mercoledì 30 agosto 2006

Un po’ di aria fresca

Non alludo, ovviamente, all’arrivo di un clima che, a fine agosto, ci regala una gradevole frescura e ci prepara alle prime avvisaglie dell’autunno.

La politica è ritornata in campo con l’uscita di Berlusconi. Gli restano le televisioni, le notti in villa e la chitarra di Apicella, ma questo “mercante” è al tramonto. Resta però, come frutto dei suoi governi, il berlusconismo, oggi più astutamente rappresentato da quel politico ambiguo che à Casini, ben più pericoloso del cavaliere e dei suoi cortigiani.

La politica estera, gli interventi rispetto al Libano, alla Palestina, a Israele hanno il “sapore delle cose serie”. Il decreto Bersani lancia al paese un messaggio chiaro. Mille problemi restano aperti, anche rispetto alla forza di interposizione, ma c’è un aspetto che non può essere sottovalutato: per la prima volta gli USA vengono ridimensionati a tutto vantaggio dell’ONU e dell’Europa. “Plutone non è più il nono pianeta del sistema solare e l’Italia non è più il cinquantunesimo stato degli USA (La repubblica, 27/08/06).

Tutto sommato, la grande campagna per il finanziamento delle scuole cattoliche, tanto cara al papa, a Ruini, a Scola e a Comunione&Liberazione, non ha trovato consensi nel mondo politico che qualche guizzo di laicità ha maturato in questi anni.

Anche perché nello spazio di un quinquennio ci troveremo a finanziare le scuole islamiche, induiste, buddiste che rappresenterebbero una “quota” più elevata degli studenti cattolici.

Dove, invece, di aria fresca non c’è proprio traccia e dove non spira un soffio di novità è nel cattolicesimo ufficiale italiano. Tutto è fermo, tranne le manovre organizzative.

Nell’imminenza del Convegno della chiesa cattolica italiana che si svolgerà a Verona ci si aspetterebbe una cascata di documenti, di contributi critici e costruttivi, un dibattito aperto ed acceso su tante questioni politiche culturali, teologiche e pastorali.

Invece il popolo di Dio tace e il silenzio regna sovrano, interrotto soltanto dai pronunciamenti ufficiali. Le chiese locali più che esauste sono inesistenti.

Siamo in presenza di una crescente e pervasiva clericalizzazione della chiesa in cui i “laici” diventano sempre di più “comparse figurative” anziché presenze significative. Manca una vera progettualità pastorale perché si sono tarpate le ali ad un pensiero teologico davvero innovativo.

Ci sarà qualcuno/a che canterà una canzone fuori dal coro? Se non ci sarà almeno un po’ di brezza, circoleranno soltanto aria fritta e cortigiana e, soprattutto, tanta tanta tanta minestra conservata, con i soliti piatti precotti e una spettacolare liturgia papale.

lunedì 21 agosto 2006

A Verona... insieme

Cari amici gay e lesbiche,

rivolgo un invito a voi e ai vostri gruppi a farvi vivi al convegno della chiesa italiana che si svolgerà a Verona dal 16 al 20 ottobre.


Ovviamente si parlerà di omosessualità, ma non parleranno omosessuali. Se non quelli nascosti e papalini.


Perché non darci appuntamento in uno di quei giorni per un dialogo, sia pure fuori dall'assemblea, con i fratelli e le sorelle che sono stati scelti e selezionati come rapresentanti delle chiese locali?


Questo è un periodo in cui i gruppi e le comunità sono in piena attività.


Non perdiamo l'occasione di far sentire che molti gay e molte lesbiche sono chiesa e vogliono testimoniare la loro fede senza dover nascondere la loro umanità.


Vi mando un abbraccio forte forte e vi aspetto a Verona, dove andrò il 17 e il 18 ottobre.

Pinerolo, 21 agosto 2006

sabato 19 agosto 2006

...E IO NON VI FACCIO IL FUNERALE

Da Siena è tornato a Pinerolo don Filliol, un parroco che ha scritto parole di fuoco sul bollettino della parrocchia di Santa Cristina.


Qualche giorno fa se l’è presa con i suoi parrocchiani poco presenti in chiesa a tal punto che non vanno neppure per le feste comandate. Troppo assenteisti, miscredenti, comunisti... li ha definiti; troppo seguaci di Prodi, Bertinotti e d’Alema.

La presa di posizione non lascia tanto spazio all’interpretazione: “Per coloro che non ho ancora visto nella casa del Signore nel giorno festivo, anche se ne avevano sicuramente la possibilità, sappiano chiaramente che io per loro non celebrerò il funerale in chiesa. Se eventualmente vi fosse un funerale in un giorno festivo non lo celebrerò né, tanto meno, autorizzo nessuno a farlo”.

Nel senese nessuna sembra molto stupito di queste dichiarazioni, visti il carattere e lo stile pastorale del sacerdote venuto da Pinerolo.

Il problema, fanno sapere dalla curia vescovile di Siena, è stato risolto alla radice. Don Filliol ha già preso contatto con il vescovo di Pinerolo che accoglie a braccia aperte un sacerdote come lui, come accoglie preti focolarini, neocatecumenali, opusdeisti.

In realtà si tratta di un trasferimento deciso dall’arcivescovo di Siena dopo un colloquio con il sacerdote che, peraltro, aveva già presentato una richiesta del genere.

La notizia, comparsa sulla stampa nazionale parecchi giorni fa, non meriterebbe forse tanta attenzione. Ma essa, non essendo affatto un caso isolato, denota qualcosa di più del disagio personale di un parroco rispetto alla comunità in cui svolge il suo ministero.

Si tratta di un episodio che segnala un ritorno al clericalismo e all’autoritarismo preconciliare. Il che, invece, è degno di molta attenzione, anche perché il vento vaticano soffia, sia pure più garbatamente, nella stesa direzione.

Comunque, sarò contento di rivedere a Pinerolo questo mio confratello al quale do un cordiale benvenuto.

giovedì 17 agosto 2006

Caro Fidel Castro...

Caro Fidel Castro,

da buon ultimo e da perfetto sconosciuto, per giunta in forte ritardo, arrivo anch’io a porgerti gli auguri per i tuoi 80 anni nella speranza che tu possa ancora riprenderti da questa grave malattia.

Qui in Europa chi non entra negli schemi della nostra democrazia non viene solitamente chiamato, come in USA, stato canaglia. Lo si definisce semplicemente “regime” o dittatura.

Io non ho mai fatto un idolo di nessuna esperienza politica e di nessun governante. Però ho sempre guardato al popolo cubano e alla vostra “rivoluzione” con simpatia e con partecipazione.

Molte delle vostre e delle tue scelte a volte mi sono sembrate assai discutibili, altre sbagliate. Ma continuo a guardare a Cuba con speranza perché, pur ignorati dagli amici di un tempo e sabotati dall’imperialismo USA e da buona parte dei suoi alleati, non siete quella terra disperata che la propaganda anticastrista di Miami diffonde. La dignità e la forza di alzare la testa contro l’impero continua ad animare la maggioranza di voi. “Qui non solo Castro, anche la maggioranza dei cubani sembra convinta che il capitalismo non sia la soluzione. Per questo resistono”, leggo su La Repubblica di martedì 15 agosto.

Se, come documenta lo stesso giornale, Cuba “resta all’avanguardia per i suoi sistemi sanitari, se il tasso di mortalità infantile è inferiore a quello di tutti i paesi in via di sviluppo, se l’aspettativa di vita è più alta di quella degli Stati Uniti, se sono gratuiti tutti i servizi come medicine, autobus, scuole e università, se nel solo 2005 il prodotto interno lordo è cresciuto dell’11 per cento”, allora parlare di rivoluzione non è una parola buttata al vento. Penso quanto sarà difficile nel futuro fare in modo che si allarghi nel tuo popolo lo spazio della democrazia, dei diritti civili, del dissenso.

So quanto sia seducente il consumismo che caratterizza ormai non il solo Occidente e quanto sarebbe incerto il futuro imminente del vostro paese qualora venisse a mancare la tua presenza.

Credo che non solo il tuo popolo, ma tutta l’America Latina ti debba moltissimo.

Credo che nei prossimi anni dovremo ancora fare i conti e riconsiderare con maggior attenzione quel laboratorio politico che si chiama la “rivoluzione cubana”, che non può essere liquidata come uno dei tanti sogni velleitari.

Caro Fidel, spero che tu possa ancora accompagnare il tuo popolo verso quel futuro in cui tanti passi restano ancora da compiere verso una maggiore prosperità e una migliore democrazia. E spero che, dopo di te, il popolo cubano abbia il coraggio di contrastare il disegno USA di trasformare Cuba in una colonia yankee.

Auguri, caro Fidel.

mercoledì 16 agosto 2006

Beati i costruttori di pace

Si apre in Libano e Palestina qualche spiraglio di pace. Anche Hezbollah, governi irresponsabili come quello di Israele e USA sembrano darsi un po' di saggezza dopo i crimini compiuti in questo ultimo mese. Ma tutto è fragile e precario.

Quando la politica è degna di questo nome, si riaccende una speranza. A mio avviso, in questa situazione il governo italiano ha mostrato di essere all'altezza delle proprie responsabilità, dal primo all'ultimo giorno di questa strage degli innocenti.

Le dichiarazioni e le iniziative del governo italiano hanno rialzato le sorti dellla vera politica e, sul piano internazionale, hanno messo fine al balletto servile della "ditta Berlusconi e soci", sempre genuflessi al potere degli Stati Uniti.


Ma resta l'odio che il "mondo arabo" ha comprensibilmente accumulato contro Israele e contro l'Occidente. Questo diffuso risentimento potrà armare delle mani molto più potenti e imprendibili di Hezbollah.

Finché Israele non si sgancerà dalla protezione del governo assassino degli USA, non ci sarà pace in Medio Orientre.

Così pure l'occupazione dei terrritori in Palestina resta una ferita aperta e, a mio avviso, da questa ferita non guarita potrà ancora uscire tanto sangue israelita, arabo, palestinese.


La politica deve cercare soluzioni alla radice e non mettere cerotti. L'ONU e l'Europa hanno la possibilità di prendersi le loro responsabilità.

martedì 15 agosto 2006

ANGELO FRAMARTINO

Non è stato un eroe, ma un giovane uomo di pace. Di eroi non abbiamo bisogno, di uomini come lui sì.

Tanto più che in questi ultimi tempi si sono chiamati eroi tanti personaggi ambigui, lautamente pagati per l’arte della guerra, talvolta con piena ed esplicita licenza di uccidere.

A me gli eroi mercenari sembrano poco credibili. Dedicare loro sommi elogi e funerali faraonici, con tanto di esaltazione per la loro “missione di pace”, è parso qualcosa di peggio della più bieca retorica militaresca.

E’ tempo di dire chiaramente che "gli uomini e le donne di pace” sono altri. Quelli come Angelo.

A questi semmai dedicherei una via, una piazza. Di questi occorre, a mio avviso, tenere vivo il ricordo.

lunedì 14 agosto 2006

Il bisogno di un luogo

Sono stato colpito un mese fa, nei giorni dell’invasione del Libano da parte dell’esercito israeliano, dalle parole sconsolate e sagge di una donna. In risposta a chi le ingiungeva di lasciare, con la sua famiglia, il villaggio e la casa disse: “Questo è il mio luogo: qui c’è la mia terra, qui ci sono i miei vicini..., qui posso essere me stessa... qui c’è la mia vita...”.

In questo mese di agosto (che non dimenticherò mai per le persone che ho incontrato nei gruppi e nei colloqui) una persona transessuale, straordinariamente ricca di umanità e di fede, mi ha detto: “Sai, don Franco, che ringrazio Dio perché in questa comunità di base ho trovato un posto in cui posso essere me stesso senza nascondermi... Mi spiace doverlo dire, ma spesso le persone, troppe persone..., quelle che escono dal modello ufficiale, non trovano più un posto. E’ così triste, quando cerchi una comunità, vagare da un luogo all’altro e... non trovare mai un posto... Va a finire che ti senti un po’ ovunque fuori posto”.

Mi ha toccato il cuore. Sabato 7 ottobre qui a Pinerolo un gruppo di transessuali credenti e non ci parlerà di questo non trovare posto.

Non ho pensato che questa comunità di base sia migliore di altre comunità e parrocchie. Mi sono chiesto però, se al convegno della chiesa italiana a Verona l’assemblea dei delegati e delle delegate troverà il coraggio di interrogarsi sulle donne e sugli uomini ai quali l’istituzione cattolica non permette di avere un posto nella chiesa.

Se la chiesa, da struttura escludente com’è oggi, non si converte e non diventa luogo aperto e conviviale, ha ancora qualche minimo riferimento a Gesù di Nazareth?

lunedì 7 agosto 2006

Letture pericolose

Sopravissuti ad un anno di lavoro e finita la febbre dei mondiali di calcio, è sperabile che ci aspetti qualche giorno di riposo.

E ognuno, giustamente, si riposa a modo suo. Ma, tra le risorse più rigeneratrici, per molti di noi si può collocare la lettura. Nelle ferie ci possiamo permettere una notevole intensificazione, addirittura un eccesso che non nuoce.

Nei brevi giorni di vacanza finalmente prendo quei libri che, dovendo stabilire delle priorità, avevo accantonato. Anche quest’anno non mi mancherà un buon assortimento di teologia e di politica. I gusti non si discutono, dicevano saggiamente gli antichi.

Ma, messa da parte questa nota autobiografica, mi permetto di segnalare alcune letture che, come si dice, lasciano il segno e offrono una salutare provocazione. Da patito di Bibbia e di teologia, voglio privilegiare in questa segnalazione alcuni recenti studi sulla figura e sul significato della vita di Gesù di Nazaret che solitamente sono scarsamente conosciuti anche tra i credenti e possono aprire finestre nuove per ogni lettore.

Il biblista cattolico Ortensio da Spinetoli, nel suo “Gesù di Nazaret” (Edizioni La Meridiana, Via Di Vittorio, 7 – 70056 Molfetta), riassume 50 anni di ricerche e di scritti che lo hanno reso molto apprezzato specialmente nell’area conciliare della chiesa cattolica.

Ovviamente chi fosse abituato a partire dalle formulazioni dogmatiche, più che da una attenta e “attrezzata” lettura dei testi biblici, in queste pagine si troverebbe subito messo in questione.

Già il racconto della nascita di Gesù, sulla scorta di altre testimonianze bibliche ed extrabibliche, viene letto come stratagemma apologetico e non come un dato di cronaca: “La preoccupazione dell’autore sacro non è quella di informare sulle modalità della nascita di tali personaggi, che non potevano essere diverse da quelli di tutti gli altri uomini, ma sulla singolare missione loro riservata nel piano di Dio. E per non lasciare dubbi sulla provenienza e sul compito da loro svolto, l’autore attribuisce a Dio la loro “concezione”. Si parla di una nascita miracolosa per far capire che si tratta di una chiamata che supera le loro capacità naturali” (pag. 235).

Pagine straordinariamente dense e liberanti sono disseminate un po’ in ogni capitolo: “Dedurre dalle affermazioni sui rapporti filiali di Gesù con il Padre appigli per una concezione trinitaria della divinità rimane sempre fuori posto” (pag. 241) anche perché “l’appellativo ‘figlio di Dio’ che prenderà sempre più spazio nella predicazione delle origini…ha un significato che non supera quello di ‘Cristo di Dio’... Nell’interrogatorio di Gesù davanti al Sinedrio le autorità chiedono se egli sia ‘il Cristo, il figlio di Dio’. In altre parole vogliono sapere se egli si riteneva veramente il messo di Dio, il suo inviato… Non poteva passare per la mente di nessuno di loro la possibilità che qualcuno potesse ritenersi eguale a Dio…Cristo o ‘figlio di Dio’, per loro, erano due titoli eguali, dicevano con parole diverse la stessa cosa” (pag. 242). Ne consegue che “Gesù figlio di Dio non equivaleva in nessun modo a “Gesù Dio” (pag. 243).

Si tratta di riflessioni ovvie per un biblista che sappia deporre gli occhiali dogmatici con i quali troppo spesso, purtroppo, si legge la Bibbia. In questa prospettiva Gesù non è per nulla sminuito: anzi, si mette in maggior risalto la missione, il compito specialissimo che Dio gli ha assegnato. Ma “i nazaretani e gli abitanti delle contrade galilee non hanno avuto la gioia di vedere il ‘Verbo di Dio’ prendere dimora in mezzo a loro, quanto un concittadino che ha provato a schierarsi dalla parte delle frange più indifese della popolazione” (pag. 251).

Un volumetto che rischia di passare inosservato è quello di Paul Abela (Credo, ma diversamente, Edizioni L’Harmattan Italia, Via Bava 37, 10124 Torino, 2003, pag 110, € 14,00), uno studioso laico cresciuto teologicamente alla scuola di Maurice Zundel. In queste pagine l’Autore, rileggendo il Credo, fa propria la tesi secondo la quale parlare di Dio oggi, con il linguaggio dei primi secoli, è votarsi all’incomprensione e far correre a Dio il rischio di essere percepito come un mito da relegarsi tra le anticaglie. Si tratta di una ventina di brevi capitoli in cui Paul Abela è riuscito, con un linguaggio preciso ed aperto, a rendere conto in modo pregevole del dibattito teologico degli ultimi secoli.

Ugualmente stimolante ed accessibile è il volumetto del biblista Luciano Scaccaglia, molto noto anche per il suo impegno ecclesiale dalla parte dei separati, divorziati, gay e lesbiche (Gesù di Nazareth perfetta icona di Dio, Parma 2004, a cura della comunità parrocchiale di Santa Cristina). Attraverso le pagine del Vangelo di Marco, l’Autore ci invita alla riscoperta di un Gesù storico assai difforme dalla sua “traduzione” dogmatica. Anche queste pagine, assolutamente acquisite nella ricerca contemporanea, sono utilizzabili per un percorso catechistico che privilegi il dato biblico. Qua e là l’Autore inserisce delle brevi digressioni con le quali si suggeriscono strumenti per una corretta lettura dei testi biblici. Lo scopo evidente non è tanto quello di fornire una lettura quanto di rendere ogni lettore un interprete consapevole e competente.

Se poi, dopo la lettura del rigoroso studio del grande esegeta protestante Patterson (Il Gesù storico, Claudiana, Torino 2005), accetteremo il confronto con un “provocatore di classe” come Harold Bloom (Gesù e Yahvè, Rizzoli), allora il coraggio intellettuale avrà compiuto un altro passo. Tutto questo per dirci ancora una volta che, tanto per vivere quanto per credere, abbiamo bisogno di pensare e che pensare non è un lusso, ma una gioia, una possibilità, un impegno, un dovere perché le categorie culturali e i linguaggi con i quali si esprime la fede sono storici, contingenti, mutevoli.

E non da oggi sappiamo che la vita è movimento. Con l’augurio di buona lettura.

venerdì 4 agosto 2006

IL SEME DELL'ODIO

Il sangue innocente che i carri armati e le bombe spargono in Libano in questi giorni non possono certo farci dimenticare altre pesanti responsabilità, come quelle degli Hezbollah.

Ma sarà difficile negare che oggi un governo come quello israeliano agisce in modo criminale,violando ogni regola del diritto internazionale.

E' un'illusione tragica credere di risolvere un problema con una guerra che estende odio e accenderà per decenni altri fuochi di guerriglia.

La ferocia hitleriana con cui il governo d'Israele ha deciso l'olocausto di persone innocenti è possibile solo perché l'ONU è una organizzazione impotente, declamatoria, esattamente come il vaticano. Fiumi di parole, di proclami e poi totale inefficienza.

Il governo d'Israele e le armi americane oggi sono per me il segno più evidente di una idolatria del potere e della violenza.

Anche Israele un giorno capirà che questa strada produce solo violenza, ma temo che dovrà pagare per questo crimine un conto tragico di sangue e di vendetta. Un conto che potrebbe tradursi in un diffuso e comprensibile odio per l'occidente.

giovedì 3 agosto 2006

TRAGICA CONFUSIONE

Alludo alla vicenda che riguarda i cosiddetti “dissenzienti”. Già questa terminologia non mi sembra corretta.

Mentre finalmente un governo sta facendo, con alcuni cedimenti, tutto quello che sa e può fare sul terreno dell’equità sociale ed è al massimo della credibilità internazionale, diventa importante capire che cosa si nasconde dietro la “coerenza” di questi “dissenzienti”.

Non mi convincono i giudizi sommari rispetto alla persone. Penso piuttosto che la loro sincera “coerenza” sia il frutto di una duplice e gravissima confusione.

La prima consiste nel ritenere che il “loro” particolare pacifismo sia “il” pacifismo. Anziché un cammino, un percorso il “loro” pacifismo è una ideologia assoluta, un fondamentalismo. Tante anime belle e pure, come questi nostri amici, cadono in un’altra diffusa confusione tra politica e profezia. Si sa, la profezia apre orizzonti e spalanca il presente verso la perfezione. Così facendo ci addita la direzione, ci risveglia dal letargo, mette sotto giudizio compromessi e addita la meta. Ma la politica non può tradurre in opere le intuizioni della profezia. Essa è lo spazio del possibile.

Mentre si lascia interpellare dalla profezia, deve tenere conto di altre dinamiche derivanti in primo luogo della complessità delle situazioni. I politici, quando non hanno ben chiare le diversità esistenti tra profezia e azione politica, fanno le anime belle che seducono tante persone ingenue, ma compromettono il camino costruttivo verso la pace e la giustizia.

Il profeta, quando è davvero tale nella sua vita, non rinuncia al compito che gli è proprio, ma resta lucidamente consapevole che, chi esercita responsabilità politiche, deve compiere le mediazioni necessarie per rispettare le elementari regole della democrazia. In somma anche certo pacifismo ha il sapore di una idolatria. Gli basterebbe riconoscere la sua parzialità per ritornare ad essere fecondo nel contesto politico attuale che ha tanto bisogno di radicalità senza radicalismo.

Non abbiamo bisogno dei “santi” del pacifismo:abbiamo, invece, bisogno di uomini e donne che costruiscano concretamente percorsi verso la pace.


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Concilium 3/2006, Rivista internazionale di teologia, Queriniana, € 13,00.

Il titolo del fascicolo “Le voci delle donne nelle religioni mondiali” esprime bene il significato di questa raccolta di studi e di testimonianze.
Il fascicolo è prezioso soprattutto perché si tratta di protagoniste di culture, tradizioni e religioni diverse che tentano di vivere come credenti e femministe.
Molto apprezzabile, per quanto limitata, la bibliografia fondamentale su “Donne nelle religioni del mondo” che compare nelle ultime pagine.
Il quaderno di teologia, che purtroppo è difficilmente reperibile nelle librerie o nelle comunità cristiane, può essere richiesto alla Editrice Queriniana, via Ferri 75 - 25123 BRESCIA.

martedì 1 agosto 2006

L’errore tragico di Israele

Quando l’ONU ha proposto il cessate il fuoco come condizione per organizzare una forza di interposizione, ancora una volta il governo di Israele ha scelto la via concordata con il governo USA: prima sterminare il nemico e poi trattare sulla forza ONU.

La tragedia di Israele è questo dipendere militarmente, e quindi politicamente, da Bush che rappresenta il governo più assassino e criminale della terra.

I morti innocenti non contano mai per il governo americano. Conta portare “libertà e democrazia” a modo suo.

Israele per ora, purtroppo, non sa scegliere altri cammini verso la pace e continua a percorrere la strada americana.

Per me, amico di Israele, questo è qualcosa di già visto e, nello stesso tempo, scatenerà odio e violenza bel oltre i territori coinvolti da questa guerra.

Ma Israele, il potere, continua a fidarsi di un “amico” che conosce solo la forza delle armi.

Israele: aggredito e aggressore

Nessuno di noi vuole, certamente, difendere l’azione di Hezbollah. Ma è altrettanto difficilmente difendibile l'intervento del governo di Israele che ha frenato l’azione dell’ONU e ha creato un vero “macello” con la sua reazione.

“La lista degli errori che Isarele ha compiuto nei confronti degli arabi palestinesi è almeno altrettanto lunga di quelli compiuti dagli Stati arabi e dagli stessi palestinesi... Non è invece inutile segnalare gli errori compiuti dal maggior alleato di Israele, di fatto garante della sua esistenza e finanziatore delle sue spese militari. L’ultima e più grave di tutti è stata la guerra anglo-americana contro l’Iraq... Il terrorismo, inesistente in Iraq prima del 2002, ha fatto della zona centrale di quel paese la sua piattaforma di lancio”(Eugenio Scalfari, La Repubblica, 16 luglio 2006).

Ora il fatto che il governo di Israele usi lo stesso linguaggio che gli USA hanno impiegato in Iraq e parli di “asse del male” evidenzia ulteriormente quanto l’alleanza Israele e Usa sia militare, ideologica e politica in perfetta sintonia con il tristemente noto fondamentalismo islamico.

Siccome gli USA, a buon diritto, in tutta l’area sono considerati degli invasori, rompere questa alleanza con gli USA diventa indilazionabile per Israele, innanzi tutto per il proprio interesse e poi per non coinvolgere l'Iran e gli arabi moderati in una guerra che dilagherebbe oltre ogni previsione.