domenica 30 settembre 2007

UNA CHIESA CHE NON ACCETTA LA DIVERSITÀ

Ospito volentieri sul mio blog queste notizie che evidenziano il volto della chiesa cattolica ufficiale


LO "SCANDALO" DELLA PARROCCHIA DI SAN CARLO BORROMEO: VIETATO CRITICARE IL POTERE DELLA GERARCHIA


MADRID-ADISTA. C’è ancora posto per la diversità nella Chiesa? È questa la domanda di fondo sollevata dalla vicenda della parrocchia di San Carlos Borromeo, nella periferia madrilena di Entrevías, che l’arcivescovo di Madrid, card. Antonio María Rouco Varela, ha minacciato di chiudere, scatenando così un massiccio movimento di sostegno popolare alla comunità (oltre 30.000 le firme di solidarietà raccolte).

I tre preti della ‘parrocchia degli esclusi’, Javier Baeza, Enrique De Castro e Pepe Diaz, da quasi 30 anni impegnati a fianco dei poveri e gli emarginati, il 19 giugno hanno finalmente incontrato un rappresentante dell’arcidiocesi, il vescovo ausiliare mons. Fidel Herráez, che ha loro proposto di rendere San Carlos Borromeo “un centro con caratteristiche differenti”: secondo quanto riportano i giornali spagnoli, questo centro sarà affittato dall’arcidiocesi a una ong, associazione o figura giuridica simile, e i tre preti avranno l’incarico di portare avanti l’opera sociale che già svolgono.

I preti, inoltre, dovranno chiedere pubblicamente perdono per lo “scandalo” provocato e professare piena comunione con il vescovo.

In un comunicato, i tre hanno chiarito di voler “riflettere” sulla proposta dell’arcivescovo “insieme alla comunità parrocchiale”. Di certo, il card. Varela sembra avere tutte le intenzioni di mettere la parola fine all’esperienza della comunità di San Carlos Borromeo.

L’ultimo numero del Bollettino ufficiale dell’Arcidiocesi pubblica, con data 4 aprile 2007, due decreti ufficiali che ridisegnano i confini delle parrocchie di Santa Eulalia de Mérida e di San Francisco da Paula, che arrivano così a ‘coprire’ il territorio di San Carlos.

Si tratta, si legge nei decreti, della “sanzione canonica della situazione pastorale della Parrocchia di San Carlos Borromeo, che dal 1986 è stata autorizzata a dedicarsi in maniera preferenziale ai giovani esclusi di Madrid, cedendo di fatto la cura pastorale dei fedeli del suo territorio alle parrocchie limitrofe”.

I decreti, come fa notare un comunicato di San Carlos del 6 giugno, “non presuppongono l’estinzione della parrocchia di San Carlos Borromeo, che continua a godere di personalità giuridica propria.

Anzi, danno forma giuridico-canonica a quello che era già stato disposto nello Statuto della Parrocchia del 1985, quando San Carlos Borromeo, in via sperimentale, smetteva di essere parrocchia territoriale e passava ad occuparsi, preferenzialmente, della ‘pastorale degli emarginati e degli esclusi’”.

“Già in quel momento”, precisa il comunicato, “si decise la divisione del territorio di San Carlos Borromeo tra le due parrocchie vicine, anche se non si era proceduto formalmente alla delimitazione definitiva de territorio”. La speranza “in un dialogo sereno con l’arcidiocesi” rimane quindi viva, ma le ultime parole del card. Rouco Varela non fanno sperare nulla di buono.

L’arcivescovo ha infatti accusato i tre preti, colpevoli di celebrare senza paramenti e con il pane preparato dalle donne della comunità parrocchiale, di “profanare l’Eucaristia”: “Dobbiamo lamentare”, ha detto, “con profondo dolore gli abusi e le profanazioni di questo sacramento di cui siamo stati testimoni nella nostra diocesi, abusi che separano i loro autori dalla comunione nella fede e nella vita ecclesiale”.

Un attacco violento che, secondo il quotidiano El País, potrebbe preludere alla sospensione a divinis dei tre sacerdoti. Gli eventi delle ultime settimane non hanno fatto che rafforzare i dubbi sulla volontà di dialogo espressa dall’arcidiocesi.

Il cardinale ha, infatti, ordinato alla Caritas diocesana – a cui originariamente dovevano essere affidate le strutture di San Carlos Borromeo – di sospendere la collaborazione con i tre preti di Entrevías. L’ausiliare mons. Herráez ha inoltre proibito in un’altra parrocchia madrilena che si pregasse “per la diversità nella Chiesa” in appoggio alla lotta di San Carlos.

Per tutta risposta, circa venti preti di tutta Madrid si sono incontrati nella spianata davanti alla parrocchia di San Carlos Borromeo per una “concelebrazione” allo scopo di “dare visibilità al fatto che ci sono diversi modi di esprimere e celebrare la fede”.

Ad Adista, Enrique De Castro spiega che il vero motivo della chiusura di San Carlos Borromeo sta nel suo essere Chiesa ‘critica’ nei confronti di una Chiesa potente. Di seguito l’intervista che ci ha rilasciato. (alessandro speciale)


UNA CHIESA CHE NON ACCETTA LA DIVERSITÀ

Intervista ad Enrique De Castro

D: Credi che la decisione di chiudere la parrocchia arrivi dal Vaticano o che sia del card. Rouco?
R: Dalle notizie che ci sono arrivate, pensiamo che il Vaticano abbia chiesto a Rouco di fare qualcosa, ma non espressamente di chiudere la nostra parrocchia. La decisione vera e propria non so da chi sia partita: sicuramente, a Roma hanno chiesto a Rouco di intervenire e lui ha poi optato per la chiusura della nostra parrocchia.

D: Perché, dopo 30 anni, proprio in questo momento?
R: Per molti anni siamo stati conosciuti per il nostro impegno in campo sociale, con i ragazzi di strada, i tossicodipendenti, i detenuti; e i mezzi di comunicazione ci hanno sempre cercato per parlare di questi temi. Dalla morte di Giovanni Paolo II, però, nella Chiesa spagnola si registra una crescente tensione con il governo, soprattutto con il Psoe; ci sono state nuove proposte di legge, dal matrimonio omosessuale al divorzio breve fino all’eutanasia, e la Chiesa cattolica è scesa in piazza, promuovendo manifestazioni a cui i vescovi, Rouco compreso, hanno preso parte. In quel momento, i media hanno cominciato a farci domande sulla Chiesa e le sue dinamiche interne. Molte volte ho risposto che queste cose dovevano chiederle ai teologi, ma loro ci dicevano: ‘non vogliamo parlare con i teologi, sappiamo quello che ci dicono, vogliamo parlare con i sacerdoti della strada, sapere in che modo vi tocca quello che sta succedendo adesso’. Allora, nelle nostre risposte, siamo stati molto critici con la gerarchia ecclesiastica, con la sua morale e il suo potere: e penso che tutto quanto abbiamo detto sia poi stato denunciato all’arcivescovado di Madrid.

D: Quindi la Chiesa non è più capace di accettare le diversità al suo interno?
R: Attualmente, no. Ma neanche con Giovanni Paolo II la diversità era tanto accettata, come indica l’espulsione del vescovo francese Gaillot, la difficile situazione in cui si sono trovati vescovi come Pedro Casaldáliga, il rifiuto della teologia della Liberazione…

D: Credi che la Chiesa vi voglia davvero espellere?
R: A Roma intendono la comunione come uniformità: c’è un pensiero unico, e tutto quello che non è conforme a questo pensiero viene rifiutato e respinto. Non si accetta la critica del potere all’interno della Chiesa. E le gerarchie sanno che se lavoreremo soltanto nel sociale senza essere più una parrocchia, allora non potremo più parlare da dentro la Chiesa della Chiesa.

D: Qual è la vostra critica al potere nella Chiesa e come la portate avanti?
R: Dalla morte di Paolo VI in poi, e soprattutto con la fine del pontificato di Giovanni Paolo I e gli scandali finanziari dello Ior, hanno trovato cittadinanza ecclesiale gruppi come l’Opus Dei, Comunione e Liberazione, il Movimento Neocatecumenale, i Legionari di Cristo: è la loro visione che si impone in Vaticano, mentre i gruppi che non sono conformi vengono sistematicamente esclusi. La nostra critica al potere nella Chiesa è che tutto ciò non è evangelico. È il luogo di Dio che è cambiato: per questi movimenti, il luogo di Dio in terra è la Chiesa, invece che i poveri. E la Chiesa, invece che luogo dei poveri, diventa luogo delle istituzioni. Anche nella sua enciclica, papa Benedetto XVI dice che la casa di Dio in terra è la Chiesa cattolica, il che significa tornare radicalmente indietro rispetto al Concilio Vaticano II.

D: Siete pronti a continuare il vostro cammino a fianco dei poveri anche fuori della Chiesa?
R: Noi non siamo fuori dalla Chiesa: al massimo, potremo finire fuori dalla gerarchia, anche se pure dei vescovi, sono pochi ma ci sono, si trovano fuori dalla linea di pensiero ufficiale. A Roma credono che il problema si risolverà con la chiusura della parrocchia, ma anche se andranno fino in fondo non ci fermeranno davvero, perché noi continueremo il nostro cammino insieme alla comunità. È vivendo qui, in questo modo, che abbiamo scoperto qualcosa della fede, insieme ai ragazzi, alle madri, anche a quel ragazzo musulmano che dice di aver scoperto questa Chiesa senza smettere di essere musulmano. Come si fa a cacciare queste persone? Non so se ci cacceranno, ma quello che possiamo dire è che crediamo nel Vangelo e nella sua forza.

CON PREOCCUPAZIONE

Ospito da La repubblica di domenica 23 settembre queste righe. Piena solidarietà ai Valdesi


Forza Nuova contro i valdesi


Ha suscitato più amarezza che proteste il presidio organizzato ieri pomeriggio (sabato 22 settembre, ndr) davanti alla parrocchia di Torre Pellice dagli estremisti di Forza Nuova per protestare contro le posizioni prese in difesa della 194, la legge che regolamenta l'aborto, dal Sinodo valdese.

Poco dopo le 15 una ventina di estremisti è comparsa a Torre Pellice distribuendo volantini che ricordavano l'impegno di Forza Nuova "a favore della vita". Più numerosi i cittadini che si sono immediatamente radunati sulla piazza per protestare contro la manifestazione neofascista.

Carabinieri e polizia comunque hanno impedito qualsiasi contatto tra
i due schieramenti e il presidio di Forza Nuova, autorizzato in settimana dal questore, si è concluso senza incidenti poco dopo le 17.

"Più che indignazione questo episodio suscita amarezza - spiega il pastore Claudio Pasquet - Mi chiedo se era il caso di permettere una manifestazione di questo tipo proprio in tempi in cui da più parti si cerca di rinfocolare le guerre di religione.

Noi riconosciamo a chiunque il diritto di man ifestare ma purtroppo negli ultimi tempi siamo oggetti di una campagna d'odio. Svastiche sono comparse sui muri delle nostre chiese al Lingotto e a San Germano, sintomo dell'insofferenza verso ciò che è diverso.

In più c'è una scarsa conoscenza delle nostre posizioni. Noi siamo naturalmente contro l'aborto anche se di fendiamo la legge vigente. Siamo anche per la promozione nelle scuole di un'educazione alla contraccezione e all'uso del preservativo. Abbìamo una posizione diversa dal Vaticano anche sulla ricerca delle staminali, nel sensoche siamo a favore di tutto quanto può aiutare a debellare le malattie.

Noi però esprimiamo le nostre tesi senza attaccare la Chiesa cattolica nonostante si sia detto che la nostra non è una chiesa e che la nostra comunità è fuori dalla cristianità ». (me. po.)

NOTIZIE E POLEMICHE

Ospito lo scritto di Serenella Mattera comparso su La repubblica di sabato 22 settembre


Nell'era Tremonti due condoni tombali alle società di Grillo


«Nel 2000 Beppe Grillo era il 231esimo contribuente italiano (un posto sopra Barilla), per due volte è ricorso al condono tombale da lui tanto vituperato, dice di possedere solo due case ma al catasto ne risultano molte di più».

Mentre il comico del V-day, il fustigatore della politica italiana, spopola su internet e fa registrare picchi di ascolto alle trasmissioni televisive che parlano di lui, qualcuno gli ha "fatto le pulci". Due articoli di Italia Oggi, pubblicati dal sito Dagospia, hanno sviscerato la vita del comico: dal reddito ai condoni, da un incidente d´auto, alle case e ai matrimoni.

In un articolo si fa notare che il comico genovese ha approfittato di due condoni fiscali, nel 2003 e 2004, «proprio mentre tuonava contro i condoni del governo Berlusconi destinati a ladri e malfattori». Delle sanatorie ha usufruito la società immobiliare Gestimar, di cui è proprietario assieme al fratello Andrea.

Mentre «sul piano personale di tasse ne ha sempre pagate a montagne»: nel 2000 era al 231esimo posto tra i contribuenti italiani, subito prima dell´industriale della pasta Guido Barilla. Italia Oggi ha anche spulciato i registri catastali, scoprendo che il comico possiede più delle due case che dichiara pubblicamente.

E poi ha ricordato vicende personali, come un incidente nel 1981, in cui, Grillo alla guida, morirono tre persone e il secondo matrimonio del blogger, celebrato in Chiesa, nonostante il precedente divorzio.

Beppe Grillo fa volare in alto gli ascolti delle trasmissioni che parlano di lui. Dopo i successi di Matrix e Ballarò, giovedì sera il programma di Santoro, "Annozero" (20, 92% di share, 5 milioni di spettatori) è riuscito a battere la prima serata di "Miss Italia".

E ha sollevato nuove polemiche, per le accuse dell´ospite Sabina Guzzanti al Tg1, respinte dalla redazione, di aver oscurato il V-day.

NOMINE VATICANE

Vescovo di Comunione e Liberazione a Mosca e nuovo vescovo a Pechino


A Pechino l´ok vaticano al neo-vescovo


CITTÀ DEL VATICANO - Il Vaticano ha annunciato che è stato raggiunto un accordo con la Cina sulla nomina del nuovo vescovo di Pechino. Padre Giuseppe Li Shan è stato nominato dall´Associazione patriottica dei cattolici cinesi che riconosce come autorità ultima il governo di Pechino e non il Papa ma la sua nomina a vescovo della capitale è stata approvata anche dalla Santa Sede «come gesto - spiega l´Osservatore Romano - mirato al miglioramento delle relazioni tra Vaticano e Cina». Intanto un italiano è stato nominato arcivescovo di Mosca. Si tratta di don Paolo Pezzi, 47 anni, che prende il posto del polacco Kondrusiewicz, sgradito al Patriarcato ortodosso russo. Il neo metropolita di Mosca, don Pezzi, è sacerdote dal ´90 ed è un esperto di storia russa. Dal ´98 è responsabile del movimento di Comunione e Liberazione in Russia. (La repubblica, 22 settembre)



Dunque le trattative con Pechino proseguono, come prosegue la penetrazione di Comunione e Liberazione nelle alte sfere della gerarchia

venerdì 28 settembre 2007

PAPOLATRIA, IDOLATRIA, SANTOMANIA

E' esplosa l'ultima "bomba" vaticana. Chi vuole può ricevere a domicilio una "reliquia" di un indumento del papa polacco.

Non so se sia possibile sceglire tra la tunica, le calze, il pigiama o le mutande di Wojtyla, ma si assicura che un pezzettino arriverà ad ogni richiedente con tanto di preghiera firmata dal cardinale Ruini.

Si noti: non c'è il prezzo, ma si ricevono volentieri delle offerte. Così ci si salva dalla formula esplicita del mercato del tempio, ma la sostanza non cambia per nulla.

Come l'offerta per le messe ha costruito l'industria del suffragio, così la "santificazione" di un cattolico illustre fornisce l'opportunità di espandere il mercato, di fare soldi.

Il vicariato di Roma e il vaticano sanno bene come un santo in paradiso produce affari sulla terra. Siamo arrivati ad un punto davvero inimmaginabile e, con santa esultanza, da Roma arriva la notizia di una valanga di richieste.

Così all'idolatria si aggiunge il ridicolo... pur di fare soldi. Prepariamoci al bacio delle sante reliquie.

Alle reliquie dei sospiri di san Giuseppe, delle penne dell'arcangelo Gabriele, del prepuzio del divin fanciullo, del sangue di san Gennaro, delle mammelle di sant'Agata, delle unghie di sant'Ermenegildo, delle pupille di santa Brigida, del legno della santa croce..., ora si aggiungono gli indumenti del papa polacco.

Ci potrebbe aspettare di peggio: fra qualche anno prepareranno le reliquie del cardinale Ruini. Una la prenoterò subito... E' roba da non perdere. Uno così lo trovi ogni tre o quattromila anni.

Vi suggerisco di prenotare per tempo perchè le reliquie del cardinale Ruini andranno a ruba su richiesta di gay, lesbiche, transessuali, separati, divorziati, donne, preti sposati....

BIRMANIA

Tra tanti scenari scomposti e violenti, ci arriva dai monaci della Birmania una lezione piena di dignità e autorevolezza morale.

Si tratta della forza della nonviolenza in una terra dove impazza il furore di una criminale giunta militare.

I bonzi hanno dato vita ad una grande manifestazione pacifica sfilando davanti alla casa di Aung San Suu Kyi, la leader dell’opposizione che è agli arresti domiciliari.

L’interiorità vissuta come ricerca dell’essenziale apre alla solidarietà.

CADE? NON CADE?

La domanda riguarda il governo Prodi. Anche se Dini e Mastella muoiono dalla voglia di subentrare e l’unto del Signore si sente ormai in sella, è sempre possibile che i giochi non siano ancora fatti.

Eugenio Scalfari su Repubblica di domenica, con la consueta lucidità, ha illustrato il possibile progetto dei fautori della spallata e i più coinvolti in questa operazione. Ecco le sue affermazioni:

Questo disegno prevede anche, oltre alla cacciata di Prodi con disonore – la giubilazione di Berlusconi con premi e medaglie e la nascita d’una nuova leadership non centrista ma centrale.

E qui il ventaglio è largo e va da Montezemolo a Draghi, a Mario Monti, e perché no a Veltroni. Grillo ha un ruolo in questo disegno: il lavoro sporco.

Deve spazzar via i disturbatori di professione, la sinistra radicale, i diessini non abbastanza flessibili, il potere della Cgil e dei sindacati in genere.

Poi – come ha scritto il buon Giovanni Sartori sul “Corriere della Sera” – non servirà più. Butteremo l’acqua sporca (Grillo) ma non il bambino che in quell’acqua ha emesso i suoi primi vagiti”.

Resta il fatto che solo cianciatori storicamente smemorati come Giovanni Sartori vedono nell’azzeramento degli attuali politici la rinascita dell’Italia.

In realtà ancora Scalfari pone la domanda: Chi se ne assumerà la responsabilità? Nello stesso scritto Scalfari ricorda alcuni fatti, alcune patate bollenti che il governo Prodi sta affrontando con dignità:

Piaccia o non piaccia c’è ‘testa di ferro’, cioè Romano Prodi. Chi lo sottovaluta commette un grave errore. Chi pensa che sia svagato, distratto, sonnacchioso, bravo soltanto nel tirare a campare, sbaglia ancora di più.

Prodi ha molti difetti. Non è un principe della comunicazione (ma da Vespa andò benissimo), è sospettoso. E’ rancoroso. Ma è riuscito a governare in mezzo ad un’incessante tempesta dovuta in gran parte a quella “porcata” della legge elettorale imposta dal precedente governo.

In un anno nel quale la sua popolarità è crollata al 26 per cento (ma quella di Berlusconi non supera il 32) insieme a Padoa-Schioppa, a Visco e Bersani è riuscito a rimettere a posto i conti con l’Europa, a far emergere da zero a 2 punti l’avanzo primario, a realizzare un recupero dell’evasione di molti miliardi e un super-gettito tributario senza nessuna tassa in più.

Ha diminuito l’Irap di 5 miliardi a beneficio delle imprese e dei lavoratori. Sta per decretare il bonus per le pensioni minime e il loro aumento stabile.

Nella Finanziaria semplificherà il pagamento delle imposte per le micro-aziende (sono tre milioni e mezzo) istituendo un’imposta unica senza nessun altro adempimento; abbatterà l’Ires di 5 punti stimolando la crescita come e forse più di quanto la Merkel abbia fatto per le imprese tedesche.

Per uno che è stato definito Mortadella, Valium, Prozac e – secondo l’ultima diagnosi di Grillo – Alzheimer, direi che non c’è male.

Io non sono nella sua testa e perciò non so prevedere che cosa farà nei prossimi giorni, ma di una cosa sono certo: non resterà esposto ai colpi senza reagire.” (pag. 1 e pag. 29)

Trovo sempre più importante ragionare e ragionare sui fatti.

L’invito che il presidente Napolitano ha rivolto ai politici perché lavorino sodo anziché vivere di passerelle televisive e di smania di comparire, in qualche modo è prezioso anche per noi.

Ragioniamo sui fatti, senza lasciarci prendere dal fascino delle parole, dalla sindrome del diluvio universale, dal “cominciamo tutto daccapo”, dal presentismo.

SALUZZO

Domenica 23 settembre la comunità di base di Saluzzo, anche se non al completo, si è radunata per due momenti molto significativi.

Dalle 17 alle 19 abbiamo cercato di approfondire come nella chiesa di base qualche volta si trascuri l’aspetto “alimentativo” della fede come rapporto con Dio.

Ne è sorto un confronto ricco di voci e di sensibilità, tutte molto attente a sottolineare l’esigenza di questo “lavoro alle radici” della nostra fede.

Questa accresciuta consapevolezza non può prescindere da una revisione anche critica dei nostri vissuti personali e delle nostre pratiche comunitarie.

Si è parlato anche della necessità di ricomprendere il senso di una “disciplina” personale per ritrovare lo spazio per la meditazione, la preghiera, la celebrazione.

Nella seconda parte della serata, prima della cena mangiata insieme con gioia ed appetito, abbiamo celebrato l’eucarestia incentrata sul sabato ebraico.

Beppe Costa aveva preparato un percorso di riflessione e di preghiera che ci ha permesso di celebrare l’eucarestia in piena continuità di ricerca con la prima parte del pomeriggio.

Alcune donne della comunità hanno deciso di partecipare al XVI Incontro nazionale dei Gruppi Donne delle cdb che si terrà a metà ottobre a Pinerolo.

Ma c’è un particolare che caratterizza la comunità di base di Saluzzo: almeno 10 giovani dai 17 ai 32-33 anni sono molto partecipi e si sentono coinvolti nel cammino della comunità.

A volte nelle eucarestie si trova un numero ancora maggiore di giovani: cosa difficile da incontrare in altre comunità di base italiane. Sono tornato a casa più ricco interiormente.

Ci siamo ridetti l’importanza di questi “momenti” in cui ci interroghiamo sulle radici della nostra fede nel contesto di una vita che spesso è frenetica, troppo veloce ed assorbente.

UN LIBRO DI RICERCA

OSWALD LORETZ, L’unicità di Dio, Paideia, Brescia 2007, pagg. 248, € 21,50

La proclamazione di Deuteronomio 6,4: “Ascolta, Israele! Il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno solo” viene collocata nel quadro dei modelli mediante i quali nelle culture del Vicino Oriente antico si argomentava l’unicità di questo o quel dio.

Nel lavoro di Oswald Loretz si illustra come i precedenti di questa confessione di fede, centrale sia nella Bibbia sia nell’ebraismo di ogni luogo e tempo, possano essere rintracciati negli scritti di Ras Shamra-Ugarit dedicati a Baal.

Sullo sfondo dell’Oriente antico, la peculiarità del testo biblico mostra di consistere nell’affermare l’unicità di Dio in connessione inscindibile con la evoluzione storica, progressiva del popolo di Israele.

AFGHANISTAN

Può avere torto Diliberto a chiedere il ritiro delle nostre truppe perché esistono pattuizioni internazionali da rispettare. Però…non gridiamo allo scandalo.

Vogliamo sì o no prendere atto che la politica deve cercare altre strade da quella delle armi?

In Afghanistan, ove fra 20 giorni sarà inverno, non c’è strada verso la democrazia se non si esce dalla logica della guerra.

Fare un deserto e chiamarlo pace è ciò che sta avvenendo in Iraq, in Afghanistan, in Medio Oriente.

E’ lecito e doveroso porre questa domanda oppure diamo per scontato che le armi restano la via maestra per risolvere i conflitti internazionali?

SOLIDARIETA’ A DE MAGISTRIS

Non conosco personalmente De Magistris e non sono un esperto di procedure.

Ma, leggendo con attenzione la documentazione sulla vicenda e le acute osservazioni di Marco Travaglio su L’Unità del 25 settembre, penso che il ministro Mastella voglia far tacere una voce, impedire al magistrato di Catanzaro di fare luce con accuse pretestuose.

Lasciamo lavorare i magistrati e favoriamo l’utilizzo di tutti quegli strumenti che servono a verificare fatti e responsabilità.

Non facciamo come Berlusconi che voleva mettere la museruola a tutta la magistratura.

mercoledì 26 settembre 2007

GRILLO: FINITO L’IDILLIO

Quando si scende dal palcoscenico e si viene alla realtà, i grillini sono già divisi e Grillo comincia a vedere che gli osanna si attenuano. Repubblica del 18 settembre, nella cronaca di Torino, registra questo sconcerto molto costruttivo.


Perplessi e pieni di dubbi. Gli amici torinesi di Beppe Grillo (1400 persone in questo momento, di cui un centinaio «attivisti») si interrogano a colpi di blog sulla proposta delle liste civche, e anche tra gli organizzatori del V-Day di piazza Castello sono in molti a dirsi assolutamente contrari all'iniziativa.

Proprio per confrontarsi uscendo dalla rete e piombando nella realtà del faccia a faccia, il gruppo sì affronterà stasera in una riunione fissata alle 20.45 in via Martini 4/b, sede della Casa Umanista.

«È necessario parlare anzitutto delle questioni che ci pone il post di Grillo sulla trasformazione dei gruppi in liste civiche, spiega una delle organizzatrici, Elena Sargiotto, alìas «Alissa» sul blog, e l'obiettivo sarà anche trovare una persona in grado di parlare per tutti durante una eventuale partecipazione alla trasmissione Annozero: «Una volta individuata una posizione minima condivisa, se ci riusciamo!», ironizza ancora Alissa in un suo messaggio.

Ed è proprio la questione delle liste a scatenare le voci e a dividere gli «amici» in molti temono di travalicare la barricata della politica e in questo modo costituire un partito, proprio ciò di cui molti di loro non vogliono sentire parlare.

C'è dunque chi si sente «tradito», chi preferiva aspettare che passasse un po' di tempo dal V-Day, chi ha il terrore di essere strumentalizzato e chi già si sente tale.

Se da un lato uno dei principali organizzatori, come Sergio Battaglino, tenta di calmare le acque («non abbiamo nessuna intenzione di fondare un partito, ma appoggeremo le liste civiche che seguiranno le linee etiche e di trasparenza di cui parliamo da anni e che hanno dato la spinta alla nostra raccolta firme»), dall'altro c'è chi si chiama fuori ed esprime sdegno e disapprovazione.

Si legge sul blog: «Se alcune persone decidono di creare una lista civica che si chiama amici di Grillo, a meno che non lo decida la maggioranza, a mio avviso si tradisce la volontà delle persone che sinora hanno lavorato e hanno costruito senza pensare a questo sbocco».

A scatenare le polemiche più infuocate è stata una mail giunta agli amici torinesi che informava della decisione di presentare a Pescara una lista «by amici di Beppe Grillo», che a quanto pare avrebbe avuto il supporto del comico.

«Poteva farcelo sapere, dovevamo essere informati perché questa iniziativa, in questo momento, ancora non ci rappresenta», spiega ad esempio Andrea Sacco. «E vero, questa decisione delle liste ci ha destabilizzato e ha creato sdegno e confusione in molti di noi - ha spiegato ancora - io personalmente non provo rabbia, voglio prima capire e sono contento anche che ci sia un dibattito e un confronto perché questa è democrazia.

Può essere che molta gente si sentirà tradita e si allontanerà. Del resto però sono state dette e riportate anche interpretazioni sbagliate sul pensiero di Grillo. Secondo me lui fa politica ma non entrerà mai in un partito, perché ha una condanna alle spalle per omicidio colposo e perché a fare quello che fa guadagna molto di più».

«La questione delle liste non ce l'aspettavamo come tempi e modi-ha spiegato invece Elena-Alissa - quello che noi stiamo facendo è già politica, ma con un ruolo diverso, quello di libera aggregazione di cittadini risvegliati.

La preoccupazione è quella di perdere questa identità. L'idea di trasformarci in una lista civica non è venuta da noi e non sappiamo se siamo pronti o interessati a fare questo passo».

QUELLO CHE I GAY CHIEDONO A VELTRONI

L'Unità di martedì 18 settembre pubblica alcune lettere di gay e lesbiche a Veltroni. Speriamo sappia ascoltare...


GAY.TV, DECINE DI MESSAGGI PER VELTRONI

di Delia Vaccarello

Commossi, arrabbiati, speranzosi tantissimi messaggi piovono ogni giorno su www.gay.tv rivolti a Veltroni. Non a caso hanno suscitato lo stupore del direttore del sito, Giuliano Federico. Abbiamo scelto le voci che formulavano una richiesta. Tra molte serpeggia un mandato chiaro rivolto al candidato: caro signor Veltroni lei può cambiare l’Italia.



Ti chiedo di indignarti
contro chi ci crede diversi

Caro Walter,
Ti chiedo di indignarti! Ti chiedo di indignarti personalmente e con coraggio contro chi fa di noi delle persone speciali, contro chi ci ritiene "diversi", contro chi ci discrimina. Solo in questo modo potrai porre tu le basi affinché, un giorno, qualcuno possa davvero sostenere la nostra causa. Ti sono vicino, buon lavoro.


Luca



La nostra Costituzione non deve restare una promessa

Caro cittadino Veltroni,
uguaglianza non significa omologazione forzata ma libera possibilità di essere se stessi. Pur desiderandolo, niente resta uguale sine die. Facciamo in modo che gli articoli della nostra bellissima Costituzione non restino promesse ingannevoli. A questo ci hanno abituato tanti politucoli dell´ultima ora.

Njl



Faccia qualcosa:
non vogliamo più essere maltrattati

Caro Sig. Veltroni,
noi gay abbiamo davvero bisogno di fatti e non di parole, ci siamo stancati di essere maltrattati e di non essere rispettati per il nostro essere. Dico basta a questa violenza. A me lei piace e da quando è diventato sindaco ha fatto molti cambiamenti in questa Roma che prima sembrava dimenticata sopratutto le borgate, continui così che sta andando bene, ma, dico, ma cambi assolutamente questo maltrattare noi GLBT (gay, lesbiche, bisex e trans). La ringrazio e le mando un saluto.

Pinklella



Da lei ci aspettiamo
coraggio e laicità

Veltroni,
noi gay da lei ci aspettiamo coraggio e laicità. Anche se rappresenta un partito con forti radici cattoliche... Le chiediamo di essere civile come il resto d´Europa, le chiediamo di dire chiaro e forte che l´estensione dei diritti non colpisce la famiglia e che dare diritti non ha mai tolto nulla a chi quei diritti li possiede già. Vorremo rispetto, giustizia, buon senso. Non solo promesse... ma diritti.

Shakleton



Lei combatte per
i Dico, sono di destra ma le credo

Caro Veltroni,
non mi posso certo definire del suo schieramento, ma per il tipo di vita che conduco attualmente (5 anni con un compagno di cui quasi tre sotto le stesso tetto) dopo 12 anni di «civile» matrimonio etero, non posso più riconoscermi in coloro che se fosse possibile ci vorrebbero nei campi di sterminio.

Ho saltato la sponda e ora sono a 46 anni più soddisfatto di quando ne avevo 20 o 30, anche se rimpiango forse solo la giovinezza di quegli anni 80 e 90 vissuti come se davvero fossimo in grado di cambiare le cose. Quando leggo che lei è l´unica persona che ancora combatte seriamente per ottenere il riconoscimento dei Dico come arma per stare davvero al passo con i tempi e con l´Europa allora non posso che darle il mio appoggio.
Io lo voglio ´sto «Dico», lo voglio per dare riconoscimento ed essere riconosciuto dallo Stato, voglio un diritto che mi permetta di andare in ospedale e chiedere notizie se il mio amico sta male. Lo voglio per poter lasciare a lui il mio patrimonio se succedesse l´inevitabile.


Manlover



Stoppi l’odio
contro di noi. W la sinistra vera

Caro signor Veltroni,
sono un ragazzo di trent´anni preoccupato dalla crescente omofobia e dalle intolleranze verso omosessuali ed extra comunitari, dagli odi fomentati da esponenti politici di destra, e anche da qualche esponente del gov. Prodi. Faccia in modo che la viscida campagna berlusconiana non prenda il largo (come purtroppo già avviene). W la sinistra vera attenta al sociale e ai diritti di tutti i cittadini. Come si può riconsegnare il paese di nuovo nelle mani di gente come Calderoli, Berlusconi, Buttiglione. ecc.ecc? Rabbrividisco! Buona fortuna.


Skul



Fa’ che il mondo del lavoro non discrimini lesbiche e gay


Caro Walter,
ti prego: non lasciarci sole e male accompagnate dalla destra.. fa´ in modo che anche in Italia i diritti umani non siano un sogno o un concetto astratto. Inoltre, vorrei tanto che ci fosse un mondo del lavoro più serio ed onesto senza discriminazioni per noi omosessuali e specialmente per le lesbiche. Dato che ci sono, ti prego fai che tutti quei contratti a tempo determinato vengano tolti dal mercato, non permettono una vita degna e qualificata.


Urd7



Ho imparato a vivere
da gay sereno. Ci aiuti. Non ci deluda

Caro Walter,
sono un ragazzo che come tanti ha voglia di vivere, di imparare e di divertirsi, ho imparato da pochi anni a vivere la mia sessualità ed il mio affetto in modo semplice e normale.. soprattutto da quando ho conosciuto quello che sarebbe stato il mio futuro ragazzo..
Ho quasi 23 anni ma dopo un anno e mezzo di fidanzamento abbiamo deciso di convivere e di dividere un tetto oltre alle gioie e ai problemi che già ci univano.. uso termini come «ragazzo» e «fidanzamento» in modo normale come l´amore che provo per lui (che tutto è tranne «perversione» che alcuni appioppano ai legami gay)..
Gli amici sanno tutto e per loro non cambia niente.. perfino la mia famiglia sa tutto e vuole bene al mio ragazzo come a un figlio.. e la mia famiglia è cattolica e prevalentemente di destra.. quindi.. insomma, tutto è possibile oggi.. una sola cosa non è stata ancora raggiunta, la serietà, il coraggio e il sentimento di una politica che dovrebbe almeno capire la nuova società e ampliarne i diritti.. lei mi ha dato fiducia e speranza in questo cambiamento.. non mi deluda e sarà un voto in più per un centrosinistra finalmente europeo.
La ringrazio, con affetto.

Stefano



Vada fino in fondo
sulle unioni civili. Ha il mio appoggio

Vada fino in fondo alla legge sulle unioni civili, so che Lei è abituato a mantenere le promesse e ha una tale classe nel farlo che, come anche qui dimostrato da altri commenti, spesso viene fraintesa come poca fermezza nelle sue decisioni o, come diciamo a Roma come «dare una botta alla botte e una al cerchio!».

Spetta a Lei dimostrare loro, anzi, dimostrarci ancora una volta di che pasta è fatto l´uomo che ha avuto il coraggio di rispondere nel 2000 al Papa: «No Santità, il gay pride si farà» (ricordo che io non partecipo al Gay Pride perchè non condivido il modo in cui si svolge). Le auguro davvero di riuscire nel suo intento di condurre l´Italia verso la libertà e la ripresa economica. Io le darò tutto il mio appoggio. Cordiali Saluti.


Laura

HO FATTO UN MUTUO PER PAGARE GRILLO

Ospito sul blog questo scritto comparso su L'Unità di giovedì 20 settembre


«Quel mutuo per colpa di Grillo»

di Marcella Ciarnelli

«L´ho fatta grossa. Ma no. In fondo sono contento di avere raccontato questa storia». La strada di Franco Innocenti da Dicomano, provincia di Firenze, oggi cinquantenne, agli inizi degli anni 80 si incrociò per una sera con quella di Beppe Grillo.

Un ragazzo appena uscito con fatica dal precariato ed un comico già predicatore, in cambio di adeguato compenso. Anche se per pagarlo fu necessario fare un mutuo.


Fax, telefonate, la posta elettronica del giornale piena di messaggi. Franco Innocenti iscritto ai Ds, e prima al Pds, e ancor prima al Pci ed ora pronto a credere nel Partito democratico e in Walter Veltroni, ha scritto una lettera pubblicata ieri dall´Unità a proposito di una partecipazione di Beppe Grillo alla Festa di Dicomano, il suo paese in provincia di Firenze.

Erano gli inizi degli anni 80. All´epoca fu necessario sottoscrivere un mutuo per pagare il compenso del comico. La storia ha suscitato molto interesse.


«Forse non la dovevo raccontare questa vicenda ma ogni volta che vedo Grillo in televisione non posso fare a meno di dire ai miei figli: ecco ci fa la morale, eppure quella volta... E così ho preso carta e penna e vi ho raccontato la storia».

Franco Innocenti ora ha cinquant´anni. Quando si è "incrociato" con Beppe Grillo ne aveva meno della metà. Era uno dei ragazzi della segreteria della sezione Pci di Dicomano. Quella che faceva un gran lavoro per fare una festa dell´Unità di cui poi si parlava per tutto l´anno.

«Era molto importante trovare un ospite d´onore di livello. Per noi era una sfida. Volevamo sorprendere e nello stesso tempo riuscire a fare un buon incasso. Una volta c´è venuto anche Roberto Benigni.

Tutti, ovviamente sono stati pagati, perché anche allora ero convinto come lo sono oggi che chi lavora deve essere retribuito. Abbiamo fatto tanto precariato noi, figuriamoci se chiedevamo a qualcuno di esibirsi gratis.

Uno veramente c´è stato che non volle niente. Era Beppe Dati, l´anno in cui vinse il festival di Sanremo. Lo andai a prendere con la 127 di mio padre e gli bastò». Il Dati in questione, per i non esperti, è l´autore di un sacco di canzoni famose cantate da Mia Martini, Raf, Guccini, Marco Masini, compresa una anticipatrice "Vaffanculo".


Ma questa è un´altra storia. Che poco ha a che fare con i predicatori. Torniamo al "caro" incontro. «Era una notte terribile, c´era stata una gran pioggia. Minacciava di continuo di venir giù acqua a catinelle. Beppe Grillo arrivò in ritardo e non trovò nessun punto d´incontro con i coraggiosi che avevano sfidato il maltempo pur di esserci.

Incassammo solo quindici milioni. A lui ne avremmo dovuti dare trentacinque. Davvero troppi per le esangui casse della nostra sezione ancora più vuote dopo quella serata andata a vuoto. Cercammo di ricontrattare il compenso. Non ci fu niente da fare. I soldi dovevano essere quelli stabiliti. Se li prese e se ne andò».

«Da buon taccagno genoano se ne strafregò della situazione», ha scritto all´Unità e poi ripetuto Innocenti.


Per fare fronte al "buco" non ci fu molto da fare se non rivolgersi alla Banca Toscana per ottenere un prestito con un mutuo ventennale.

«La segreteria della sezione era fatta tutta di giovani. Io avevo 26 anni ed ero l´unico con una busta paga. Ora faccio parte del servizio tecnico dell´Univerità di Firenze, allora ero stato assunto come portiere grazie a una domanda che mio padre aveva fatto mentre io ero militare. Lui era parrucchiere, mia madre invalida al 100 per cento. E così toccò a me firmare la richiesta anche se non avevo molto più del mio stipendio e di una vecchia Vespa 150 di terza mano.

Per vent´anni è stato pagato regolarmente quel debito per l´esibizione di Beppe Grillo. Io ci avevo messo la firma, hanno pagato tutti. Poi un po´ di tempo fa mi hanno fatto andare in banca per chiudere definitivamente con questa vicenda.

Non ho mai avuto dubbi che quella che avevo fatta era la cosa giusta. Io, come tanti altri, al partito ho dato la mia gioventù, la mia vita. Il costo della politica per me è questo. Non è stato mai niente di più. Per questo non mi piace quando qualcuno mi fa la morale.

Voglio rifare la domanda a Grillo: forse quando si riferisce alle banche, a D´Alema, o agli ex comunisti, parla di quel mutuo? I populisti possono dire ciò che vogliono però a me non piacciono».

RAMADAN: UN SALUTO

Mentre è in pieno svolgimento il Ramadan ospito volentieri questo “saluto pieno di umanità e di fede.


Cari Amici, Care Amiche,

le nostre sorelle e fratelli musulmani giovedì scorso hanno iniziato il sacro digiuno del mese di Ramadan. Siamo felici di inviare a loro e a tutti le nostre amiche e amici questo messaggio di simpatia e di solidarietà degli organismi promotori della sesta giornata del dialogo islamo-cristiano (5 Ottobre prossimo). Uniamo alle rispettose espressioni di questo messaggio la nostra deplorazione per le frasi offensive ed arroganti del senatore Calderoli che contro i musulmani ha proposto una giornata di offesa religiosa. Con un caloroso augurio di pace e gioia,

Daniela, Gianni, Giorgio e Stefano
CIPAX - Centro interconfessionale per la pace

VIA OSTIENSE 152 - Roma



A tutte le musulmane e a tutti i musulmani d'Italia


fra pochi giorni inizierà il mese di Ramadan che i credenti musulmani attendono con particolare ansia per rafforzare sempre di più il proprio impegno sulla via dell' Islam, della completa sottomissione a Dio, liberandosi da ogni idolatria che, nella comune esperienza di cristiani e musulmani, è alla base di ingiuste oppressioni, di negazione dei diritti umani, di odio, di guerre e violenze di ogni tipo.

Questo vostro encomiabile sforzo è di grande importanza non solo per voi musulmani ma anche per noi cristiani, per i credenti di tutte le religioni e per tutta la società umana nel suo complesso, che sta vivendo uno dei periodi più bui della propria storia.

Auguriamo di cuore che ognuno di voi, seguendo gli insegnamenti del profeta Muhammad, possa trasformare se stesso ed aiutare tutta lo società a migliorare.

Casualmente il Ramadan quest'anno inizia a ridosso dell'11 settembre, data tragica che nel 2001 ha dato inizio alla guerra mondiale nella quale siamo tuttora immersi: ricordare quel giorno ci impegna a moltiplicare i nostri sforzi contro tutte le guerre, contro tutte le barbarie, contro i mercanti di morte e i fautori della guerra ad ogni costo, contro la xenofobia e il razzismo.

Abbiamo bisogno di «costruire speranza e convivialità»: questo l'appello che abbiamo lanciato in vista della prossima sesta giornata ecumenica del dialogo cristiano- islamico del 5 ottobre prossimo. E per «costruire speranza e convivialità» abbiamo bisogno di liberarci dalla paura dell'altro/a, del diverso/a da noi, di chi è portatore di una cultura, un modo di vivere, una religione diversa dalla nostra.

E liberarsi della paura significa, per cristiani e musulmani, rimettere al centro della propria vita l'impegno contro l'idolatria che ha caratterizzato la vita sia di Muhammad, che ha cacciato gli idoli dalla Kaaba, sia di Gesù, che ha cacciato i mercanti dal tempio, dicendo con chiarezza con questi loro gesti che la religione non può essere al servizio di chicchessia, nè dei mercanti nè dei grandi sacerdoti.

Abbiamo bisogno di guardare alle nostre differenze non come ad idoli da adorare ma come arricchimento reciproco verso una vita piena di amore, quell'amore che per cristiani e musulmani caratterizza l'essenza stessa di Dio: uno dei nomi di Dio della tradizione islamica è Al-Wadud, L'amorevole. Da questo conosceranno tutti che siete miei discepoli, se avete amore gli uni per gli altri (Giov 13,35 ).

Abbiamo bisogno di conoscerci sempre di più e meglio per apprezzare il molto che ci unisce e accettare il poco che ci divide come arricchimento reciproco, come stimolo reciproco a migliorarci sempre di più.

Ed il senso del nostro appello va proprio nella direzione delle cose concrete da realizzare: la pace, la giustizia, una vita degna di essere vissuta sono tutte cose che richiedono l'impegno concreto delle persone senza il quale vane sono le parole o i buoni propositi.

Anche quest'anno abbiamo bisogno di negare ai violenti e ai propugnatori della guerra qualsiasi legittimità religiosa. Il Dio unico, nel quale insieme crediamo, è un Dio di pace, di amore, di misericordia, di giustizia.

Ed è con questo spirito che anche quest'anno vi auguriamo buon Ramadan karim: che il vostro sforzo possa dare anche a noi cristiani quegli stimoli necessari a superare tutte le difficoltà del momento e dare una speranza a questa nostra comune umanità.

Ci auguriamo che, come negli altri anni, le moschee e le chiese d'Italia possano essere luoghi aperti all'incontro fra credenti di fede diversa ed in particolare fra cristiani e musulmani, che non hanno alcun motivo per odiarsi ma che hanno anzi molti motivi per essere uniti contro chi strumentalizza le rispettive religioni per perpetuare il proprio potere oppressivo.

Buon Ramadan.

Shalom - Salaam - Pace

Il comitato organizzatore della VI giornata del dialogo islamo-cristiano


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Segnalo sul sito de "Il Dialogo" la pagina delle iniziative per la VI Giornata del Dialogo CristianoIslamico: www.ildialogo.org/islam/cristianoislamico.htm

lunedì 24 settembre 2007

UN DIO SCONFINATO

Martedì 18 settembre la mia comunità cristiana di base ha organizzato un incontro pubblico in cui la pastora Elisabeth E. Green ha presentato il suo ultimo libro “Il Dio sconfinato, Una teologia per donne e uomini” (Claudiana, Torino 2007, pagg. 104, € 10,00).

L’Autrice è tra le più audaci teologhe protestanti che operano in Italia e la comunità evangelica di Grosseto, dove è pastora, ha preso una posizione limpida e coraggiosa su fede e omosessualità.

Il libro è un caldo invito alla “trasformazione” e le pagine sull’ascolto, sul silenzio, sull’arcobaleno offrono stimoli di rara saggezza.

Sono pagine dalle quali, anche alla luce delle ricerche femministe, emerge una spiritualità libera dai ceppi legalistici, patriarcali, gerarchici. Eppure almeno su due punti mi trovo in dissonanza profonda con l’Autrice che stimo moltissimo.

Non riesco a condividere che “Dio sconfina, partendo dal centro attraversa una serie di confini: tuffandosi nella realtà corporea supera quella distanza incolmabile tra divino e umano, condivide la nostra stessa origine, libera il nostro corpo…”.

Qui mi sembra che si confonda Dio con Gesù. E Gesù che nasce da una donna, dall’amore di Maria e Giuseppe in quella numerosa famiglia di cui ci parla il Secondo Testamento.

Ma, a mio avviso, va mantenuta ferma la distinzione tra Dio e Gesù di Nazareth. La “divinizzazione” di Gesù è un processo storico e dogmatico di cui oggi abbiamo migliore consapevolezza.

Il secondo punto di dissenso è ancora sul terreno cristologico. Non mi convince il modo con cui la teologa legge e interpreta il testo di Filippesi 2, 6-11.

Gli studi di E. Lohmeyer, P. Grelot, J. Murphy O’Connor, E, Boismard, L. Scaccaglia hanno evidenziato che questa “composizione” inserita nella lettera paolina va valutata nella sue qualità distintive (carattere ritmico, uso del parallelismo, ricorrenze di termini rari e non caratteristici…) e nella sua valenza funzionale: Dio ha conferito la “signoria” a Gesù.

A mio avviso, Gesù non si è affatto svuotato della divinità (che non ha mai avuto), ma ha tradotto il “nome”, la “signoria” che Dio gli ha conferito in servizio.

Paolo inserisce questo inno, composto indipendentemente dai Filippesi, a sostegno della sua esortazione altruismo, all’umiltà, all’amore oblativo sull’esempio di Gesù. A me sembra che noi cristiani spesso “confiniamo” Dio, Lo imprigioniamo dentro i nostri dogmi.

La divinità di Gesù mi sembra davvero uno dei “luoghi” e dei modi in cui abbiamo “confinato” Dio. Il Dio sconfinato non avrà per caso bisogno di essere sdoganato, liberato da qualche camicia dogmatica che Gli sta troppo stretta…?

Insomma Dio è più grande di Gesù, come il nazareno ci ha insegnato.

Consiglio la lettura di queste pagine che, aldilà di queste mie osservazioni critiche, costituiscono una testimonianza preziosa di fede, di ricerca, di amore appassionato.

OCCHIO ALLA LOUISIANA

L'integrazione tra bianchi e neri resta un sogno in USA e non solo in USA.

La marcia di protesta avvenuta nei giorni scorsi in Louisiana dimostra il fenomeno persistente di un doppio standard di giustizia negli Stati Unti: uno per i bianchi e l'altro per gli afro-americani.

Il problema poi si carica di ulteriore gravità quando nero significhi anche povero. E' nera Condoleeza Rice ed è anche lesbica, ma....non proprio emarginata.

L'unico ragazzo che è ancora in cella ha alle spalle una famiglia che non può pagare la cauzione. Ora il processo farsa ai sei studenti di colore diventerà il simbolo dell'ingiustizia dei bianchi.

Che cosa fanno tutte le chiese cristiane e tutte le religioni contro queste strutture profonde del razzismo?

TUTTO MARCIO?

Credo che dietro a certi giudizi “apocalittici” secondo i quali tutto va male, sono tutti uguali, tutti corrotti, tutti assetati di denaro…si nasconda una tentazione diffusa e pericolosa.

Se tutti sono così a che cosa serve impegnarsi? Potrebbe essere facile collocare il proprio disimpegno all’ombra della palude altrui.

Del resto, quando alla ragione si sostituisce l’emozione, si corre il rischio di vedere o tutto bianco o tutto nero.

Io, invece, anche in mezzo alle più oceaniche paludi, continuo a vedere molti piccoli passi di singole persone, di gruppi, di associazioni, di istituzioni, di uomini politici, di operatori culturali. E questo anche nella chiesa cattolica.

Infatti, se pure c’è Bagnasco e tutto il suo stato maggiore, ci sono anche comunità, gruppi, teologi e teologhe, preti come Zanotelli e Ciotti, molti credenti che operano laicamente nel mondo.

E in questi giorni, tanto per portare esempi concreti, molte voci si sono levate in Europa contro la proposta francese di prepararci alla guerra contro l’Iran e a Napoli un mucchio di associazioni stanno lavorando per preparare la grande manifestazione contro l’omofobia del 30 settembre.

E non è cosa da poco il fatto che anche la Confindustria (che non è proprio dalla parte dei più deboli) abbia deciso di sostenere l’impegno delle istituzioni contro il pizzo.

Credo, invece, che sia possibile esercitare una critica anche radicale e poi vivere con impegno costruttivo. Allora abbiamo il cittadino che partecipa.

BAGNASCO: CHE GENIO…

L’avete sentita l’ultima, nuovissima e inedita “profezia” del cardinale Bagnasco, presidente dei vescovi italiani?

Concludendo i lavori del consiglio permanente della conferenza dei vescovi italiani ha detto (sentite…sentite!!!) che “il Paese è in preda ad una crisi morale”, che ci sono problemi rispetto alla casa ed al lavoro…

Qualcuno di noi negli ultimi 30 anni se ne era già accorto…in verità.

Poi ha dato pieno appoggio al papa ed ha recitato la consueta litania su aborto ed eutanasia.

E’ triste: siamo di fronte alla consueta “moralina”, alla solita piagnucoleria di una gerarchia che sa solo guardare al passato e fonda il suo potere sulla deflorazione dei mali di “questa valle di lacrime”.

GRILLO ORGANIZZA LISTE CIVICHE

Sono contento di questa sua decisione presa come “leader massimo” che detta le regole: nessuna tessera di partito e nessuna condanna e così potrà avere il suo “bollino” di autenticità.

Dunque, Grillo fonda il “partito delle amministrative” sotto forma di liste civiche. Perché sono contento?

Perché si accorgerà presto che, entrando nel concreto, le cose sono meno semplici di un blog o di uno spettacolo in piazza.

Si accorgerà che i partiti esistono (anche il suo) e che esistono la destra e la sinistra, anche se lui li ha cancellati dal suo immaginario. Si accorgerà che i cambiamenti reali sono cosa diversa dai piccoli ideali.

E poi sono sicuro che Grillo e i suoi amici porteranno idee ed energie di cui la politica ha bisogno.

Questo ingresso in politica, a mio avviso, è da salutare con gioia. E’ un atto di responsabilità e di realtà.

Tra gli amici di Grillo intanto è cominciato il dibattito: chi vuole il partito, chi vuole le liste civiche, chi non vuole né l’uno né le altre, chi vuole che Grillo in persona si candidi. La politica comincia davvero quando ci cimentiamo con la realtà.

Intanto c’è un immediato scossone positivo: ci si deve muovere e, in questo senso, ben vengano Grillo e tutti i grillini.

Hanno fatto bene gli organizzatori della Festa dell’ Unità di Milano a dare ampio spazio a Grillo invitandolo. Bisogna lasciarsi interpellare e provocare.

Intanto il giudizio su Grillo e grillini sarà più documentato tra due o tre anni. Condivido le osservazioni di Prodi e della Sereni: “Ben venga: lo aspettiamo alla prova dei fatti”.

LA SCALA DI GIACOBBE

Il gruppo è cresciuto come punto di riferimento, anche se l’affiatatissimo manipolo organizzatore è composto da poche persone. Domenica 16 settembre mattina al matrimonio di Elisa e Ilaria ci siamo trovati da Varese, da Savigliano, da Cuneo, da Torino, da Milano, da Racconigi, oltreché da Pinerolo. Nel pomeriggio è stato bellissimo incontrarci per un momento di coordinamento, anche per guardare avanti con gioia e con idee chiare. Con molta fiducia nei piccoli passi.

SABATI DI STUDIO TEOLOGICO

Dopo “La dignità della morte” e “ Prove di concilio”, sabato 27 ottobre propongo la riflessione su “Il senso della celebrazione nell’esperienza cristiana: come sono nati i sacramenti”. L’appuntamento è per sabato 27 ottobre alle ore 17 in corso Torino 288 – Pinerolo.

VENDITA DIRETTA

Benissimo…se i contadini, come già fanno in alcune città, passano all’azione avremo un grande vantaggio tutti, noi e loro.

I troppi passaggi di molte merci come gli ortofrutticoli danneggiano il produttore e l’acquirente.

Spero proprio che questa organizzazione parta alla grande e permetta anche ai “piccoli produttori” di vedere il frutto del loro lavoro.

Fantasia, organizzazione e buona informazione possono favorire questa utile iniziativa di cui abbiamo assoluto bisogno noi che abbiamo le pensioni basse, bassissime e vogliamo continuare a mangiare un po’ di verdura e di frutta.

Però le cose non sono sempre così lineari e semplici. Esiste, infatti, il rischio di una soluzione all’italiana: il contadino prima passa nel negozio per vedere i prezzi e poi aggiorna i suoi….

Allora saremmo alle solite….

NON EVITIAMO LE PIAZZE

Sono molto felice quando vedo che la gente torna in piazza. E’ un segnale di impegno.

Tutti ricordiamo gli inviti di Berlusconi ad andare al mare anziché nelle piazze o alle urne.

Poi, ovviamente, c’è piazza e piazza e tutto dipende dai contenuti del dibattito e dalla civiltà dei comportamenti.

Ma la piazza, come libero spazio di confronti e di idee diverse, è uno dei laboratori della democrazia, sia pure con i suoi limiti e le tante possibili deviazioni e manipolazioni populiste.

In ogni caso, bisogna ritornare nella strada per uscire dall’individualismo e per incontrarci. Poi, ovviamente, ci vuole dell’altro: i progetti, gli studi, gli approfondimenti….

sabato 22 settembre 2007

SPETTATORI

E’ ritornata la messa in latino. Ci piacerebbe dire che non c’è stato un boom di messe in latino.

Invece non è così: gli ultratradizionalisti sono molti e la controriforma è partita alla grande un po’ in tutto il mondo. Va riconosciuto.

Ribadire che il papa su questo terreno è isolato risponde ad un nostro desiderio, ma non rispetta la verità dei fatti.

Una cosa è certa: al popolo di Dio subentrano i “fedeli” che sono stati ridotti a “spettatori”.

Ritorna l’ossequio alle rubriche, si rilancia lo spettacolo e si incoraggia l’individualismo. Una chiesa di spettatori tutto sommato non dà problemi.

Come si fa poi a sollecitare la partecipazione alla vita della chiesa e del mondo se, proprio nell’atto centrale del culto cattolico, si impone un atteggiamento che va in direzione opposta?

GENITORI CHE AMANO

Domenica 16 settembre durante l’eucarestia della mia comunità Ilaria ed Elisa hanno celebrato il loro matrimonio.

Sono venute da oltre un anno ben cinque volte a Pinerolo per partecipare ad alcuni incontri di approfondimento biblico e teologico. Abbiamo vissuto con loro momenti di gioia e di fede davvero intensi.

Ma vorrei sottolineare un aspetto particolare: c’erano anche, oltre a parecchi amici e amiche, i loro genitori. Li ho incontrati: erano emozionati e partecipi sia pure con il bagaglio di alcuni interrogativi.

Si tratta di genitori che hanno fatto un cammino, che hanno fatto i conti con il pregiudizio, che hanno saputo accogliere l’amore delle loro figlie. “L’importante è che loro sia felici”, mi hanno detto.

Cari genitori di Elisa e Ilaria, grazie della vostra testimonianza. L’amore per le vostre figlie vi ha aperto il cuore perché l’amore accoglie sempre l’amore.

Continuate ad essere vicini alle vostre figlie con gioia e discrezione e dite ad altri genitori che l’amore va sempre messo al primo posto.

TESTAMENTO BIOLOGICO: CI VUOLE UNA LEGGE

Riporto da Repubblica del 15 settembre l’intervento del professor Umberto Veronesi:


Ma il vero problema è la nostra legge

Niente di nuovo nelle dichiarazioni della Congregazione per la dottrina della fede sulla nutrizione
artificiale, che non fanno che ribadire le posizioni storiche della Chiesa su questo tema.

Le parole di
oggi non spostano la situazione di chi si ritrova in coma vegetativo permanente e dei suoi familiari, perché non è solo la Chiesa a vietare l´interruzione di trattamenti che tengono artificialmente in vita una persona, ma lo Stato italiano.

La posizione su cui riflettere e discutere non è dunque quella del
Papa, ma, semmai, quella della nostra legge.

Perché di questo stiamo parlando: se è giusto o no, se è
legale o no prolungare con la nutrizione e idratazione artificiale la vita biologica di un corpo umano che ha perso per sempre il suo legame con la coscienza, trovandosi in situazione di coma irreversibile.

Infatti Beppe Englaro, padre di Eluana, da anni non fa che peregrinare da una Corte di
Giustizia all´altra, nella speranza di poter porre fine alla straziante esistenza artificiale di sua figlia, che è in coma vegetativo permanente da 15 anni, senza essere accusato di omicidio.

In realtà esiste la dichiarazione di una Commissione di esperti che, come ministro della Sanità, avevo insediato nel 2000. La Commissione, formata da medici, medici legali, esperti di bioetica e
anche giuristi, come Amedeo Santosuosso, era giunta alla conclusione che poiché per somministrare la nutrizione e idratazione artificiale bisogna somministrare anche dei farmaci, di fatto stiamo parlando di trattamenti medici che, come tali, possono essere sospesi in base a una valutazione di utilità per il paziente considerato nella sua globalità.

Subito si levarono le voci di chi sosteneva che
in ogni caso bisogna fornire al malato il sostentamento minimo per proseguire l´esistenza biologica.

E su questo si può discutere, ma il dibattito non c´è mai stato: il Parlamento non ha preso una posizione e continua a non decidere e i giudici, per lo più, fanno finta di niente, o quasi. Ora entro settembre il caso Englaro verrà discusso in Cassazione e vedremo se qualcosa succede.

In
attesa di un cambiamento culturale nei confronti della vita artificiale io mi sono battuto per uno strumento che potrebbe prevenire i casi alla Englaro. È il testamento biologico, che è appunto l´espressione delle volontà della persona riguardo ai trattamenti che vorrebbe o non vorrebbe ricevere (in primis quelli che tengono artificialmente in vita) in caso di sopravvenuta incapacità di intendere e volere.

Se la giovanissima Eluana avesse messo per iscritto la sua determinazione
assoluta a non vivere una vita artificiale, invece che confidarlo al padre e agli amici, oggi Beppe Englaro non sarebbe nella drammatica situazione di non poter esaudire il desiderio di sua figlia circa la sua stessa vita.

Il testamento biologico sarebbe in verità già valido nel nostro Paese, in base alla nostra Costituzione (articolo 32) e alla Convenzione di Oviedo; ma certo una legge che "stabilizzi" le volontà del cittadino e le renda vincolanti, sarebbe auspicabile e necessaria. Resta da sperare che il Parlamento non affossi anche questa proposta.

giovedì 20 settembre 2007

REQUIEM PER IL CONCILIO

E’ cominciata alla grande la “controriforma liturgica”. In centinaia di chiese si è celebrata la messa in latino.

La “partita” va ben oltre la lingua, come è noto. Il Concilio Vaticano II passa all’archivio e di fatto viene relegato tra i monumenti del passato da celebrare ed esaltare, ma soprattutto da svuotare di significato.

Qua e là emergono dubbi e perplessità, ma non si sentono voci di chiara disobbedienza.

Mentre molti preti si rituffano alla veloce su qualche grammatica latina, la chiesa ufficiale ritorna al sedicesimo secolo con papa Benedetto XVI. Coincidono sia i numeri sia lo spirito “perverso” che soffia in questa ventata tradizionalista.

Non basta dissentire: occorre rifiutare l’obbedienza e disobbedire apertamente.

UNA CURIA AGGRESSIVA

Mentre a Bologna si discute per la costruzione di una nuova moschea, più capiente e rispondente ai bisogni della numerosa comunità islamica, Cofferati ha dovuto fare i conti con la “guerriglia” parolaia ed insultante dell’opposizione.

Ma contro i pari diritti di culto l’affondo più pesante è venuto dalla Curia arcivescovile: “Basta paragonare le moschee alle parrocchie, siamo lontani mille miglia…la parrocchia appartiene alla nostra realtà, parla italiano, produce carità. La moschea invece è qualcosa che si introduce nel tessuto sociale…non è solo ambiente religioso, ma politico…”.

Che grettezza!!! Come augurio ai nostri fratelli mussulmani all’inizio del loro Ramadan… non c’è male. Cofferati ha detto: “Noi andiamo avanti”.

UN LIBRO DA NON PERDERE

Per fortuna molti italiani hanno già letto “Le sacrestie di Cosa Nostra” (di Vincenzo Ceruso, editori Newton Compton) in cui un prete di Brancaccio, intervistato, rilascia dichiarazioni assai significative:

“E’ assurdo essere prete antimafia”, “Il medico abortista e il mafioso per me pari sono”, “Non so proprio perché è stato ucciso padre Pugliesi”.

Il volume, denso e documentato, ha il pregio della documentazione fa toccare con mano quale spazio abbia il “sodalizio” tra mafia e religiosi.

Corri in libreria, caro lettore, cara lettrice.

COSI’ NON VA

Inviare altri 250 militari in Afghanistan è una iniziativa priva di fondamento nelle intese raggiunte oltre un anno fa e significa credere ancora di risolvere militarmente la questione afgana.

Ormai è evidente che dall’Afghanistan bisogna uscire al più presto. La logica militare della NATO è una pura illusione.

Con queste operazioni si rafforza il potere dei talebani in una terra che è chiaramente imprendibile, come decenni di invasioni armate dimostrano.

Dar voce alla politica, alla trattativa, all’azione diplomatica: questo è il cammino complesso, ma anche il più realistico.

Il Medio Oriente, la Palestina, fino ai luoghi più inaccessibili del Pakistan e dell’Afghanistan dicono a chiare lettere che l’intervento militare allarga il conflitto, lo internazionalizza e allontana i tempi della democrazia e della pace.

E’ NECESSARIO

Usciamo dalle nebbie e prendiamo decisioni precise. Veltroni ha assunto un impegno: “Nel mio Partito Democratico il 50% di dirigenti saranno donne”.

Una scelta felice e necessaria. Una promessa che, se non sarà mantenuta, squalificherà la partenza del Partito Democratico.

FORLEO

Signori onorevoli e senatori, non riesco proprio a capirvi quando vi accanite contro un giudice come la Forleo che richiama semplicemente un principio costituzionale: tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge.

Voi evidentemente vi sentite un gradino sopra. Il che è inaccettabile e non vi fa onore.

CALDEROLI E I MAIALI

Sempre gentile il nostro leghista razzista… Però non facciamogliene una colpa.

La sua iniziativa dimostra che si trova bene con i maiali, che gli sono congegnali. Ognuno può avere le sue simpatie.

Deve solo stare attento al suo colesterolo e agli ulteriori danni cerebrali che possono derivargli, vista la sua già scarsa “funzionalità” del cervello.

Ognuno “schiera” le sue risorse. Un giornalista, con arguzia, ha sottolineato che Calderoli può schierare solo maiali.

Le idee sono poche. Però mi spiace consegnare a Calderoli questi animali così simpatici e generosi…

martedì 18 settembre 2007

MESSA TRIDENTINA - COMUNICATO DI NOI SIAMO CHIESA

Ricevo e pubblico.



NOI SIAMO CHIESA
Via N.Benino 3 00122Roma
Via Bagutta 12 20122 Milano
E-mail: vi.bel@iol.it
www.we-are-church.org/it


Comunicato Stampa
Entra in vigore oggi l’anticonciliare motu proprio di Benedetto XVI sulla Messa tridentina. In Italia è diffuso il disinteresse a una decisione estranea alla sensibilità ed ai problemi veri del popolo cristiano


Nel momento in cui entra in vigore “Noi Siamo Chiesa” ribadisce che il motu proprio sulla Messa tridentina è aldifuori e contro il Concilio Vaticano II, nonostante la contraria affermazione di Benedetto XVI.

La riforma della celebrazione eucaristica, frutto del Concilio, è ora accettata e pacificamente praticata in tutto il mondo cattolico, dove ci sono anche molte voci che chiedono che, dopo un collaudo quasi quarantennale delle innovazioni, si debbano fare ulteriori passi in avanti nella riforma della liturgia.

Con questo documento il Papa contraddice la riforma conciliare di Paolo VI mettendo sullo stesso piano la vecchia teologia tridentina, quella della Messa in cui il sacerdote, con le spalle al popolo, celebra il sacrificio a cui possono “assistere” dei fedeli, e la teologia conciliare in cui tutta la comunità insieme al presbitero fa memoria della morte e della resurrezione di Cristo.

Malgrado ogni facile dichiarazione contraria vi sono molti segni che indicano che il pontefice, in questa sua solitaria decisione, è isolato nella Chiesa; ne è testimonianza il recente Sinodo dei vescovi sull’Eucaristia (ottobre 2005) durante il quale nessuno dei padri sinodali propose la possibilità di facilitare il ritorno al rito tridentino. Sono anche note le forti e pubbliche riserve già manifestate da alcuni episcopati (in primis da quello francese).

Tutte le informazioni in possesso di “Noi Siamo Chiesa” dicono che nel nostro paese l’iniziale sconcerto ed il disorientamento nei confronti di questa decisione si stanno ora manifestando soprattutto in un disinteresse ovunque diffuso, anche tra i vescovi ed il clero, ma anche in interventi di dissenso interni alla struttura ecclesiastica.

Da più parti si fa anche notare che la richiesta di celebrare messe col rito tridentino si scontrerebbe con l’ignoranza del vecchio rito da parte della gran parte del clero. Esplicite sono poi le critiche del periodico “Settimana” dei Dehoniani e dell’associazione dei liturgisti.

NOI SIAMO CHIESA
(aderente all’International Movement We Are Church-IMWAC)

Roma, 14 settembre 2007


“Noi Siamo Chiesa” fa parte del movimento internazionale We Are Church-IMWAC, fondato a Roma nel 1996. Esso è impegnato nel rinnovamento della Chiesa Cattolica sulla base e nello spirito del Concilio Ecumenico Vaticano II (1962-1965). IMWAC è presente in venti nazioni ed opera in collegamento con gli altri movimenti per la riforma della Chiesa cattolica.

UN ALTRO PRETE VERO

Laura Matteucci ha incontrato don Colmegna che sta facendo un digiuno solidale con i Rom espulsi, L’Unità di giovedì 13 settembre ha riportato la sua intervista.


Don Colmegna, digiuno solidale con i Rom espulsi

«La situazione sta degenerando perché quella dei Rom è diventata materia molto quotata sulla borsa politica. Basta non volerli, e sei tranquillo che la gente sarà con te».

Secondo giorno di digiuno, «digiuno solidale con chi soffre», per don Virginio Colmegna, presidente della Casa della Carità di Milano, uomo della carità effettiva, uno dei pochi rimasti a spendersi davvero nel milanese (e in Italia) per chi vive situazioni di disagio sociale.

L’ultima emergenza sono i Rom espulsi dal campo di via San Dionigi, a cui solo lui ha aperto le porte. Il Comune non ne vuole sapere, che se ne occupi il governo, «che parla tanto e non molla un euro».

Lontano dagli ideologismi di chi fa dei Rom un’etnia martire, consapevole dei fenomeni di illegalità esistenti, don Colmegna affronta il problema. «Digiuno come condivisione cristiana», ma anche come «appello alle istituzioni, a imprenditori e privato sociale» perché si trovi una soluzione.

Situazione analoga a quella degli sgomberati di Pavia, rimbalzati per giorni da un paesino all’altro per poi finire con la promessa del Comune che saranno pagati (mille euro) per tornarsene in Romania.

Don Colmegna, come legge quanto è accaduto a Pavia nei giorni scorsi?
«Mi preoccupa molto. Stiamo etnicizzando la paura, i Rom sono diventati come le discariche, e lo sgombero diventa l’immagine simbolica del rifiuto. Pavia è emblematica del clima che si è creato, di un atteggiamento ormai incontrollato di rifiuto sempre più forte, di un’intolleranza che arriva al razzismo e che si aggancia ad una politica rabbiosa. Fatto paradossale, il tutto rivolto verso un popolo che non ha mai fatto una guerra».

Quale dovrebbe essere il compito della politica?
«Io penso debba essere anche quello di ridare il senso della possibilità di risolvere i problemi. La Regione Lombardia quindici anni fa fece una legge sugli zingari, per il loro inserimento, ed è una legge che però non viene più finanziata. In termini politici, c’è il vuoto totale».

Molti cittadini si sentono insicuri vicino ai Rom, non vogliono i campi sotto casa. La politica dovrà ascoltare anche loro, e in generale la diffusa domanda di sicurezza, giusto?
«Certo, anche questi sono bisogni che vanno ascoltati. Ma è proprio questo il punto».

Qual è il punto? Come si risolve la questione?
«Bisogna consegnare all’opinione pubblica l’idea, documentata, di percorsi positivi possibili. Come quelli che abbiamo iniziato noi con i Rom di via San Dionigi: percorsi di inserimento lavorativo per gli adulti, di inserimento scolastico per i bambini. Anche questo è il rischio: che gli sgomberi interrompano questo filo che abbiamo iniziato a tessere. Molti Rom lavorano, e fanno tutti quei lavori che nessuno vuole più fare: lavorano con l’amianto, per esempio, fanno vendemmie, tutto in nero. E, infatti, insieme al sindacato stiamo anche affrontando il problema dell’emersione dal nero. Tra l’altro, abbiamo aperto una cooperativa di lavoro proprio in questi giorni».

Più mediatori, dunque.
«Più mediatori, che affrontino i bisogni dei Rom come anche degli italiani. Ma non solo. Bisogna stipulare dei patti con la Romania. Ci vuole una politica complessiva. Tutto il resto fa ridere. I campi sono insicuri? In via San Dionigi ci sono stati tre incendi, l’ultimo a giugno, ma nessuno è intervenuto per ricostruire. Molti chiamano in causa il Prefetto, che faccia, che decida. Ma che potere ha, visto che prevale la logica del localismo, che qualsiasi sindaco può dire “io quelli non li voglio”? Non si possono fare dei grandi campi nomadi, ci vogliono e aree ristrette? D’accordo, va bene, ma ditemi dove».

UN LIBRO DA LEGGERE

ZYGMUNT BAUMAN, Modus vivendi. Inferno e utopia del mondo liquido, Editori Laterza, Roma-Bari 2007, pagg. 134, € 14,00.

Io non me ne perdo uno: i libri di Barman alimentano il cervello e infondono passione per la vita, per capire quel che succede in questo benedetto mondo.

Sorprende il fatto che giunto alla lettura del suo trentesimo libro continuo a trovare freschezza di pensiero, rigore di analisi, aderenza alla vita quotidiana.

Il libro è assai impegnativo e bisogna decidere di farne una lettura attenta e lenta.

Buttatevi tra queste pagine e decidete voi, cari lettori e lettrici, se siete dei giardinieri o dei cacciatori. Cercate tra le pagine il significato di queste due metafore della nostra esistenza.

Una cosa è sicura: chi ama procedere a slogan non si trova a suo agio con le pagine di Bauman, ma in tempi di non pensiero queste letture rappresentano un vera e propria terapia.

Dietro queste pagine, dense e penetranti, si percepisce la statura di un uomo che non si rassegna all’ingiustizia e cerca i sentieri verso un futuro più umano.

LA FIOM NON FIRMA

Lo strappo è grave: lo possiamo ammettere. E soprattutto c’è chi ha soffiato sopra con il consueto populismo.

Ma forse bisogna anche guardare le cose da un altro punto di vista. In tutta questa vicenda non si può dimenticare che i metalmeccanici sono tra i più penalizzati sotto molti aspetti, non ultimo lo stipendio.

I loro stipendi continuano ad essere da fame. Ormai sono una minoranza “come categoria” e nel referendum complessivo la loro voce conterà poco.

Ma c’è una richiesta di equità che va ascoltata. Questo è, a mio avviso, il messaggio positivo che sta sotto la loro “rottura”.

Non si può ignorare la sostanza del problema, nemmeno invocando la necessità dell’unità sindacale.

BORGHEZIO

Il suo linguaggio, volgare e da taverna, tanto che non mi permetto di riportarlo, è il perfetto equivalente della sua concezione politica.

La piccola lezione di Bruxelles non è servita all’onorevole leghista. Resta il fatto che volgarità di linguaggio e incultura politica viaggiano spesso insieme e costruiscono il mondo del non pensiero.

Anche questo è parte del berlusconismo come ideologia e pratica di imbarbarimento e di prevaricazione. La volgarità è spia del non pensiero e semina qualunquismo.

domenica 16 settembre 2007

VERSO LA LIBERTA’

Il mio breve scritto che segue è comparso nel libro “Cerchi di libertà”, edito a cura di Franco Carena.


Alla soglia dei miei settant’anni guardo il lungo tratto di vita trascorso e avverto tutta la fragilità che sempre mi ha accompagnato. Ancora mi riscaldo ai sogni e ai fuochi accesi nella mia giovinezza che si sono fatti più ricchi di significato nel trascorrere degli anni.

Per me non c’è mai stata una meta che abbia posto fine al mio pellegrinaggio. Di questa dimensione itinerante ed inquieta della mia esistenza ringrazio Dio ogni giorno.

Quando da giovane prete feci l’esperienza dello smarrimento e del dissolvimento delle più granitiche certezze dogmatiche, maturò in me la consapevolezza che la vita umana e l’esperienza cristiana non potevano realizzarsi che in un continuo, esodico spostare le tende.

Fu negli anni ’64 - ‘65, ancora prima dell’esplosione del ’68, che avvertii lucidamente che il mio ministero non poteva limitarsi alla diligente ripetizione di formule tanto “venerande per età” quanto insignificanti per il presente.

Immerso fino al collo nella vita dei giovani della mia città e negli studi, attento alle lotte contro lo strapotere della Democrazia Cristiana e del franchismo, mentre aprivo gli occhi “innocenti” su una chiesa gerarchica legata al carro dei potenti con immensa delusione, in quegli anni mi innamorai della Bibbia e della persona del Gesù storico.

Pensavo, illudendomi, che il Concilio Vaticano II avrebbe spazzato via ogni ambiguità e ogni alleanza con il potere politico.

Più volte portato in tribunale per le lotte operaie e per antimilitarismo, mi resi progressivamente conto che la libertà si nutre di liberazione personale e collettiva, ecclesiale e politica, senza fine, senza sosta, senza tregua.

Soprattutto uscii dall’idea che esistesse un percorso di liberazione a flusso continuo…, veloce, rettilineo. Negli anni “libertà” divenne anche sinonimo di un cammino di conversione personale per non erigere idoli nel proprio cuore.

La preghiera, il cammino comunitario con la chiesa di base e con i teologi e le teologhe della liberazione, la lettura biblica, la partecipazione alle lotte degli omosessuali e delle donne, l’impegno con i transessuali, l’incontro con la donna che amo, i conflitti e le tensioni con la gerarchia, la fatica per arrivare alla fine del mese senza debiti….sono diventati per me lo spazio di una umanità e di una fede sempre da ripensare e da ripiantare.

E ora vedo con gioia ciò che Dio mi ha donato, ma guardo anche con disincanto e con lucidità i momenti in cui non sono stato libero da me stesso, dalla paura, dall’egoismo, dalla mediocrità. Ma anche la consapevolezza dei miei limiti e dei miei errori, non si è mai tradotta in paralisi.

Più che mai oggi sento che la vita e la fede sono “appello alla libertà”, una chiamata a vivere ogni giorno fuori dagli schemi dell’idolatria del mercato, lottando contro l’egemonia patriarcale e gerarchica, per una società laica in cui ci sia rispetto per il diritto di ognuno/a e la negazione del privilegio.

Pacatamente continuo il mio impegno di uomo, di prete e di teologo, guardando oltre questa chiesa gerarchica che si nutre di arroganza, che pretende privilegi e ritiene di avere l’esclusiva.

Dentro questa lotta appassionata e costruttiva, sento che la parola libertà si fa cammino, pellegrinaggio dei piccoli passi, sogno non evasivo, gioia di vivere e possibilità di condividere. Libertà per me significa anche attendere l’alba come le sentinelle. Esse sanno che la notte, per quanto lunga, lascerà posto alla luce del giorno.

Eppure il panorama è fosco e il cammino che attende gli uomini e le donne che fanno parte dei mille cantieri della liberazione è ora più complesso. I mezzi di comunicazione in larga misura sono diventati strumenti del potere che cerca con ogni mezzo di creare evasione, distrazione, manipolazione.

Come la lucida analisi di Zigmunt Baumann da vent’anni evidenzia, la caduta delle “grandi narrazioni” politiche e religiose ha creato la “solitudine del cittadino globale” e una cultura dell’individualismo esasperato in una società ormai in balia di una crescente incertezza.

I poteri forti del mercato, dei media, della militarizzazione (le tre M che sono la trinità capitalistica) viaggiano d’amore e d’accordo, per creare consumatori e videodipendenti, nell’accettazione della cultura militarista per cui i conflitti si risolvono con le armi e le guerre.

Davanti all’ecocidio in atto, davanti al frantumarsi del mondo delle relazioni, spesso ridotte a pure e semplici connessioni, non c’è tempo da perdere. Per questo, a mio avviso, è sempre più urgente dare spazio a quel lavoro di creazione di coscienze critiche e partecipative di cui ha ampio bisogno il nostro oggi.

La lezione di don Milani non è tramontata. E nutro la tenue speranza che, anche nella chiesa cattolica, dopo questa stagione di chiusura e di aggressività, tornino a farsi sentire voci di libertà.

Ora la gerarchia cattolica si è messa alla testa della destra planetaria e, aldilà delle declamazioni di pura retorica pauperistica, è diventata uno dei collanti più efficaci di tutte le forze che, dietro l’etichetta dei valori tradizionali, si organizzano per mantenere lo status quo.

Ma Dio e la coscienza umana restano due realtà che nessuna catena può imprigionare e nessun potere può soffocare. Questo non è il tempo di appartarsi dalla speranza e dalla lotta, di rifugiarsi nella nostalgia o di ritornare all’orticello, di ripiegarsi nella delusione per poi buttarsi nelle varie sagre del barolo, del cioccolato, del peperoncino, del tartufo… o nei voli misticheggianti o nelle declamazioni utopistiche.

E’ tempo di restare nei quotidiani, piccoli e concreti cantieri della liberazione con una forte dimensione di coinvolgimento personale e una visione politica che coniughi realismo e apertura all’ulteriorità e all’alterità utopica.

Lancio, a conclusione di queste note, una iniziativa che intendo realizzare. Si tratta di dare vita ad un incontro che chiamerei “Prove di Concilio” in cui possano esprimersi coloro che non trovano più spazio nella chiesa istituzionale non solo per esporre dissenso e protesta, ma soprattutto per avanzare proposte costruttive.

Lo scopo è quello di far nascere e crescere l’idea e l’esigenza di un nuovo concilio. Credo, in verità, che sarebbero maturi i tempi per un Concilio di tutte le chiese cristiane. Tali sono le “sfide” che il mondo di oggi rivolge al cristianesimo che a me sembrano non procrastinabili una riflessione ed un’azione comune tra tutte le chiese cristiane.

In attesa che maturi questo “evento”, penso che una nuova coscienza ecclesiale esiga non solo un altro Concilio, ma soprattutto un Concilio “altro”. Voglio dire che ormai è teologicamente maturo il tempo per una rappresentanza diversa. Il solo episcopato non può rappresentare adeguatamente una chiesa.

Oggi le donne, i preti sposati, i gay e le lesbiche credenti, i divorziati che vivono le seconde nozze, i teologi e le teologhe, il movimento “Noi siamo chiesa”, le comunità cristiane di base, i/le cristiani/e attivi/e nel volontariato o nell’impegno culturale, amministrativo e politico, nei movimenti della pace, nel femminismo, nelle lotte contro l’ecocidio e il patriarcato rappresentano un patrimonio di riflessione e di azione la cui voce è indispensabile per ripensare il senso della presenza cristiana nel mondo.

Tutte queste “presenze” debbono avere voce attiva, deliberativa e non solo consultiva. Oggi, insomma, un Concilio comporterebbe a livello teologico una presa d’atto della necessità di superare il modello precedente. Con i “padri conciliari” dovrebbero sedere le madri, i fratelli e le sorelle “conciliari”.

Senza questa rappresentanza reale del popolo di Dio un concilio clericale e patriarcale partirebbe con il piede sbagliato. Un altro Concilio se non sarà un Concilio “altro” sarà privo di vera autorevolezza evangelica.

Spero che questo “oltrepassamento” avvenga perché, senza questa coralità, la nostra chiesa potrebbe correre il rischio di imprigionarsi in un ghetto o di diventare un museo. La mia fiducia sta nel fatto che il “vento soffia… inarrestabile, irresistibile…”.

Facciamo nascere in ogni chiesa locale qualche “prova di concilio” perché il Vangelo chiama alla libertà e alla responsabilità, fuori dai silenzi complici.