"Quando gli angeli si accorsero che gli sventurati uomini non potevano superare i burroni e gli abissi per svolgere le loro attività, al di sopra di quei punti spiegarono le loro ali e la gente cominciò a passare su di esse.
Per questo la più grande buona azione è costruire un ponte"
Ivo Andric'
lunedì 30 settembre 2019
SALVINI PERDE IN AUSTRIA!!
Le pagliacciate razziste e le scelte fasciste di Salvini sono in iniziale declino anche in Italia. L'Austria è un segnale importante. Noi perdiamo troppo tempo attorno a Salvini che senza Forza Italia non vincerà mai.
Dovremmo dedicare le energie a "rigenerare una sinistra unita" che resta il vero spazio di una costruttiva aggregazione anche delle forze moderate e democratiche.
Franco Barbero
Dovremmo dedicare le energie a "rigenerare una sinistra unita" che resta il vero spazio di una costruttiva aggregazione anche delle forze moderate e democratiche.
Franco Barbero
DON LORENZO MILANI
"Qual è mai il giornale che scrive per il fine che in teoria gli sarebbe primario, cioè informare, o non invece per quello di influenzare in una direzione?".
IL PD NON SI ALLINEI
Davanti ai parolai dei 5Stelle è importante non allinearsi per tenere vivo un governo che per ora non dà veri segnali di svolta.
La sinistra non può annacquarsi nella palude grillina.
E' ora di approfondire le scelte, non di cedere ad un governo di salvataggio dei 5Stelle.
F.B.
La sinistra non può annacquarsi nella palude grillina.
E' ora di approfondire le scelte, non di cedere ad un governo di salvataggio dei 5Stelle.
F.B.
PREGHIERA
AVEVO
FAME
Avevo
fame….
e
voi facevate il giro della luna.
Avevo
fame….
e
mi avete detto di aspettare.
Avevo
fame….
ed
avete creato una commissione.
Avevo
fame….
e
voi parlavate d’altro.
Avevo
fame….
e
voi mi avete detto: “Non c’è motivo”.
Avevo
fame….
e
dovevate pagare le vostre cambiali per le armi.
Avevo
fame….
e
mi avete risposto: “Ora ci sono i robot
per
fare il tuo lavoro”.
Avevo
fame….
e
mi avete detto: “La legge e l’ordine prima di tutto”.
Avevo
fame….
Avevo
fame….
ed
avete detto: “I miei antenati, pure, avevano fame”.
Avevo
fame….
e
mi avete detto: “Dopo i 35 anni non si assume più”.
Avevo
fame….
ed
avete detto: “Che Dio ti aiuti”.
Avevo
fame….
e
mi avete detto: “Spiacenti, ritorna domani”.
Giovani
luterani americani
La Torà non si acquista per denaro
Rabbi Josè ben Qisma' dice: Una volta, mentre camminavo per strada, mi venne incontro un uomo che mi salutò, e io gli ricambiai il saluto. Poi mi domandò: Rabbi, di dove sei? Risposi: Vengo da una grande città di sapienti e di scribi, allora mi disse: Rabbi, vorresti venire ad abitare presso di noi, nella nostra città? Io ti darei un milione di denari d'oro, pietre preziose e perle. Figlio mio - gli dissi - anche se tu mi dessi tutto l'argento e l'oro, le pietre preziose e le perle di questo mondo, non abiterei che in un luogo dove si studia la Torà. Perché quando un uomo si congeda dal mondo, non lo accompagnano né l'argento né l'oro né le pietre preziose né le perle, ma soltanto la Torà e le opere buone, come sta scritto: "Quando cammini ti guiderà. Quando ti corichi veglierà su di te. Quando ti svegli ti parlerà" (Pr 6,22).
"Quando cammini ti guiderà": in questo mondo. "Quando ti corichi veglierà su di te": nel sepolcro. Quando ti svegli ti parlerà": nel mondo che viene. E così pure è scritto nel libro dei Salmi, da parte di David re d'Israele: "Meglio per me la Torà della tua bocca che mille monete d'oro o d'argento (Sal 119, 72). E ancora: "Mio è l'argento, mio è l'oro, dice il Signore delle schiere" (Ag 2,8)
Da "Detti di Rabbini", Edizioni Qiqajon, Comunità di Base, 1993
Rabbi Josè ben Qisma' dice: Una volta, mentre camminavo per strada, mi venne incontro un uomo che mi salutò, e io gli ricambiai il saluto. Poi mi domandò: Rabbi, di dove sei? Risposi: Vengo da una grande città di sapienti e di scribi, allora mi disse: Rabbi, vorresti venire ad abitare presso di noi, nella nostra città? Io ti darei un milione di denari d'oro, pietre preziose e perle. Figlio mio - gli dissi - anche se tu mi dessi tutto l'argento e l'oro, le pietre preziose e le perle di questo mondo, non abiterei che in un luogo dove si studia la Torà. Perché quando un uomo si congeda dal mondo, non lo accompagnano né l'argento né l'oro né le pietre preziose né le perle, ma soltanto la Torà e le opere buone, come sta scritto: "Quando cammini ti guiderà. Quando ti corichi veglierà su di te. Quando ti svegli ti parlerà" (Pr 6,22).
"Quando cammini ti guiderà": in questo mondo. "Quando ti corichi veglierà su di te": nel sepolcro. Quando ti svegli ti parlerà": nel mondo che viene. E così pure è scritto nel libro dei Salmi, da parte di David re d'Israele: "Meglio per me la Torà della tua bocca che mille monete d'oro o d'argento (Sal 119, 72). E ancora: "Mio è l'argento, mio è l'oro, dice il Signore delle schiere" (Ag 2,8)
Da "Detti di Rabbini", Edizioni Qiqajon, Comunità di Base, 1993
Chiamò Carola delinquente, Salvini indagato per diffamazione
MILANO - Sono arrivati alla procura di Milano gli atti della denuncia per diffamazione avanzata da Carola Rackete, la comandante della Sea Watch3, nei confronti dell'ex ministro degli interni Matteo Salvini.
I fatti risalgono all'inizio dell'estate, quando la nave con a bordo 42 persone guidata dalla capitana olandese è entrata nelle acque territoriali italiane, con una manovra pericolosa, per far sbarcare i migranti. Da quell'episodio, sono partite polemiche e dibattiti accesi. E l'ex ministro Salvini non è stato certo tra i più moderati: «sbruffoncella», «fuorilegge», «delinquente», sono alcune delle offese che furono pubblicate nei confronti di Rackete sulle pagine social di Salvini. Per l'ex ministro la capitana della Sea Watch 3 si sarebbe resa autrice di un atto «criminale» e sarebbe responsabile di un tentato omicidio in quanto avrebbe «provato a ammazzare cinque militari italiani», «complice dei trafficanti di esseri umani». Dichiarazioni a mezzo social che sono state raccolte dall'avvocato Alessandro Gamberini e presentate in procura. Il fascicolo è stato trasferito per competenza territoriale a Milano, città di residenza di Salvini, e si trova sulla scrivania della pm Giancarla Serafini che non ha ancora deciso se ascoltare l'ex ministro.
Due sono i procedimenti in corso invece nel confronti di Rackete ad Agrigento: uno per favoreggiamento dell'immigrazione clandestina (che sembra destinato all'archiviazione) e uno per la manovra pericolosa su cui la procura ha fatto ricorso in Cassazione per la mancata convalida dell'arresto da parte del gip.
Luca De Vito
(la Repubblica 6 settembre)
domenica 29 settembre 2019
PINEROLO : EUCARESTIA E PRANZO AUTOGESTITO
Domenica 6 ottobre, cioè domenica prossima, la comunità di Via città di Gap,13 celebra l'eucarestia comunitaria alle ore 10. Alle ore 12: pranzo autogestito.
Da domenica prossima nella sede della comunità non sarà più utilizzabile la plastica.
Da domenica prossima nella sede della comunità non sarà più utilizzabile la plastica.
ATTENZIONE: CAMBIO DATA
Non avrà luogo il previsto incontro di Mambre di domenica 6 ottobre che viene spostato a domenica 1 dicembre in luogo ancora da stabilire.
LA TORAH
"Quando noi pensiamo alla legge, l'associamo a un codice che stabilisce le norme da seguire e le sanzioni per chi non le rispetta.
Per noi, nella legge è insita un'idea di fissità: è la legge a stabilire dei punti fermi, una gabbia d'acciaio entro la quale siamo costretti a muoverci, pena l'inevitabile condanna.
Nella Scrittura, invece, la Torah, che più che Legge significa insegnamento, è qualcosa che permette di camminare. Indica un percorso, segna la direzione, senza peraltro togliere la libertà di movimento di chi cammina. Dice perlopiù cosa non fare, lasciando all'intelligenza e alla creatività umana il compito di dare forma in positivo all'esistenza.
Non a caso, l'immagine più usata per parlarne è quella della strada, in ebraico "derek", della via da percorrere, in ebraico "halaka".
Lidia Maggi, Fare strada con le Scritture, Ed. Paoline
Per noi, nella legge è insita un'idea di fissità: è la legge a stabilire dei punti fermi, una gabbia d'acciaio entro la quale siamo costretti a muoverci, pena l'inevitabile condanna.
Nella Scrittura, invece, la Torah, che più che Legge significa insegnamento, è qualcosa che permette di camminare. Indica un percorso, segna la direzione, senza peraltro togliere la libertà di movimento di chi cammina. Dice perlopiù cosa non fare, lasciando all'intelligenza e alla creatività umana il compito di dare forma in positivo all'esistenza.
Non a caso, l'immagine più usata per parlarne è quella della strada, in ebraico "derek", della via da percorrere, in ebraico "halaka".
Lidia Maggi, Fare strada con le Scritture, Ed. Paoline
PAROLE E ANCORA PAROLE
Conte è davvero un politico che, come Di Maio, può permettersi di non essere né di destra né di sinistra. Così, secondo l'evolversi delle situazioni, ti trovi sempre a posto.
Parli di un futuro fatto di promesse: parole senza tempo, di tutti i tempi, da ripetere ogni giorno. Le parole sono totalmente sconnesse dalla realtà, ma a molti piace così.
Franco Barbero
Parli di un futuro fatto di promesse: parole senza tempo, di tutti i tempi, da ripetere ogni giorno. Le parole sono totalmente sconnesse dalla realtà, ma a molti piace così.
Franco Barbero
IL VALORE DELLE PAROLE
Appello
a von der Leyen
Gli
scrittori "Presidente, le parole fanno la Storia".
Fra gli
scivoloni tragicomici del presidente americano e gli echi di una saga
della Brexit tanto farsesca quanto preoccupante, ci è pervenuto
l’organigramma della nuova Commissione europea insediatasi sotto la
sua presidenza.
Ci dicono, signora von der Leyen, che ha voluto
scegliere con particolare cura la denominazione di ogni commissario e
delle sue missioni. Lei è quindi consapevole del peso delle parole.
Pertanto siamo ancor più indignati nel vedere che il titolo del
Commissario per la Migrazione, gli affari interni e la cittadinanza è
diventato quello "per la Protezione del nostro stile di vita
europeo". In questa dicitura, ogni parola – o quasi – dice
qualcosa che noi, vincitori del Premio del Libro Europeo (...) non
possiamo che disapprovare.
Parlare
di "protezione" esorta fin da subito ad un atteggiamento
difensivo, come se fosse necessario, in una Europa trasformata in
fortezza, difenderci da un’invasione esterna.
In questo modo,
Signora Presidente, Lei non fa altro che aprire la strada agli
individui che fanno commercio di questo pericolo immaginario e ai
movimenti che prosperano sulla paura dei popoli. (...). Siamo turbati
quando pensiamo alla parola "nostro", che si erge di fronte
a un "loro" indistinto e straniero. Rabbrividiamo leggendo
la parola "vita" quando, ogni giorno e ogni notte, nel
Mediterraneo e alle frontiere dell’Europa, muoiono donne e uomini
abbandonati alla loro sorte e alla nostra incuria. E ci colpisce
vedere ostentare, come su uno stendardo o un cartellone
pubblicitario, le parole "stile di vita" o "way of
life"! Perché non "il nostro comfort o benessere"?
(...)
Noi vogliamo parlare di apertura, di dialogo e di scambio.
Di
umanesimo, quell’umanesimo che, a dispetto degli orrori di cui
l’Europa si è resa colpevole all’interno e al di fuori delle sue
frontiere, ha pervaso il suo pensiero nel corso dei secoli.
Vogliamo
proiettarci verso l’esterno e il futuro e non ripiegarci, timorosi,
all’interno delle nostre frontiere e su un passato che viene
mitizzato a forza di temerne la scomparsa. Le parole fanno la Storia,
Signora Presidente. Non le auguriamo di iniziare il Suo mandato
portando con sé il peso delle parole sinistre che rimandano ai
peggiori demoni dell’Europa. Attendiamo fiduciosi il cambio del
titolo del Commissario Margaritis Schinas.
E
ci rivolgiamo al Parlamento europeo perché rifiuti a stragrande
maggioranza l’attuale nome. Perché le parole possono salvarci.
Oppure perderci.
I
firmatari
Anna
Bikont, Erri De Luca, Anthony Giddens, Paul Lendvai, Eduardo Mendoza,
Jean-Pierre Orban, Philippe Sands, Roberto Saviano, Raffaele Simone,
Marius Szczygiel, David Van Reybrouck
La
Repubblica 27/9
PREGHIERA
SERVITI
LO STESSO DI NOI
Padre,
invece
di dominare la creazione,
ci
lasciamo dominare da lei.
Invece
di custodirla e coltivarla
la
sfruttiamo e la distruggiamo.
La
tua Parola non ci basta,
vogliamo
delle prove.
Teniamo
con cupidigia
quello
che chiamiamo “nostro”
anche
se è dono tuo.
Annunciamo
male l’evangelo,
pensiamo
in partenza
che
sarà ricevuto male.
Contiamo
troppo sulle nostre forze,
sulla
nostra intelligenza,
sulla
nostra fede,
invece
di seguire il tuo ordine.
Abbiamo
paura di soffrire
a
causa della tua Parola,
e
per questo stiamo zitti.
Non
crediamo che le nazioni
verranno
a Te, e ti diciamo:
“Manda
qualcun’altro…”
Padre,
perdonaci
nella tua grazia
e,
per mezzo dello Spirito Santo,
serviti
lo stesso di noi,
affinché
la tua promessa si compia,
in
Gesù Cristo.
Amen!
BASSETTI: PIENO MEDIOEVO
Certo,
se dai la parola alla madonna, (la casa
di Maria)
devi soffrire ed espiare. E così sul fine vita l’episcopato
cattolico difende dei principi assoluti anziché partire dalla reale
vicinanza alle persone concrete.
Spero
che i giudici della Suprema Corte non ascoltino né Bassetti né la
madonna.
Detto per inciso: non confondiamo la donna Maria di Nazareth
con la madonna, le varie madonne. Quella era una donna in carne e
ossa, credente, una vera madre di famiglia. Queste madonne sono
costruzioni maschili, tutta castità, verginità ed occhi azzurri.
Maria, la sposa di Giuseppe, non ha nulla in comune con le madonne.
Regna una confusione enorme.
Franco
Barbero
Lo scrittore
LONDRA - «Finalmente abbiamo riacquistato la vista. Grazie, Greta Thunberg». Due anni fa Amitav Ghosh pubblicava La grande cecità, "J'accuse" del 63enne scrittore indiano contro «il silenzio e l'indifferenza di tutti noi verso la più grande e imminente catastrofe del nostro pianeta».
Oggi invece, signor Ghosh, grazie alla giovane attivista svedese, le cose sono cambiate, e tanto.«Queste proteste sono incredibilmente emozionanti, Greta e questi giovani sono incredibili, hanno tutto il mio sostegno. Vedremo: sicuramente i politici vedranno un sacco di voti in queste folle e sarà un bene per la causa. Ma non bisogna illudersi: le gigantesche proteste contro la guerra in Iraq nel 2003 per esempio non portarono a nulla. Purtroppo negli ultimi anni persino i governi democratici hanno ascoltato sempre meno l'opinione pubblica. Forse qualcosa cambierà stavolta».
Ma cos'ha così di speciale Greta?«La sua dedizione inscalfibile, ma anche il suo rifiuto a voler essere a tutti i costi ipocritamente simpatica. Questo la rende più forte».
E secondo lei Greta avrà davvero un impatto concreto nella battaglia per l'ambiente?
«Secondo me sì, perché è assolutamente onesta, cristallina, e grazie a tutte queste qualità è diventata la portavoce di generazioni intere, che adesso sanno bene di essere le future vittime delle conseguenze del cambiamento climatico».
Non è che poi queste fiumane di proteste svaniranno come Qccupy Wall Street?
«No, dureranno a lungo, secondo me. La differenza con movimenti come Occupy Wall Street è che ora molti giovani hanno capito che tutti questi temi - l'ambiente, le disuguaglianze, il neoliberismo - sono interconnessi. Questo è uno scarto decisivo».
Ha fiducia anche nella prossima Conferenza Onu sul clima?
«Purtroppo le lobby del carbon-fossile e Paesi come 1'Arabia Saudita faranno di tutto per evitare svolte. Ma sono curioso di vedere la pressione che eserciteranno queste proteste».
È la nostra ultima chance di salvare il pianeta?«Non è utile porre scadenze. La nostra scelta ora è tra "il peggio" e il "meno peggio". Iniziamo a evitare il meno peggio».
Antonello Guerrera
(la Repubblica 21 settembre)
Ghosh "Ambiente e disuguaglianze sono connessi"
LONDRA - «Finalmente abbiamo riacquistato la vista. Grazie, Greta Thunberg». Due anni fa Amitav Ghosh pubblicava La grande cecità, "J'accuse" del 63enne scrittore indiano contro «il silenzio e l'indifferenza di tutti noi verso la più grande e imminente catastrofe del nostro pianeta».
Oggi invece, signor Ghosh, grazie alla giovane attivista svedese, le cose sono cambiate, e tanto.«Queste proteste sono incredibilmente emozionanti, Greta e questi giovani sono incredibili, hanno tutto il mio sostegno. Vedremo: sicuramente i politici vedranno un sacco di voti in queste folle e sarà un bene per la causa. Ma non bisogna illudersi: le gigantesche proteste contro la guerra in Iraq nel 2003 per esempio non portarono a nulla. Purtroppo negli ultimi anni persino i governi democratici hanno ascoltato sempre meno l'opinione pubblica. Forse qualcosa cambierà stavolta».
Ma cos'ha così di speciale Greta?«La sua dedizione inscalfibile, ma anche il suo rifiuto a voler essere a tutti i costi ipocritamente simpatica. Questo la rende più forte».
E secondo lei Greta avrà davvero un impatto concreto nella battaglia per l'ambiente?
«Secondo me sì, perché è assolutamente onesta, cristallina, e grazie a tutte queste qualità è diventata la portavoce di generazioni intere, che adesso sanno bene di essere le future vittime delle conseguenze del cambiamento climatico».
Non è che poi queste fiumane di proteste svaniranno come Qccupy Wall Street?
«No, dureranno a lungo, secondo me. La differenza con movimenti come Occupy Wall Street è che ora molti giovani hanno capito che tutti questi temi - l'ambiente, le disuguaglianze, il neoliberismo - sono interconnessi. Questo è uno scarto decisivo».
Ha fiducia anche nella prossima Conferenza Onu sul clima?
«Purtroppo le lobby del carbon-fossile e Paesi come 1'Arabia Saudita faranno di tutto per evitare svolte. Ma sono curioso di vedere la pressione che eserciteranno queste proteste».
È la nostra ultima chance di salvare il pianeta?«Non è utile porre scadenze. La nostra scelta ora è tra "il peggio" e il "meno peggio". Iniziamo a evitare il meno peggio».
Antonello Guerrera
(la Repubblica 21 settembre)
L'amore che non dipende da una cosa
- Ma se non dipende da una cosa, non viene mai meno, come quelli che si mettono insieme a causa del Cielo, perché il loro amore non dipende da una cosa futile.
- L'amore di Amnon e di Tamar, come sta scritto: "Allora Amnon la prese in grande odio. L'odio con cui la odiò fu più grande dell'amore con cui l'aveva amata (2Sam 13,15).
- L'amore di David e Gionata, perché il loro amore non era altro che a causa del Cielo (R. Jonà)
Da "Detti di Rabbini", Edizioni Qiqajon, Comunità di Base, 1993
Ogni amore che dipende da qualcosa, se viene meno la cosa, viene meno anche l'amore. Ma se non dipende da una cosa, non viene mai meno. Qual è un amore che dipende da qualcosa? L'amore di Amnon e di Tamar. E quale non dipende da una cosa? L'amore di David e Gionata.
- Ogni amore che dipende da qualcosa, come quando gli uomini si mettono insieme per ricevere gloria gli uni dagli altri, va a finire che il loro amore viene meno, perché dipende da una cosa futile.
- Ma se non dipende da una cosa, non viene mai meno, come quelli che si mettono insieme a causa del Cielo, perché il loro amore non dipende da una cosa futile.
- L'amore di Amnon e di Tamar, come sta scritto: "Allora Amnon la prese in grande odio. L'odio con cui la odiò fu più grande dell'amore con cui l'aveva amata (2Sam 13,15).
- L'amore di David e Gionata, perché il loro amore non era altro che a causa del Cielo (R. Jonà)
Da "Detti di Rabbini", Edizioni Qiqajon, Comunità di Base, 1993
Storia di Teresa cha da bracciante CGIL mise in fuga i caporali
Era la primavera del 1980, o forse del 1979, e la temperatura, sui campi della provincia di Brindisi, era già altissima. Si discuteva del rinnovo del contratto dei braccianti e per la prima volta, dopo anni di silenzio, contadini e contadine rivendicavano paghe umane e diritti. «Eravamo trattati come bestie e quel poco che prendevamo dovevamo darlo per metà al caporale: e non c'era grande alternativa, se si voleva lavorare era così. Poi però decidemmo di essere stanchi» racconta quarant'anni dopo Lucia, che passava le sue giornate a testa in giù, a raccogliere pomodori, in quei campi. Quell'estate i braccianti salentini decisero di alzarla, la testa. Perché qualcuno cominciò a convincerli che si poteva fare: una bracciante di Ceglie Messapica, una sindacalista della Cgil, Teresa Bellanova....
Era un pomeriggio caldo, a Villa Castelli, feudo dei caporali del brindisino, si stava organizzando la protesta all'interno della Camera del Lavoro, quando due macchine arrivarono sgommando. Erano loro, i caporali. Intimarono ai lavoratori di uscire perché volevano "parlare" con quella sindacalista che si era messa in testa di fare la rivoluzione. Non ci riuscirono. I braccianti la protessero negli uffici del sindacato, le fecero da cordone, i caporali urlarono, minacciarono, ci fu un parapiglia tanto che la polizia dovette intervenire per metterli in fuga. Dall'auto, mentre scappavano, caddero due pistole. Le armi che dovevano servire per spaventare "Teresa", il nuovo ministro dell'Agricoltura.
«Non mi hanno spaventato le pistole, figuriamoci qualche deficiente dietro un computer» sorrideva ieri, ricordando questa storia, con i suoi collaboratori. Ed è proprio quel pomeriggio di Villa Castelli (da qualche parte ci dovrebbe essere anche un reportage di Joe Marrazzo che raccontava la resistenza di quelle braccianti) che dice tutto di Teresa Bellanova: determinata, senza paura. E profondamente scomoda.
«Non si spaventa, Teresa non si spaventa» sorride Concetta Basile, oggi dirigente della Cgil e amica di una vita della Bellanova. «Io la conosco bene: negli anni '80 – racconta – eravamo entrambe nella Federbraccianti, abbiamo lavorato accanto per anni. Io arrivavo da Scicli, provincia di Ragusa. Il mio lavoro era smontare le serre. Lei da Brindisi, e combatteva a mani nude i caporali: con quelli non ti puoi permettere né di sbagliare né di essere debole. Teresa non lo era. Per questo era molto amata dagli uomini e donne che si spaccavano la schiena in agricoltura e nei cambi di tabacco». La Basile non nasconde momenti di tensione. «Non sono stata d'accordo con la sua scelta di stare con Massimo d'Alema. Ho contestato la sua decisione di affiancare Matteo Renzi. Ma Teresa è così: un treno, un generosissimo treno».
Sul suo abbraccio con Renzi la Bellanova racconta spesso un altro aneddoto: «Era l'agosto del 2015, Matteo Renzi aveva letto su Repubblica una storia. Mi chiamò per dirmi: Teresa, non deve accadere più. Ho bisogno di te». La storia era quella di una bracciante agricola morta di infarto mentre raccoglieva l'uva in Puglia per due euro l'ora. Si chiamava Paola Clemente, aveva 53 anni e viveva a Crispiano, 40 chilometri da Ceglie Messapica e Villa Castelli, dove tutto, 40 anni, per il ministro Teresa Bellanova era cominciato.
Giuliano Foschini
(la Repubblica 7 settembre)
Era la primavera del 1980, o forse del 1979, e la temperatura, sui campi della provincia di Brindisi, era già altissima. Si discuteva del rinnovo del contratto dei braccianti e per la prima volta, dopo anni di silenzio, contadini e contadine rivendicavano paghe umane e diritti. «Eravamo trattati come bestie e quel poco che prendevamo dovevamo darlo per metà al caporale: e non c'era grande alternativa, se si voleva lavorare era così. Poi però decidemmo di essere stanchi» racconta quarant'anni dopo Lucia, che passava le sue giornate a testa in giù, a raccogliere pomodori, in quei campi. Quell'estate i braccianti salentini decisero di alzarla, la testa. Perché qualcuno cominciò a convincerli che si poteva fare: una bracciante di Ceglie Messapica, una sindacalista della Cgil, Teresa Bellanova....
Era un pomeriggio caldo, a Villa Castelli, feudo dei caporali del brindisino, si stava organizzando la protesta all'interno della Camera del Lavoro, quando due macchine arrivarono sgommando. Erano loro, i caporali. Intimarono ai lavoratori di uscire perché volevano "parlare" con quella sindacalista che si era messa in testa di fare la rivoluzione. Non ci riuscirono. I braccianti la protessero negli uffici del sindacato, le fecero da cordone, i caporali urlarono, minacciarono, ci fu un parapiglia tanto che la polizia dovette intervenire per metterli in fuga. Dall'auto, mentre scappavano, caddero due pistole. Le armi che dovevano servire per spaventare "Teresa", il nuovo ministro dell'Agricoltura.
«Non mi hanno spaventato le pistole, figuriamoci qualche deficiente dietro un computer» sorrideva ieri, ricordando questa storia, con i suoi collaboratori. Ed è proprio quel pomeriggio di Villa Castelli (da qualche parte ci dovrebbe essere anche un reportage di Joe Marrazzo che raccontava la resistenza di quelle braccianti) che dice tutto di Teresa Bellanova: determinata, senza paura. E profondamente scomoda.
«Non si spaventa, Teresa non si spaventa» sorride Concetta Basile, oggi dirigente della Cgil e amica di una vita della Bellanova. «Io la conosco bene: negli anni '80 – racconta – eravamo entrambe nella Federbraccianti, abbiamo lavorato accanto per anni. Io arrivavo da Scicli, provincia di Ragusa. Il mio lavoro era smontare le serre. Lei da Brindisi, e combatteva a mani nude i caporali: con quelli non ti puoi permettere né di sbagliare né di essere debole. Teresa non lo era. Per questo era molto amata dagli uomini e donne che si spaccavano la schiena in agricoltura e nei cambi di tabacco». La Basile non nasconde momenti di tensione. «Non sono stata d'accordo con la sua scelta di stare con Massimo d'Alema. Ho contestato la sua decisione di affiancare Matteo Renzi. Ma Teresa è così: un treno, un generosissimo treno».
Sul suo abbraccio con Renzi la Bellanova racconta spesso un altro aneddoto: «Era l'agosto del 2015, Matteo Renzi aveva letto su Repubblica una storia. Mi chiamò per dirmi: Teresa, non deve accadere più. Ho bisogno di te». La storia era quella di una bracciante agricola morta di infarto mentre raccoglieva l'uva in Puglia per due euro l'ora. Si chiamava Paola Clemente, aveva 53 anni e viveva a Crispiano, 40 chilometri da Ceglie Messapica e Villa Castelli, dove tutto, 40 anni, per il ministro Teresa Bellanova era cominciato.
Giuliano Foschini
(la Repubblica 7 settembre)
sabato 28 settembre 2019
IIS Vallauri e Alambicco continuano il progetto di collaborazione
DISABILI E TECNOLOGIE ASSISTIVE
di Paolo Ingaramo
Per il terzo anno consecutivo, il settore elettrotecnica dell'I.I.S. Vallauri di Fossano ha approfondito la collaborazione con il Centro Diurno per disabili Alambicco di Racconigi.
Il prof. P. Ingaramo insieme a due ragazzi di quinta (F. Mattiauda e S. Milanesio), ha intrapreso a inizio anno scolastico una nuova esperienza, con lo scopo di creare un ponte tra la scuola e il "mondo" dei disabili, con l'obiettivo di realizzare con le proprie mani e conoscenze, un prodotto interattivo, utile a sviluppare le abilità e le capacità sensoriali dei ragazzi ospitati dal centro.
DISABILI E TECNOLOGIE ASSISTIVE
di Paolo Ingaramo
Per il terzo anno consecutivo, il settore elettrotecnica dell'I.I.S. Vallauri di Fossano ha approfondito la collaborazione con il Centro Diurno per disabili Alambicco di Racconigi.
Il prof. P. Ingaramo insieme a due ragazzi di quinta (F. Mattiauda e S. Milanesio), ha intrapreso a inizio anno scolastico una nuova esperienza, con lo scopo di creare un ponte tra la scuola e il "mondo" dei disabili, con l'obiettivo di realizzare con le proprie mani e conoscenze, un prodotto interattivo, utile a sviluppare le abilità e le capacità sensoriali dei ragazzi ospitati dal centro.
Il Centro Diurno Alambicco è un servizio per giovani persone con disabilità fisico-psichico-sensoriale gravi e gravissime che manifestano una riduzione dell'autonomia personale. In questo centro le attività per i ragazzi includono tutta la sfera sensoriale: si fanno attività di massaggio per la riabilitazione muscolare, dog therapy, laboratori di informatica, laboratori espressivi, laboratori di musica e attività inerenti lo sviluppo dei cinque sensi. L'obiettivo delle attività e degli interventi svolti all'interno del centro, è di favorire la crescita personale e sociale degli ospiti, la ricerca del massimo sviluppo possibile delle loro potenzialità per ottenere un elevato livello di integrazione e realizzazione personale. Per ciascun ragazzo vengono individuate alcune aree di intervento (espressività, motricità, relazione, socializzazione…) e sulla base di queste vengono strutturate le diverse attività per costruire un Progetto Educativo Individualizzato.
Durante l'anno scolastico i responsabili del centro, le educatrici, il prof. Ingaramo e gli alunni si sono potuti interfacciare e comprendere le esigenze di alcuni ospiti dell'Alambicco; progettando e ideando un "prodotto" ad hoc per le necessità dei ragazzi. L'oggetto pensato si può annoverare tra le tecnologie assistive, cioè quell'insieme di strumenti o sistemi hardware/software che consentono alla persona disabile di accedere a servizi, a informazioni, aumentare la qualità della vita, comunicare, avere una grande o piccola autonomia quotidiana. Il gioco progettato, in particolare, aveva lo scopo di intrattenere dal punto di vista sensoriale gli ospiti del centro.
L'11 giugno 2019, è stato consegnato presso il centro, il gioco composto da una scatola di legno al cui interno, tramite dei diffusori di vapore azionati da pulsanti e relè elettronici, è possibile scegliere un'essenza che si desidera diffondere in ambiente. In questo modo i ragazzi possono sviluppare sia la capacità di scelta sia il senso dell'olfatto riconoscendo le varie tipologie di profumi.
La collaborazione è stata molto positiva; gli studenti si son dimostrati entusiasti e gratificati nel poter metter al servizio dell'Alambicco le loro competenze. Anche dal punto di vista umano, questa attività non può che arricchire studenti e docente, i quali hanno la possibilità di avvicinarsi a una realtà poco conosciuta e di intrecciare nuove e affascinanti relazioni con persone e ragazzi del centro diurno. Allo stesso tempo, questa collaborazione, per il centro "Alambicco" rimane un'ottima possibilità per farsi conoscere, per realizzare un legame con il mondo della scuola e per arricchire il centro diurno con tecnologie assistive, che possono migliorare e favorire il tempo trascorso dagli ospiti all'interno della struttura.
Federica Dalmazzo al Parlamento Europeo
"La violenza non è il nostro futuro"
Pubblichiamo un ampio stralcio del testo che ha assicurato alla studentessa di Racconigi la vittoria al XXXV Concorso "Diventiamo cittadini europei". È una lettera aperta ad un coetaneo sul tema della parità uomo-donna nell'ambito della politica sociale europea.a cura di Guido Piovano
Federica davanti alla sede del Parlamento Europeo
"Cara Aamiine,
ho letto la tua ultima lettera in cui mi spieghi tutto ciò che hai passato. Voglio farti sapere che io sono indignata e spiegarti come la penso: vorrei iniziare consigliandoti di denunciare le violenze subite, perché costituiscono un gravissimo reato, e la tua incolumità in questo momento è davvero molto a rischio.
La nostra condizione è frutto di un antichissimo retaggio; le donne sono sempre state discriminate, e non hanno potuto godere di fondamentali diritti, politici, economici e sociali. L'unico dovere era provvedere ai figli e al marito.
Nel corso della storia, la figura della donna ha subito un processo di emancipazione, che l'ha portata a migliorare in molti Stati la sua condizione di vita, benché la società resti ovunque in generale maschilista."
È l'inizio della lettera di Federica Dalmazzo, la studentessa racconigese della Classe IL del LICEO SCIENTIFICO "ARIMONDI-EULA" sezione associata di Racconigi che, insieme ad una trentina di altri vincitori del Concorso – più di 2000 erano i partecipanti -, ha visitato dal 19 al 21 giugno Bruxelles e la sede del Parlamento europeo. Presso il Parlamentarium, nelle vesti di europarlamentari, i ragazzi in un gioco di ruolo molto stimolante, hanno elaborato e fatto approvare dagli "avversari politici" alcune proposte di legge, misurandosi con la difficoltà di confrontarsi e cercare mediazioni con gli altri "partiti".
Dice Federica "Sicuramente questo viaggio è stato una esperienza entusiasmante, una occasione per avvicinarsi alle istituzioni europee ma anche per riflettere su quei valori su cui l'Europa si fonda" e ringrazia la prof. Antonella Giordano, referente del progetto per la sede di Racconigi, ed il professor Luca Martin, dirigente scolastico.
Nella lettera, ricordato il processo di emancipazione che ha portato la donna a "migliorare in molti Stati la sua condizione di vita, ma anche le discriminazioni, i femminicidi, gli abusi e le intimidazioni che la società ancora esercita sulle donne, Federica alza alto il suo grido
"Ma la violenza non è il nostro futuro. Non deve esserlo.
Solo un piccolo uomo usa la violenza sulle donne per sentirsi grande"
e prosegue "in Italia, ci sono molti famosi artisti che nelle loro canzoni prendono posizione contro la violenza sulle donne" citando i testi 'Nessuna Conseguenza' di Fiorella Mannoia e 'Vietato morire' di Ermal Meta.
Un'ampia descrizione dei problemi che la donna incontra in Europa per accedere al lavoro, ricca di dati della Banca d'Italia e di raffronti tra i diversi Paesi Europei di fonte Eurostat-Istat è poi oggetto della lettera che afferma "L'uguaglianza tra uomini e donne è uno degli obiettivi dell'Unione europea. […]. Il principio della parità di retribuzione tra uomini e donne è sancito dai trattati europei sin dal 1957 (e, attualmente, dall'articolo 157 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE)). L'articolo 153 del TFUE consente all'UE di intervenire nell'ambito più ampio delle pari opportunità, mentre l'articolo 191 consente l'adozione di provvedimenti legislativi per combattere tutte le forme di discriminazione, incluse quelle fondate sulla violenza.
Per raggiungere una effettiva parità di genere in tutti i settori, sarebbe però importante in primo luogo che la componente femminile fosse rappresentata in misura paritaria nel mondo politico, a partire dallo stesso parlamento della UE: le donne invece ricoprono soltanto il 37.3% dei seggi. Per rimediare a questo problema, il Parlamento europeo ha approvato nel 2012 una risoluzione con cui invita i governi a prevedere nelle loro leggi elettorali "quote rosa", per rafforzare la presenza femminile in ogni settore della società, compreso quello politico."
"La violenza non è il nostro futuro"
Pubblichiamo un ampio stralcio del testo che ha assicurato alla studentessa di Racconigi la vittoria al XXXV Concorso "Diventiamo cittadini europei". È una lettera aperta ad un coetaneo sul tema della parità uomo-donna nell'ambito della politica sociale europea.a cura di Guido Piovano
Federica davanti alla sede del Parlamento Europeo
"Cara Aamiine,
ho letto la tua ultima lettera in cui mi spieghi tutto ciò che hai passato. Voglio farti sapere che io sono indignata e spiegarti come la penso: vorrei iniziare consigliandoti di denunciare le violenze subite, perché costituiscono un gravissimo reato, e la tua incolumità in questo momento è davvero molto a rischio.
La nostra condizione è frutto di un antichissimo retaggio; le donne sono sempre state discriminate, e non hanno potuto godere di fondamentali diritti, politici, economici e sociali. L'unico dovere era provvedere ai figli e al marito.
Nel corso della storia, la figura della donna ha subito un processo di emancipazione, che l'ha portata a migliorare in molti Stati la sua condizione di vita, benché la società resti ovunque in generale maschilista."
È l'inizio della lettera di Federica Dalmazzo, la studentessa racconigese della Classe IL del LICEO SCIENTIFICO "ARIMONDI-EULA" sezione associata di Racconigi che, insieme ad una trentina di altri vincitori del Concorso – più di 2000 erano i partecipanti -, ha visitato dal 19 al 21 giugno Bruxelles e la sede del Parlamento europeo. Presso il Parlamentarium, nelle vesti di europarlamentari, i ragazzi in un gioco di ruolo molto stimolante, hanno elaborato e fatto approvare dagli "avversari politici" alcune proposte di legge, misurandosi con la difficoltà di confrontarsi e cercare mediazioni con gli altri "partiti".
Dice Federica "Sicuramente questo viaggio è stato una esperienza entusiasmante, una occasione per avvicinarsi alle istituzioni europee ma anche per riflettere su quei valori su cui l'Europa si fonda" e ringrazia la prof. Antonella Giordano, referente del progetto per la sede di Racconigi, ed il professor Luca Martin, dirigente scolastico.
Nella lettera, ricordato il processo di emancipazione che ha portato la donna a "migliorare in molti Stati la sua condizione di vita, ma anche le discriminazioni, i femminicidi, gli abusi e le intimidazioni che la società ancora esercita sulle donne, Federica alza alto il suo grido
"Ma la violenza non è il nostro futuro. Non deve esserlo.
Solo un piccolo uomo usa la violenza sulle donne per sentirsi grande"
e prosegue "in Italia, ci sono molti famosi artisti che nelle loro canzoni prendono posizione contro la violenza sulle donne" citando i testi 'Nessuna Conseguenza' di Fiorella Mannoia e 'Vietato morire' di Ermal Meta.
Un'ampia descrizione dei problemi che la donna incontra in Europa per accedere al lavoro, ricca di dati della Banca d'Italia e di raffronti tra i diversi Paesi Europei di fonte Eurostat-Istat è poi oggetto della lettera che afferma "L'uguaglianza tra uomini e donne è uno degli obiettivi dell'Unione europea. […]. Il principio della parità di retribuzione tra uomini e donne è sancito dai trattati europei sin dal 1957 (e, attualmente, dall'articolo 157 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE)). L'articolo 153 del TFUE consente all'UE di intervenire nell'ambito più ampio delle pari opportunità, mentre l'articolo 191 consente l'adozione di provvedimenti legislativi per combattere tutte le forme di discriminazione, incluse quelle fondate sulla violenza.
Per raggiungere una effettiva parità di genere in tutti i settori, sarebbe però importante in primo luogo che la componente femminile fosse rappresentata in misura paritaria nel mondo politico, a partire dallo stesso parlamento della UE: le donne invece ricoprono soltanto il 37.3% dei seggi. Per rimediare a questo problema, il Parlamento europeo ha approvato nel 2012 una risoluzione con cui invita i governi a prevedere nelle loro leggi elettorali "quote rosa", per rafforzare la presenza femminile in ogni settore della società, compreso quello politico."
Citati gli organismi europei che operano nel settore, il Comitato Consultivo per le Pari Opportunità, la Commissione FEMM per maternità, servizi per l'infanzia, salute e violenza di genere, e l' EIGE, Istituto europeo per l'uguaglianza di genere, Federica termina la sua lettera ricordando che i passi avanti compiuti dalle donne non sarebbero stati possibili "se non fosse vissuta una Olympus de Gouges, che nel 1791 scrisse la prima "Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina", una Emmelin Pankhurst, fondatrice nel 1903 del movimento delle suffragette, una Rosa Parks, che con un No mise fine alla segregazione razziale negli Stati Uniti, e poi tante altre "cattive ragazze", donne forti e trasgressive come le italiane Franca Viola, Nilde Iotti, Rita Levi Montalcini, Felicia Impastato, Lucia Annibali…".
La canzone della vita
Tutti i nostri discorsi, o Signore, si fermano a metà strada: molte volte le nostre parole lasciano lunghi silenzi, come gente che non sa, come gente che non vede perché non abbiamo salvezza e sicurezza nelle nostre mani.
Ma finché nel mondo risuona l'Evangelo, la vita ha ancora sempre una canzone: nostro canto e nostra forza sei Tu, o Signore, Tu che riveli la Tua potenza nella nostra debolezza.
Fa' che crediamo in Te che sei la vita e che amiamo questi nostri giorni. Potessimo viverli tutti al Tuo cospetto, come il fiume collegato alla sorgente.
L'incanto delle cose belle ci inondi il cuore, la poesia di ogni vivente ci scorra nel sangue. I nostri occhi imparino a vedere le Tue novità, i regali che ci fai lungo la nostra strada.
Franco Barbero (1988)
Tutti i nostri discorsi, o Signore, si fermano a metà strada: molte volte le nostre parole lasciano lunghi silenzi, come gente che non sa, come gente che non vede perché non abbiamo salvezza e sicurezza nelle nostre mani.
Ma finché nel mondo risuona l'Evangelo, la vita ha ancora sempre una canzone: nostro canto e nostra forza sei Tu, o Signore, Tu che riveli la Tua potenza nella nostra debolezza.
Fa' che crediamo in Te che sei la vita e che amiamo questi nostri giorni. Potessimo viverli tutti al Tuo cospetto, come il fiume collegato alla sorgente.
L'incanto delle cose belle ci inondi il cuore, la poesia di ogni vivente ci scorra nel sangue. I nostri occhi imparino a vedere le Tue novità, i regali che ci fai lungo la nostra strada.
Franco Barbero (1988)
MA QUALE AFRICA, AI MEDIA CATTOLICI PIACE WOODSTOCK
Papa Francesco è in Mozambico e tra poche ore sarà in Madagascar fino all'11 settembre. Lunedì prossimo farà anche una visita lampo a Mauritius. Tra le tante inspiegabili insipienze della comunicazione vaticana e "cattolica italiana" c'è una strana dimenticanza. Cinquant'anni fa, Paolo VI compiva il primo viaggio di un papa in Africa. Era giunto in Uganda il 31 luglio e fino al 2 agosto, a Kampala e Namugongo, aveva svolto un'intensa attività pastorale: consacrato 12 vescovi, venerato i luoghi dei Martiri ugandesi e dato l'avvio alla Secam/Sceam, l'organo rappresentativo delle conferenze episcopali dell'Africa e del Madagascar.
Al ritorno, scrisse una lettera (la Africae terrarum) che ancora funge da base per l'intensa attività con cui la Chiesa in Africa sta emergendo come la più grande "agenzia" continentale, protagonista nei processi di pace e di democrazia. Il 1° luglio 1970, scandalizzò i politici del blocco occidentale ricevendo in Vaticano i leader dei movimenti in lotta contro il Portogallo in Angola, Mozambico e Guinea Bissao-Capoverde. Fu l'inizio di una bella epopea che vide il mondo missionario italiano sempre in prima linea a favore della libertà e della democrazia.
Un'epopea che continua, anche con i martiri, in Congo-Kinshasa, Centrafrica, Camerun, Burundi, Eritrea, Sud Sudan, Benin e in altri Paesi dove tanti italiani appartenenti ai nostri istituti missionari stanno scrivendo pagine di Vangelo e di umanità. Certo, se si contano gli articoli che la comunicazione papale ed episcopale ha dedicato ai 50 anni del Festival di Woodstock viene da sorridere: anche per i cattolici attivi nel mondo dei media, è meglio fare i fricchettoni che i terzomondisti.
Filippo Di Giacomo
(Il Venerdì 6 settembre)
Papa Francesco è in Mozambico e tra poche ore sarà in Madagascar fino all'11 settembre. Lunedì prossimo farà anche una visita lampo a Mauritius. Tra le tante inspiegabili insipienze della comunicazione vaticana e "cattolica italiana" c'è una strana dimenticanza. Cinquant'anni fa, Paolo VI compiva il primo viaggio di un papa in Africa. Era giunto in Uganda il 31 luglio e fino al 2 agosto, a Kampala e Namugongo, aveva svolto un'intensa attività pastorale: consacrato 12 vescovi, venerato i luoghi dei Martiri ugandesi e dato l'avvio alla Secam/Sceam, l'organo rappresentativo delle conferenze episcopali dell'Africa e del Madagascar.
Al ritorno, scrisse una lettera (la Africae terrarum) che ancora funge da base per l'intensa attività con cui la Chiesa in Africa sta emergendo come la più grande "agenzia" continentale, protagonista nei processi di pace e di democrazia. Il 1° luglio 1970, scandalizzò i politici del blocco occidentale ricevendo in Vaticano i leader dei movimenti in lotta contro il Portogallo in Angola, Mozambico e Guinea Bissao-Capoverde. Fu l'inizio di una bella epopea che vide il mondo missionario italiano sempre in prima linea a favore della libertà e della democrazia.
Un'epopea che continua, anche con i martiri, in Congo-Kinshasa, Centrafrica, Camerun, Burundi, Eritrea, Sud Sudan, Benin e in altri Paesi dove tanti italiani appartenenti ai nostri istituti missionari stanno scrivendo pagine di Vangelo e di umanità. Certo, se si contano gli articoli che la comunicazione papale ed episcopale ha dedicato ai 50 anni del Festival di Woodstock viene da sorridere: anche per i cattolici attivi nel mondo dei media, è meglio fare i fricchettoni che i terzomondisti.
Filippo Di Giacomo
(Il Venerdì 6 settembre)
«SCAMBIO» DI SOTTOSEGRETARI E ASSESSORI
L'«accordo zero» tra M5S e Pd alla Regione Lazio
Neppure ancora ottenuta la fiducia e già il governo giallorosso ha inaugurato una stagione di fluidità e scambio tra i due alleati di maggioranza francamente inaspettata. Se la trattativa per allargare la coalizione di centrosinistra anche al M5S in Umbria in vista delle imminenti elezioni regionali non si è ancora conclusa, l'accordo tra i grillini e i dem per riempire le caselle mancanti al nuovo esecutivo è già in fase molto avanzata e coinvolge perfino la giunta della Regione Lazio. Secondo gli ultimi rumors, infatti, in via della Pisana potrebbero approdare due esponenti pentastellati che in qualità di «tecnici» prenderebbero il posto di due assessori democratici destinati alla carica di sottosegretari.
Nicola Zingaretti avrebbe così preso due piccioni con una fava: da un lato potrebbe risolvere i suoi problemi di maggioranza consiliare, e dall'altra trovare il modo di oliare la nomina dell'attuale assessore allo Sviluppo economico in Regione, Giampaolo Manzella, a lui molto vicino, funzionario in aspettativa della Banca Europea per gli Investimenti che punterebbe al dicastero degli Affari europei o addirittura alla presidenza del Consiglio. L'altro "scambio" servirebbe a far traslocare l'assessora regionale al Turismo e alle pari Opportunità, Lorenza Bonaccorsi, responsabile nazionale Cultura e turismo del Pd, al seguito di Paolo Gentiloni in Europa.
È nel Lazio dunque che si sperimenta l'accordo zero" tra M5S e dem, con una sorta di rimpasto – se l'accordo andrà in porto, ostacolato com'è soprattutto in casa pentastellata – che vedrà sedere in giunta "tecnici" grillini al fianco dei tesserati Pd. A lasciarlo intendere è stata anche la stessa capogruppo 5S, Roberta Lombardi: «La Regione Lazio ha fatto da laboratorio – ha spiegato ieri al Messaggero – noi abbiamo detto che su certi temi ci saremmo stati, i dem ci hanno ascoltato. E così abbiamo fatto diverse cose insieme. Ce ne sono molte altre sul tavolo e credo sia necessità dello stesso Zingaretti restare in ascolto e cogliere quanto di buono e costruttivo possiamo portare». e. ma.
(Il Manifesto 6 settembre)
L'«accordo zero» tra M5S e Pd alla Regione Lazio
Neppure ancora ottenuta la fiducia e già il governo giallorosso ha inaugurato una stagione di fluidità e scambio tra i due alleati di maggioranza francamente inaspettata. Se la trattativa per allargare la coalizione di centrosinistra anche al M5S in Umbria in vista delle imminenti elezioni regionali non si è ancora conclusa, l'accordo tra i grillini e i dem per riempire le caselle mancanti al nuovo esecutivo è già in fase molto avanzata e coinvolge perfino la giunta della Regione Lazio. Secondo gli ultimi rumors, infatti, in via della Pisana potrebbero approdare due esponenti pentastellati che in qualità di «tecnici» prenderebbero il posto di due assessori democratici destinati alla carica di sottosegretari.
Nicola Zingaretti avrebbe così preso due piccioni con una fava: da un lato potrebbe risolvere i suoi problemi di maggioranza consiliare, e dall'altra trovare il modo di oliare la nomina dell'attuale assessore allo Sviluppo economico in Regione, Giampaolo Manzella, a lui molto vicino, funzionario in aspettativa della Banca Europea per gli Investimenti che punterebbe al dicastero degli Affari europei o addirittura alla presidenza del Consiglio. L'altro "scambio" servirebbe a far traslocare l'assessora regionale al Turismo e alle pari Opportunità, Lorenza Bonaccorsi, responsabile nazionale Cultura e turismo del Pd, al seguito di Paolo Gentiloni in Europa.
È nel Lazio dunque che si sperimenta l'accordo zero" tra M5S e dem, con una sorta di rimpasto – se l'accordo andrà in porto, ostacolato com'è soprattutto in casa pentastellata – che vedrà sedere in giunta "tecnici" grillini al fianco dei tesserati Pd. A lasciarlo intendere è stata anche la stessa capogruppo 5S, Roberta Lombardi: «La Regione Lazio ha fatto da laboratorio – ha spiegato ieri al Messaggero – noi abbiamo detto che su certi temi ci saremmo stati, i dem ci hanno ascoltato. E così abbiamo fatto diverse cose insieme. Ce ne sono molte altre sul tavolo e credo sia necessità dello stesso Zingaretti restare in ascolto e cogliere quanto di buono e costruttivo possiamo portare». e. ma.
(Il Manifesto 6 settembre)
Tradizione comporta Traduzione
Non abbiamo ricevuto la fede per tenerla nascosta al sicuro, sepolta nel cimitero del passato, ma perché dia frutto. Oggi ciò significa immetterla nella cultura della modernità così che questa cultura possa diventare una forma provvisoria del regno di Dio. A tale scopo, la buona novella va tradotta nel linguaggio della modernità. Poiché diversamente, dobbiamo temere che essa non rimarrà molto più a lungo buona novella nemmeno per noi.
Roger Lenaers, gesuita
Roger Lenaers, gesuita
Dio non sta nel Credo o nel dogma
C'è una realtà che chiamiamo Dio che è la sorgente della vita che viviamo, il potere dell'amore che condividiamo, il Fondamento dell'essere che ci chiama a essere tutto ciò che possiamo essere. Io oggi vivo nella convinzione che non sono separato da questo Dio. Partecipo di qualcosa che è eterno, infinito e che va oltre tutti i confini. Il mio essere è accresciuto da questa esperienza. L'alterità mi viene incontro. La trascendenza mi chiama. Dio mi abbraccia.
Non confondete questo Dio con il Dio che abbiamo servito nell'infanzia della nostra umanità. Questo Dio non s'identificano le dottrine, i credo e le tradizioni. La realtà di questo Dio è oltre tutto questo. Questo Dio non può mai essere catturato dalle parole o asservito alle nostre necessità di potere.
John S. Spong, vescovo anglicano
Tradizione, non tradizionalismo
Ma come ogni cosa che ha vita, una tradizione vivente ha una sua interna vitalità, che può portare a sorprendenti trasformazioni. E la lealtà al passato può diventare slealtà alla Tradizione. Un bruco è fedele alla sua natura solo quando diventa farfalla.
Roger Lenaers, teologo cattolico
Roger Lenaers, teologo cattolico
venerdì 27 settembre 2019
L'intervista
Il vescovo "La Chiesa non si fermi ai principi. Affrontiamo la realtà"di Paolo Rodari
CITTÀ DEL VATICANO - «Sono a favore della vita e contro l'eutanasia, ovviamente, ma insieme dico che è importante che la Chiesa non si fermi solo al ribadire i princìpi generali, non si trinceri dietro a essi, ma abbia il coraggio di prendere in mano i casi uno per uno e con essi confrontarsi senza paura».
Derio Olivero è da due anni vescovo di Pinerolo. Dodici mesi fa, quando lasciò la diocesi di Fossano, si mise in ginocchio in abiti civili e chiese che ogni fedele gli passasse accanto per benedirlo. Prima e dopo la nomina ha mantenuto il suo stile all'insegna del confronto su tutti i temi, senza tabù.
Ieri la Chiesa ha reagito al pronunciamento della Consulta esprimendo sconcerto e ribadendo il "no" all'eutanasia. Cosa pensa?
«Credo che dobbiamo aiutarci tutti a uscire dalle ideologie. Non serve ribadire una verità perenne senza confrontarsi con la storia che cambia, con le situazioni particolari».
Il tempo dei principi non negoziabili è finito?
«Siamo usciti dai valori non negoziabili. La strada, per quanto riguarda il fine vita, è andare verso un tavolo di lavoro con più voci, con chi è impegnato nel settore anzitutto, affinché come Chiesa possiamo offrire parole e soluzioni che sappiano tenere conto di quanto sia complessa questa vicenda. Basta entrare negli ospedali per capire come ragionare solo sui grandi principi non ha alcun senso».
Padre Alberto Maggi, teologo e biblista, dice che sacra non è la vita, ma l'uomo. Se è sacro l'uomo, costui ha il diritto di vedere rispettata la sua dignità e il suo voler morire.«Alla Chiesa spetta anzitutto la lotta affinché nessuno abbia a chiedere la morte. Dobbiamo cercare più sostegno verso le persone che si trovano in determinate situazioni; perché si affermi una cultura della solidarietà. Servono più hospice e più reparti ad esempio per coloro che soffrono di Alzheimer e quindi, se comprendo il senso di quanto dice Maggi, una Chiesa che sappia ascoltare ogni uomo, questo sì».
Quindi non spetta alla Chiesa intervenire per il raggiungimento di certe leggi?No, credo di no. Dobbiamo essere soltanto esperti di speranza, qualunque legge lo Stato decida di approvare».
Un prete, se si trova davanti una persona che vuole farla finita, può arrivare a rispettare la sua liberta?
«Io farei di tutto perché questa persona viva. Insistere troppo sulla libertà può essere pericoloso perché la libertà puo far commettere cose aberranti. Come prete cercherei di tenere assieme tre aspetti: la vicinanza a questa persona, la sua coscienza e certamente la sua libertà. Ma questi tre aspetti insieme».
Ha mai dovuto ascoltare la confidenza di una persona che voleva porre fine alla sua vita?
«Quanto accade nelle ultime ore è imprevedibile. Ricordo un medico ricoverato in una struttura terminale. Gli venne proposto un sondino per l'alimentazione. Ero sicuro che si sarebbe rifiutato. Invece, disse di sì: "Voglio vivere fino all'ultimo". Mi ha sconvolto. La verità è che ogni caso va rispettato profondamente, perché ogni caso è un caso a sé».
(la Repubblica 27 settembre)
Il vescovo "La Chiesa non si fermi ai principi. Affrontiamo la realtà"di Paolo Rodari
Derio Olivero è da due anni vescovo di Pinerolo. Dodici mesi fa, quando lasciò la diocesi di Fossano, si mise in ginocchio in abiti civili e chiese che ogni fedele gli passasse accanto per benedirlo. Prima e dopo la nomina ha mantenuto il suo stile all'insegna del confronto su tutti i temi, senza tabù.
Ieri la Chiesa ha reagito al pronunciamento della Consulta esprimendo sconcerto e ribadendo il "no" all'eutanasia. Cosa pensa?
«Credo che dobbiamo aiutarci tutti a uscire dalle ideologie. Non serve ribadire una verità perenne senza confrontarsi con la storia che cambia, con le situazioni particolari».
Il tempo dei principi non negoziabili è finito?
«Siamo usciti dai valori non negoziabili. La strada, per quanto riguarda il fine vita, è andare verso un tavolo di lavoro con più voci, con chi è impegnato nel settore anzitutto, affinché come Chiesa possiamo offrire parole e soluzioni che sappiano tenere conto di quanto sia complessa questa vicenda. Basta entrare negli ospedali per capire come ragionare solo sui grandi principi non ha alcun senso».
Padre Alberto Maggi, teologo e biblista, dice che sacra non è la vita, ma l'uomo. Se è sacro l'uomo, costui ha il diritto di vedere rispettata la sua dignità e il suo voler morire.«Alla Chiesa spetta anzitutto la lotta affinché nessuno abbia a chiedere la morte. Dobbiamo cercare più sostegno verso le persone che si trovano in determinate situazioni; perché si affermi una cultura della solidarietà. Servono più hospice e più reparti ad esempio per coloro che soffrono di Alzheimer e quindi, se comprendo il senso di quanto dice Maggi, una Chiesa che sappia ascoltare ogni uomo, questo sì».
Quindi non spetta alla Chiesa intervenire per il raggiungimento di certe leggi?No, credo di no. Dobbiamo essere soltanto esperti di speranza, qualunque legge lo Stato decida di approvare».
Un prete, se si trova davanti una persona che vuole farla finita, può arrivare a rispettare la sua liberta?
«Io farei di tutto perché questa persona viva. Insistere troppo sulla libertà può essere pericoloso perché la libertà puo far commettere cose aberranti. Come prete cercherei di tenere assieme tre aspetti: la vicinanza a questa persona, la sua coscienza e certamente la sua libertà. Ma questi tre aspetti insieme».
Ha mai dovuto ascoltare la confidenza di una persona che voleva porre fine alla sua vita?
«Quanto accade nelle ultime ore è imprevedibile. Ricordo un medico ricoverato in una struttura terminale. Gli venne proposto un sondino per l'alimentazione. Ero sicuro che si sarebbe rifiutato. Invece, disse di sì: "Voglio vivere fino all'ultimo". Mi ha sconvolto. La verità è che ogni caso va rispettato profondamente, perché ogni caso è un caso a sé».
(la Repubblica 27 settembre)
BUONA LETTURA
GIORGIO JOSSA, Giudei o cristiani?, Paideia, Brescia 2004, pag. 208, euro 16,80
"Quando nasce il cristianesimo? Quando ci si trova di fronte a una religione cristiana diversa da quella giudaica? L'opinione tradizionale ha sempre considerato fondatori del cristianesimo Gesù di Nazaret e Paolo di Tarso. Ma studi recenti affermano che soltanto molto più tardi si può parlare di una religione cristiana distinta da quella giudaica, e che per lungo tempo il cristianesimo altro non è stato se non una setta all'interno del giudaismo. Confrontandosi costantemente con questa opinione, e con la consueta padronanza delle fonti giudaiche, pagane e cristiane, il nuovo saggio di Giorgio Jossa illustra le tappe fondamentali che hanno condotto al sorgere di una «identità cristiana» specifica, fornendo così un contributo chiarificatore alla soluzione del problema della nascita del cristianesimo".
Queste righe, tratte dalla quarta di copertina, forniscono l'orizzonte della ricerca che sulla messianicità di Gesù esprimono valutazioni totalmente diverse.
In ogni caso l'autore smentisce la diffusa credenza che Gesù abbia fondato il cristianesimo. È incredibile come fare di Gesù il fondatore del cristianesimo cancelli i passaggi storici, molteplici e variegati, che hanno portato alla separazione dei "cristiani" dal giudaismo.
Anche questo silenzio sulle ricerche sui "vari giudaismi" del tempo di Gesù di Nazaret fa parte di una strategia ecclesiastica che vuole mantenere ben salda la struttura dei dogmi teologici dai Nicea (325) a Calcedonia (451).
Le ricerche storiche sono amiche della fede, ma mettono in crisi la dogmatica.
Franco Barbero
Faccio e farò sempre politica in classe
Inizia la scuola, crediamo che il nostro miglior augurio per tutti, alunni, insegnanti e famiglie, lo possiate trovare in queste parole di Enrico Galiano, insegnante e scrittore, scritte e diffuse quando Salvini era ancora Ministro
Caro Ministro dell'Interno Matteo Salvini,
ho letto in un tweet da Lei pubblicato questa frase: "Per fortuna che gli insegnanti che fanno politica in classe sono sempre meno, avanti futuro!".
Bene, allora, visto che fra pochi giorni ricominceranno le scuole, e visto che sono un insegnante, Le vorrei dedicare poche semplici parole, sperando abbia il tempo e la voglia di leggerle. Partendo da quelle più importanti: io faccio e farò sempre politica in classe. Il punto è che la politica che faccio e che farò non è quella delle tifoserie, dello schierarsi da una qualche parte e cercare di portare i ragazzi a pensarla come te a tutti i costi. Non è così che funziona la vera politica.
La politica che faccio e che farò è quella nella sua accezione più alta: come vivere bene in comunità, come diventare buoni cittadini, come costruire insieme una polis forte, bella, sicura, luminosa e illuminata. Ha tutto un altro sapore, detta così, vero?
Ecco perché uscire in giardino e leggere i versi di Giorgio Caproni, di Emily Dickinson, di David Maria Turoldo è fare politica. Spiegare al ragazzo che non deve urlare più forte e parlare sopra gli altri per farsi sentire è fare politica. Parlare di stelle cucite sui vestiti, di foibe, di gulag e di tutti gli orrori commessi nel passato perché i nostri ragazzi abbiano sempre gli occhi bene aperti sul presente è fare politica.
Fotocopiare (spesso a spese nostre) le foto di Giovanni Falcone, di Malala Yousafzai, di Stephen Hawking, di Rocco Chinnici e dell'orologio della stazione di Bologna fermo alle 10.25 e poi appiccicarle ai muri delle nostre classi è fare politica.
Buttare via un intero pomeriggio di lezione preparata perché in prima pagina sul giornale c'è l'ennesimo femminicidio, sedersi in cerchio insieme ai ragazzi a cercare di capire com'è che in questo Paese le donne muoiono così spesso per la violenza dei loro compagni e mariti, anche quello, soprattutto quello, è fare politica.
Insegnare a parlare correttamente e con un lessico ricco e preciso, affinché i pensieri dei ragazzi possano farsi più chiari e perché un domani non siano succubi di chi con le parole li vuole fregare, è fare politica. Accidenti se lo è.
Sì, perché fare politica non vuol dire spingere i ragazzi a pensarla come te: vuol dire spingerli a pensare. Punto. È così che si costruisce una città migliore: tirando su cittadini che sanno scegliere con la propria testa. Non farlo più non significa "avanti futuro", ma ritorno al passato. E il senso più profondo, sia della parola scuola che della parola politica, è quello di preparare, insieme, un futuro migliore. E in questo senso, soprattutto in questo senso, io faccio e farò sempre politica in classe.
Inizia la scuola, crediamo che il nostro miglior augurio per tutti, alunni, insegnanti e famiglie, lo possiate trovare in queste parole di Enrico Galiano, insegnante e scrittore, scritte e diffuse quando Salvini era ancora Ministro
Caro Ministro dell'Interno Matteo Salvini,
ho letto in un tweet da Lei pubblicato questa frase: "Per fortuna che gli insegnanti che fanno politica in classe sono sempre meno, avanti futuro!".
Bene, allora, visto che fra pochi giorni ricominceranno le scuole, e visto che sono un insegnante, Le vorrei dedicare poche semplici parole, sperando abbia il tempo e la voglia di leggerle. Partendo da quelle più importanti: io faccio e farò sempre politica in classe. Il punto è che la politica che faccio e che farò non è quella delle tifoserie, dello schierarsi da una qualche parte e cercare di portare i ragazzi a pensarla come te a tutti i costi. Non è così che funziona la vera politica.
La politica che faccio e che farò è quella nella sua accezione più alta: come vivere bene in comunità, come diventare buoni cittadini, come costruire insieme una polis forte, bella, sicura, luminosa e illuminata. Ha tutto un altro sapore, detta così, vero?
Ecco perché uscire in giardino e leggere i versi di Giorgio Caproni, di Emily Dickinson, di David Maria Turoldo è fare politica. Spiegare al ragazzo che non deve urlare più forte e parlare sopra gli altri per farsi sentire è fare politica. Parlare di stelle cucite sui vestiti, di foibe, di gulag e di tutti gli orrori commessi nel passato perché i nostri ragazzi abbiano sempre gli occhi bene aperti sul presente è fare politica.
Fotocopiare (spesso a spese nostre) le foto di Giovanni Falcone, di Malala Yousafzai, di Stephen Hawking, di Rocco Chinnici e dell'orologio della stazione di Bologna fermo alle 10.25 e poi appiccicarle ai muri delle nostre classi è fare politica.
Buttare via un intero pomeriggio di lezione preparata perché in prima pagina sul giornale c'è l'ennesimo femminicidio, sedersi in cerchio insieme ai ragazzi a cercare di capire com'è che in questo Paese le donne muoiono così spesso per la violenza dei loro compagni e mariti, anche quello, soprattutto quello, è fare politica.
Insegnare a parlare correttamente e con un lessico ricco e preciso, affinché i pensieri dei ragazzi possano farsi più chiari e perché un domani non siano succubi di chi con le parole li vuole fregare, è fare politica. Accidenti se lo è.
Sì, perché fare politica non vuol dire spingere i ragazzi a pensarla come te: vuol dire spingerli a pensare. Punto. È così che si costruisce una città migliore: tirando su cittadini che sanno scegliere con la propria testa. Non farlo più non significa "avanti futuro", ma ritorno al passato. E il senso più profondo, sia della parola scuola che della parola politica, è quello di preparare, insieme, un futuro migliore. E in questo senso, soprattutto in questo senso, io faccio e farò sempre politica in classe.
Enrico Galiano
(Insonnia, mensile di Racconigi, settembre 2019, pag. 9 - contatti@insonniaracconigi.it)
PERCHE' IN ESSA C'E' TUTTO
"Ben Bag Bag dice: Girala e rigirala, perché in essa c'è tutto. Rimirala, invecchia e consumatici sopra. Non te ne allontanare mai, poiché non vi è parte per te migliore di essa".
Girala e rigirala. Ben Bag Bag invita ciascuno a non accontentarsi di una lettura superficiale della Torà, ma a girarla e rigirarla, vale a dire molte volte, perché solo se farà così potrà trovare in essa una risposta a tutti i suoi dubbi. Questo significa perché in essa c'è tutto.
E così pure invita a non confidare nella propria memoria e nella propria comprensione, ma a ripassarla sempre, a invecchiare con essa e a consumare su di essa la propria vita, senza mai allontanarsene.
Infatti, come hanno insegnato i sapienti: Chi ha ripetuto il suo testo cento volte non è paragonabile a chi lo ha ripetuto cento volte più una.
Perché in essa c'è tutto: nella Torà troverai tutto, perché ogni volta che la studi, vi scoprirai cose nuove".
Da "Detti di Rabbini", Ed, Qiqajon, pag,184
Girala e rigirala. Ben Bag Bag invita ciascuno a non accontentarsi di una lettura superficiale della Torà, ma a girarla e rigirarla, vale a dire molte volte, perché solo se farà così potrà trovare in essa una risposta a tutti i suoi dubbi. Questo significa perché in essa c'è tutto.
E così pure invita a non confidare nella propria memoria e nella propria comprensione, ma a ripassarla sempre, a invecchiare con essa e a consumare su di essa la propria vita, senza mai allontanarsene.
Infatti, come hanno insegnato i sapienti: Chi ha ripetuto il suo testo cento volte non è paragonabile a chi lo ha ripetuto cento volte più una.
Perché in essa c'è tutto: nella Torà troverai tutto, perché ogni volta che la studi, vi scoprirai cose nuove".
Da "Detti di Rabbini", Ed, Qiqajon, pag,184
Il fine vita e i diritti di chi soffre
Di chi è la mia vita? Al di là delle risposte troppo semplici, che risultano fatalmente inadeguate, l'interrogativo evoca - quella dimensione in ombra della morte che rivela la nostra fragilità già nel pensarla. E richiama questioni delicatissime che, tuttavia, la politica e il diritto non possono ignorare perché riguardano le aspettative più profonde dei membri della collettività: la possibilità di ridurre al minimo le sofferenze fisiche e psichiche che accompagnano le patologie e il declino del corpo.
Finora la politica è stata a dir poco pavida, il diritto più lungimirante. Domani, la Consulta dovrà esprimersi sulla questione di legittimità costituzionale sollevata dalla Corte d'Assise di Milano, il 14 febbraio 2018 in occasione del processo a carico di Marco Cappato, accusato di aver sostenuto il proposito di togliersi la vita di Fabiano Antoniani e di aver materialmente agevolato il compimento di quell'atto. In discussione è la legittimità costituzionale dell'art. 580 del Codice Penale, laddove viene equiparata la condotta di istigazione e quella di aiuto al suicidio, prevedendo la medesima sanzione (dai 5 ai 12 anni di reclusione).
E ciò anche quando l'agevolazione materiale al suicidio non abbia in alcun modo influito sulla volontà dell'interessato. La Corte Costituzionale, un anno fa, decise di posticipare l'udienza di 11 mesi, così da «consentire al Parlamento di intervenire con un'appropriata disciplina». Giustamente, in quanto compito della politica dovrebbe essere quello di comporre opzioni anche radicalmente alternative e di realizzare compromessi che, senza umiliare i valori di alcuno, individuino un terreno comune di principi condivisi e di norme che li tutelino.
Una base circoscritta di regole essenziali, che salvaguardino ciò che hanno in comune le molte e differenti culture che costituiscono la società nazionale. Ciò non è stato fatto perché il Parlamento non ha avuto la capacità di raggiungere una minima intesa su un testo. E la ragione consiste nel fatto che la materia richiama il tema cruciale dell'autonomia individuale e mette in gioco le idee più intime di ciascuno a proposito delle "cose ultime": ovvero la concezione della vita e della morte, della sofferenza e della cura, della relazione col proprio destino e con gli altri.
L'abdicazione della politica ha imposto un intervento della Consulta, che si esprimerà nelle prossime ore seguendo, prevedibilmente, la traccia anticipata nell'ordinanza dell'ottobre del 2018: in determinate circostanze e per garantire beni costituzionalmente protetti, quali la dignità della persona e il principio di autodeterminazione, la tutela della vita può incontrare dei limiti. Ne consegue la non equiparazione tra la fattispecie dell'istigazione e quella dell'assistenza al suicidio, una volta accertato che la decisione di morire sia il frutto della volontà dell'individuo. Se questa fosse la sentenza della Consulta, sarebbe un importante passo avanti. Un tale esito, lungi dal chiudere la controversia pubblica, è destinato a renderla più acuta. Una settimana fa il cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Conferenza Episcopale Italiana, ha detto: «Va negato che esista un diritto a darsi la morte: vivere è un dovere, anche per chi è malato e sofferente. Il suicidio da parte del malato è un atto di egoismo, un sottrarsi a quanto ognuno può ancora dare». L'affermazione del cardinale va considerata con serietà perché pone l'accento sull'idea della vita come relazione. Idea che non è, certo, esclusiva della cultura cattolica, che appartiene a non credenti e credenti e che si ritrova, per esempio, in alcune splendide pagine di Emmanuel Lévinas: «l'esistente acquista significato solo in relazione all'Altro». L'esatto contrario di una concezione nichilista e privatistica del fine vita, troppo spesso rimproverata con superficialità ai laici.
Ma, con tutto il rispetto verso l'autorità morale del cardinale Bassetti, il concetto che ne fa derivare - la vita come dovere - mi sembra debole, perché trascura la centralità ineludibile del soggetto, che in questo caso è colui che soffre: il più meritevole della massima tutela. Il dovere non può essere inteso solo come obbligazione verso l'altro, fino a ignorare il rispetto di sé. Il paziente affetto da patologie irreversibili ha un dovere verso se stesso: quello di sottrarsi a dolori non lenibili e a un'ulteriore decadenza del corpo e dello spirito. La sopravvivenza non accompagnata da esperienza, relazione e scambio, può non considerarsi vita. Accettare questo degrado per una sorta di responsabilità altruistica assomiglia troppo a una condanna. E quel dovere appare piuttosto come un atto di ubbidienza verso un'autorità esterna, che vale, ovviamente, solo per coloro che credono che un'autorità esterna di natura escatologica esista e sovradetermini le nostre vite.
Qui si torna all'assunto che ispira la dottrina e la morale cattolica in materia: la vita è un dono di Dio e solo Dio può disporre di essa. Ma è stato proprio un autorevole esponente di quella stessa cultura (Vittorio Possenti) a evidenziare come, se così fosse, si tratterebbe della singolare anomalia di un dono che resta proprietà del donatore. D'altra parte, quel che risulta improprio è il ricorso al termine "egoismo": ciò che sembra chiedersi al paziente è una sorta di eroismo e una vocazione al martirio che presuppongono qualcosa di super-umano. Mentre la misericordia, che è virtù non solo cristiana, di fronte a un corpo umiliato da dolori intollerabili chiede che quei dolori siano» fatti cessare e che quel corpo trovi linimento e riposo. Eppure è proprio questo a costituire il grande rimosso della discussione pubblica e perfino della sensibilità quotidiana: la sofferenza del malato, quella che urla senza trovare ristoro. Per dirla, con un verso del filosofo cattolico Eugenio Mazzarella, il dolore sentito «dall'altra parte del muro ogni notte».
Di chi è la mia vita? Al di là delle risposte troppo semplici, che risultano fatalmente inadeguate, l'interrogativo evoca - quella dimensione in ombra della morte che rivela la nostra fragilità già nel pensarla. E richiama questioni delicatissime che, tuttavia, la politica e il diritto non possono ignorare perché riguardano le aspettative più profonde dei membri della collettività: la possibilità di ridurre al minimo le sofferenze fisiche e psichiche che accompagnano le patologie e il declino del corpo.
Finora la politica è stata a dir poco pavida, il diritto più lungimirante. Domani, la Consulta dovrà esprimersi sulla questione di legittimità costituzionale sollevata dalla Corte d'Assise di Milano, il 14 febbraio 2018 in occasione del processo a carico di Marco Cappato, accusato di aver sostenuto il proposito di togliersi la vita di Fabiano Antoniani e di aver materialmente agevolato il compimento di quell'atto. In discussione è la legittimità costituzionale dell'art. 580 del Codice Penale, laddove viene equiparata la condotta di istigazione e quella di aiuto al suicidio, prevedendo la medesima sanzione (dai 5 ai 12 anni di reclusione).
E ciò anche quando l'agevolazione materiale al suicidio non abbia in alcun modo influito sulla volontà dell'interessato. La Corte Costituzionale, un anno fa, decise di posticipare l'udienza di 11 mesi, così da «consentire al Parlamento di intervenire con un'appropriata disciplina». Giustamente, in quanto compito della politica dovrebbe essere quello di comporre opzioni anche radicalmente alternative e di realizzare compromessi che, senza umiliare i valori di alcuno, individuino un terreno comune di principi condivisi e di norme che li tutelino.
Una base circoscritta di regole essenziali, che salvaguardino ciò che hanno in comune le molte e differenti culture che costituiscono la società nazionale. Ciò non è stato fatto perché il Parlamento non ha avuto la capacità di raggiungere una minima intesa su un testo. E la ragione consiste nel fatto che la materia richiama il tema cruciale dell'autonomia individuale e mette in gioco le idee più intime di ciascuno a proposito delle "cose ultime": ovvero la concezione della vita e della morte, della sofferenza e della cura, della relazione col proprio destino e con gli altri.
L'abdicazione della politica ha imposto un intervento della Consulta, che si esprimerà nelle prossime ore seguendo, prevedibilmente, la traccia anticipata nell'ordinanza dell'ottobre del 2018: in determinate circostanze e per garantire beni costituzionalmente protetti, quali la dignità della persona e il principio di autodeterminazione, la tutela della vita può incontrare dei limiti. Ne consegue la non equiparazione tra la fattispecie dell'istigazione e quella dell'assistenza al suicidio, una volta accertato che la decisione di morire sia il frutto della volontà dell'individuo. Se questa fosse la sentenza della Consulta, sarebbe un importante passo avanti. Un tale esito, lungi dal chiudere la controversia pubblica, è destinato a renderla più acuta. Una settimana fa il cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Conferenza Episcopale Italiana, ha detto: «Va negato che esista un diritto a darsi la morte: vivere è un dovere, anche per chi è malato e sofferente. Il suicidio da parte del malato è un atto di egoismo, un sottrarsi a quanto ognuno può ancora dare». L'affermazione del cardinale va considerata con serietà perché pone l'accento sull'idea della vita come relazione. Idea che non è, certo, esclusiva della cultura cattolica, che appartiene a non credenti e credenti e che si ritrova, per esempio, in alcune splendide pagine di Emmanuel Lévinas: «l'esistente acquista significato solo in relazione all'Altro». L'esatto contrario di una concezione nichilista e privatistica del fine vita, troppo spesso rimproverata con superficialità ai laici.
Ma, con tutto il rispetto verso l'autorità morale del cardinale Bassetti, il concetto che ne fa derivare - la vita come dovere - mi sembra debole, perché trascura la centralità ineludibile del soggetto, che in questo caso è colui che soffre: il più meritevole della massima tutela. Il dovere non può essere inteso solo come obbligazione verso l'altro, fino a ignorare il rispetto di sé. Il paziente affetto da patologie irreversibili ha un dovere verso se stesso: quello di sottrarsi a dolori non lenibili e a un'ulteriore decadenza del corpo e dello spirito. La sopravvivenza non accompagnata da esperienza, relazione e scambio, può non considerarsi vita. Accettare questo degrado per una sorta di responsabilità altruistica assomiglia troppo a una condanna. E quel dovere appare piuttosto come un atto di ubbidienza verso un'autorità esterna, che vale, ovviamente, solo per coloro che credono che un'autorità esterna di natura escatologica esista e sovradetermini le nostre vite.
Qui si torna all'assunto che ispira la dottrina e la morale cattolica in materia: la vita è un dono di Dio e solo Dio può disporre di essa. Ma è stato proprio un autorevole esponente di quella stessa cultura (Vittorio Possenti) a evidenziare come, se così fosse, si tratterebbe della singolare anomalia di un dono che resta proprietà del donatore. D'altra parte, quel che risulta improprio è il ricorso al termine "egoismo": ciò che sembra chiedersi al paziente è una sorta di eroismo e una vocazione al martirio che presuppongono qualcosa di super-umano. Mentre la misericordia, che è virtù non solo cristiana, di fronte a un corpo umiliato da dolori intollerabili chiede che quei dolori siano» fatti cessare e che quel corpo trovi linimento e riposo. Eppure è proprio questo a costituire il grande rimosso della discussione pubblica e perfino della sensibilità quotidiana: la sofferenza del malato, quella che urla senza trovare ristoro. Per dirla, con un verso del filosofo cattolico Eugenio Mazzarella, il dolore sentito «dall'altra parte del muro ogni notte».
Luigi Manconi
(la Repubblica 23 settembre)
"Così si discriminano i migranti"
Il governo contro la legge Fedriga
ROMA - Contro ogni tipo di discriminazione e seguendo il faro della Costituzione. La tanto annunciata discontinuità del nuovo governo si è materializzata in poche ore impugnando una legge della leghistissima Regione Friuli Venezia Giulia grazie ad un inatteso assist del vecchio governo, che ha fornito su un vassoio d'argento una pietanza ghiotta per il primo consiglio dei ministri. Proprio nelle stesse ore in cui il Viminale rispondeva alla nave Alan Kurdi, da cinque giorni in mare, che sì «il divieto di ingresso in acque italiane è ancora valido».
Per sbarazzarsi di un decreto sicurezza che giudica "non inoffensiva" l'imbarcazione della Ong tedesca con soli 13 migranti a bordo, 8 dei quali minori, ci vorrà che il nuovo ministro Luciana Lamorgese abbia almeno il tempo di sedersi alla sua scrivania al Viminale. Ieri invece Francesco Boccia, neoministro per gli Affari regionali del Pd, ha trovato tutto pronto. E il consiglio dei ministri ha subito impugnato una legge del Friuli Venezia Giulia ritenuta discriminatoria nei confronti dei migranti. Il governatore Massimiliano Fedriga grida allo scandalo. «Vergogna assoluta. M5S-Pd hanno già costruito il governo dell'immigrazione selvaggia, ricorreremo alla Corte Costituzionale». Il provvedimento è quello su "Disposizioni multisettoriali per esigenze urgenti del territorio regionale" e prevede incentivi occupazionali alle aziende per assunzioni di personale residente in Friuli Venezia Giulia da almeno 5 anni e sostegno economico ai rimpatri volontari di immigrati destinando somme originariamente destinate all'accoglienza. «Disposizioni in materia di immigrazione che appaiono discriminatorie e in contrasto con i principi di cui all'articolo 3 della Costituzione e in violazione della competenza esclusiva statale» spiega il consiglio dei ministri. E Boccia aggiunge: «Atto dovuto. L'avrebbe fatto anche il governo Lega - M5S perché è una legge scritta male per ammissione dello stesso Fedriga che ci aveva inviato una nota fuori tempo massimo - dicendo che si sarebbe impegnato a cambiare la sua stessa legge. Quando la riscriveranno noi ritireremo l'impugnativa».
La prima spina nel fianco della nuova ministra dell'Interno è invece l'ultima piccola nave umanitaria rimasta a vagare nel Mediterraneo in attesa di un porto sicuro. Quello contro la Alan Kurdi è l'ultimo divieto di ingresso firmato da Salvini, Toninelli e Trenta. La Ong tedesca che ha effettuato il soccorso in zona Sar maltese, ha presentato ricorso ai giudici de La Valletta ma ieri, dopo aver chiesto una evacuazione medica urgente per due minorenni che avevano minacciato il suicidio, ha provato a rivolgersi all'Italia. Alla mail il Viminale ha risposto: «Vi informiamo che il decreto è sempre valido».
Alessandra Ziniti
(Il Manifesto 6 settembre)
Il governo contro la legge Fedriga
ROMA - Contro ogni tipo di discriminazione e seguendo il faro della Costituzione. La tanto annunciata discontinuità del nuovo governo si è materializzata in poche ore impugnando una legge della leghistissima Regione Friuli Venezia Giulia grazie ad un inatteso assist del vecchio governo, che ha fornito su un vassoio d'argento una pietanza ghiotta per il primo consiglio dei ministri. Proprio nelle stesse ore in cui il Viminale rispondeva alla nave Alan Kurdi, da cinque giorni in mare, che sì «il divieto di ingresso in acque italiane è ancora valido».
Per sbarazzarsi di un decreto sicurezza che giudica "non inoffensiva" l'imbarcazione della Ong tedesca con soli 13 migranti a bordo, 8 dei quali minori, ci vorrà che il nuovo ministro Luciana Lamorgese abbia almeno il tempo di sedersi alla sua scrivania al Viminale. Ieri invece Francesco Boccia, neoministro per gli Affari regionali del Pd, ha trovato tutto pronto. E il consiglio dei ministri ha subito impugnato una legge del Friuli Venezia Giulia ritenuta discriminatoria nei confronti dei migranti. Il governatore Massimiliano Fedriga grida allo scandalo. «Vergogna assoluta. M5S-Pd hanno già costruito il governo dell'immigrazione selvaggia, ricorreremo alla Corte Costituzionale». Il provvedimento è quello su "Disposizioni multisettoriali per esigenze urgenti del territorio regionale" e prevede incentivi occupazionali alle aziende per assunzioni di personale residente in Friuli Venezia Giulia da almeno 5 anni e sostegno economico ai rimpatri volontari di immigrati destinando somme originariamente destinate all'accoglienza. «Disposizioni in materia di immigrazione che appaiono discriminatorie e in contrasto con i principi di cui all'articolo 3 della Costituzione e in violazione della competenza esclusiva statale» spiega il consiglio dei ministri. E Boccia aggiunge: «Atto dovuto. L'avrebbe fatto anche il governo Lega - M5S perché è una legge scritta male per ammissione dello stesso Fedriga che ci aveva inviato una nota fuori tempo massimo - dicendo che si sarebbe impegnato a cambiare la sua stessa legge. Quando la riscriveranno noi ritireremo l'impugnativa».
La prima spina nel fianco della nuova ministra dell'Interno è invece l'ultima piccola nave umanitaria rimasta a vagare nel Mediterraneo in attesa di un porto sicuro. Quello contro la Alan Kurdi è l'ultimo divieto di ingresso firmato da Salvini, Toninelli e Trenta. La Ong tedesca che ha effettuato il soccorso in zona Sar maltese, ha presentato ricorso ai giudici de La Valletta ma ieri, dopo aver chiesto una evacuazione medica urgente per due minorenni che avevano minacciato il suicidio, ha provato a rivolgersi all'Italia. Alla mail il Viminale ha risposto: «Vi informiamo che il decreto è sempre valido».
Alessandra Ziniti
(Il Manifesto 6 settembre)
giovedì 26 settembre 2019
CELEBRIAMO L'EUCARESTIA COMUNITARIA
Domenica 29 settembre celebriamo l'eucarestia alle ore 10 in Via Città di Gap,13 a Pinerolo.
Il servizio della predicazione sarà svolto da Walter Primo.
Il servizio della predicazione sarà svolto da Walter Primo.
GRUPPI BIBLICI SETTIMANALI
Martedì 1 ottobre i gruppi biblici si svolgeranno alle ore 15 e alle ore 20,45.
Leggeremo dal libro dell'Esodo dal capitolo 7,8 al capitolo 13,16.
Leggeremo dal libro dell'Esodo dal capitolo 7,8 al capitolo 13,16.
COMUNICATO STAMPA
NOI SIAMO CHIESA
Via N. Benino 3 - 00122 Roma
Via Soperga 36 - 20127 Milano
www.noisiamochiesa.org
tel. 022664753 - cell. 3331309765 - email: vi.bel@iol.it
COMUNICATO STAMPA
"Noi Siamo Chiesa" condivide la sentenza della Corte Costituzionale sull’art. 580 del Codice Penale. Ora le gerarchie della Chiesa la accettino senza "se" e senza "ma", abbandonino ogni spirito di crociata e siano disponibili a una nuova riflessione comunitaria all’interno della Chiesa e ad un pacato dialogo con la cultura laica.
Il coordinatore nazionale di "Noi Siamo Chiesa" Vittorio Bellavite ha rilasciato la seguente dichiarazione:
“Mi pare che la decisione della Corte abbia radici nei valori della Costituzione (e in suoi articoli ben precisi) ed espliciti con chiarezza le condizioni in presenza delle quali il suicidio assistito possa essere praticato: patologia irreversibile protratta con un trattamento di sostegno, grandi sofferenze, libera decisione del paziente. Per evitare rischi di abuso nei confronti di persone specialmente vulnerabili la Corte richiama alle “condizioni e modalità procedimentali” previste dalla legge 219/17 sulle DAT (consenso informato, cure palliative, sedazione profonda). Siamo ben lontani dal tanto temuto “piano inclinato” verso una generalizzazione di interventi di questo tipo.
La Corte ha tenuto conto dei diversi diritti tutelati e si è trovata di fronte, dopo l’incapacità del Parlamento, alla difficoltà di legiferare sul momento in cui ognuno di noi si confronta, nel suo intimo, col senso stesso dell’esistenza. Ha assunto una decisione pragmatica che invita il legislatore a scelte nella direzione dei binari indicati.
Come “Noi Siamo Chiesa” abbiamo ragionato a partire dalla nostra fede nel Vangelo e dalla nostra presenza nella Chiesa. Abbiamo espresso e lungamente argomentato (leggi) la nostra opinione che è ben diversa da quella sostenuta da tempo dalle gerarchie e da quei medici che ora parlano di obiezione di coscienza. Siamo convinti che questa linea non potrà non cambiare in futuro. Ora essa ci sembra ferma a una “ideologia della vita sempre e comunque” a prescindere dalle situazioni concrete, che non ci sembra coerente con la concezione generale della vita e della morte che deve essere propria di ogni cristiano, che è convinto che la fine non è che un inizio”.
Roma, 25 settembre 2019 Vittorio Bellavite, coordinatore nazionale NOI SIAMO CHIESA
Allo sciopero del 27 settembre ci sarà anche la Fiom
Il 27 settembre i giovani di "Fridays for future» torneranno a scioperare e a manifestare in Italia e in tutto il mondo. La Fiom parteciperà con proprie delegazioni nelle diverse città per intraprendere un cammino che reclama un futuro di vita e non di sopravvivenza. «Da qualche mese i giovani ci hanno messo di fronte ad un'emergenza - spiega il sindacato dei metalmeccanici della Cgil - il clima sta cambiando il mondo e non in meglio. Queste nuove generazioni ci chiamano, ci indicano la via della mobilitazione generale per arrestare un processo che potrebbe avere conseguenze terribili».
(Il Manifesto 21 settembre)
Il 27 settembre i giovani di "Fridays for future» torneranno a scioperare e a manifestare in Italia e in tutto il mondo. La Fiom parteciperà con proprie delegazioni nelle diverse città per intraprendere un cammino che reclama un futuro di vita e non di sopravvivenza. «Da qualche mese i giovani ci hanno messo di fronte ad un'emergenza - spiega il sindacato dei metalmeccanici della Cgil - il clima sta cambiando il mondo e non in meglio. Queste nuove generazioni ci chiamano, ci indicano la via della mobilitazione generale per arrestare un processo che potrebbe avere conseguenze terribili».
(Il Manifesto 21 settembre)
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