno inteso come il principio supremo e unificatore dell’esistenza".
Martin Luther King

COMMENTO AL BRANO BIBLICO DI DOMENICA 3 MARZO

La conversione di ogni giorno


[39]Disse loro anche una parabola: «Può forse un cieco guidare un altro cieco? Non cadranno tutt'e due in una buca? [40]Il discepolo non è da più del maestro; ma ognuno ben preparato sarà come il suo maestro. [41]Perché guardi la pagliuzza che è nell'occhio del tuo fratello, e non t'accorgi della trave che è nel tuo? [42]Come puoi dire al tuo fratello: Permetti che tolga la pagliuzza che è nel tuo occhio, e tu non vedi la trave che è nel tuo? Ipocrita, togli prima la trave dal tuo occhio e allora potrai vederci bene nel togliere la pagliuzza dall'occhio del tuo fratello.

[43]Non c'è albero buono che faccia frutti cattivi, né albero cattivo che faccia frutti buoni. [44]Ogni albero infatti si riconosce dal suo frutto: non si raccolgono fichi dalle spine, né si vendemmia uva da un rovo. [45]L'uomo buono trae fuori il bene dal buon tesoro del suo cuore; l'uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae fuori il male, perché la bocca parla dalla pienezza del cuore. (Luca 6. 39-45)

Stiamo leggendo e meditando un brano davvero penetrante in cui sono in gioco un albero, l'occhio, la pagliuzza, la trave e il cuore. Soprattutto è sorprendente come Gesù metta in connessione profonda l'albero, l'occhio e il cuore con una serie di dettagli che ci interpellano.
Come l'albero ha bisogno di essere sano e fecondo fin dalle radici per produrre frutti buoni, così l'occhio deve "guardarsi dentro", al suo interno, per vedere il bene che è attorno. 
L'occhio malsano è quello della persona concentrata solo su se stessa tanto da non vedere il bene che fiorisce negli altri.
Ma qual' è la strada per fare della nostra vita un albero che porti frutti buoni, un occhio che veda prima la sua trave anziché la pagliuzza nell'occhio altrui? Come possiamo imparare a tirare fuori dal nostro cuore il tesoro buono che esso contiene? 

Il coraggio della conversione quotidiana
Credo che le parabole e le metafore che Gesù usa vogliono incidere profondamente nel nostro stile di vita quotidiano, portandoci a guardare oltre le apparenze. 
Non si tratta di essere un albero frondoso che fa bella mostra di sé, o un mercante di belle parole che denuncia le colpe degli altri o avere un cuore vulcanico e generoso che ospita sogni stellari…
Ci viene chiesto quale sia la qualità dei frutti, delle relazioni, delle intenzioni che stanno alla base del nostro agire quotidiano. 
Attenzione: non ci viene chiesto di essere un cedro del Libano, un albero stracarico di frutti ad ogni stagione. Non ci viene chiesto un occhio buonista  che veda tutto e solo bello e buono. Tanto meno ci viene richiesto di avere un cuore così grande da contenere o salvare il mondo intero.
Gesù non ci propone nulla di "onnipotente".
I deliri di santità, le ossessioni di perfezione, la megalomania delle opere costituiscono desideri malati, assai lontani e devianti dalla proposta del Vangelo. 
Gesù ci invita a seguirlo nell'elogio del quotidiano: questo è lo spazio in cui siamo chiamati a diventare albero fecondo, occhio benevolo, cuore solidale. Senza sogni di santità, ma in un cammino di vera conversione personale.

Fermarci. Un passo decisivo
Le strade che portano a Dio, a noi stessi e agli altri, sono sempre numerose e non esiste un sentiero unico. Tuttavia mi permetto di segnalare l'indicazione del teologo José Antonio Pagola come un passo davvero decisivo: "Ora la società offre un clima poco propizio a chi è in cerca di silenzio e di pace per ritrovarsi con se stesso e con Dio. E' difficile liberarsi dal rumore e dall'assedio di ogni tipo di messaggi. D'altra parte, le preoccupazioni e le urgenze di ogni giorno ci portano altrove, senza consentirci di essere padroni di noi stessi….
Neanche a casa propria….è facile trovare la quiete e il raccoglimento indispensabili per riposare con gioia in Dio….Così abbiamo dimenticato cosa significhi fermarci, interrompere per alcuni minuti le nostre cose urgenti e lasciarci penetrare dal silenzio.  Molti uomini  e donne si sorprenderebbero se scoprissero che, spesso, basta fermarsi e stare in silenzio  per un po' di tempo per recuperare la nostra libertà e la nostra energia interiore. 
Abituati al rumore e alle parole, non sospettiamo il benessere del silenzio e della solitudine. Abbiamo dimenticato che ci nutre e ci arricchisce di verità solo quello che siamo capaci di ascoltare nel più profondo del nostro essere.
Senza questo silenzio interiore non si può ascoltare Dio, non si può riconoscere la sua presenza nella nostra vita e crescere interiormente come credenti. 
Secondo Gesù, la persona "dal buon tesoro del suo cuore trae fuori il bene". Il bene non nasce da noi spontaneamente. Dobbiamo coltivarlo e farlo crescere in fondo al cuore. Molte persone comincerebbero a trasformare la propria vita se riuscissero a fermarsi per ascoltare tutto il buono che Dio suscita nel silenzio….". (Luca, Borla Ed. pag,92).
Facciamo spesso l'esperienza del silenzio: esso apre ino sguardo nuovo verso Dio, noi stessi, e tutto il creato.


DAVANTI A TE...

Davanti a Te..
Signore, Dio di Gesù, non mi “salveranno”, non mi basteranno i miei sogni, non mi reggeranno le mie mani, non mi sorreggeranno i miei piedi, se non sarai Tu a darmi olio, rugiada, benedizione, vita..
Vorrei che il mio cuore sapesse riconoscere il Tuo dono e benedire il Tuo nome. La salvezza non sta in me, in un cammino interiore che sviluppa tutte le mie energie. La mia acqua è sempre un sorso attinto al Tuo pozzo, ma Tu sei una sorgente ben distinta dalle mie acquette, una presenza che chiama oltre ogni mio desiderio. Ti benedico cento volte, o mio Signore, e ancora non basta. Tutti ti riconoscano come Dio…
Davvero, o Signore, il mondo poggia su tre colonne: lo studio della Torah-Bibbia, la preghiera-lode a Te, le opere di misericordia-condivisione. Signore, aiutami a non dimenticare nessuna di queste tre colonne, perché sono tutte collegate e necessarie. E queste tre colonne hanno un fondamento solo: sei Tu.
Franco Barbero (in Olio per la lampada 2004)

GLI IMPRENDITORI DELLA PAURA


Le prossime campagne elettorali avranno al centro le paure degli italiani. L'immigrazione insieme con la difesa personale, il crollo del Welfare come la mancanza di lavoro saranno certamente i cavalli di battaglia degli «imprenditori della paura».
In tanti oggi evocano la ricetta della speranza come antidoto alle scorciatoie suggerite dalla paura globalizzata.
Forse sarà utile interrogarsi, senza remore e preconcetti, su cosa intendiamo oggi per speranza.
Per i credenti, ad esempio, la speranza è una Persona. Legittimo chiedersi cosa sia la speranza per le donne e per gli uomini del nostro tempo individualista, relativista e laicista. Magari provando a cercare, insieme, le nostre speranze. Quelle di tutti.
da ‟Toscana oggi“ del 5 novembre 2017

UNA TESTIMONIANZA DA NON DIMENTICARE

Don Roberto Sardelli,
baraccato tra i baraccati

 È morto don Roberto Sardelli, uno dei preti più popolari di Roma, il prete ‟delle baracche“, sempre dalla parte degli ultimi, dei più deboli e degli oppressi. Era nato a Pontecorvo (dove si celebreranno i funerali oggi, 20 febbraio) nel 1935. Nel 1968 aveva abbandonato la parrocchia per vivere con i baraccati dell'Acquedotto Felice. L'anno scorso l'Università di Roma Tre gli aveva conferito la Laurea Magistrale Honoris Causa in Scienze Pedagogiche ad attestare il suo lungo impegno di Maestro accanto ai ragazzi. Figura singolare nel panorama italiano aveva conosciuto don Lorenzo Milani e la scuola di Barbiana e ne era rimasto affascinato.
Ordinato Sacerdote nel 1965, ebbe l'incarico parrocchiale presso la chiesa di San Policarpo al Tuscolano, vicino all'Acquedotto. Don Roberto scelse, dopo pochi mesi, di vivere insieme ai baraccati, per lungo tempo, facendosi carico anche dei malati di Aids, allora malattia incurabile. Lì si prodigò in ogni modo per fare doposcuola ai ragazzi tentando di convincerli che non erano inferiori ai loro coetanei che vivevano nei palazzi di via Tuscolana. Nacque così la ‟Scuola 725“ (dal nome del numero civico) che rappresentò,per quei tempi, un incredibile esperimento pedagogico per i più poveri. Raccontano i ragazzi di quella scuola che il primo giorno che arrivò don Roberto, si presentò con un libro Americani e Vietcong anziché con i dei libri di catechismo. Faceva lezioni con la luce di una candela e, quando era inverno, accanto a una vecchia stufa che riempiva di fumo la baracca ‟725“. Allora quei bambini che vivevano nelle baraccopoli e che la mattina si recavano alla scuola pubblica, facevano dei lunghi giri, al ritorno dalla scuola, per non far capire agli altri che vivevano nelle baracche.
Don Sardelli li spronò a non vergognarsi della loro condizione, a emanciparsi. Utilizzando un linguaggio semplice, sotto la sua guida, i ragazzi scrissero la Lettera al Sindaco e il libro Non Tacere. La Lettera è uscito un grande scandalo a Roma, tanto che la stessa Rai fece un servizio di Giuseppe Fiori facendo venire alla luce la scandalosa condizione di vita dei baraccati. Dopo lo sgombero della bidonville, l'impegno civile di don Roberto è continuato come giornalista e scrittore. Scrisse un libro Il danzatore assai convinto che per avvicinarsi ai Sinti e ai Rom dovesse imparare a ballare il Flamenco.
Quarant’anni dopo scrisse nuovamente una Lettera al Sindaco che non ebbe lo stesso successo della prima per le divergenze di idee sulle periferie romane con Veltroni.
Racconta don Roberto che quando arrivo Papa Francesco ricevete una telefonata direttamente da lui, al quale però rimproverava di non fare ‟pulizia“ della curia romana. Per questi suoi incredibili meriti ha avuto accanto a sé sempre molti amici ed estimatori, gente comune, intellettuali, insieme a molti dei suoi vecchi ‟studenti“ della baraccopoli che gli sono stati sempre riconoscenti e vicini fino alla sua morte. Fabio Grimaldi è l'autore, insieme ai ragazzi della ‟Scuola 725“, del film ‟Non Tacere“ che ha vinto il premio come miglior documentario al Festival Arcipelago e che racconta la storia della ‟Scuola“.
Da molti anni era malato e si era ritirato nel comune di Pico per assistere la sorella. Dopo la morte di quest'ultima era andato a vivere nel comune di Pontecorvo cedendo la sua modestissima casa di Pico ad un amico tedesco che lo aveva aiutato a trovare i farmaci adatti per curare la sorella malata. Lo si incontrava a Roma mentre si recava al Policlinico per avere i farmaci che provenivano dalla Germania.
 Nonostante queste sventure quando compagni e amici andavano a trovarlo, lui continuava a chiedere: ‟Che ne pensate della situazione politica?“.  Uno scenario, quello politico attuale, che ai suoi occhi di ribelle appariva ormai lontanissimo da qualsiasi sua aspettativa di speranza.
 P.S. su il manifesto del 22-12-2018, Damiano Tavoliere ha scritto un bell'articolo a lui dedicato in occasione del conferimento della laurea Laurea Honoris Causa, don Roberto, barracato tra i baraccati.
Enzo Scandurra, Il manifesto 21/02/2019

GRUPPO GIOVANI

Mercoledì 6 marzo alle ore 20,45 a Pinerolo in Via Città di Gap 13, nella sede della comunità cristiana di base proseguono gli incontri del gruppo giovani. Leggiamo le parabole.
C'è sempre posto.
L'Amaca di Michele Serra

Il cosiddetto "corso per esorcisti" è stato ritirato dal portale del ministero dell'Istruzione, ma è molto facile pronosticare che episodi simili, in questo quadro politico, siano destinati a moltiplicarsi. L'insediamento del governo gialloverde è stato accolto come il classico "libera tutti" per le idee e gli umori che si sentivano in qualche modo emarginati e incompresi "dai precedenti governi". Non c'è neoborbonico o veteroclericale, terrapiattista o hitleriano, satanista o templare che non fiuti nell'aria una forse irripetibile occasione di legittimare in qualunque sede, anche istituzionale, le proprie istanze, nessuna delle quali è troppo reazionaria o troppo assurda da non meritare una scena pubblica ormai allargata a chiunque abbia voglia di sgomitare. Gli esorcisti, a ben vedere, non sono il peggio che ci possa capitare. Hanno radici in una cultura millenaria e non banale, e soprattutto sono sottoposti a un vaglio, quello delle autorità ecclesiali, che si spera sia in grado di scremare quell'albo professionale di almeno qualche mattoide. Potrebbe anche capitarci di rimpiangerlo, il corso di esorcismo per docenti e non docenti, con l'avanzata di esaltati e minchioni di ogni risma che già si materializza all'orizzonte. Dalla reintroduzione della ghigliottina (la chiedono alcuni gilet gialli con codazzo di telecamere) alla cura del cancro con i suffumigi, verrà il giorno che la lotta a Satana ci sembrerà una materia scolastica in fondo quasi normale.

(la Repubblica 17 febbraio)
[L'Espresso 17 febbraio]

La vita è ciò che facciamo di essa. I viaggi sono i viaggiatori. Ciò che vediamo non è ciò che vediamo, ma ciò che siamo.
Fernando Pessoa
A Pinerolo e Villar Perosa
Chiudono i centri de La Dua Valadda


Quindici giorni al massimo e il centro di accoglienza per richiedenti asilo vittime di tratta gestiti da La Dua Valadda a Pinerolo e Villar Perosa, verranno chiusi.
All'origine del provvedimento prefettizio, le difficoltà della cooperativa dopo essersi vista la riduzione del budget, ma anche un rapporto estremamente conflittuale con parte delle ospiti. «Chiedo che il trasferimento sia gestito con umanità», auspica il sindaco di Pinerolo Luca Salvai.

(L'Eco del Chisone 13 febbraio)

mercoledì 27 febbraio 2019

RINVIO ELETTORALE


Le Grandi opere, lo assicura Salvini, si faranno, ma occorre una dilazione, uno slittamento al periodo successivo alle elezioni del Parlamento Europeo.
Questo è il contentino dato ai 5 Stelle dopo il salvataggio dal processo. Tutto è ridotto a propaganda.
                                        F. B.


SIEDITI

"Siediti ai bordi dell'aurora,
per te sorgerà il sole.
Siediti ai bordi della notte,
per te scintilleranno le stelle.
Siediti ai bordi del torrente,
per te canterà l'usignolo.
Siediti ai bordi del silenzio,
Dio ti parlerà".
Vivekananda

IL DESERTO

"Mi è sempre piaciuto il deserto. 
Ci si siede su una duna di sabbia .
non si vede nulla . Non si vede nulla.
E tuttavia qualche cosa risplende nel silenzio".
Antoine De Saint Exupery, 
"Il Piccolo Principe"

PREGHIERA

UN GESTO DI BONTA’

Signore,
quando siamo con i nostri parenti,
quando siamo in società,
in macchina, per la strada,
quando siamo aggrediti,
quando ci vengono fatti dei rimproveri,

trattienici dall’avere uno sguardo di collera,
che potrebbe ferire un cuore sensibile,
uno sguardo di rimprovero,
che potrebbe far versare delle lacrime,
uno sguardo impaziente e non pensato,
che potrebbe oscurare un giorno pieno di luce,
uno sguardo malevolo e canzonatore,
che potrebbe lasciare traccia per molto tempo.

Aiutaci invece ad avere
un gesto di bontà,
che darà sollievo ad un cuore affranto,
un gesto di simpatia,
che consolerà il dolore,
un gesto di incoraggiamento,
che illuminerà un giorno buio,
un gesto di speranza e di fede,
che trasformerà un giorno intero.
Janine Corlet e Anne-Lise Nerfin
P.P.P. Action del Care

COMBATTERE L'ANTSEMITISMO

El Pais,Spagna

L'antisemitismo è l'indizio più chiaro di una società minata dall'odio. Il suo aumento in Europa è il sintomo di una malattia, ma anche di qualcosa di più profondo e terribile:  l'ignoranza del passato. Tutte le forme di razzismo vanno condannate, ma purtroppo si conoscono con certezza le conseguenze dell'antico odio nei confronti degli ebrei: il più grande crimine della storia. Di recente i responsabili del museo di Auschwitz_ Birkenau hanno scritto sui social network: "Quando guardiamo Auschwitz vediamo la fine di un processo. Bisogna ricordare che non l'olocausto non è cominciato con le camere a gas. L'odio è cresciuto gradualmente a partire dalle parole, dagli stereotipi e dei pregiudizi, attraverso l'esclusione legale, la disumanizzazione e un'escalation di violenza".
Oggi i numeri non potrebbero essere più preoccupanti. Nei giorni scorsi il governo francese ha rivelato che nel 2018 gli atti di antisemitismo (insulti, minacce, aggressioni e omicidi) sono aumentati del 74%, dopo due anni in cui erano diminuiti. Un ampio sondaggio dell'agenzia europea per i diritti fondamentali condotto tra gli ebrei di 12 paesi ha rivelato che secondo l'85% degli intervistati la situazione è peggiorata negli ultimi anni. Non si tratta solo della destra radicale, degli estremisti islamici o di movimenti difficilmente definibili dal punto di vista ideologico come i gilet gialli. Il problema è che la normalizzazione dell'antisemitismo ha spinto governi come quello ungherese di Victor Orban a lanciare campagne contro George Soros rispolverando gli elementi più inquietanti dell'odio contro gli ebrei. Questa tendenza può essere invertita solo con la vigilanza e l'istruzione. Nel frattempo i paesi hanno l'obbligo di combattere l'antisemitismo con tutti i mezzi disponibili e segnalare tutti quelli che non lo fanno. 

Internazionale 22/02/2019

CELIBATO OBBLIGATORIO?

Cara redazione, esprimo una mia opinione rispetto alla questione del celibato obbligatorio oppure opzionale dei presbiteri. Intanto sono sicuro che Papa Francesco è a conoscenza della situazione reale in cui i presbiteri vivono rispetto al celibato. Sondaggi, studi documentazioni, "narrate" parlano non solo di molte situazioni disagiate, che coinvolgono presbiteri e donne, ma di molte coppie che hanno scelto una relazione più o meno clandestina.
Alla mia bella età di ottant'anni, che compio proprio in questi giorni, conosco in Italia e all'estero molte donne e numerosi presbiteri che hanno scelto questa strada in disaccordo con la disciplina canonica. Hanno deciso, dopo un'attenta riflessione, di mettere al primo posto la coscienza e l'accoglienza dell'amore e etero o omo come dono di Dio. E' comprensibile che tale  scelta comporti, in parecchi contesti, un disagio e spesso una sofferenza. 
Sono convinto che solo il celibato opzionale permette di valorizzare sia il dono del celibato stesso, sia il dono dell'amore, sia la  responsabilità e la felicità delle persone. 
Con un po' di fatica riesco a capire che il Papa, anche per il vespaio vaticano che lo stringe da ogni parte, non trovi il coraggio e la convinzione di promuovere il celibato opzionale. 
Però, in una comunità ecclesiale che valorizzi le singole chiese locali e le ritenga autentici laboratori di collegialità si potrebbe aprire un sentiero diverso. Siccome le chiese locali e i loro pastori esprimono da tempo sensibilità e opzioni diverse, perché non promuovere la loro libertà e la loro responsabilità affinché in appositi sinodi, discutano e decidano in loco le scelte da compiere o da non compiere? 
La valorizzazione delle differenze che le varie chiese locali potrebbero esprimere, metterebbero anche in atto una concezione ecclesiologica antropologicamente dinamica e promuoverebbe il volto e la struttura di una comunità che, nell'unità di fede, apprezza e promuove la pluralità dei linguaggi e delle possibilità ministeriali. 
E' mia opinione che nelle comunità locali lo Spirito  ci aiuterebbe ad accogliere le divergenze e a far nascere delle gioiose sorprese. E' dal basso, dal territorio delle differenze che sono sempre spuntati i fiori più belli nella storia delle chiese cristiane. 
Prego Dio che mi aiuti e ci aiuti a  inoltrarci oltre le nostre paure, sperando che le chiese locali non si considerino soltanto esecutrici di ordini superiori, ma comunità creative, capaci di mettere in atto cammini nuovi. 
Buon lavoro a voi, cari amici e amiche della Redazione di Rocca e un saluto ai lettori e alle lettrici. 

Franco Barbero 
Pinerolo 
Rocca 5/2019

NON E' FACILE CAPIRE, MA BISOGNA AGIRE


Ciò che in questi giorni è successo in Vaticano nell’assemblea dei vescovi sulla tragica realtà degli abusi sui minori, a mio avviso, è un quadro molto complesso.
  1. Da una parte mi sembra che siamo un po’ tutti incapaci di ascoltare fino in fondo – qualora sia possibile – il dolore delle vittime. Nascondere gli abusatori e non ascoltare le vittime è stata la pratica seguita per secoli dalle gerarchie cattoliche. Per questo il grido delle vittime va ascoltato con sincerità, rispetto, partecipazione.
  2. E’ probabile che papa Francesco non abbia osato rimuovere alcuni vescovi, cardinali e religiosi coinvolti o complici di episodi di pedofilia. In questo senso posso condividere la protesta di alcune associazioni delle vittime. Così pure sono fuori luogo i suoi richiami alla presenza e all’opera di Satana.
  3. Mi rendo anche conto del contesto in cui tutta la vicenda si svolge: alle spalle c’è anche una manovra, nemmeno tanto occulta, che mira a scaricare tutto sulle spalle di Francesco, screditarlo e “spaccare” la chiesa. Molti “apostoli delle denunce” sono oppositori di papa Francesco e non si sono fatti vivi sotto altri pontificati. Sembrano voler approfittare di questa tragedia per liberarsi di un papa scomodo.
  4. Mi ha molto preoccupato il fatto che vescovi e anche qualche giornalista abbiano usato linguaggi ambigui, come se omosessualità e pedofilia fossero due realtà “parenti” o contigue. A molti pastori manca ogni riflessione antropologica al riguardo; così danno segnali di spiccata ignoranza dello stesso vocabolario, ingenerando una imperdonabile confusione nella catechesi e nella predicazione.
  5. Dato corso alle denunce alla giustizia e allo sconto della pena, la chiesa istituzionale – quando gli abusi sono emersi – abbandona questi preti o prelati alla solitudine e alla disperazione. Questo significa l’antiumana e l’antievangelica prassi dell’abbandono. No: un malato grave va curato. Anche un pedofilo resta una persona che, pagato il conto con la giustizia, va amata, accompagnata a livello psicologico, medico, spirituale. La catena dei preti suicidi è lunghissima.
  6. C’è dell’altro: Filippo di Giacomo su Venerdì di tre settimane fa documentava questa realtà e ricordava, come in questa lotta del “tu denunci me” e “io denuncio te” cadono nella rete molti innocenti, a loro volta vittime di confusioni e di vendette.
  7. Va anche detto che la pedofilia nella chiesa è solo un aspetto, particolarmente grave, degli abusi sui minori che fanno parte di ogni ambito della società. Né voglio creare connessioni meccaniche tra celibato imposto e pedofilia. Però, come ho scritto su Rocca 5 del 1 marzo 2019, ora in diffusione, l’istituzione ecclesiastica non sa accogliere come dono di Dio la sessualità e le relazioni amorose e rende la vita di molti presbiteri meno felice e più esposta a “squilibri” di ogni genere.
  8. Mi auguro che il prossimo Motu proprio di Francesco, cioè la sua prossima lettera di decisioni e di intenti, indichi chiaramente la strada dei diritti, dei doveri e del Vangelo.
Franco Barbero

UN AIUTO PER RICORDARE

Corso biblico. Torino del 15 febbraio 2019.
Le parabole evangeliche
(Appunti presi durante la conferenza di don Franco Barbero).

Leggiamo la parabola dei fittaioli malvagi che si trova in Marco 12, 1 – 11, una delle poche parabole considerate autentiche di Gesù da John Meyer. La stessa parabola si trova anche in Matteo (21, 33-43) e in Luca (20, 9-18), ma in forma più breve.
La parabola si compone di due parti, la prima, fino al v. 8 , risale, secondo il Meyer e la generalità degli esegeti, sicuramente a Gesù, mentre il prosieguo (dal v. 9 al v. 11) è frutto della elaborazione della comunità . Il tema della vigna è ripreso da Isaia 5, il canto della vigna, che è la metafora dell'amore di Dio per Israele, amore disatteso e tradito, che provoca lo sconforto di Dio, il quale, tuttavia è paziente, non si arresta alla delusione, ma mantiene la promessa anche di fronte al rifiuto. 
Qui è condensata tutta la storia di Israele. Marco in particolare cura i dettagli della costruzione della vigna, per indicare l'amore e la cura impiegati dal proprietario per costruirla (12,1). Dal v. 9 è la comunità che si interroga su cosa farà il padrone della vigna di fronte all'ostilità dei fittavoli e applica alla propria storia l'insegnamento profetico. Ma qui subentra una lettura in chiave cristologica. 
La lettura ufficiale è ispirata alla teologia del compimento: il figlio inviato è identificato con Gesù stesso. Gesù è la parola definitiva, l'ultimo inviato da Dio. E' una lettura dogmatica ed esclusivista. 
E' interessante il paragone con il vangelo apocrifo di Tommaso che al loghion 65 riporta la parabola in termini simili a quella di Marco, ma senza la seconda parte. 
Qui Gesù non parla di se stesso, ma di Dio che accetta anche il rifiuto da parte dell'uomo. Invece la comunità si pone il problema: che cosa farà il padrone? Alcuni commentatori come Gnilka e Weber evidenziano che Gesù non condanna, perché Dio ci chiama, ci aspetta e non chiude la porta (Curtaz dice che le beatitudini sono un invito permanentemente aperto), ma è la comunità che l'ha chiusa cedendo ad una interpretazione integralista. 
Anche l'interpretazione della patristica risente di questo limite: si cede ad una esigenza di chiusura e di condanna: si dice che il giorno fa scomparire la notte. Ma secondo una interpretazione rabbinica di corrente non integralista il giorno esiste a fianco della notte, la vita è contraddizione e bisogna prenderne atto. 
In una visione cosmocentrica la vigna è il mondo non limitato a Israele o alla chiesa. Da notare in ultimo che Matteo sottolinea che la vigna verrà data ad altri contadini che la faranno fruttificare (21,41) particolare assente negli altri vangeli.
Passiamo ora ad esaminare la parabola del fico, riportata in Marco 11, 12 – 14 ed in Matteo 24, 32 – 36. Siamo in una dimensione apocalittica, che può avere due significati: 1 la visione della fine dei tempi, oppure 2 la visione della distruzione di Gerusalemme da parte dei romani vissuta come una catastrofe apocalittica. Il testo è stato scritto dopo il 70, quando tale evento si era già verificato. Secondo il Weber ed altri esegeti, la parabola ha lo scopo di risvegliare le coscienze della comunità e richiamare all'azione.
 Altri richiami apocalittici sono presenti in Matteo 11,20 e nel capitolo 21. La critica è rivolta alla religione del tempio: la religione ufficiale non porta frutti. Gli uomini hanno la possibilità di rendere infecondo il messaggio (Gutbrod).
Veniamo alla parabola del portiere riportata in Marco 13, 33 – 37. E' una parabola sulla responsabilità di stare vigili (Weber) che richiama quella delle vergini di Matteo 25. E' un richiamo alla comunità che sonnecchia, un tema proprio dei profeti, specialmente Geremia, ma anche Ezechiele, che si lamentano di fare prediche inutili perchè il popolo dorme e non ascolta.
 Non si tratta però solo di veglia, ma anche di attesa, di vigilanza: vivere nell'attesa non è facile (Gnilka). 
Come Mosé visse nell'attesa della terra promessa e dedicò tutto il suo impegno per raggiungerla, ma non la vide, così per ciascuno di noi vivere nell'attesa significa già partecipare al regno, ad un frammento del regno, senza pretendere di possederlo. La nostra vita è segnata dalla limitazione, la pretesa di totalità andrà delusa.
Leggiamo infine la parabola della zizzania, presente solo in Matteo tra i vangeli canonici (13, 24 – 30 e 36 - 41), ma riportata anche dal vangelo di Tommaso (loghion 57). Il problema è la presenza del male nel mondo, di cui bisogna prendere atto, anche se convivere con il male comporta fatica. 
Siamo agli antipodi della posizione gnostica, che mira alla perfezione degli eletti, in una visione dell'uomo in cui il corpo è svalutato e la materia è cattiva e condannata all'annientamento. Al polo opposto si pone la posizione ebraica, per la quale il male è insito nell'uomo e chi vuole la perfezione tradisce l'umanità. La storia insegna che quando in una società si persegue la perfezione, iniziano gli abusi. 
La parabola insegna che in questa vita non si può sfuggire alla compresenza del bene e del male (Weber), che la saggezza consiste nel fare un cammino, ma non pensare di potere raggiungere la perfezione. Certo occorre pazienza e viene la tentazione di chiedersi perché Dio non intervenga per eliminare il male. Anche in questa parabola, poi, ricorre il tema della vigilanza: il male si insinua “mentre tutti dormono” (v. 24). Una particolarità di Matteo: parla di Regno dei cieli come Marco, forse per la ritrosia ebraica di nominare il nome di Dio. 
Guido Allice
[Il Manifesto 19 febbraio]

"Andava licenziato prima ora una vera tolleranza zero"

CITTÀ DEL VATICANO. «Il licenziamento del cardinale McCarrick sarebbe dovuto accadere tempo fa. È successo ora, in vista dell'incontro del summit sugli abusi commessi dal clero della prossima settimana. È stato fatto soltanto per dire pubblicamente: "Stiamo agendo, abbiamo licenziato un violentatore". Ma non l'avrebbero mai fatto se avessero potuto mantenere ogni cosa tranquilla». È durissima la presa di posizione di Peter Saunders, inglese, da ragazzo vittima di abusi sessuali da parte di sacerdoti. Fu il primo a fare un passo indietro, nel 2016, dalla Commissione pontificia per la protezione dei minori dopo avere accusato il cardinale Pell di non volere la verità sulle sue coperture e avere subito pressioni da una parte della Chiesa.
Carlo Maria Viganò ha chiesto a Francesco di dimettersi per la copertura di McCarrick. Ritiene sia una richiesta giusta?
«Anche Viganò allora se è per questo può essere giudicato di coperture, e per questo avrebbe dovuto rassegnare le dimissioni. Dovrebbero tutti dimettersi! Papa Wojtyla non ha agito bene. Papa
Benedetto non ha fatto molto meglio, seppure abbia tolto il sacerdozio a molti abusatori».
Tra pochi giorni si apre in Vaticano un summit sugli abusi. Lei è stato invitato?
«Non sono stato invitato e il Vaticano non mi accoglierà. Ma sarò presente a Roma con l'Ending
Clerical Abuse, l'associazione globale che connette tra loro chi combatte contro gli abusi perpetrati dai preti».
Settimane fa è uscita la notizia di una probabile condanna del cardinale George Pell in Australia per abusi. Che cosa pensa di lui?
«George Pell è stato giudicato colpevole di tutti e cinque i capi di imputazione. C'è un blackout di notizie su questo in Australia perché dovrebbe essere processato su ulteriori accuse».
Che cosa dovrebbe fare la Chiesa cattolica per applicare realmente la cosiddetta e tanto sbandierata "tolleranza zero"?
«Tolleranza zero? La Chiesa dovrebbe nominare un corpo completamente indipendente per lavorare in merito, e non un gruppo di cattolici che non faranno altro che mantenere la reputazione della Chiesa intatta».
Negli Usa, in molti Stati, stanno per partire diverse indagini per portare alla luce innumerevoli abusi. Pensa che molti di questi abusi siano ancora coperti?
«Tutto ciò che sentiamo in giro per il mondo è, temo, la punta di un iceberg molto grande e spaventoso».  P.R.

(la Repubblica 17 febbraio)
Non ci si deve dispiacere che un uomo sia nato o muoia, che sia privato del suo denaro, della casa, dei beni: tutto questo non appartiene all'uomo. Ci si deve dispiacere che un uomo perda quel che veramente gli appartiene, la sua dignità.
Epitteto
[Il Manifesto 15 febbraio]

L'inchiesta
Insulti ai giudici, ministro dell'Interno a processo


Vilipendio della magistratura. Le frasi pronunciate nel 2016 contro i giudici che tenevano sotto inchiesta i politici della Lega, costano al ministro dell'Interno Matteo Salvini una citazione diretta a giudizio. La vicenda non passerà da alcuna autorizzazione visto che i fatti sono precedenti alla sua nomina. La causa penale potrebbe chiudersi con una multa fino a 5 mila euro. «Qualcuno usa gli stronzi che male amministrano la giustizia - aveva detto Salvini a Collegno durante un comizio del Carroccio - difenderò qualunque leghista indagato da quella schifezza che si chiama magistratura italiana che è un cancro da estirpare».

(la Repubblica 19 febbraio)

martedì 26 febbraio 2019

PREGHIERA


ECCOMI SIGNORE

Eccomi, Signore,
col mio desiderio di incontrarti,
e la mia incapacità di trovarti.
Eccomi, Signor,
oggi voglio prendere il tempo
di stare in silenzio e attenderti,
di ascoltare e pregare.
Nel mio silenzio stupito,
ti attendo, o Dio,
vieni tu stesso a soffiare sul mio vuoto
la freschezza della tua presenza inattesa.
Amen.
Suzanne Schell in “Traces vives”

BASTA CON QUESTO FARSI PARAVENTO CON IL DIAVOLO

La diabolica trovata di dare a satana la colpa di tutto
Satana è tornato. Il suo mito non muore mai perché è la personificazione di tutti mali. Per la gioia degli esorcisti a rischio di disoccupazione, rimessi in gioco dal clamore mediatico provocato dalla gang sanremese di Virginia Raffaele. Che sul palco dell'Ariston ha pronunciato per cinque volte il nome del principe delle tenebre, scatenando le ire di Don Aldo Bonaiuto, coordinatore del servizio nazionale anti sette. 
Ne è seguita una lunga scia televisiva e sociale. In realtà l'episodio è l'ultimo anello di una catena che inizia negli anni 60. Quando qualche baciapile superstizioso mise in giro la teoria secondo cui ascoltando al contrario certi dischi rock si sarebbero sentiti i messaggi satanici che traviavano i giovani.
 E lo sketch dell'attrice, che ha il grave difetto di essere intelligente, rifaceva il verso proprio a questa bufala. "Riavvolgendo" sarcasticamente, una hit strappalacrime come Mamma cantata da Beniamino Gigli. Ovviamente l'ironia non è stata colta. E sulla comica si è abbattuto uno tsunami di minchiate. Dalle accuse più o meno velate di satanismo, alle richieste di riparazione rivolte da più parti a Virginia. Rea di aver banalizzato la sofferenza dei tanti che sono oppressi dalle forze del male. 
Come se a spargere pena e dolore a piene mani fosse il maligno in persona e non 1000 fattori molto meno metafisici e molto più concreti. Dalla povertà, alle malattie, dalla sola solitudine alla disoccupazione. 
In realtà prendersela con il demonio o con chi lo nomina è la vera banalizzazione del male di vivere e della sua drammatica complessità. Che poi questa semplificazione da inquisitori sia motivata da semplice ottusità, o da opportunismo elettorale il risultato non cambia. Resta comunque diabolica. 

Marino Niola 
il Venerdì 22 febbraio

E SE FOSSE STATO UNO SOLO?

E se fosse stato uno solo?

117 uccisi 
dai grassi 
paurosi europei 

E se fosse stato uno solo? 
Con una madre in una casa di fango 
con un padre sperduto in prigione 
con un nome sulla bocca di altri 
con negli occhi il sole e la luna 
con nel ventre fame e speranza 

E se fosse stato uno solo 
sarebbe il delitto 
meno grave? 

La quantità fa notizia. Talora, travolti dal numero, dimentichiamo che dietro ogni numero c'è un essere umano. Forse, invece di chiamarli i migranti, clandestini, richiedenti asilo… Dovremmo chiamarli per nome. 

Gianni Morganti 
Sestri Levante (Ge) 
Rocca 1 marzo