giovedì 31 marzo 2022

SABATO 2 APRILE

 Gabrielli Editori

ADISTA

invitano

QUALE DIO ? QUALE CRISTIANESIMO?
LA NECESSITA’ DI RIPENSARE LA FEDE

su piattaforma Zoom Webinar, con traduzione simultanea e accesso previa iscrizione

introducono e coordinano: 

mattino (orario 10.00 – 13.00) – CLAUDIA FANTI

pomeriggio (orario 15.30 – 18.30) – PAOLO SCQUIZZATO

relazioni di

José Arregi (Spagna) – Maurizio Busso (Italia)

José María Vigil (Panama) – Mary Judith Ress (Cile)

interventi di:

Federico Battistutta – Franco Barbero – Domenico Basile – Alberto Bosi – Enrico Peyretti
Paolo Zambaldi – Emma Martínez Ocaña (Spagna) – Paolo Gamberini –  Rita Maglietta
Régine Ringwald (Francia) – Gilberto Squizzato – Santiago Villamayor (Spagna)

UN CAPOLAVORO DI ERNESTO BALDUCCI

 Sogno del mondo sogno di Dio


E. Balducci

E' necessario un mutamento culturale… Il passaggio da una civiltà che aveva assunto la competizione come molla del suo stesso sviluppo ad una civiltà dell'apertura dell'uomo all'uomo… della collaborazione… della solidarietà… 
(Se vuoi la pace prepara la pace, atti del convegno nazionale di Testimonianze 1981)

… L'uomo, armato del fuoco nucleare, ha… esclusivamente nelle sue mani i mezzi della totale autodistruzione. La crescita dell'organismo nucleare… si ripercuote nella coscienza collettiva e la getta in balia della sindrome della paura della fine.… da qui la ferocia sacra dell'uomo… (che ha l'illusione) di poter scongiurare la morte identificando la sua minaccia  con un nemico… L'unica via di salvezza è che l'uomo si riconcili con la propria morte… conviva con essa come con il proprio limite, con la propria fragilità creaturale. E' da questa riconciliazione interna tra vita e morte che nasce un rispetto quasi tremebondo per tutto ciò che vive.

Accettando la propria finitezza… L'uomo trova il primo senso di sé nel trascendere se stesso per mettersi al servizio dell'umanità… Dalla consapevolezza della necessità di questa transizione nasce il nuovo umanesimo… Il tratto essenziale del nuovo umanesimo è la fede nell'uomo e precisamente la fede nella possibilità di abbandonare l'età delle guerre… La fede dell'uomo non è dunque una virtù mistica, è una virtù razionale, vorrei dire laica… 
(L'uomo planetario) 

Così si prefigura un pacifismo di nuovo tipo… la pace… Non va pesata sulla fede religiosa(o altra)… Ma su ciò che negli uomini è comune, sulla loro natura razionale, la cui voce è la coscienza.… 
(Se vuoi la pace prepara la pace, atti del convegno nazionale di Testimonianze 1981)

L'etica si rivela per quello che è, la vera religione naturale… con la quale dovranno misurarsi le cosiddette religioni positive… L'organo della nuova religione naturale, destinata ad accomunare gli uomini di ogni credenza è, per usare una bella espressione di Gandhi, la "piccola silenziosa voce della coscienza". La voce della coscienza è la voce dell'uomo nascosto che abita, come principio di unificazione trascendente, dentro la molteplicità dell'uomo edito, con le sue morali, le sue religioni, le sue ideologie.
Nella nostra cultura si è soliti considerare la coscienza come il pronunciamento pratico della ragione, tenendo in ombra la sua vera prerogativa che è di creare, sulla spinta inesauribile del trascendimento, risposte nuove a situazioni nuove 

(La terra del tramonto pag. 172-174)

 1° aprile 2022 – Azione di Pace in Ucraina

La marcia. Venerdì 1° aprile una delegazione di 200 persone appartenenti a 89 organizzazioni della società civile italiana partirà per un’iniziativa di pace nonviolenta in Ucraina. Il convoglio, composto da 50 mezzi porterà beni di prima di necessità per la popolazione. La destinazione è Leopoli, dove i partecipanti incontreranno sia organizzazioni della società civile, sia autorità religiose e civili. Al ritorno il convoglio permetterà a persone con fragilità di lasciare il loro Paese in guerra e raggiungere l’Italia.

Il manifesto. «Entreremo in territorio ucraino per testimoniare con la nostra presenza sul campo la volontà di pace». E’ quanto si legge nel manifesto dell’iniziativa. «Da sempre siamo accanto agli ultimi, al fianco delle vittime con azioni umanitarie e iniziative di solidarietà internazionale. Ognuno di noi può fare qualcosa. Non vogliamo restare spettatori e sentiamo l’obbligo di esporci in prima persona».

Gli aderenti. Ad oggi all’iniziativa di pace, denominata Stop the War Now, aderiscono 89 organizzazioni, tra cui la Comunità Papa Giovanni XXIII, AOI, Rete Disarmo, Focsiv, Pax Christi, ARCI, Libera, CGIL, Mediterranea, Nuovi Orizzonti, 6000 Sardine, Legambiente e Movimento Nonviolento.



UN CONFLITTO "POCO PRTODOSSO"

A fine 2021, oltre cento sacerdoti in servizio nel continente hanno lasciato il patriarcato di Alessandria (Egitto) per passare a quello di Mosca. Artefice della manovra il patriarca russo Kirill I, fedelissimo di Putin, in rotta con Tawadros II di Alessandria

11 Marzo 2022 Articolo di Rocco Bellantone Tempo di lettura 4 minuti
Centodue sacerdoti in servizio in 8 paesi africani passati dal patriarcato greco-ortodosso di Alessandria a quello russo. Con questo cambio di casacca di massa, annunciato a Mosca nel Sinodo di fine 2021 e di cui ha dato notizia Asia News, agenzia di informazione dei missionari del Pontificio istituto missioni estere (Pime), il patriarcato russo ha creato ufficialmente un proprio esarcato in Africa. Dodici in totale le bandierine fissate nelle due diocesi dell’Africa settentrionale e meridionale: Egitto, Sudan, Etiopia, Eritrea, Gibuti, Somalia, Ciad, Camerun, Nigeria, Libia, Centrafrica e Seicelle. Incarico di guida assegnato al vescovo russo di Erevan in Armenia, Leonid (Gorbačev).
Con una sola mossa, l’artefice di questa manovra, il patriarca di Mosca Kirill I, ha centrato due obiettivi: ha scippato sostegno internazionale alla Chiesa autocefala di Ucraina, frutto dello scisma ortodosso del 2018 (innescato nel 2014 dall’occupazione russa della Crimea) e riconosciuta dal patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartomoleo I; e ha assestato un duro colpo all’autorevolezza in Africa del patriarca di Alessandria, Tawadros II, che nell’agosto scorso, sull’isola turca d’Imbros, aveva teso la mano al metropolita autocefalo di Kiev Epiphany, segnando il definitivo punto di rottura con la Chiesa russa, già maturato nel 2019.
In passato compagni di studi all’università sovietica di Odessa, Kirill I e Tawadros II sono dunque ormai ai ferri corti. Nella sua campagna di conversione in Africa, il patriarca di Mosca sa di poter contare sull’appoggio incondizionato del Cremlino. Kirill I fa parte, infatti, della cerchia dei fedelissimi del presidente russo Vladimir Putin. Ha rapporti molto stretti con oligarchi e manager delle più influenti aziende del paese, compreso il gigante petrolifero Gazprom. Una fedeltà riconosciutagli dal governo, che nel 2019 ha sborsato circa 43 milioni di dollari per ristrutturare la sua residenza nell’ex palazzo imperiale di San Pietroburgo.
Da anni la Chiesa di Mosca coltiva contatti in Africa. Ultime terre di conquista, come segnalato in un report di Africa Intelligence, sono stati Tanzania, Kenya, Uganda, Zambia e Sudafrica. Tra le parrocchie sfilate ad Alessandria c’è quella di Sergio di Radonež a Johannesburg (Sudafrica), guidata dall’arciprete Daniel Lugovoy. Altro fronte caldo è il Madagascar, dove l’ambasciatore russo Andrey Andreev sta raccogliendo fondi per affidare una nuova chiesa a sacerdoti legati a Mosca.
I centodue transfughi di fine anno sono il risultato di un pressing diplomatico istruito in occasione di un precedente sinodo che si era tenuto a Mosca il 23 e 24 settembre. Da allora l’uomo di Kirill I in Africa, il vescovo Leonid – scelto non a caso per questo ruolo dopo aver rappresentato il patriarcato russo ad Alessandria tra il 2004 e il 2013 – non si è mai fermato. A metà novembre è stato a Dar es Salaam, dove ha incontrato i metropoliti Dimitrios di Irinoupolis, referente per la Tanzania orientale, e Jeronymos di Mwanza, per la Tanzania occidentale. Nella sua visita è stato accompagnato dall’ambasciatore russo in Tanzania, Yuri Popov, che in questo paese cura in particolare gli interessi della compagnia di stato Rosatom nei locali giacimenti di uranio.
Il blitz di Leonid era stato anticipato, qualche settimana prima, da un tour di visite di Tawadros II, volato prima a Kampala (Uganda) per un incontro con il presidente Yoweri Museveni, poi in Tanzania insieme all’ambasciatore egiziano Mohamed Gaber Abulwafa e al console onorario greco William Ferentinos – dove a capo di un codazzo di imprenditori greci ha incontrato anche il vicepresidente Filippo Mpango –, infine a Johannesburg per un colloquio con il presidente sudafricano Cyril Ramaphosa.
La regione dei Grandi Laghi è lo scacchiere in cui la posta in palio tra le due Chiese è la più alta. Tra fine luglio e inizio settembre le morti prima del metropolita Nikoforos di Kinshasa, poi del suo omologo di Kampala Jonah Lwanga, hanno aperto una delicata partita per la loro successione. Chi riuscirà ad accaparrarsi quelle poltrone, infatti, avrà accesso a uno dei più ampi bacini di fedeli ortodossi di tutto il continente.
Mosca ci tiene moltissimo. I governi di Rwanda e Uganda sono tra i principali acquirenti africani di armi di fabbricazione russa, mentre in Rd Congo è sempre più attivo il gruppo Alrosa, specializzato in estrazione di diamanti. Sono business in forte crescita, che il Cremlino vuole tutelare garantendosi una leadership religiosa nella regione.
Se in Africa meridionale Zimbabwe, Angola e Mozambico restano sotto il controllo del patriarcato di Alessandria, che in quest’area conta sull’arcivescovo cipriota Seraphim, la sfida è aperta in Repubblica Centrafricana. La piccola comunità ortodossa del paese è passata recentemente sotto la sfera d’influenza russa. E nella capitale Bangui è in fase di costruzione il settimo centro russo per la scienza e la cultura, sotto lo sguardo vigile della compagnia di sicurezza privata Wagner. Segno, anche questo, che quella in corso non è solo una campagna religiosa.

(Articolo pubblicato sul numero di marzo di Nigrizia)

LA LOGICA PERVERSA E I FRUTTI DELLA GUERRA

 Si svuotano i granai e si riempiono gli arsenali

In tempo di guerra la chiarezza delle idee viene messa a dura prova dal groviglio della propaganda, della deliberata adulterazione della verità, e della insufficienza delle informazioni. Per cui diventa facile disorientarsi, finire nella paralisi di tutti i “se" e i "ma" possibili. D’altra parte ogni gravosa decisione si riversa pesantemente su chi la subisce: i soldati arruolati per la guerra, la popolazione civile alla mercé delle incursioni del nemico, e la graduale trasformazione della economia in economia di guerra, che sottrae risorse a chi è già in uno stato di indigenza. Questo accade in misura maggiore a chi è direttamente coinvolto nel conflitto, ma poi si estende anche agli altri Stati, soprattutto quelli più vicini, su cui ricade il compito di soccorrere i profughi, e incassare i contraccolpi economici di sanzioni che colpiscono anche chi le commina.

Così, nel quadro già molto precario della nostra economia, anche il nostro Paese è soggetto a questi aggravi che finiscono per rendere più difficile la vita a milioni di persone già fortemente provate dalla crisi prodotta dalla pandemia. E le chiese? E i cristiani? Che cosa possono fare per non cadere in questo stato confusionale generalizzato, per il quale ogni idea appena dissonante da quella della maggioranza e mal sopportata?

Tanti soldi destinali alla Difesa renderanno più indifesi milioni di persone, soprattutto quelle più vulnerabili, nell’accesso alle cure mediche, e ci saranno meno risorse per gli ammortizzatori sociali per i tanti caduti in disgrazia in questi ultimi due anni.

I cristiani in questi giorni sono impegnati ovunque in una costante preghiera per la pace. E molte chiese stanno rinsaldando i loro vincoli per un’azione comune di pace a vari livelli. Comunità di Sant’ Egidio, Federazione delle Chiese evangeliche, Diaconia valdese, Pax Christi, Caritas e tanti altri stanno operando contemporaneamente, e speriamo con un grado sempre maggiore di coordinamento, per dare soccorso alle vittime e rendere più incisiva la propria testimonianza per la pace. La preghiera comune sarà fonte di rinnovate energie spirituali per operare e anche per prendere posizione contro decisioni simili a quella presa dal Parlamento italiano, Se vuoi la pace, cercala e costruiscila quando sei ancora in tempo.

Riforma 25 marzo

APPUNTAMENTO CORSO BIBLICO

                     Ricordo che VENERDI 1 aprile presso la Claudiana si terrà l'incontro con Franco Barbero sul profeta ABACUC, scelto anche per la possibilità di confronto con il periodo tragico della guerra che stiamo vivendo. Barbero ha invitato a leggere il testo e portare la Bibbia. L'incontro come sempre, avrà inizio alle ore 16 e 45. Nei successivi incontri, il primo il 22 aprile e 2 a maggio, potremmo leggere alcuni apocrifi come era stato suggerito.

Sappiamo che questo nostro corso, anche se ridotto , è autogestito e come da sempre dobbiamo contribuire. La richiesta per quest anno e per i primi incontri di settembre/ottobre è di Euro 40. Maria si incarichrà di ritirarli.

Sperando di tornare a essere numerosi, a venerdì.  Anna CAMPORA


Le ragioni di una protesta a tutela della nostra identità

 

Cari lettori,

il numero che state sfogliando in questo momento o che state consultando dal vostro dispositivo è pubblicato senza le firme dei giornalisti e dei collaboratori de L'Espresso. Una forma di protesta che segue la decisione della settimana scorsa di non uscire in edicola e online.

 

Si tratta di una scelta difficile a cui la redazione è arrivata per segnalare il comportamento inaccettabile da parte dell'editore, il gruppo Gedi, che ha messo in vendita il nostro giornale dopo mesi di smentite e di rassicurazioni. Lunedì 7 marzo, i vertici aziendali hanno annunciato di aver deciso di accettare una «proposta», così definita nel comunicato ufficiale, per l'acquisto de L'Espresso da parte della società Bfc Media. Al momento in cui scriviamo la vendita non si è ancora perfezionata. Si prevede lo sarà nel giro di un mese. Bfc Media è un piccolo gruppo editoriale specializzato nel settore finanziario e fa capo all'imprenditore Danilo Iervolino, che ha da poco venduto l'Università telematica Pegaso ed è ora al suo esordio nel settore dell'editoria.

 

La notizia dell'imminente cessione dell'Espresso è trapelata attraverso fonti di stampa ed è stata sempre ripetutamente etichettata come non veritiera da parte dei vertici del gruppo Gedi interpellati più volte dal Comitato di redazione. Gli stessi vertici che non hanno esitato poi a esaminare e ad accettare in tempi record quella proposta formale di acquisto che poche ore prima veniva bollata come semplici rumors. Questo comportamento ha portato alle dimissioni del direttore Marco Damilano che hanno avuto un'ampia eco sui media.

 

Con la vendita dell'Espresso, Gedi tronca la radice giornalistica da cui è nata Repubblica e che dava il nome a tutto il gruppo editoriale L'Espresso, e tradisce così la visione dei fondatori Eugenio Scalfari e Carlo Caracciolo. La tradizione de L'Espresso incentrata sul giornalismo di qualità, protagonista con i suoi 67 anni di battaglie politiche, civili e culturali, oggi risulta improvvisamente troppo scomoda per un gruppo editoriale che dice di volersi concentrare su una non meglio precisata informazione «real time». In questi giorni terribili, giorni di guerra, emerge fortissima dal pubblico la domanda di giornalismo d'inchiesta e di analisi, capace di andare alla radice dei fatti. Esattamente il tipo di informazione che L'Espresso ha sempre garantito ai suoi lettori, tra l'altro partecipando ad autorevoli consorzi internazionali di giornalismo di inchiesta, con cui ha vinto nel 2017 il premio Pulitzer, il massimo riconoscimento del settore. Ed è proprio in questo momento storico che il gruppo Gedi, controllato dalla holding Exor della famiglia Agnelli, sceglie di disfarsi del nostro giornale perché, citiamo le parole dell'amministratore delegato Maurizio Scanavino, avrebbe «fatto il suo tempo». Questa cessione finirà quindi per indebolire ancora di più il gruppo Gedi, un'azienda al centro di una crisi economica e di identità testimoniata da tutti i dati economici e diffusionali, dai numerosi cambi al vertice delle sue principali testate e dall'addio di importanti firme che hanno scelto di scrivere per testate concorrenti.

 

Le decisioni dei vertici Gedi ci portano a una situazione che non ha precedenti nel settore editoriale italiano. Infatti, secondo quanto annunciato, per almeno un anno L'Espresso sarà venduto la domenica in allegato a Repubblica e spetterà al gruppo Gedi l'ultima parola sull'eventuale nomina di un nuovo direttore del nostro giornale. Ci troviamo quindi di fronte a un'inedita co-gestione che rende impossibile il sereno lavoro dell'intero corpo redazionale.

 

In questo momento di incertezza per la nostra testata, noi giornalisti ci impegneremo come sempre a salvaguardare la qualità del lavoro di inchiesta e approfondimento che da quasi 70 anni è il nostro tratto distintivo e a difendere i valori che contraddistinguono L'Espresso. A voi lettori, che numerosi in questi giorni ci avete manifestato la vostra solidarietà, chiediamo come sempre di sostenerci e di continuare a incontrarci tra le nostre pagine, di carta e digitali, per proseguire insieme un viaggio iniziato nel 1955.

 

L'Espresso 20 marzo 2022

 

L'espresso esce senza firme.

Per segnalare il comportamento inaccettabile di Gedi.

PER LE NUVOLE ROSA

 

Ti amo, mio Dio,

per le nuvole rosa

che hai appeso

stamani nel cielo,

per il cane affettuoso

che incontro

per strada

e mi annusa le mani,

pei silenzi e i rumori

che ritmano il tempo,

per le foglie ingiallite

spezzate dal vento,

per l'inverno in arrivo,

la brina sui rami,

i passeri in volo.

 

Ti amo, mio Dio,

perché inventi ogni giorno

qualcosa di bello

in cui posso incontrarti

anche quando la vita

fa male.

 

Anna Maria Bermond, Ed io scivolerò tra le tue braccia, Effetà Editrice

mercoledì 30 marzo 2022

COMMENTO AL BRANO EVANGELICO DI DOMENICA 3 APRILE

Se imparassimo da Gesù e da questi farisei?

Giovanni 8, 1-11
1 Gesù si avviò allora verso il monte degli Ulivi. 2 Ma all'alba si recò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da lui ed egli, sedutosi, li ammaestrava. 3 Allora gli scribi e i farisei gli conducono una donna sorpresa in adulterio e, postala nel mezzo, 4 gli dicono: "Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. 5 Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?". 6 Questo dicevano per metterlo alla prova e per avere di che accusarlo. Ma Gesù, chinatosi, si mise a scrivere col dito per terra. 7 E siccome insistevano nell'interrogarlo, alzò il capo e disse loro: "Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra contro di lei". 8 E chinatosi di nuovo, scriveva per terra. 9 Ma quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani fino agli ultimi.
Rimase solo Gesù con la donna là in mezzo. 10 Alzatosi allora Gesù le disse: "Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?". 11 Ed essa rispose: "Nessuno, Signore". E Gesù le disse: "Neanch'io ti condanno; va’ e d'ora in poi non peccare più

Tante volte ho meditato e scritto su questa pagina. Eppure c’è sempre qualche particolare che ogni volta mi risulta più stimolante. Il messaggio del Vangelo è una “provocazione” sempre pungente. Invito i lettori e le lettrici di questa pagina a compiere un'operazione interiore, impegnativa, a farsi una domanda diretta: "Io con chi mi identifico? con Gesù, con la donna, con l'adultero assente o con gli scribi e i farisei che lasciano cadere le pietre?

 Siamo nel tempio
Ai tempi di Gesù come ai nostri, molto spesso la realtà del tempio, dell’istituzione ecclesiastica, da “casa di preghiera” si trasforma in tribunale dal quale dei giudici che pensano di avere Dio in tasca emettono sentenze senza appello. Ecco……è proprio nel tempio che un gruppo di uomini, qui designati come scribi e farisei, conducono una donna sorpresa in adulterio davanti a Gesù.  Gesù trasforma il tribunale impietoso in uno spazio di relazione, di accoglienza, di affetto e di annuncio del perdono.
E' impressionante il silenzio di Gesù: si china a terra, scrive tra la sabbia, tace, ascolta il suo cuore, lascia spazio a tutti gli interlocutori. Cerca nel suo cuore le parole che tocchino altri cuori
Questa donna davanti a Gesù non si sente portata in tribunale: davanti a lei non c’è un giudice

Come deporre le pietre
Esiste una “chiesa delle pietre” che spara versetti biblici dai pulpiti e dai documenti, ma il problema di deporre le pietre dell’arroganza, della violenza e della prevaricazione appartiene a ciascuno di noi.
 Si tratta, invece, di deporre quella “maledetta cultura” che ci colloca davanti agli altri in competizione, in gara con la esplicita o nascosta voglia di vincere il “gran premio” della virtù o dell’intelligenza, di costituirci come modello…..Questo “disarmo” è difficile perché deve partire dalle radici. Perché cadano le pietre dalle nostre mani bisogna disarmare inostri cuori.

Un esempio inedito
Davanti al silenzio generale e alla parola esortativa di Gesù: "Va , d'ora in poi non peccare più", io sento forte e tintillante il cadere delle pietre. Forse molti di quei farisei che noi cristiani spesso vestiamo nei panni degli ipocriti, sono proprio coloro che, desiderosi di conoscere il pensiero di Gesù, si lasciano coinvolgere in questo circuito di amore e di accoglienza: depongono le pietre e ripongono nel cuore l'insegnamento e la testimonianza di Gesù di Nazareth. Tornando a casa, molti di questi scribi e farisei hanno assaporato la gioia della fraternità senza eccezioni. Le parole di Gesù, entrate nei loro cuori, hanno disarmato le loro mani. Nello stesso tempo questa donna vede riaprirsi un domani diverso lieta della pace con Dio che l'incontro di Gesù le ha testimoniato. Spesso le testimonianze vere e gli esempi migliori arrivano da dove non te lo aspetti.

Grazie, o Dio, 
perché non si è mai oscurata in me la consapevolezza che Tu ci dai sempre e ancora fiducia.
Questo vento caldo del Tuo amore accogliente mi ha permesso di continuare a camminare pur in mezzo alle mie mediocrità e ai miei errori.
Aiutaci tutti a tenere lo sguardo fisso sul Tuo amore.
Forse qualche pietra cadrà dalle nostre mani e i nostri cuori diventeranno più spaziosi e disponibili.

Forse anche le pietrificate strutture della nostra chiesa istituzionale scioglieranno qualche ghiacciaio al sole del Tuo amore.

PREGHIERA

 Canta il sogno del mondo  

di David Maria Turoldo 


Ama
saluta la gente
dona
perdona
ama ancora e saluta

Dai la mano
aiuta
comprendi
dimentica
e ricorda
solo il bene.

E del bene degli altri
godi e fai
godere.

Godi del nulla che hai
del poco che basta
giorno dopo giorno:
e pure quel poco
se, necessario
dividi.

E vai,
vai leggero
dietro il vento
e il sole
e canta.

Vai di paese in paese
e saluta
saluta tutti
il nero, l'olivastro
e perfino il bianco.

Canta il sogno del mondo:
che tutti i paesi
si contendano
d'averti generato.

 

RICEVO CON GIOIA

 Ciao.

Accolgo il tuo invito. Penso di avere disponibilità una sera in maggio. Passata Pasqua mi farò vivo per fissare la data.

Buona giornata

d. Giorgio

N.B.

Si tratta di un incontro che faremo dopo Pasqua con don Giorgio Grietti, docente di liturgia sul tema della "Eucarestia nella concezione cattolica come presenza reale e sacrificio", in dialogo con la nostra esperienza di cristiani di base. 

Franco Barbero



LA TEOPOETICA

prof. Marco Dal Corso


Se è vero che "i poeti sono religiosi che non hanno bisogno di religione perché le cose meravigliose di questo mondo meraviglioso gli bastano" (Alves) o ancora, come sostiene Turoldo che la vera preghiera non può che essere una poesia, allora per coltivare speranza, per continuare a sognare non fuggendo dalla realtà serve il richiamo imperativo dell'etica, ma anche potere immaginativo della poesia. Non più teo-logia allora ma teo-poetica. Perché rimane vero che occorre liberarsi da certi comportamenti ma anche e soprattutto da altrettante visioni. Come quella, presente anche nella riflessione religiosa, che promuove l'epistemologia del realismo che non accetta cambiamenti perché non li sa neppure immaginare, che ritiene che la realtà esistente sia tutto quello che c'è da conoscere, magari dando nomi importanti all'esistente (tradizioni, radici…).Le poesie che anche Turoldo ci ha lasciato in dono, non rispondono solo al bisogno di dire in altro modo, ma spesso dicono altro.
Le metafore, le immagini, le parabole di cui sono ricche le religioni rispondono a un bisogno forte quanto il sesso e la carne: il bisogno di vivere dentro un mondo che abbia senso. Davanti alle sofferenze delle persone, del mondo non è sufficiente "dire la verità". Le assenze della vita reclamano non verità, ma bellezza. La sofferenza è il contrario della bellezza, eppure anche se quest'ultima non annulla la prima, la bellezza della poesia è capace di far vedere oltre la sofferenza e la morte attraverso una costruzione di significati capaci di rivelare l'effimero della sofferenza.
Così le poesie come simboli religiosi non valgono tanto per la verità che possono contenere, ma per la bellezza che possono evocare. Alla teologia, come linguaggio sulla fede, allora, spetta il compito non tanto di produrre dogmi, quanto di articolare quello che è vissuto e sentito come desiderio. Bisogna però che la religione è con essa la teologia, sappia conservare lo spirito ludico, molto praticato ai tempi di Gesù: quello di saper raccontare storie, di saper usare delle metafore, saper scrivere poesie… ogni parola di verità in teologia è una preghiera. 
"Così la teologia rompe le gabbie della verità e si accontenta con molto meno, dicendo parole poetiche, perché essa vuole molto di più: piuttosto navigare liberi nei mari dell'incertezza, nella speranza degli orizzonti che abitare sicuri nei pantani dove il naufragio è impossibile ".Le poesie, come ci ha insegnato Turoldo, possono liberare non solo l' idea di Dio, non solo la visione circa l'umano, ma anche la stessa lettura della realtà.
Il racconto poetico arricchisce di senso la realtà, tiene anche il non senso che essa porta, non lo derubrica "a vita sbagliata" da dimenticare.
Se tutto è grazia, come afferma la fede cristiana, questa affermazione la possiamo sostenere per il coraggio della poesia  non per la coerenza della logica (che infatti non riesce a vedere il bene nel male). Infatti, se c'è spazio per Dio nel mondo, esso è possibile per il discorso narrativo, per la ricchezza della metafora, per la libertà paradossale del racconto poetico. E se c'è ancora spazio per Dio nel mondo allora la speranza è possibile. E continuare a sognare un'umanità nuova.

E I GRANDI PENSANO A PRODURRE ARMI!

 A scuola in sacchetti di plastica


Una storia davvero incredibile quella di Huoi Ha, uno sperduto villaggio del Vietnam, dove ogni giorno alcuni studenti raggiungono la scuola in un modo impensabile ovvero quello di essere trasportati all’interno di sacchetti di plastica. una situazione di pieno disagio oltre che pericolosa e sembra al momento l’unica soluzione per raggiungere la struttura scolastica.
A rendere nota la situazione sono stati proprio gli insegnanti in quanto hanno girato alcuni video che subito sono diventati virali sul web .
La causa per cui questi bambini si sono ridotti a raggiungere la scuola in questo modo è dovuta a diverse inondazioni che ci sono state, il ponte che attraversavano è stato danneggiato, per cui hanno adottato questo rimedio estremo.
Il capo del villaggio Vo Giong afferma che sono consapevoli della pericolosità del fatto che il fiume è a rischio inondazioni, per cui ci si augura che presto vengano costruiti ponti percorribili ed accessibili in grado di creare un collegamento sicuro.

Qualevita 195

CINA, NUOVO LOCKDOWN..

 Cina, nuovo lockdown per 9 milioni di persone nel polo industriale di Shenyang

rainews 28/3

Oltre 4.700 nuovi casi positivi a livello nazionale. Cifre molto basse rispetto ad altri Paesi del mondo, ma alte per la Cina che persegue la strategia della "tolleranza zero"
La Cina ha messo in lockdown un'altra città da 9 milioni di abitanti negli sforzi per bloccare l'ondata di variante Omicron che sta mettendo a dura prova la politica della 'tolleranza zero' al Covid-19.
Le autorità sanitarie hanno deciso di chiudere Shenyang, la più popolosa città della Cina nord-orientale, dopo aver accertato 47 nuovi casi. Il centro è anche un importante polo industriale che ospita fabbriche importanti, come la Bmw. Ai residenti sono stati vietati partenze e spostamenti senza un test negativo fatto nelle 48 ore.
Shenyang è il capoluogo della provincia di Liaoning, che confina con quella di Jilin, epicentro di questa ultima ondata epidemica, dovuta alla variante Omicron.    
Intanto, il ministero della Salute cinese ha annunciato 4.770 nuovi casi positivi a livello nazionale. Cifre molto basse rispetto ad altri Paesi del mondo, ma alte per la Cina che persegue la strategia 'zero Covid'. Sabato inoltre sono stati registrati due decessi legati al Covid-19, i primi da oltre un anno.

FORTUNATI /E, SCONCERTATI/E, FIDUCIOSI/E

 Fortunati e Fortunate

Dopo le due illuminanti e partecipate serate con la teologa ebraica Elena Lea Bartolini ho lungamente  riflettuto al fatto singolare e fecondo che le nostre due comunità da almeno 50 anni studiano, leggono, si confrontano su questo tema. Inoltre in Italia abbiamo la fortuna di Editori che ci forniscono opere, traduzioni, riviste di altissima qualità.

Per molti e molte di noi il Gesù ebreo è diventato in questi lunghi anni il profeta ebreo che illumina il nostro cammino alla ricerca della volontà di Dio.

 Sconcertati/e

È davvero doloroso è doveroso constatare che la predicazione, la catechesi, la teologia ufficiale, in larghissima misura, è del tutto estranea a questa ricerca. Alcuni vaghi accenni sono addirittura fuorvianti.  Nella formazione catechistica e nel campo della riflessione teologica non esiste mai un riferimento alle opere che documentano la ebraicità di Gesù di Nazareth, opere che puntualmente segnalo nel mio blog da parecchi anni.

 Si ha paura di coinvolgersi oppure una tradizione dogmatica così compatta ha talmente  spento le domande anche le più  fondamentali e basilari?

Sta di fatto che né la predicazione né la catechesi non rendono mai conto delle numerose e feconde ricerche in atto. Si ha la percezione che la catechesi cattolica giri continuamente attorno ai dogmi cristologici senza interpellarsi sulla loro storia.


Fiduciosi/e

 Nonostante questo quadro generale piuttosto deprimente, personalmente sento e vedo delle nostre esperienze comunitarie una passione che queste ricerche hanno suscitato e continuano a suscitare in modo crescente.

Come aprire queste ricerche al più vasto campo ecclesiale? Senza farci illusioni, vedo aperte due strade  per chi desidera fare cammino.

La lettura biblica assidua e rigorosa rompe lentamente l'accerchiamento del dogmatismo e il metodo storico critico porta a farsi le domande più coinvolgenti sul perché ci siamo separati dall'ebraismo. La seconda strada su cui possiamo camminare comunitariamente e personalmente consiste nel valorizzare alcuni piccoli libri come riflessioni di partenza:

Paolo De Benedetti, Quale Gesù , Morcelliana

Rolf Rendtorff, Cristiani ed ebrei oggi, Claudiana

Schalom Ben-Chorin, Fratello Gesù, Morcelliana

Anche anche i nostri libri, dopo quelli dei grandi teologi che sono stati i nostri maestri, possono dire qualcosa al riguardo.

Ho cercato di dare un piccolo contributo nei miei libri: 

"Il dono dello smarrimento" Gabrielli Editori, 

"Confessioni di fede di un eretico" Edizione Mille e 

"Senza chiedere permesso" Edizione Mille .

In questi piccoli libri ho segnalato, anche attraverso significative citazioni, Autori e Autrici di opere che riguardano il Gesù storico cioè il Gesù ebreo, totalmente ebreo, nella vita, nelle opere e nella sua fede in Dio, gli Editori e la reperibilità dei testi. Leggere significa documentarsi

 Franco Barbero 


 Umanità appagata 

Io sono parte di questa realtà, non sono in rivolta contro di essa. No non ho perduto la fede nell'umanità.  Tutti noi che ci battiamo in una maniera o in un'altra abbiamo fiducia nell'uomo, altrimenti non continueremo a lottare. Anzi, proprio questa è la motivazione più importante per continuare il lavoro: la fede dell'uomo, la fiducia nel popolo, il credere che i suoi valori possono essere ristabiliti, contro le manomissioni e degenerazioni indotte dal sistema che rende malvagi e del tutto assuefatti e assimilati al male, uomini che non sono affatto malvagi per natura.
Se le maggioranze si facessero valere sulle minoranze che governano, si potrebbero avere dei veri cambiamenti.
Il fatto è che l'umanità si è attaccata a certe cose che ha acquisito, che sono minime e che però ha paura di perdere, e perciò è in uno stato di passività, di ristagno, di rinuncia a mettersi all'opera per migliorare e cambiare.
Questo non vuol dire un'umanità negativa, ma un'umanità che si è adagiata, si è rassegnata e appagata.

 Marianela Garcia Villas 
assassinata in Salvador il 13 marzo 1983 
Qualevita 195

IN AFGHANISTAN: MANIFFESTAZIONE

Manifestazione in Afghanistan per la scuola

Insegnanti, studentesse e attiviste hanno manifestato a Kabul contro la chiusura delle scuole femminili.
La marcia è iniziata con il raduno davanti alla sede del Ministero dell’Istruzione, per avviarsi poi fino al centro città.
Le ragazze erano vestite con l’uniforme scolastico e portavano cartelli scritti a mani, chiedendo il ritorno alle scuole e al lavoro.
La manifestazione non è stata impedita dalle milizie taliban. Mercoledì scorso, un milione di ragazze si erano preparate a frequentare le scuole medie e superiori, ma all’improvviso è arrivato l’ordine di tornare a casa.
Senza nessuna spiegazione.
La sorte del futuro delle donne afghane è sospesa ad una frase di consenso del capo del movimento integralista, Akhunzadeh.

PER UNA TEOLOGIA PUBBLICA ECUMENICA

prof. Marco dal Corso


Voler ricordare assieme a Turoldo e Balducci, anche la figura del pastore battista Martin Luther King a cinquant'anni dalla sua morte infine ci invita ad una terza conclusiva osservazione. La centralità dell'etica, così come il principio narrativo rischiano i non essere capace di sostenere il sogno, di coltivare la speranza se non diventano discorso pubblico.
Anche a prezzo della sua vita, Martin Luther King ha interpretato il suo sogno sul mondo come discorso pubblico. Per dare ragione della speranza allora, serve una teologia pubblica ecumenica. 
Capace di stare dentro il pluralismo di culture e fedi per non ridurre la religione a dimensione privata, ma anche per non diluire in un comune linguaggio "religiosamente corretto" la carica profetica delle religioni.
Capace di abitare lo spazio pubblico per tradurre il linguaggio religioso in una grammatica universale accessibile anche a chi non appartiene alla comunità confessionale, in vista di una società più giusta ed egualitaria.
Una teologia pubblica ecumenica che sa stare dentro il dibattito pubblico aiutando a costruire l'idea di cittadinanza quando essere cittadini, come ricorda Martin Luther King, è abbracciare lo statuto di umanità; una teologia pubblica ecumenica che collabora e dialoga con le scienze sociali, le culture e le religioni in maniera interdisciplinare e interreligiosa.
Ed infine una teologia pubblica ecumenica per aiutare i credenti a smettere di essere autoreferenziali, non scambiare la chiesa con il Regno, a non cedere alla tentazione del fondamentalismo o del discorso apologetico.
Alla scuola di Martin Luther King, la teologia pubblica ecumenica anche per noi oggi è quella fatta nello stile della parresia cercando sempre la verità delle cose, parlando quando altri si calano, chiedendo l'impossibile pure accentando il provvisorio. Quella interpretata secondo il principio di eternità, capace di educare alla convivenza, difendendo il diritto anche delle altre comunità, sostenendo la laicità come luogo di dialogo. Una teologia a vocazione kenotica, perché sceglie di vedere le cose a partire dei poveri, accettando di non avere l'ultima parola, vivendo alle frontiere. Una teologia che non ha paura di fare proprio il paradigma pluralista, accettando il pluralismo non solo come de facto ma anche de iure come economia divina di salvezza, come luogo da cui ripensare le forme storiche delle religioni. Infine una teologia pubblica ecumenica che sappia dire e praticare il principio ospitalità: cercando la verità non assimilando l'altro, ma diventando  suo ospite, valorizzando esperienze di ospitalità tra persone di religione e cultura diversa, dando ragione del pensiero ospitale. Una teologia pubblica ecumenica che permetta un'esperienza cristiana e credente costruita sul carisma prima che sul potere, sul compassionevole prima che sul dogmatico, sul soteriologico prima che sul teologico, che permette l'esperienza di Dio prima che la sua spiegazione.


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fede e resistenza

 





SECONDA PARTE


José Ramos Regidor

SPIRITUALITÀ DELLA LIBERAZIONE E SIGNIFICATO DELLA RESISTENZA_2

 

Contemplativo nella liberazione

 

Da sempre il mistico cerca di realizzare l'unità tra la fede e  la vita. Secondo Leonard Boff, nell'esperienza spirituale dell'America Latina c'è un primo elemento di novità: « Il problema non sta semplicemente nel rapporto preghiera-azione, bensì nel rapporto preghiera-liberazione, cioè preghiera e azione politica, sociale, storica, trasformatrice. Nella sua formulazione corretta il problema si pone nei termini di mistica e politica: Come essere impegnati radicalmente per la liberazione degli oppressi e allo stesso tempo essere impegnati con la fonte di ogni liberazione che è Dio? Come mettere insieme la passione per Dio - caratteristica di ogni uomo veramente religioso - e la passione per il popolo e per la sua giustizia, nota distintiva di ogni militante politico?

La prassi sociale e politica ha la sua propria e autonoma razionalità. Ma agli occhi della fede vissuta dai cristiani impegnati essa è il luogo della realizzazione, parziale e sempre minacciata, del regno di Dio, della salvezza cristiana. La comunione con il Signore si realizza nella comunione con i condannati e gli umiliati dalla storia. L'impegno concreto per la loro liberazione è servizio al Signore, un associarsi alla sua opera redentrice e liberatrice. Lo stesso Leonardo Boff utilizza la espressione essere contemplativo nella liberazione: La contemplazione e la comunione con Dio non si realizza soltanto nello spazio della preghiera; essa trova il suo luogo anche nella pratica politica e sociale sostenuta ed alimentata da una fede viva. Da qui due conseguenze: una preghiera che non avesse nessun rapporto con la pratica di liberazione rischia di essere vuota e alienante; per realizzare la comunione con Dio nella pratica di liberazione è necessaria una fede profonda alimentata dall'ascolto della Parola di Dio e dalla preghiera.

La grande difficoltà che trova questa spiritualità è la sua stessa novità. Santi e mistici come san Francesco di Assisi e san Vincenzo avevano un atteggiamento nei confronti dei poveri che oggi ci appare più assistenziale che liberatore. Forse mancavano allora le condizioni storiche per vivere l'incontro con Cristo nei poveri nel quadro della politica come campo di lotta tra poteri che a volte può richiedere delle opzioni storiche radicali. La grande sfida del nostro tempo è creare militanti con una santità veramente politica, vivere le scelte richieste storicamente dalla lotta politica contro l'ingiustizia come luogo della comunione con quel Dio che in Gesù Cristo si è messo dalla parte dei poveri, dei piccoli, degli emarginati, degli oppressi. Nella ricerca di questo tipo di santità, oltre la lotta contro le proprie passioni, per la propria maturazione personale, si lotta anche contro i meccanismi di sfruttamento e di distribuzione presenti nella società. Condividendo in questa forma le lotte dei poveri, emergono virtù il difficili ma reali: solidarietà concreta con gli oppressi, partecipazione alla formazione delle decisioni comunitarie, lealtà verso le decisioni prese, superamento dell'odio anche contro le persone appartenenti alle classi oppressive, disponibilità a spendere la propria vita per la liberazione del popolo povero e oppresso, capacità di vedere più in là delle realizzazioni immediate, costanza e fedeltà nonostante le difficoltà e le sconfitte, ecc.


(continua 27, 2 aprile: José Ramos Regidor " Spiritualità della liberazione e significato della resistenza - La sequela di Gesù")

martedì 29 marzo 2022

QUESTA SERA MARTEDI' 29 MARZO ALLE ORE 20,45 SECONDO INCONTRO CON LEA BARTOLINI

La professoressa ELENA LEA BARTOLINI ci aiuterà a comprendere il contesto storico-geografico, politico, culturale e religioso in cui è vissuto Gesù e come è nato il "mito-Gesù".

Il primo incontro si è tenuto martedì 22 marzo su:
La situazione del giudaismo del II Tempio, gruppi religiosi presenti; che tipo di ebreo è Gesù? Perché parliamo di ebraismo e di giudaismo?

II secondo  incontro si terrà questa sera martedì 29/3 h.20,45 su:
Come si situa la vicenda di Gesù in questo contesto? Le cause della condanna a morte. Da Gesù a Cristo, la divinizzazione.
Il link per il collegamento è il seguente
Un caro saluto
M.Grazia per la Cdb di Pinerolo di Via Città di Gap e per la Cdb di Piossasco

SENZA COMMENTO.....





GIUFA': QUANTOCOSTA CANZONE CONTRO LA GUERRA

Ecco le parole della canzone
Ho chiesto al mio papà/ quanto costa una bomba/ piccolina ad ananasso/ come quelle che usa Rambo/ e mio papà che porta la lente/ che sa fare i calcoli a mente/ mi ha risposto così:/ “Una bomba ad ananasso/ che si lancia come un sasso/ costa il cibo di sei bambini/ per sei giorni più gli spuntini”

Ho chiesto alla mia mamma/ quanto può costare un mitra/ uno che spara da solo/ che ti balla tra le dita/ e la mia mamma che non ha la lente/ che di conti anche lei s’intende/ mi ha risposto così:/ “Ecco! Un mitra americano/ che scoppietta nella mano/ costa il riso di cento indiane/ per mangiare due settimane”

Ho chiesto anche allo zio/ cosa vale un carro armato/ che spara avanti spara dietro/ può sparare anche di lato/ e mio zio persona istruita/ ha fatto i conti con tutte le dita/ e ha risposto così:/ “Un potente carro armato/ con molleggio e cingolato/ ruba l’acqua – stanne certo –/ ai bambini del deserto”

Ho chiesto a mio cugino/ quanto costa un cannone/ che preciso da lontano/ può colpire un calabrone/ e mio cugino ch’è disoccupato/ che non vuole fare il soldato/ mi ha risposto così:/ “Un cannone col mirino/ può colpire un moscerino/ costa quanto nove scuole/ mille case e un ospedale”

Ho chiesto a mio fratello/ quanto costa l’atomica/ non importa chi l’ha fatta/ se la Russia o l’America/ e mio fratello che gioca al pallone/ e che studia e suona il trombone/ mi ha risposto così:/ “Un’atomica è costosa/ vale il prezzo di ogni cosa/ un miliardo ogni secondo/ costa quanto tutto il mondo”

Ho detto al mio papà/ che la guerra costa assai/ la paghiamo in ogni caso/ anche se non scoppia mai/ missili, bombe e carri armati/ non importa che vengano usati/ di già uccidono senza uno sparo/ questo è il costo ed è troppo caro/ e ho deciso così:/ “Voglio un mondo di fratelli/ tutti sazi tutti belli/ nero giallo bianco rosso/ e cantare a più non posso/ bianco nero rosso giallo/ tutti quanti un solo ballo/ girotondo senza freno/ voglio un mondo arcobaleno

I "SIGNORI" VOGLIONO LA GUERRA, NON I POPOLI

   scrive Carlo Rovelli

In molti mi dicono di stare zitto perché sono solo un fisico e non un politico o un esperto di politica internazionale. Io invece vorrei che parlassero tutti su questioni come la scelta fra la pace o la guerra, fra costruire armi oppure ospedali: che siano fisici o storici, o panettieri, o maestri di scuola. 

Sono convinto che la maggioranza delle gente non la voglia la guerra, e non voglia avere più armi. La maggioranza della gente vuole tranquillità, pace. Vuole che i soldi pubblici siano spesi per ospedali e scuole, non per strumenti di morte. Perché lasciar decidere ai fabbricanti di armi, che riempiono i giornali e i politici di soldi? 

Agli “esperti di politica internazionale”, che da sempre non fanno che portarci da una guerra all’altra: Ucraina, Yemen, Afghanistan, Syria, Libia, Iraq, e via via, in una striscia ininterrotta di centinaia di migliaia di cadaveri e di città distrutte, iniziate da altri, iniziate da noi, nate da escalation, io un po’ di più, tu un po’ di più, ma tu mi hai fatto questo, ma prima tu mi avevi fatto questo, e adesso te la faccio vedere io… e non bisogna mai cedere al nemico. 

Per il bene degli Ucraini, per il bene dei russi del Dombas, per il bene dei Kossovari, per il bene dei poveri libici nelle grinfie di Geddhafi, per il bene dei poveri siriani nelle grinfie di Assad, per il bene delle bambine Afghane, e per il bene di tutti costoro ne muoiono innumerevoli e demoliamo le loro città. Tutte guerre nate dall’agitare sempre lo spauracchio della paura. Ma ve lo ricordate? L’ISIS distruggerà l’Europa. Saddam Hussein ha armi di distruzioni di massa. I Serbi stermineranno il Kossovo. Osama Bid Laden da solo demolirà la civiltà. Il cattivo di turno è sempre il mostro orrendo, di cui dobbiamo tutti tremare di paura. Adesso di nuovo. Tremate, tremate, già si vedono le ombre dei cavalli dei feroci Cosacchi che pascolano in piazza San Pietro. Paura, paura. Comperate più armi, vengano signori e signore, guardate che belle armi, tutte scintillanti e in vendita! Prezzi scontatissimi! Sono armamenti verdi, ecologici, biodegradabili. Poi, più armi ci sono, più facciamo la guerra, ovviamente. Più ci insultiamo, ci sfidiamo, ci minacciamo l’un l’altro, ci accusiamo l’un l’altro di nefandezze (generalmente tutte vere), più finiamo per farci la guerra, ovviamente. E siccome i cattivi sono per definizione sempre gli altri, gli aggressori sono sempre gli altri, lo facciamo persino con un grande senso di superiorità morale. E se nel nostro paese la massima autorità morale a cui il paese solitamente si inchina, il Papa, arriva a dire che “si vergogna” per l’aumento degli armamenti, bhè questa volta lasciamolo dire, che ne capisce lui di politica e morale? Non è mica un “esperto di politica internazionale”. Se il Segretario Generale delle Nazioni Unite si sgola per dire di abbassare i toni invece di alzarli, per dire multilateralismo invece che dominio di una parte sull’atra, lasciamolo dire, che ne capisce lui di politica? Non è mica un “esperto di politica internazionale”, è solo il Segretario Generale delle Nazioni Unite. Cari politici, perché per una volta non provate ad ascoltare la gente? In fondo poi alla gente chiedete voti. La maggioranza degli italiani non vuole guerra, non vuole più armi, non vuole gettare fuoco sul fuoco. Nonostante la belligeranza e la bellicosità di tanto giornalismo. Nonostante gli urli “aiuto, armiamoci, arrivano i Cosacchi a pascolare i cavalli in Piazza San Pietro”, nonostante l’isteria, la maggioranza degli italiani non vuole più armi. Perché? Perché è ragionevole, e vuole solo vivere in pace. Non alimentare la guerra con la guerra. Come la maggioranza degli ukraini, dei russi e dei cinesi. Ma anche a loro raccontano che sono in pericolo, e che bisogna andare a difendere dei poveretti attaccati. Cerchiamo di non essere sciocchi: la Russia non attaccherà mai paesi nell’alleanza Nato, che è enormemente più potente dell’esercito russo. È la paura che genera aggressività. Rileggetevi tutti l’inizio di Mein Kampf di Hitler. È interamente giocato sulla paura “armiamoci e diventiamo forti, altrimenti ci stritoleranno”. Sembra tanti articoli recenti. Sappiamo come è andata a finire. La paura genera mostri. Se il XXI secolo si nutre di paura, sarà come il XX secolo: 70 milioni di morti ammazzati, per nulla. 

Tratto dal blog di Daniele Barbieri