martedì 31 luglio 2007

COME GUASTARSI UNA SERA…

Martedì 24 luglio, trovandomi a Pietra Ligure per alcuni giorni di riposo, sono stato avvertito da un cartellone affisso sulla porta della parrocchia che la sera si sarebbe svolta una “serata di catechesi sul sacramento del perdono”, introdotta da una relazione del parroco.

Io, che per mia natura dialogherei anche con il diavolo, se esistesse, sono corso all’appuntamento, desideroso di vivere - come faccio sempre quando mi trovo fuori dalla mia comunità – un’esperienza di confronto.

Ho contato una ventina di persone di età non proprio giovanile. L’argomento sia sul terreno biblico, storico, pastorale ha occupato grande rilievo nei miei studi di esegesi e di sacramentaria.

Non riesco a dirvi il dolore e la sconvolgimento che ho provato fin dall’inizio della relazione del confratello, certamente ben intenzionato, ma assolutamente impreparato.

Il centro di tutta la sua riflessione traduceva una idea ossessiva: nessuno ardisca pensare che sia possibile ottenere il perdono direttamente da Dio.

Solo i sacerdoti hanno questo potere perché lo hanno ricevuto come prerogativa esclusiva da Cristo. A loro vanno confessati tutti i peccati…

Per almeno dieci volte ha ribadito che la chiesa (per lui significava la gerarchia, i sacerdoti) ha questo potere conferito da Cristo. E, con una totale e incredibile inconsapevolezza dei problemi connessi all’interpretazione di un testo biblico, si è messo a citare versetti biblici di tutti i quattro vangeli.

Una vera e propria “cascata di versetti”, citati alla rinfusa, senza la minima nozione esegetica, contestuale, ermeneutica. Ero allibito…

Per lui, ignaro della storia della formazione dei sacramenti, della “penitenza antica” e di ogni disputa teologica che ha attraversato i secoli, tutto era chiaro: Gesù avrebbe fondato la chiesa e avrebbe voluto una gerarchia con dei precisi poteri… Nessun dubbio, nessuna ombra, tutto certo e chiaro…

Per mia fortuna, una solida sedia mi sorreggeva. C’era da stramazzare a terra, travolto da una simile valanga di ignoranza, di falsificazioni storiche, di manipolazioni…

Intervenire? Ma da che parte partire? Era tutto l’impianto da rimettere in discussione. Del resto, dopo due chiacchiere assolutamente fuori tema con alcuni presenti, il parroco ha chiuso la serata.

Sono tornato a casa. A letto stentavo a prendere sonno. Sono sicuro della buona fede di quel mio confratello, ma come si può oggi svolgere un ministero privo, totalmente privo, di alcune conoscenze linguistiche, storiche, esegetiche, ermeneutiche?

Come si possono ingannare così gravemente dei fratelli e delle sorelle che meriterebbero un servizio qualificato? Può il prete non studiare e limitarsi a ripetere il catechismo della sua prima comunione? Ho gettato il mio dolore, profondo fino alle lacrime, davanti a Dio.

La mia indignazione non è contro quell’uomo privo di strumenti culturali, ma contro una istituzione ecclesiastica che favorisce questa incultura: i preti hanno il potere e così si sentono dispensati dal sapere. I laici, imbevuti di clericalismo, a loro volta bevono tutto come oro colato.

Chi non ti educa alla ricerca, può garantirsi la tua obbedienza: questo è criminale. Per me, uomo e prete attraversato da mille limiti di ogni genere, il ministero è passione, preghiera, studio, ricerca, coinvolgimento.

Non si tratta di trasmettere delle “pillole dogmatiche”, del resto assai contaminate, ma di educare noi e le persone con cui facciamo comunità ad una ricerca rigorosa e appassionante.

Dunque, anche questa serata, a modo suo, mi ha fornito “materiale” per accrescere il mio zelo e per riflettere, ancora una volta, sull’importanza del continuo rinnovamento della propria cultura biblica e teologica.

IL PAPA NON E’ ISOLATO

Una pubblicistica veloce e reattiva, che scambia i nostri desideri con la realtà, disegna un papa isolato che ha preso la decisione di reintrodurre il latino nella messa contro i pareri dei vescovi e del popolo cattolico.

Si tratta di una semplificazione e di una illusione. Il papa sa bene di avere il consenso di una “galassia cattolica” immensa e di poter contare su una grande numero di preti, anche giovani.

Molti parroci mi hanno parlato delle richieste che arrivano ben oltre le loro previsioni. Per molti sacerdoti si tratta di riaffermare la loro “identità” attraverso alcune loro attribuzioni esclusive, sacrali.

E poi non dimentichiamo mai, in campo cattolico, l’obbedienza è ancora una triste virtù che permette al potere di governare con discreta tranquillità.

CLEMENTINA… BIRICCHINA…

Insomma, una giudice come Clementina Forleo ha ricevuto qualche stoccatina anche dal Presidente della Repubblica.

Forse è andata un po’ in là nel pronunciare valutazioni anziché attenersi al suo compito di giudicare.

Però, a mio avviso, la dott. Forleo è una magistrata che non fa sconti a nessuno e, in questi tempi, è già un grande pregio.

Io preferisco qualche mossa incauta della Forleo a quel mondo ambiguo delle intercettazioni. Per favore, salve, le regole, non tagliamo le unghie ai magistrati.


lunedì 30 luglio 2007

IL MONOTEISMO APPARENTE

Sono in Liguria per qualche giorno di riposo. Mi interesso sempre molto e, se posso, partecipo alle iniziative della comunità cattolica locale. Mi sento chiesa là dove vado.

Tranne pochissime eccezioni, non ho trovato in questi grossi centri nessun dibattito, ma solo liturgie, celebrazioni, feste di santi e di madonne di ogni genere.

Per questo mi è tornata alla mente l’osservazione puntuale e pungente delle studioso delle origini cristiane Mauro Pesce nel suo prezioso volume “Inchiesta su Gesù”.

Il cattolicesimo, secondo il nostro Autore, è un monoteismo solo apparente perché è popolato da una quantità davvero impressionate di culti, di venerazioni di “personaggi divini”.

Se ci si sofferma un po’ a pensare a questo fatto, emerge con chiarezza e stupore che Gesù e Dio sono comparse molto più rare e, in qualche modo, assai secondarie.

Non ho trovato affisso sulle porte delle chiese di questi paesoni attorno a Pietra Ligure nessun avviso di un gruppo di lettura biblica. Per me è un grande dolore.

Una chiesa che tiene chiusa la Bibbia, presto a tardi diventa una comunità che spalanca le porte e le finestre agli idoli.

Mescolato tra la gente alla messa domenicale, ho udito una predicazione piena di nulla, di un confratello per nulla attento al testo biblico.

Tante madonne, tante candele, tanti santi, tante messe, tante novene, tante fotografie del papa: è il deserto della fede, un tradimento della nostra missione di annunciatori e testimoni del vangelo. Lo ripeto: è dolore grande.

Eppure anche da queste constatazioni occorre prendere slancio per mettere al centro la testimonianza biblica e la sequela di Gesù.

PADRE PIO ALTERNATIVO

Siccome la Tv italiana ci ha fornito un Padre Pio tutto pace, bene e santità esiste una “analisi” diversa della sua figura a cura del teologo cattolico don Pierangelo Gramaglia, docente alla Facoltà Cattolica di Teologia dell’Italia Settentrionale con sede a Torino in Via XX Settembre. Richiedete a lui il denso studio.

CATTOLICESIMO CINESE

I grandi capi del cattolicesimo cinese patriottico, quello filogovernativo, che ruppe con il vaticano fin dal 1951, rilasciano dichiarazioni molto concilianti.

Nulla che ci faccia pensare ad un cattolicesimo progressista, teologicamente vivo, esegeticamente attrezzato. Vogliono ancora oggi respingere l’ingerenza e la colonizzazione vaticana, ma per il resto sono i cattolici più papalini del mondo, assolutamente ligi, dogmatici, disciplinati.

Le dichiarazioni rilasciate a Repubblica il 23 luglio scorso da Liu Bainain, il più influente membro della chiesa patriottica, sono inequivocabili:

“Io spero con tutte le mie forze di poter vedere un giorno il Papa qui a Pechino, a celebrare la messa per noi cinesi. I cattolici italiani non possono immaginare quanto desiderio abbiamo di vederlo.

Attraverso "Repubblica" vorrei rivolgere al Santo Padre un saluto speciale: sappia che preghiamo sempre per lui e perché il Signore ci dia la grazia di accoglierlo tra noi.

Noi tutti abbiamo grande rispetto per la figura di Giovanni Paolo II: è stato il primo pontefice ad ammettere i peccati di cui si era resa colpevole in passato la Chiesa missionaria in Cina”.

Liu continua a evocare la rottura del 1951, per lui è essenziale tornare alle origini del divorzio.

“Quello che forse non è chiaro a tutti gli italiani, è che noi seguiamo esattamente la stessa religione della Chiesa di Roma, siamo indipendenti dal punto di vista politico e per il reperimento delle nostre risorse economiche.

Quando la stampa occidentale ricorda che nel 1951 la Cina ha rotto le relazioni col Vaticano, dimentica di aggiungere questo aspetto essenziale: noi abbiamo sempre continuato a dire che riconosciamo l’autorità unica del papa in materia di religione. Non c’è l’ombra di una controversia teologica, non abbiamo nulla in comune con i protestanti”.

Liu tira fuori da una cartella un vecchio discorso: il suo primo intervento alla fondazione dell’Associazione patriottica, esattamente cinquant’anni fa. Vuole che “gli italiani oggi possano conoscerlo”, legge una citazione di quel testo del 1957.

“La Santa Sede è l’unica rappresentante di Gesù in terra e come cattolici dobbiamo seguirla. Ciò che noi dobbiamo affermare è la nostra indipendenza politica ed economica, altrimenti resteremo una chiesa coloniale”.

Liu protegge se stesso, vuole difendersi dall’accusa di essere stato il leader dei “traditori” che hanno chinato la testa davanti al regime comunista.

“Al contrario, abbiamo salvato il futuro del cattolicesimo in Cina, abbiamo cambiato la percezione che c’era dei missionari come alfieri dell’imperialismo, abbiamo dimostrato che i cattolici cinesi sono anche dei patrioti”.

“Abbiamo aperto seminari dove invitiamo come insegnati sacerdoti italiani, spagnoli, irlandesi. Quando qualche sacerdote ha avuto la tentazione di sposarsi, lo abbiamo espulso: come vede non ci siamo mai discostati dalla linea della Santa Sede. Però applichiamo il detto di Gesù: date a Cesare quel che è di Cesare, a Dio quel che è di Dio”.

L’intervista raccolta da Federico Rampini fornisce un quadro da cui emergono alcuni elementi davvero significativi.

1) I cattolici cinesi sono in crescita: dai quindici ai venti milioni. Almeno 10 milioni sono quelli “clandestini”, cioè non patriottici.

2) Emerge che, in ogni caso, si tratta di un cattolicesimo ultra-tradizionalista sul piano dogmatico che non fa alcun problema per il vaticano. Si andrà verso una normalizzazione dei rapporti tra stato cinese e vaticano.

3) E’ un luogo comune, sia pure accreditato da grandi studiosi, che l’Asia sia impenetrabile al cristianesimo. Il prossimo ventennio sarà la più severa smentita, come già avviene in India.

4) Dove c’è tradizionalismo, conservatorismo, dogmatismo il cattolicesimo militante di oggi penetra facilmente e si pone come collante della destra planetaria. In Cina dovrà avere un occhio di riguardo per il regime che non tollera ingerenze, ma il “genio cattolico” troverà le sue strade per un avvenire di proselitismo.

domenica 29 luglio 2007

PERCHE' NON POSSO ESSERE CATTOLICO

Accolgo volentieri sul mio blog questo scritto di Massimo Consoli. La chiesa ufficiale cattolica ha fatto molto di peggio. Basta leggere la storia del cristianesino criminale che in nove volumi ha fatto una sintesi delle malefatte della chiesa romana. Però la fede in Dio non passa più tutta e sempre attraverso questi rubinetti. Molti credenti sanno che il papato è un arnese del potere e la fede è un altro continente. Lavoriamo perché questa consapevolezza cresca e poi restiano liberi di fare le nsotre scelte.


PERCHE' NON POSSO ESSERE CATTOLICO


E’ da quando ho raggiunto una certa maturita’ politica che ho notato un fatto curioso: ogni volta che mi sono trovato a confrontarmi con un mio diritto, che mi sembrava naturale e legittimo, ad impedirmi di usufruirne si ergeva sempre una particolare classe di individui.

Perche’ “particolare”? Perche’ tra di loro, questi individui, avevano delle caratteristiche speciali che li caratterizzavano in un certo modo: erano cattolici.

Ho sofferto molto, durante la mia infanzia e adolescenza. Ho sofferto molto fino all’eta’ di diciassette anni. Ho pensato in maniera ossessiva al suicidio. E questo perche’? Per un solo motivo: ero gay e non mi accettavo.

Ho cominciato piuttosto presto a capire che c’era qualcosa, in me, che non rientrava nel gradimento generale della societa’. Ho utilizzato tutti gli strumenti che avevo a disposizione. Ho comprato un numero infinito di libri e di giornali cercando di capire chi fossi e per quale motivo.

Ho parlato con chiunque fosse disposto ad ascoltarmi (ben poche persone, in realta’), e mi sono sentito sempre peggio, come se stessi sprofondando in chissa’ quale baratro di abiezione e perversione.

La chiesa cattolica mi ha spiegato, con abbondanza di particolari, che io non avrei mai potuto aspirare al regno di Dio, non importa cosa avessi fatto di buono nella vita. Sarei potuto essere la persona migliore del mondo, ma il fatto di essere gay mi assegnava automaticamente un biglietto di sola andata per l’inferno.

Ma questo non mi sembrava giusto! Com’era possibile che io fossi responsabile di un qualcosa del quale non avevo nessuna responsabilita’, che non avevo voluto e che non avevo cercato in nessun modo?

Come poteva essere giusto un Dio che mi condannava senza possibilita’ di appello, senza permettere di giustificarmi in alcun modo? Un Dio che mi si presentava feroce, malvagio, impietoso ed anche falso e ipocrita perche’ appariva sotto altre vesti che non gli spettavano.

Col trascorrere del tempo ho cercato di approfondire questo argomento che mi stava cosi’ a cuore. Una delle cose che piu’ mi appassionavano era la religione, la storia della religione, la storia del cristianesimo.

Cosi’, ho potuto scoprire che, in effetti, la mia non era stata una sensazione. Il cristianesimo, e soprattutto il cattolicesimo romano, mi appariva sempre piu’ come un’istituzione che mirava soltanto ad una cosa: il potere!

Tutto il resto era una sovrastruttura necessaria per confondere gli ingenui e abbindolare i puri di cuore, per farli cadere nella rete e presentarli all’esterno come modelli da imitare, visto che le gerarchie ecclesiastiche erano abitualmente impresentabili.

Il cristianesimo condanna il politeismo, ma in nessuna religione ci sono cosi’ tanti dei (chiamati «santi») come nel calendario cattolico. Parla della necessita’ di esser poveri, ma la Chiesa e’ stata per secoli la struttura piu’ ricca e potente. Vuole i suoi sacerdoti celibi, ma pretende sposato il resto della popolazione.

E’ sempre stato contro l’omosessualita’, ma in nessuna comunita’ come nel clero questa la si pratica con cosi’ tanta convinzione. Dice agli altri: "Crescete e moltiplicatevi", sostenendo che coloro che non vogliono i figli sono degli egoisti, ma loro si guardano bene dal mettere su famiglia.

Invita a «non uccidere», ed e’ responsabile dei piu’ grandi eccidi nella storia dell'umanita’. Dice di non fare guerre, e sono poche quelle non scatenate dal Papa. Del resto, sono proprio loro hanno inventato un detto: «fai quello che il prete ti dice di fare, ma non fare quello che fa lui».

Ci sono sempre stati dei preti a nostro favore. Fin da quando ero bambino sentivo i piu’ grandi che dicevano: “Le acque si stanno smuovendo. Avete sentito cosa ha detto don Filippo, quel prete di Modena secondo il quale anche gli omosessuali possono andare in paradiso?”.

Troppi ce ne sono stati di preti di Modena, di Firenze, di Reggio Calabria, di Torino e di chissa’ddove. Ma dove sono finiti? E’ la chiesa di Roma quella che conta e che e’ sempre, drasticamente, antiomosessuale.

Tutti gli altri sono polvere sollevata artificialmente per confondere, nascondere, illudere. Questo puo’ sembrare strano. Ci sono molti studi, molte ricerche (Sipe, Wagner…) che rivelano come nel clero cattolico ci sia una percentuale di omosessualita’ che arriva fino all’80 per cento!

Com’e’ possibile che una struttura che ne e’ cosi’ profondamente impregnata rinneghi se stessa fino a questo punto? In realta’, bisogna stare attenti alle parole. La chiesa di Roma e’ stata sempre molto brava nel linguaggio usato.

Spesso ha impiegato secoli per modificare il senso delle parole e portarlo a soddisfare i propri interessi (vedi il caso dei Benandanti, sul quale Carlo Ginsburg ha scritto un libro illuminante).

In questi ultimi anni la chiesa ha operato una sottile distinzione tra “omosessuali” e “gay”. E noi, oggi, stiamo assistendo ad una lotta feroce tra gli omosessuali, che sono quelli che vivono con dolore la propria condizione e sono sottomessi alla sua autorita’, ed i gay, che sono quelli che rivendicano con orgoglio quella stessa condizione e pretendono di essere felici anche al di fuori del suo magistero.

E’ logico che vinceranno i gay, perche’ sono ormai storicamente predisposti alla vittoria, ma e’ anche vero che, dopo questa guerra, la chiesa di Roma ne uscira’ fuori profondamente trasformata.

Massimo Consoli

COME FARE CRESCERE AL QAEDA?

Che i fatti di Perugia trovino, come sembra, riscontri pesanti e dimostrino che il qaedismo fa proseliti in piccoli gruppi che si autoorganizzano ormai in tutto il mondo, sembra assai probabile.

Ma ormai è evidente: Al Qaeda ha prodotto il qaedismo, una galassia infinta, “fai da te”, tenuta insieme da una ideologia semplicissima dell’annientamento del nemico Occidentale, capace di espandersi, saldarsi con altri spezzoni, intervenire ovunque.

L’illusione delle truppe USA e della NATO di fermare questo flusso sta dimostrandosi per quello che è.

E’ tempo di capire che ogni invasione, ogni guerra del petrolio, ogni esportazione di democrazia generano il qaedismo, sono uno stimolo a passare al terrorismo.

Aver seguito gli USA in queste invasioni dell’Iraq e dell’Afganistan ha collocato l’Europa nei paesi a rischio di terrorismo continuo. Bisogna avere il coraggio di invertire la rotta.

CHAVEZ: UNA SCELTA SBAGLIATA

Io sono un sostenitore delle politiche popolari del presidente venezuelano.

Però, se dovesse prendere forma un assetto istituzionale con una partito unico, ci troveremmo orientati verso un modello politico autoritario.

Per ora non è chiaro né il progetto, né il percorso. Speriamo che Chavez, un presidente che tanto ha lottato per il suo paese, pur con i suoi accenti populistici, non ceda a dinamiche presidenzialiste troppo accentuate.

Vedremo lo sviluppo dei fatti.

MONOTONIE

E’ finito il Tour de France: anche qui ha dominato il doping. Quando usciremo?

Sono finite le vacanze del papa. Non è riuscito a compiere un gesto o a dire una sola parola non scontata. Si potrebbe mandare in vacanza un robot vestito da papa e infinlargli dentro un disco registrato.

sabato 28 luglio 2007

DISCORSI SPIRITUALISTICI

Di tanto in tanto, anche nella mia comunità, ma ben più spesso nelle grandi giornate di spiritualità tanto diffuse nel mondo cattolici ufficiale, si compiono voli pindarici, ci si solleva ad altezze sublimi.

Allora escono discorsi molteplici sulla partecipazione collettiva, sulla maturità delle persone che ormai sono libere dalle manipolazioni… e simili.

Ma c’è uno che proprio mi diventa sempre più ostico: “I soldi non contano… Non bisogna puntare sui soldi… perché non fanno la felicità…” Nulla, assolutamente nulla da eccepire. Sembra vangelo puro, distillato. Come fai a dire che non è così?

Eppure forse bisogna proprio replicare quando – come avviene quasi sempre – questo discorso si trova sulla bocca di chi”non ha freddo ai piedi”, di chi vede arrivare a casa ogni mese 5 o 6000 euro o ancora più e forse ha la casa di proprietà, un alloggio al mare o in montagna.

Bisogna stare attenti a non fare discorsi spiritualistici ed irritanti per chi con uno stipendio di 1300 euro ne paga 600 di affitto e poi la luce, la tassa rifiuti, il riscaldamento, il telefono, l’acqua, il gas… e qualcosa da mangiare… e ogni tanto ha pur bisogno del dentista…

Questi discorsi sono ideologie buoniste e offendo la dignità di chi, invece, deve dirsi che i soldi sono importanti per arrivare alla fine del mese e pagare tutte le bollette.

CHE MESE DI LUGLIO INTENSO...

Nella nostra piccola realtà comunitaria abbiamo vissuto un mese di luglio pieno di appuntamenti e di incontri davvero ricchi di contenuto e di confronti.

Oltre ai gruppi biblici del martedì e alle eucaristie del venerdì, il 13 luglio abbiamo incontrato il gruppo di Aosta (che dialoga con noi da un anno) per preparare il battesimo di Federica (25 anni) e del piccolo Flavio.

Battesimo

Sono emerse così tante riflessione che è impossibile riassumerle. Innanzitutto il battesimo è una celebrazione comunitaria che esige un cammino di fede personale.

Federica da un anno ci documenta che cosa per lei significa oggi essere entrata nel cammino di Gesù. Gianluca e Federica battezzeranno anche il figlio per proporgli questo cammino e dargliene testimonianza con la loro vita.

Il 2 settembre, nel corso della celebrazione eucaristica, il battesimo sarà conferito, come nella comunità primitiva, nel nome di Gesù per esprimere non un impegno di fede generico, ma la fede in Dio sulle tracce di Gesù di Nazareth.

Ovviamente il peccato originale che nella Bibbia non esiste e che non può trovare alcun appoggio nel testo di Genesi 3 (che descrive mitologicamente la condizione umana) è un pensiero a noi estraneo. Non si cancella nessun peccato originale, ma si conferma la decisione di perseverare in un nuovo cammino di vita.

I testi che mediteremo insieme nell'eucaristia di domenica 2 settembre sono già stati scelti da Federica e Gianluca con me: Luca 6, 20-26; Matteo 6; 1-6 Matteo 7, 24-27. Ci vedremo ancora ad agosto, sabato 18 dalle 10,30 alle 15, per un ulteriore confronto sui testi e sulla celebrazione. L’incontro è aperto.


Serata ecumenica


Molto lieta e partecipata la serata di martedì 17 luglio nella sede della comunità. Ho presentato gli ultimi documenti vaticani sull’uso della lingua latina nella liturgia, nei sacramenti e nel Breviario e il documento della Congregazione della fede circa l’ecumenismo.

E’ sempre necessario conoscere per valutare. Così abbiamo letto per intero i documenti, con alcune puntualizzazioni, e li abbiamo commentati insieme.

Sembra che la chiesa cattolica ufficiale sia innamorata di se stessa e giri attorno al proprio castello istituzionale. Si è dimenticata di Dio, di Gesù e del Vangelo.

A parte l’ arroganza con cui parla delle proprie prerogative di “unica vera chiesa istituita da Gesù” e squalifica tutte le altre esperienze cristiane, colpisce l’ignoranza storica addirittura ridicola di chi vuole – contro intere biblioteche di documentazioni scientifiche – far risalire al nazareno le “strutture” della chiesa.

Ma, ci si domandava, nei sacri palazzi qualcuno legge ancora qualche libro di teologia, di storia del cristianesimo, di esegesi, di ermeneutica?

E’ stato doloroso prendere atto insieme che, purtroppo, mentre persino il priore di Bose ci richiama all’obbedienza, nella chiesa cattolica regna un grande silenzio. Paura? Indifferenza? Sottovalutazione? Esiste forse una scarsa abitudine a parlare con chiarezza, mentre il cosiddetto “popolo di Dio” non viene educato né al senso critico né alla libera espressione delle proprie idee.

La serata, molto partecipata nonostante siamo al culmine dell’estate, ha goduto della grande fortuna di avere con noi Marco Gisola, pastore della chiesa valdo metodista di Pinerolo, e il pastore valdese Bruno Giaccone, reduce da un suo impegno in Eritrea, ove lavora con un progetto di donne tessitrici. Con loro abbiamo dialogato sulle difficoltà dell’ecumenismo.

Tali dichiarazioni, infatti, scoraggiano molte persone e inducono a pensare che davvero Roma è inconvertibile. Ma, d’altro canto, ci siamo ricordati che nulla potrà fermare l’ecumenismo di base che molti credenti delle diverse chiese cristiane praticano in tutta tranquillità e pace.

La fede scappa alle maglie di un potere che ormai è privo di autorevolezza evangelica. Guardiamo avanti, solidali nelle vie del mondo, lieti e audaci nel dialogo ecumenico, ancorati alla preghiera e allo studio biblico assiduo, rigoroso, nutriente.

Ma è mai possibili che, nemmeno di fronte allo scandalo dei preti pedofili, questo magistero cattolico non perda un po’ della sua arroganza?



Grazie, o Dio d’amore, che ci dono sempre tante possibilità di confronto per cercare insieme, come fratelli e sorelle, i sentieri della Tua volontà. E grazie, soprattutto, perché hai detto ai nostri cuori che la conversione non è un passaggio da una chiesa all’altra, ma un andare verso di Te, un gettarci più radicalmente tra le Tue braccia, un coinvolgerci più intensamente nel cammino di Gesù.

venerdì 27 luglio 2007

LA SOCIETA' CHE SI DA FUOCO

Gli incendi di queste settimane sono una realtà tragica e diffusa.

Morti e distruzione, piromani scellerati e popolazioni disperate: un quadro desolante al quale rischiamo di abituarci.

Questo scenario di devastazione e queste fiamme che a volte sembrano inarrestabili hanno suscitato in me una riflessione: questo quadro mi è sembrato eloquente metafora della nostra realtà.

Abbiamo imboccato una strada che ci brucia la vita. Il sistema “americano–capitalistico–globalizzato” ormai è destinato a creare devastazione e morte.

Gli “incendi” possono, se sappiamo ascoltare i messaggi, diventare un monito e una profezia: o cambiamo strada oppure il creato, le acque, gli alberi, l’aria, la terra e gli animali ci preannunciano immani sofferenze.

I piromani sono metafora di ciò che avviene ogni giorno: bruciano la vita. O custodi del giardino o sfruttatori del creato.

Ma, a questo bivio, è appesa la nostra esistenza. Madre terra parla chiaro.

BURJ DUBAI, TETTO DEL MONDO

“La competizione è la prima causa della stupidità”, disse Chevrot, aggiungendo “perché a volte si compete in terreni in cui contano solo la potenza e l’immagine”.

Vuole essere “il simbolo del nuovo Medio Oriente”? Finché cerchiamo “simboli” nella direzione della “superpotenza”, diamo segnali di morte, dei delirio, di continuità con il peggio dell’Occidente.

Su Repubblica di domenica 22 luglio Cristina Nadotti scrive.: “La Burj Dubai è solo l’ultima delle prodezze stilistiche e architettoniche della città più importante degli emirati, da anni palestra d’eccezione per architetti e ingegneri chiamati a progettare piste da neve nel deserto, isole artificiali a forma di palma ed edifici futuristici che sfidano il deserto.

Sono vetro, alluminio, cemento e acciaio le materie prime con cui gli ingegneri e gli architetti dello studio statunitense Skidmore, Owings e Merrill hanno costruito la torre che ospiterà 30mila appartamenti, il centro commerciale più grande del mondo, uffici e un hotel.

Non uno qualunque, ma il primo degli Armani hotel, albergo completamente arredato con la “linea casa” della maison italiana, che firmerà anche gli interni di una serie di appartamenti, dimore esclusive “che solo un gruppo privilegiato potrà chiamare ‘casa’ ”, in una struttura che viene innalzata da dieci gru e 5mila operai, che avrà ascensori che viaggiano a 18 metri al secondo e svetterà su un nuovo quartiere che costerà alla fine 20 miliardi di dollari.

La Burj Dubi avrà un volto diverso su ogni lato, una varietà necessaria per ovviare ai venti in quota. Ingegneri e architetti hanno infatti pensato la forma della struttura in funzione dell’altezza e dell’impatto con il vento.

In pratica ogni variazione nella facciate “costringe “ il vento a comportarsi in modo diverso, così da diminuire l’impatto laterale e l’oscillazione della struttura. Ci sono voluti poi studi climatici per simulare le condizioni uniche a quell’altezza e ricerche sismiche, che sono state sottoposte a diversi esperti, per avere alla fine controlli incrociati.

“Ma il problema maggiore - afferma l’ingegnere capo William F. Baker – è stato trasportare il cemento fino alla cima, perché il materiale cambia consistenza dopo un massimo di 7 minuti e invece per arrivare a oltre 50 metri ce ne volevano almeno 20”.

Delirio. Un calcolo approssimativo ci assicura che, con tale spesa, si sarebbero costruite 800.000 case popolari di ottima fattura. Questo è pura bestemmia.

DALLA PIU’ GRANDE DEMOCRAZIA

Se non fosse che la realtà è tragica, le notizie sarebbero capolavori di ilarità. Bush ordina alla CIA di porre fine alle torture sui prigionieri.

Il presidente Usa che aveva con i suoi decreti autorizzato e sollecitato ogni genere di violenza e di torture non solo a Guantanamo, ora firma il decreto che proibisce qualunque trattamento disumano e ordina che sia rispettata la convenzione di Ginevra.

La dottrina USA, che permetteva ogni genere di tortura al fine di ottenere presto le confessione dei terroristi veri o presunti, comprendeva la negazione di un processo o civile o militare.

Tale inciviltà ha prodotto morti, mutilazioni, malattie irreversibili, spesso anche contro persone colpevoli solo di opporsi al militarismo USA.

E’ chiaro che un tale decreto doveva giungere per la pressione internazionale che si è fatta più forte.

Nessuno, ovviamente, pensa che le cose cambieranno. Sono pure e semplici parole di propaganda, siglate per salvare la faccia.

La sostanza è che, quella che umoristicamente viene ancora definita la più grande democrazia del mondo, realizza queste torture come pratica normale e non può permettersi quei comportamenti umani e civili che il diritto internazionale stabilisce.

Quando si governa con le armi, i metodi possono essere solo questi.

ARGENTINA

Cristina Fernandez, la moglie dell’attuale presidenze dell’Argentina, ha molta probabilità di essere eletta, succedendo al marito, alla presidenza dello Stato.

Più a sinistra del marito, si avvale della sua grande capacità trascinatoria, della buona congiuntura economica e della riconquistata stabilità democratica che Nestor le lascia in eredità.

Un altro grande balzo delle donne nella vita politica mondiale

STRAGE DI PELLEGRINI

Le stragi delle strade non risparmiano nessuno. Le persone che tornano da un pellegrinaggio spesso sono soggetti che sono andati in cerca di un conforto e trovano la morte.

Pensiamo anche ai pellegrinaggi alla Mecca. L’idea che Dio protegga il pellegrino o che, per i cattolici “doc”, la madonna li preservi da ogni male, evidentemente non funziona.

L’incidente di Grenoble di domenica 22 luglio con i suoi 26 morti si va ad aggiungere a mille altri.

Taluni meritano particolare menzione:

- In Brasile nel 1998 in uno scontro tra due pulmann e un autocisterna muoiono carbonizzati 60 pellegrini di ritorno dal santuario di Nuestra Senora Aparecida.

- In Ungheria nel 1992 un pulmann diretto al santuario di Medjugorje precipita in un burrone vicino al lago Balaton: muoiono 19 pellegrini polacchi.

- In Argentina nel settembre 2002 muoiono 51 pellegrini di ritorno dal santuario della Vergine della valle a Conception. Il loro pulmann precipita in un burrone.

giovedì 26 luglio 2007

NOI NON SIAMO CHIESA?

Ospito volentieri il chiaro e costruttivo intervento del Pastore valdese Giuseppe Platone comparso su Riforma di venerdì 20 luglio.


Noi non siamo chiesa?


Il documento della Congregazione per la dottrina della fede "Risposte a quesiti riguardanti alcuni aspetti circa la dottrina sulla chiesa" è esploso come una bomba nel crocevia ecumenico.

Le delegazioni che stanno preparandosi per la terza Assemblea ecumenica europea di Sibiu in Romania (4-9 settembre, 1000 delegati cattolici, ortodossi, protestanti), stanno contando le vittime. E c’è chi comincia seriamente a chiedersi, in casa protestante, se valga ancora la pena dialogare con chi non ti prende realmente sul serio come interlocutore.

Prima del Concilio vaticano II i cattolici affermavano che «la Chiesa di Cristo è la chiesa cattolica»; il Concilio aveva operato in qualche modo una timida apertura sostituendo quell’«est» con un «subsistit», quasi a voler dire che se la verità sussiste nella Chiesa cattolica può sussistere anche in altre chiese.

Ma ora, sull’onda lunga della Dominus Jesus di sette anni fa è giunta, con rinnovata lapidaria enfasi, l’interpretazione autentica: la parola «sussiste» riguarda esclusivamente la sola chiesa cattolica!

Quell’«esclusivamente» romano equivale a un dito nell’occhio dello sguardo ecumenico. E nel caso di ombre residue il documento vaticano illumina ulteriormente la scena affermando che le chiese nate dalla Riforma protestante: «non possono secondo la dottrina cattolica essere chiamate “Chiese” in senso proprio». Sono le stesse parole usate dalla Dominus Jesus.

E qui il cerchio si chiude. In realtà non c’è nulla di nuovo sotto il sole, siamo al déjà vu. Chi si era illuso che quell’elemento di pretesa unicità della verità evangelica espresso dalla gerarchia raccolta intorno al papa fosse ormai sbiadito o messo, in qualche modo, da parte rispetto all’avanzare dell’ecumenismo, dovrà seriamente ricredersi.

Il mondo protestante, offeso in qualche modo da questa pretesa romana di essere l’unica vera chiesa di Cristo, ha subito reagito. L’effetto è stato certamente dirompente.

Ma c’è anche chi, in casa cattolica, corre a gettare acqua sul fuoco. Il cardinale Walter Kasper, presidente del Pontificio Consiglio per l’unità dei cristiani precisa che i protestanti utilizzano il termine «chiesa» dandogli un significato diverso da quello della chiesa cattolica.

Kasper sostiene che la Dichiarazione non costituirebbe un regresso rispetto al progresso ecumenico già raggiunto ma impegna i cristiani a risolvere i compiti ecumenici che stanno ancora davanti. «Queste differenze – dice Kasper – dovrebbero spronarci e non sconvolgerci perché le chiamiamo per nome». Francamente c’è da rimanere allibiti.

Il decano della Facoltà valdese di Teologia Daniele Garrone, intervistato dal Corriere della Sera (11 luglio), offre una chiave di lettura delle bacchettate ratzingeriane. I diktat, il rimettere in riga, il delimitare i confini ecclesiali tradirebbero debolezza e paura da parte del pontefice.

«Se uno comincia a pensare che, in quanto battezzato, è libero e responsabile davanti a Dio, dove va a finire il fatto che la tua coscienza è vincolata dall’interpretazione autentica del magistero?».

Garrone ritiene che il papa non abbia alcun interesse a sviluppare l’ecumenismo con i protestanti: «meglio per lui far ecumenismo con gli ortodossi per saldare il fronte cristiano-tradizionale contro la modernità».

Insomma il vero bersaglio del papa non sono tanto gli ortodossi quanto i protestanti. Saremmo noi, frequentatori di «comunità ecclesiali», artefici del relativismo, con i conti in deficit riguardo agli attributi romani, ammalati di democrazia e modernità, a inquinare l’ecumenismo.

Per il papa occorre ricompattare le fila recuperando all’interno i «lefebvriani» e gli altri tradizionalisti e all’esterno, in un mondo in rapida trasformazione, dire chiaramente che la chiesa di Roma non cambia. Non si riforma. È uguale a se stessa nei secoli.

Amareggiato dal documento vaticano è anche il teologo valdese Paolo Ricca: «Secondo questo testo non c’è altra unità cristiana possibile se non nella chiesa di Roma così com’è strutturata, perché in lei sola “concretamente si trova la Chiesa di Cristo su questa terra”. Il discorso è fin troppo chiaro: è la vecchia dottrina del ritorno all’ovile romano, perché soltanto lì c’è la pienezza di cui tutte le altre chiese, in misura variabile, sono prive».

Secondo Ricca dichiarazioni come queste logorano la volontà di continuare il dialogo. «Come chiese protestanti – aggiunge Ricca – siamo stanchi di sentirci negati per quello che siamo e per cui viviamo: perché noi viviamo per essere Chiesa di Gesù».

Mai come oggi, conclude Ricca, occorre sapere distinguere tra il dialogo ecumenico di base – in parrocchie e monasteri, con sacerdoti e laici – che è fruttuoso, serio e fraterno, e il dialogo con l’istituzione romana che, per così dire, distribuisce «pagelle» di cristianità.

«Il dialogo ecumenico deve continuare malgrado queste difficoltà – sostiene Domenico Maselli, presidente della Federazione delle chiese evangeliche in Italia – mettendosi ognuno in discussione per cercare di ascoltare la voce di Cristo che per tutti noi è la via, la verità e la vita».

La presidente dell’Unione battista italiana pastora Anna Maffei ha reagito al documento vaticano scrivendo un contro-documento in cui si sottolinea come nessuna istituzione possa pretendere di avere l’esclusiva del termine chiesa.

L’Alleanza evangelica italiana tramite il pastore Mazzeschi ricorda che i conti, in materia di fede, si fanno con Dio, non con il papa e la gerarchia: «nessuna istituzione umana ha l’autorità di dare patenti di ecclesialità ad altre».

Tra le numerose reazione del protestantesimo internazionale colpisce quella di Wolfgang Huber, presidente della Chiesa evangelica tedesca (Ekd), che ha sostenuto come anche alla chiesa cattolica manchino elementi importanti.

Per esempio il rispetto della capacità di giudizio della comunità dei fedeli o l’accesso delle donne al ministero pastorale: «la comprensione reciproca – dice Huber – è possibile solo quando nessuna delle parti in causa rivendica il monopolio della verità».

Prima la messa in latino, poi l’enfasi sull’essere l’unica vera chiesa di Cristo. I fermenti del Concilio vaticano II via via devitalizzati. La Carta ecumenica sostanzialmente al macero. I giusti e gli eretici. L’opera di demolizione di quarant’anni di ecumenismo continua inesorabile. La chiesa infallibile contro le fallibili.

Ma non facciamoci la guerra. Piuttosto disertiamo gli appuntamenti ecumenici istituzionali, non si può continuare a lavorare per la causa dell’unità con chi non ammette reciprocità nel dialogo. È una questione di dignità umana.

Diciamo no all’arroganza religiosa. Diciamo sì alla laicità dello Stato che ci permette di praticare liberamente una fede che sussiste grazie a Dio e non al papa. Insomma: non solo parole di protesta ma uno strappo che apra una crisi che cova da troppo tempo.

LIBRI - LIBRI - LIBRI

AA.VV., Dieci parole chiave su Gesù di Nazareth, Cittadella, Assisi 2002, pagg. 448, € 31,50.

Il volume, a cura del teologo spagnolo Juan José Tamayo-Acosta, riporta alcuni studi di teologia della liberazione e di teologia femminista sempre con una marcata attenzione all’orizzonte etico.
Dopo una veloce rilettura delle tappe della ricerca sul Gesù della storia, gli Autori convergono sul fatto che le “formule” rischiano di imprigionare Gesù in una scatoletta dogmatica.

“Credo che oggi siamo in grado di sapere quanto basta per affermare che Gesù fu agli occhi dei suoi contemporanei, come dice lo studioso M. Quesnell, una personalità fuori dal comune, la cui vita fu guidata da una vocazione eccezionale” (pag. 101). “La maggior parte dei titoli attribuiti a Gesù nei vangeli non provengono dal Gesù della storia, ma sono sviluppi cristologici della comunità primitiva” (pag. 102) che non sono scaturiti dal nulla, ma dal tentativo delle origini cristiane di illustrare, con questi linguaggi e con queste metafore, la funzione di Gesù e la sua singolare intimità con Dio. Quando Gesù “ha fatto riferimento a Dio, lo ha fatto come ragione, fondamento e riferimento ultimo della sua prassi” (pag. 199). In ogni caso si tratta di “una intimità con Dio che non è identità” (pag. 202) con Dio.

In seguito, per indicare questa intimità, la tradizione cristiana, assumendo categorie filosofiche greche, parlò di unione ipostatica: “Espressione che acquisisce senso soltanto nei suoi particolari contesti storici, abbastanza estranei alla nostra mentalità contemporanea. Ai nostri giorni, va detto, tale espressione ha perso come minimo tutto il suo carattere di “vangelo” e solleva il problema che oggi rappresenta una delle maggiori zavorre del cristianesimo e dal quale però le nostre chiese non sembrano disposte a prendere le distanze… la ellenizzazione della fede” (pag. 202).

Non meno significative sono le osservazioni del teologo Jon Sobrino: “Il rapporto di Gesù con Dio è stato come quello di una creatura, e si è espresso in maniera specifica e globalizzante: relazione di fiducia, e per questo motivo Dio è “Abba” per Gesù, e relazione di disponibilità, e perciò per lui l’Abba continua ad essere Dio” (pag. 280), quel Dio che il nazareno prega, come ricorda con vivi accenti di umanità la lettera agli Ebrei (5,7). Egli si pone davanti a Dio con umiltà e nell’oscurità: “pur essendo il figlio imparò l’obbedienza” (Ebrei 5,8).

La teologa Anna Maria Tepedino con grande lucidità riassume alcuni passaggi cristologici che hanno segnato vere e proprie svolte. “Il momento decisivo per la patriarcalizzazione della cristologia è il IV secolo. Nel 312 d.C. la conversione dell’imperatore Costantino al cristianesimo segna il passaggio dalla “religio illicita”, perseguitata e minoritaria… alla religione ufficiale dell’Impero romano. La sua ideologia viene legittimata. L’unità imperiale aveva bisogno dell’unità di fede e teologia. Un cristianesimo insediatosi nel cuore del potere politico sul mondo, si integrava a perfezione con l’aspettativa messianica davidica” (pag. 358). “La dottrina cristologica di Cristo come Logos o fondamento del creato si identifica con le basi del sistema sociale vigente. Cristo come Logos di Dio è rivelazione della mente divina, e offre il governo e il quadro del cosmo sociale costituito. Tutto si integra in un’unica e ampia gerarchia dell’essere”, scriveva già Eusebio di Cesarea nel De vita Costantini.

Si instaura una nefasta coerenza tra impero e teologia: “E’ infatti nello stesso modo in cui il Logos di Dio governa il cosmo che l’imperatore romano cristiano, insieme alla chiesa cristiana, governa il mondo politico. I signori governano gli schiavi e gli uomini governano le donne… Le donne, gli schiavi e i barbari erano alogoi, le persone che non hanno parole proprie, senza mente devono essere guidate dai rapprensentanti del Logos divino. Gesù Cristo diventa così il ritratto dell’imperatore. Il Pantocrator (colui che tutto governa) regna su un nuovo ordine sociale, nel quale le donne non hanno alcuna importanza…Cristo diventa il fondatore e il governatore cosmico della gerarchia sociale esistente” (pag. 359).

Lentamente si cercò di “cancellare” quelle cristologie (anche se l’operazione non riuscì mai completamente) che ponevano l’accento sul significato di Gesù più che sulla struttura del suo essere. Sempre di più gli studi biblici evidenziano un dato plurale, cioè la libertà che le comunità primitive si presero di esprimere diverse cristologie.

Le pagine di Jacques Dupuis approfondiscono altri aspetti. “L’intenzione di Gesù consisteva nel rivitalizzare il vero spirito della religione che egli condivideva con il suo popolo… Egli non intendeva il superamento del giudaismo e la sua sostituzione attraverso l’instaurazione di una nuova religione” (pag. 384). “Poiché incentrato sul Regno di Dio, Gesù lo è anche su Dio stesso…: il ‘regnocentrismo’ e il ‘teocentrismo’ coincidono. Il Dio che Gesù chiama ‘Padre’ è il centro del suo messaggio, della sua vita e della sua persona: Gesù non ha parlato primariamente di sé stesso, ma per annunciare Dio e la venuta del Suo regno e per mettersi al Suo servizio. Dio è al centro, non il messaggero!” (pag. 387). Ecco perché “mentre l’uomo Cristo Gesù viene chiamato mediatore, colui che è il nostro salvatore rimane il Dio che sta aldilà del Cristo risorto, come fonte primaria ed ultima della salvezza dell’umanità. Gesù Cristo non sostituisce il Padre… e la sua funzione lo mantiene in un rapporto di totale dipendenza e relazione nei confronti del Padre suo. Non a Cristo risorto, ma a Dio va attribuita una ‘volontà salvifica’ universale nei riguardi dell’umanità intera” (pag. 148).

Ho dato ampio spazio alla segnalazione di questo volume di cristologia per evidenziare come alcune acquisizioni di teologi e teologhe ufficiali (anche se sospettati e invisi al vaticano) ormai impongono di non fermarci alle formulazioni di Nicea e Calcedonia, ossessivamente ribadite dal magistero. Fare di queste formulazioni il criterio di appartenenza alla chiesa significa “non aver capito che il nome di Gesù non è da usare per definire i limiti della sua compagnia, per imporre dei confini alla sua comunità e per restringere le frontiere della sua attività” (C. S. Song). Era già successo ai discepoli, come ci ricorda il Vangelo di Marco (9, 38 – 39).

Dunque un volume che, per nulla rivoluzionario (le pagine di Dupuis sul dialogo con le altre religioni non sono prive di persistenti chiusure), rappresenta però uno stimolo alla ricerca e documenta in parte il cammino degli ultimi duecento anni di riflessione cristologica.

Le ricerche cristologiche degli ultimi due secoli hanno anche il pregio di far uscire Gesù dalla nicchia dogmatica in cui noi l’avevamo rinchiuso e imprigionato. Gesù torna ad essere “il nazareno”, palpitante di vita e di fede, non un essere astrale, perfetto, etereo.

“La prassi di Gesù è progressiva, o meglio, è processuale nel senso che Gesù è ‘un essere in processo’, una persona radicata nella storia, soggetta a sviluppo e cambiamento nel campo della conoscenza e della coscienza. Si trasforma la sua idea di Dio e il suo modo di rapportarsi a Lui: dalla distanza alla vicinanza, dalla maestà alla relazione filiale e intima… Si traforma egualmente la sua relazione con il popolo e con i discepoli. Cambia la sua percezione della realtà. Cambia la posizione sociale: dalla tranquillità casalinga alla tensione sociale, dal posto fisso all’instabilità. Gesù vive momenti di incertezza, è esposto ai dubbi di fede, si sente indeciso, esperimenta l’oscurità della storia” (Juan Josè Tamayo-Acosta, Per questo lo hanno ucciso, Cittadella, Assisi 2000, pag. 108). Questo è il Gesù vivo, la via che conduce a Dio, testimone di un amore storico che non cessa di coinvolgerci.

UMORISMO IN VATICANO

Il segretario di Stato vaticano, il cardinale Bertone, di tanto in tanto, quando vede che la barca galleggia tra preti pedofili e documenti papali deliranti, cerca di rilanciare l’azienda cattolica con qualche annuncio strepitoso che poi risulta ridicolo.

“Ci saranno presto donne ai vertici del Vaticano”, ha annunciato, con “incarichi di responsabilità a guida femminile” (Repubblica, 19 luglio).

Per ora tesse gli elogi della sua segretaria particolare, straordinaria. Si tratta di “una collaboratrice indispensabile. Infatti l’avevo alla congregazione per la dottrina della fede, l’ho strappata da lì e l’ho portata con me in Segreteria di Stato” (idem).

Beh... per ora le donne non sono proprio ai vertici. Studieranno qualche “consiglio per la famiglia” per sistemare la Binetti in premio della sua fedeltà?

Vedremo, ma qualche operazione di facciata, per coprire le vergogna di un maschilismo imperante, sono pur costretti a fare nei sacri palazzi.


martedì 24 luglio 2007

EXTRA ECCLESIA...

"Noi dichiariamo, stabiliamo, definiamo ed affermiamo che è assolutamente necessario alla salvezza di ogni creatura umana che essa sia sottomessa al Romano Pontefice…”
Bolla “Unam Sanctam”

Papa Bonifacio VIII


“... La Chiesa fermamente professa e annuncia che non può diventare partecipe della vita eterna alcuno che sia fuori della Chiesa Cattolica, quindi non solo i pagani, ma neppure i giudei o gli eretici o gli scismatici, ma che andranno nel fuoco eterno che è stato preparato per il diavolo e gli angeli suoi, se prima della fine della vita non saranno stati aggregati alla medesima […] Nessuno può essere salvato se non resta nel seno dell’unità cattolica...”
Decreto per i giacobiti

Concilio di Firenze (1442)


“... la Chiesa Romana è fondata da Dio solo [...] soltanto il Pontefice Romano è a buon diritto chiamato universale [...] Egli solo può deporre o ristabilire i Vescovi [...] un suo messo, anche se inferiore di grado, in concilio è al di sopra di tutti i vescovi, e può pronunziare sentenza di deposizione contro di loro [...] il Papa può deporre gli assenti [...] non dobbiamo aver comunione o rimanere nella stessa casa con coloro che sono stati scomunicati da lui [...] a lui solo è lecito promulgare nuove leggi in rapporto alle necessità del tempo, fare nuove congregazioni rendere abbazia una canonica e viceversa, dividere un episcopato ricco e unire quelli poveri [...] luì solo può usare le insegne imperiali [...] tutti i principi devono baciare i piedi soltanto al Papa [...] il suo nome deve esser recitato in chiesa [...] il suo titolo è unico al mondo [...] gli è lecito deporre l'imperatore [...] gli è lecito, secondo la necessità, spostare i vescovi di sede in sede [...] ha il potere di ordinare un chierico da qualsiasi chiesa, per il luogo che voglia [...] colui che è stato ordinato da lui può essere a capo di un'altra chiesa, ma non sottoposto, e che da nessun vescovo può ottenere un grado superiore [...] nessun sinodo può esser chiamato generale, se non comandato da lui [...] nessun articolo o libro può esser chiamato canonico senza la sua autorizzazione [...] nessuno deve revocare la sua parola e che egli solo lo può fare [...] nessuno lo può giudicare [...] nessuno osi condannare chi si appella alla Santa Sede [...] le cause di maggior importanza di qualsiasi chiesa, debbono esser rimesse al suo giudizio. [...] la Chiesa Romana non errò e non errerà mai e ciò secondo la testimonianza delle Sacre Scritture [...] il Pontefice Romano, se ordinato dopo elezione canonica, è indubitabilmente santificato dai meriti del beato Pietro; ce lo testimonia sant’Ennodio, vescovo di Pavia, col consenso di molti Santi Padri, come è scritto nei decreti del beato Simmaco papa [...] ai subordinati è lecito fare accuse dietro suo ordine e permesso [...] può deporre e ristabilire i vescovi anche senza riunione sinodale [...] non dev'essere considerato cattolico chi non è d'accordo con la Chiesa Romana [...] il Pontefice può sciogliere i sudditi dalla fedeltà verso gli iniqui...”
Bolla “Dictatus Papae” (1075)

Papa Gregorio VII (1073-1085)


“… Come Dio, creatore dell'universo, ha creato due grandi luci nel firmamento del cielo, la più grande per presiedere al giorno e la più piccola per presiedere alla notte, così egli ha stabilito nel firmamento della Chiesa universale, espressa dal nome di cielo, due grandi dignità: la maggiore a presiedere - per così dire - ai giorni cioè alle anime, e la minore a presiedere alle notti cioè ai corpi. Esse sono l'autorità pontificia e il potere regio. Così, come la luna riceve la sua luce dal sole e per tale ragione è inferiore a lui per quantità e qualità, dimensione ed effetti, similmente il potere regio deriva dall'autorità papale lo splendore della propria dignità e quanto più è con essa a contatto, di tanto maggior luce si adorna, e quanto più ne è distante tanto meno acquista in splendore. Ambedue questi poteri hanno avuto collocata la sede del loro primato in Italia, il qual paese quindi ottenne la precedenza su ogni altro per divina disposizione. E perciò, se pure noi dobbiamo estendere l'attenzione della nostra provvidenza a tutte le province, tuttavia dobbiamo con particolare e paterna sollecitudine provvedere all'Italia, dove furono poste le fondamenta della religione cristiana e dove l'eccellenza del sacerdozio e della dignità si esalta con la supremazia della Santa Sede...”
Lettera “Sicut Universitatis Conditor” (1198)

Papa Innocenzo III (1198-1216)


“... Se quindi i greci o altri dicono di non essere stati affidati a Pietro e ai suoi successori, devono per forza confessare di non essere tra le pecorelle di Cristo, perché il Signore dice in Giovanni che c'è un solo gregge e un (solo e) unico pastore. Proprio le parole del vangelo ci insegnano che in questa Chiesa e nella sua potestà ci sono due spade, cioè la spirituale e la temporale, perché, quando gli Apostoli dissero: Ecco qui due spade”... - che significa nella Chiesa, dato che erano gli Apostoli a parlare - il Signore non rispose che erano troppe, ma che erano sufficienti. E chi nega che la spada temporale appartenga a Pietro, ha malamente interpretato le parole del Signore, quando dice: Rimetti la tua spada nel fodero”... . Quindi ambedue sono nel potere (a disposizione) della Chiesa, la spada spirituale e quella materiale. Però quest'ultima dev'essere esercitata in favore della Chiesa, l'altra direttamente dalla Chiesa; la prima dal sacerdote, l'altra dalle mani dei re e dei soldati, ma agli ordini e sotto il controllo del sacerdote. Poi é necessario che una spada sia sotto l'altra e che l'autorità temporale sia soggetta a quella spirituale […] Noi dichiariamo, stabiliamo, definiamo ed affermiamo che è assolutamente necessario alla salvezza di ogni creatura umana che essa sia sottomessa al Romano Pontefice…”
Bolla “Unam Sanctam” (1302)

Papa Bonifacio VIII (1294 – 1303)


“... Noi, rafforzati dall'amore divino, spinti dalla carità cristiana, e costretti dagli obblighi nel nostro ufficio pastorale, desideriamo, come si conviene, incoraggiare ciò che è pertinente all'integrità e alla crescita della Fede, per la quale Cristo, nostro Dio, ha versato il suo sangue, e sostenere in questa santissima impresa il vigore delle anime di coloro che sono fedeli a noi e alla vostra Maestà Reale. Quindi, in forza dell'autorità apostolica, col contenuto di questa lettera, noi vi concediamo la piena e libera facoltà di catturare e soggiogare Saraceni e pagani, come pure altri non credenti e nemici di Cristo, chiunque essi siano e dovunque abitino; di prendere ogni tipo di beni, mobili o immobili, che si trovino in possesso di questi stessi Saraceni, pagani, non credenti e nemici di Cristo; di invadere e conquistare regni, ducati, contee, principati; come pure altri domini, terre, luoghi, villaggi, campi, possedimenti e beni di questo genere a qualunque re o principe essi appartengano e di ridurre in schiavitù i loro abitanti; di appropriarvi per sempre, per voi e i vostri successori, i re del Portogallo, dei regni, ducati, contee, principati; come pure altri domini, terre, luoghi, villaggi, campi, possedimenti e beni di questo genere, destinandoli a vostro uso e vantaggio, e a quelli dei vostri successori…”
Bolla “Dum diversas” (1452)

Papa Niccolò V (1447 – 1455)

NUCLEARE

Dal Giappone all’Ucraina siamo sempre alle prese con il problema della sicurezza. Che si tratti di contaminazione radioattiva o di fosforo giallo, è sempre la vita di molte persone che è messa in pericolo.

“Gli impianti nucleari hanno continuamente piccoli incidenti che di solito riguardano i sistemi di raffreddamento. Del resto, la sicurezza al cento per cento non esiste. Quello che è importante è che ci siano sistemi di sicurezza in profondità.

La Convenzione sulla sicurezza nucleare del 1994 stabilisce che in tutte le fasi di lavoro dell’impianto, dalla pianificazione alle regole di gestione, la priorità sia sempre la sicurezza. I sistemi di sicurezza in profondità, in particolare, prevedono che tutti gli impianti nucleari abbiano contenitori a pressione tali per cui il materiale radioattivo rimanga sempre dentro al reattore.

Non tutte le strutture però sono protette in questo modo, ad esempio non lo sono le piscine di raffreddamento, mentre lo è sempre il nucleo. Questo sistema, però, evita che nel caso di un disastro grave ci siano emissioni di radioattività nell’ambiente. I nuovi reattori di terza generazione sono fatti in modo che non possa succedere quello che successe a Chernobyl.

Ad esempio, anche durante lo tsunami del 2004, gli impianti nucleari hanno resistito bene e non c’è stata emissione di radiazioni. C’è da dire però che anche alcuni reattori di vecchia generazione erano più sicuri di quello di Chernobyl. A Three Mile Island, ad esempio, ci fu la fusione del nucleo, ma non ci fu emissione di radioattività come a Chernobyl, benché l’incidente sia avvenuto nel 1979, ovvero sette anni prima di quello accaduto in Ucraina”.

Questo è il parere di Alessando Pascolini, studioso del nucleare, comparso su “L’Unità” di mercoledì 18 luglio, mentre in Brasile succedeva la più grande sciagura area di questo paese.

Il problema sicurezza sta al centro delle nostre “convivenze”. Mettere la vita umana e la “salute del creato” al sicuro al primo posto non è evidentemente ciò che sta avvenendo.

Le chiese cristiane potrebbero farci un pensierino più attento anche nel dialogo con i potenti e le istituzioni laiche. L’amore delle creature comprende il prendersi cura, la ricerca di una vita più sicura, anche se la modernità e la complessità comportano una certa dose di ingovernabile e imprevedibile insicurezza.

Resta il fatto che la vita quotidiana conta un numero crescente di insicurezze davvero impressionare: il lavoro precario, la strada, le instabilità personali, lo scoppio di una fuoriuscita di gas, i fenomeni naturali…

Una “città sicura” è frutto di una cultura della “cura e dell’attenzione reciproca”. L’esatto opposto di quella cultura dell’individualismo esasperato che in Italia si chiama “berlusconismo”.

Una politica che educhi alla pratica della cura e dell’attenzione, non risolve tutto, ma può fare molto. Ciascuno/a di noi parta da se stesso/a.

BELLE NOTIZIE

Una donna: la prima donna capo di Stato. Pratibha Patil, 72 anni, una donna molto chiacchierata e sostenuta da Sonia Gandhi viene eletta alla Presidenza della repubblica. Il suo mandato dura 5 anni, ha poteri soprattutto di rappresentanza, anche se nomina il governo e comanda la forze armate.

Padre Bossi è stato liberato e ora attendiamo che diventi effettivamente liberto rientrando in Italia.


Forse si va verso una soluzione del “capitolo pensioni” che non può certo accontentare tutti, ma si muove nella direzione più seria e responsabile.


Nella tragedia del gay ucciso, che spezzava una relazione omosessuale felice e serena da 20 anni, è successo un fatto nuovo e positivo: il giudice riconosce il legame omosessuale e ammette il convivente come parte civile.

PEGGIO DI BERLUSCONI? IL BERLUSCONISMO

Berlusconi ha perso qualche colpo ma è ancora forte. Ad essere vivo e vegeto è il berlusconismo che in questi vent’anni si è radicato nel Paese. Ecco, inviterei tutti a vedere “Il caimano”, avverte Giuseppe Giulietti, deputato Ds e portavoce di Articolo 21.

"Esempi di berlusconismo?

Il rifiuto della cultura delle regole, del senso dello Stato. L’idea che la furbizia sia prevalente sullo studio, o che aggirare le norme e non pagare le tasse sia moderno, l’idea che la colpa sia dei giudici e non dei comportamenti illeciti; il dileggio delle istituzioni.

E poi il ridurre il pensiero a uno spot, la televisione come principale arena della politica, in cui cadono non pochi esponenti dell’Unione, l’idea che il conflitto di interessi sia una cosa vecchia. Il berlusconismo è profondo e trova comportamenti simili anche in qualcuno del centrosinistra.

Crede?

E’ una malattia contagiosa. L’idea che i conflitti di interessi non siano una questione essenziale dello stato moderno ha fatto proseliti. Il senso etico si è abbassato. Noi dovremmo avere una nuova idea di formazione e informazione, terreni più picconanti dalla cultura berlusconiana”.

Questi righe, comparse su L’Unità di domenica 15 luglio ci danno la misura di quanto sarà difficile ricostruire una “cultura della responsabilità” dopo il deserto creato dalla “politica” di Berusconi.

QUESTA E’ UNA TRAGEDIA

La strage degli innocenti:

245
bambini nascono ogni minuto nel mondo, 353mila al giorno
28.000
muoiono ogni giorno, 10 milioni all’anno
32
bambini su cento sono malnutriti
27
su cento non ricevono alcuna vaccinazione
115 milioni
non hanno istruzione
64 anni
è la speranza media di vita nel mondo: 78 anni nei paesi industrializzati, 45 nei paesi colpiti dall’Aids
(L’Unità, 20 luglio 2007)


domenica 22 luglio 2007

SEMPRE D’ACCORDO CON IL PAPA

E’ impossibile aspettarsi dal vescovo di Pinerolo una anche minima osservazione critica rispetto ad un documento vaticano.

L’Eco del Chisone, settimanale diocesano cattolico del pinerolese, in data 11 luglio riporta il pensiero del vescovo in perfetta sintonia con Ratzinger:

“In data 7 luglio Benedetto XVI ha emesso il Motu proprio che, dalle parole latine con cui inizia il testo, si intitola ‘Summorum pontificum’.

In forma molto sbrigativa e superficiale i media hanno detto e scritto che il Papa permette nuovamente il latino nelle Messe.

Dire questo è molto riduttivo. Anche i messali di Paolo VI e di Giovanni Paolo II sono stati editi in latino e poi tradotti nelle varie lingue nazionali.

La prima preoccupazione di Benedetto XVI è quella di custodire e alimentare l’unità e la comunione nella Chiesa.

Nella lettera ai vescovi che accompagna il Motu proprio è scritto chiaramente (con particolare riferimento al movimento guidato all’arcivescovo Lefebvre): ‘Si tratta di giungere ad una riconciliazione interna nel seno della Chiesa’.

Il Papa ci educa alla fedeltà nella tradizione vivente della Chiesa: ci raccomanda di conservare ad ogni costo l’unità; ci sprona soprattutto a mettere in pratica gli orientamenti del Concilio, vera bussola del nostro vivere ecclesiale”.

Insomma… ci prendete tutti per imbecilli?

Si è fedeli alla tradizione ripetendo come pappagalli o proseguendola dentro la realtà dinamica della storia umana?

UN PO’ DI CONCRETEZZA NON FA MALE

Questo confratello ha parlato chiaro.

Un signore che abita a pochi metri da qui, uno che è stato in prigione per storie poco edificanti e che ora è uscito, che si comporta come un eroe, che annuncia di voler fondare un partito e viene ascoltato dai maggiorenti del paese. Quel che mi dispiace è che tutto questo passi come se fosse la normalità. Dove è finita la partecipazione civile? Perché non ci si ribella a una società che sta perdendo il limite della decenza?

(don Enrico, parroco della Chiesa di Santa Maria Incoronata a Milano a proposito di Fabrizio Corona durante la predica di domenica 15 luglio)

(L’Unità, 17 luglio 2007)

FILIPPINE: CHIESA CATTOLICA

La chiesa cattolica delle Filippine è una vera potenza. L’ottantacinque per centro dei filippini è cattolico.

“In quanto al cattolicesimo, sembra regnare indisturbato. A Manila le chiese ti accompagnano dappertutto, dalla cattedrale spagnola gremita di cerimonie a ogni ora del giorno fino all’aeroporto dove ti accoglie la parrocchia di Our Lady of the Airways (Nostra Signora delle Linee aeree).

Gli esercizi commerciali hanno nomi come Hardaware Blessed Faith (Ferramenta Fede benedetta). Le agenzie di viaggi si chiamano Apostolic Travel anche se non si occupano di pellegrinaggi.

Le simpatiche jeepneys che sono il simbolo di questo paese - scassatissimi taxi collettivi dal muso di jeep, colorati come un carnevale di Rio – portano i nomi di Gesù Maria e tutti i Santi.

Ma basta grattare dietro l’apparenza sorridente e gentile, e Manila scopre il volto di una città blindata. Le guardie giurate presidiano i metaldetector anti-bomba all’ingresso degli alberghi e dei supermercati.

Il governo annuncia una legge antiterrorismo che darebbe carta bianca alle forze armate, in un paese dove le Nazioni Unite e Unione europea denunciano oltre 800 esecuzioni sommarie, 58 giornalisti uccisi (un triste record mondiale) in cinque anni.

L’epicentro della tensione è qui a Mindanao, unica isola dove la popolazione mussulmana è il 35%, con insediamenti a chiazza di leopardo e zone dove arrivano al 90%” (Federico Rampini, Repubblica, 14 luglio).

La chiesa cattolica, legata sempre più al potere centrale, gode di enormi finanze e di appoggi dal potere centrale.

Anche questo è motivo di opposizione e di persecuzione da parte delle minoranze oppresse e da parte dei guerriglieri marxisti e islamici.

Capita sempre così: dove la chiesa ufficiale è compromessa fino ai denti con il potere, ci sono sempre preti generosi e onesti che pagano un conto salato. Padre Bossi non è il primo.

UNA BELLA NOTIZIA

Non spendo più righe sui preti pedofili e sulla infinita “rete degli orchi”. Non ci sono parole per dire la vastità sconvolgente di un fenomeno che spaventa, ma soprattutto rivela i guasti interiori di una cultura del vuoto e della violenza.

Colgo una bella notizia da Repubblica di lunedì 16 luglio.
“Congedo nozze a dipendente gay – lo ha deciso la regione Friuli.

Trieste – Le nozze gay non sono più un tabù, almeno in Friuli Venezia-Giulia. La giunta di Riccardo Illy ha infatti appena deciso di concedere il congedo matrimoniale al suo dipendente omosessuale convolato a nozze in Belgio, dove lavora nella sede di Bruxelles della Regione.

Il dipendente regionale si è sposato un anno fa ad Anversa chiedendo il congedo, un diritto previsto in Belgio, ma com’è noto non in Italia.

E’ da tempo che gli uffici della Regione si rimpallano la richiesta corredata da regolare certificato di matrimonio, senza però venirne a capo del busillis: applicare la legge nazionale italiana dove ha sede la Regione oppure il diritto belga dove lavora il dipendente?

Sotto il profilo giuridico la soluzione non è semplice, ma la giunta nel corso dell’ultima seduta ha deciso. Via libera alla richiesta e, se la Corte dei Conti dovesse reclamare un danno erariale la Regione è pronta a pagare eventuali danni.

In assenza di sciogliere il nodo giuridico di una vicenda senza precedenti, la scelta assume quindi un sapore politico. L’assessore al Personale Gianni Pecol Cominotto parla di una decisione “coraggiosa, non perché riguarda una coppia omosessuale, ma perché privilegia una scelta europeista”.

L’amministrazione di Riccardo Illy apre le porte all’Europa ricevendo consensi da centrosinistra, ma non si sono fatte attendere le critiche soprattutto dal centrodestra. Sul fronte opposto, infatti, il parlamentare Roberto Menia di An definisce “semplicemente osceno il congedo concesso dalla Regione. E evidente la deriva zapaterista della sinistra” (Nicola Pellicani).

venerdì 20 luglio 2007

NON CAPISCO…

A pochi Km da Pinerolo, come in mille altre città, su una strada mediamente frequentata un ubriaco investe e uccide una ragazza di sedici anni che attraversava sulle strisce pedonali. Tutto, purtroppo, può succedere.

Ma quando scopro che al conducente ubriaco erano già state ritirate le patenti per ben tre volte, allora mi domando: chi gli ha ridato l’uso della macchina dopo tre sospensioni senza vincolarlo ad un programma terapeutico?

Ma le autorità preposte si rendono conto che cosa può fare un tossicodipendente da alcool, eroina, cocaina o simili quando siede al volante? E’ possibile che chi uccide in stato di ebbrezza se la cavi con qualche inutile mese di carcere o di arresti domiciliari?

Ci vuole un vincolo di terapia fissato per legge in una struttura specializzata per un per un periodo non inferiore ai quattro anni ed è necessario il ritiro della patente per tutto questo periodo.

Se non si reagisce in modo radicale e terapeutico, ma con piccole sanzioni e penalità, le stragi quotidiane continueranno. Se lungo le nostre strade ci fossero controlli a tolleranza zero, avremmo un intervento preventivo efficace.

Diversamente diamo il segnali di chi si rassegna al fatto che la vita nostra e altrui si butta via come un paio di scarpe vecchie.

Da 25 anni vivo l’esperienza del volontariato con soggetti tossicodipendenti in una qualificata struttura di progetti personalizzati. Le scorciatoie, le superficialità o le semplificazioni non portano da nessuna parte. Il più delle volte conducono al cimitero.

Arresto per omicidio volontario perché chi beve e va in auto accetta il rischio di causare la morte: ecco una seria proposta di alcuni giudici.

QUESTA CASA NON È UN ALBERGO

QUESTA CASA NON È UN ALBERGO: AL VESCOVO DI PINEROLO NON TORNANO I CONTI IMMOBILIARI

di
Alessandro Speciale
da: Adista Notizie n° 51, 14 luglio 2007


33976. PINEROLO (TO)-ADISTA. C’è un buco di oltre due milioni di euro nel bilancio dell’Istituto diocesano di sostentamento del clero (Idsc) di Pinerolo: “Una situazione debitoria molto seria” che ha costretto il vescovo, mons. Pier Giorgio Debernardi, a chiedere l’intervento della Cei e quindi a procedere, lo scorso 18 maggio, con un atto senza precedenti, al “commissariamento straordinario e temporaneo” dell’Istituto.

Causa del buco, secondo quanto spiegato dal vescovo stesso in un memoriale, “la gestione del complesso immobiliare denominato ‘Casa Alpina don Barra’”, recentemente oggetto di una ristrutturazione costata complessivamente quasi tre milioni e mezzo di euro in occasione delle Olimpiadi invernali di Torino 2006.

Ma lo scandalo non finisce qui: mons. Debernardi si è visto infatti chiamare in tribunale da un prete della sua stessa diocesi, don Giuseppe Alluvione, attualmente membro del Collegio dei revisori dei conti dell’Idsc ma che nel corso degli ultimi vent’anni è stato per quindici anni presidente dell’istituto e per cinque membro del Consiglio di amministrazione nonché, fino al 2004, presidente della cooperativa che ha in gestione la ‘Casa Alpina’, di cui è tuttora socio e consigliere.

Don Alluvione contestava la legittimità del commissariamento dell’Idsc, ente per il quale, secondo il sacerdote, questa procedura non è prevista da nessuna legge civile o canonica: ma il giudice, il 15 giugno scorso, ha respinto il suo ricorso per “palese difetto di giurisdizione” del tribunale civile “al quale è precluso assumere decisioni relativamente ad atti provenienti dall’Autorità amministrativa ecclesiastica”.

Per don Alluvione, interpellato da Adista, “si tratta di una questione essenzialmente giuridica”: secondo il prete, quella operata dal vescovo è una “revoca camuffata” degli organi direttivi dell’Idsc.

A norma di legge, Consiglio di Amministrazione e Collegio dei revisori dei conti dell’Idsc possono essere fatti decadere solo in seguito a “gravi e documentati motivi”, per procedere poi alla nomina di un nuovo Consiglio e di un nuovo Collegio: il che significa, secondo don Alluvione, che sarebbe stato necessario rendere pubblici alcuni dettagli del bilancio dell’Idsc.

Un esito che si voleva assolutamente evitare, sia a Pinerolo che a Roma, tant’è che l’idea del commissariamento è partita - lo conferma lo stesso mons. Debernardi nel suo memoriale - direttamente dal presidente della Cei mons. Angelo Bagnasco.

Inoltre, aggiunge ancora don Alluvione, “mi sono rivolto al tribunale civile perché gli Idsc sono regolati dalla legge 222/85” che prevede, all’articolo 23, che “in ogni caso, almeno un terzo dei membri del consiglio di amministrazione” siano eletti dal clero della diocesi.

La nomina di un commissario unico (l’ex-economo dell’arcidiocesi di Milano mons. Luigi Testore), sarebbe quindi illegittima: “Mi aspettavo che il tribunale girasse il mio ricorso ad un’altra autorità, non che lo respingesse interamente”, aggiunge: “non è possibile che gli Idsc siano considerati esclusivamente soggetti di diritto ecclesiastico”.

La crisi economica dell’Idsc, al di là degli aspetti legali, è reale, ed è legata a doppio filo alla storia della “Casa Alpina don Barra”, centro per ritiri nel comune di Pragelato (To) fondato nel 1946 dal sacerdote pinerolese don Barra.

Dal 1982, la Casa - allora di proprietà della diocesi - è in gestione alla cooperativa Progetto Erre, presieduta fino al 2004 da don Alluvione. Il vescovo accusa la sua gestione di aver progressivamente “dimenticato le esigenze pastorali per cui l’opera era sorta”, trasformando col tempo i due immobili di cui è costituita la casa rispettivamente “in Bar-Ristorante e in Albergo”.

Nel febbraio 2003, con l’avvicinarsi delle Olimpiadi invernali di Torino 2006 - a Pragelato si sono svolte le gare di sci nordico - la Progetto Erre comincia a discutere con la diocesi la ristrutturazione della “Casa Alpina”, trasformata oggi in un albergo a tre stelle: “Dal momento che la diocesi non aveva risorse sufficienti per restaurare il complesso come richiesto dell’Ente gestore”, spiega mons. Debernardi nel suo memoriale, si arriva infine, “nonostante ripetuti ostacoli frapposti”, alla donazione della Casa all’Idsc.

Cosicchè, quando i costi della ristrutturazione, avvenuta tra il marzo e il dicembre 2005, esplodono, arrivando a toccare i 3.300.000 euro, quasi tre volte il preventivo, l’Idsc si ritrova con uno scoperto bancario di oltre due milioni di euro.

Don Alluvione spiega di essersi duramente opposto alla donazione all’Idsc, perché consapevole che “la ‘Casa Alpina’ non aveva una redditività sufficiente per i conti dell’Idsc”.

Di fronte all’accusa del vescovo di aver trasformato un centro ritiri in un albergo, don Alluvione risponde che “in un albergo non si possono forse fare cose spirituali? Abbiamo gruppi, ritiri, settimane bibliche. La Casa è un albergo, ma non solo”.

Inoltre, aggiunge, il vescovo - che dal 1998, anno del suo arrivo a Pinerolo, non ha mai voluto incontrare gli amministratori del complesso - ha temporeggiato per anni di fronte ai vari progetti presentati per salvare i conti dell’Idsc.

Quanto ai costi fuori controllo della ristrutturazione della “Casa Alpina”, don Alluvione se ne chiama fuori, affermando che i lavori non sono stati affidati alla ‘sua’ cooperativa ma a una ditta del posto: probabile - dice - che in occasione delle Olimpiadi siano state commesse delle “leggerezze”.


In realtà, la situazione è ancora più complessa: malgrado la ‘caduta in disgrazia’, don Alluvione rimane socio nella cooperativa Progetto Erre del vicario generale della diocesi di Pinerolo, mons. Paolo Bianciotto.

Questi, insieme a don Alluvione, è proprietario, dal 1995, anche dell’albergo “Villa Plinia” che sorge proprio di fronte alla “Casa Alpina”, è gestito sempre dalla Progetto Erre e non sembra versare in crisi economica. I due, inoltre, sono anche proprietari dell’albergo “La Scogliera” di Bordighera, sempre in gestione alla Progetto Erre.

Il sodalizio imprenditoriale tra i due non sembra quindi essere stato scosso né dalle vicende dell’Idsc né dalla denuncia di don Alluvione contro il vescovo.

Quanto al clero di Pinerolo, malgrado la solidarietà professata al vescovo, meno di due anni fa, quando il clima era già teso, elesse a larghissima maggioranza (22 voti su 26) don Alluvione come membro del Collegio dei revisori dei conti dell’Idsc.


La vicenda non è certo finita: il periodo di commissariamento dell’Idsc scade il 31 dicembre; dopo quella data, mons. Debernardi dovrà procedere alla nomina di un nuovo Consiglio di amministrazione. Don Alluvione, per parte sua, resta parroco delle chiese di Prali e Rodoretto ma denuncia di essere stato sospeso, per intervento dell’arcivescovo di Torino, card. Severino Poletto, dall’insegnamento di Sacra Scrittura presso lo Studio teologico interdiocesano delle diocesi di Cuneo, Saluzzo, Alba e Mondovì.

Cari amici e amiche del blog...

Cari amici e amiche del blog,

pensavo che a metà luglio qualcuno avesse mollato di venire a leggere queste piccolo e semplici note. Capita tutto l’opposto. Il blog è sempre più frequentato.

Questi mesi estivi sono per me - per i molti incontri - giorni molto impegnativi. Visto come girano le cose, cercherò di tener aggiornato il blog anche in questa ultima parte dell’estate, ringraziando coloro che prendono i “prodotti” della mia penna e li collocano in rete.

mercoledì 18 luglio 2007

ULTIMA LETTERA A FRANCESCA

Cara Francesca,

sabato sera respiravi a fatica.

Ho toccato il tuo braccio e ho cercato i tuoi occhi ormai assenti. Conoscevo bene quei tuoi occhi pieni di vita, sempre aperti verso il futuro.

Quindici giorni fa, quando per l'ultima volta ci parlammo dal tuo letto in ospedale, invitasti me e Fiorentina a casa tua. Ci parlasti di un arioso giardino in cui trovarci una sera d'agosto per cenare e conversare con te, con Vincenzo, con amiche e con amici.

Conoscendo la tua fede, sabato sera volevo parlare con te di quel "giardino eterno" sulla cui soglia ormai eri giunta. Ora , mentre ti scrivo tu hai già stabilito la tua dimora nel giardino di Dio.

Non è più stato possibile ascoltarti e parlarti. Forse, come per risparmiarci il dolore del commiato, hai affrettato il passo, hai socchiuso i tuoi occhi e non ti sei più voltata indietro a salutarci.

Di te ricorderò la fiamma dell'impegno politico, la passione di una donna protestante, credente lieta e inquieta, dolce e insonne, mai rassegnata all'esistente.

Ciao, carissima Francesca.

SIAMO VICINI...

... lunedi 16 Luglio 2007 ci ha lasciati Domenico Manaresi

A Luciana, Sara, Roberto e tutti i bimbi.

Partecipiamo al dolore e siamo con voi nella preghiera di questi giorni, nella fiducia nel Dio della risurrezione. Ricorderemo di Domenico il suo vivere appassionato.

Da un pò di tempo non ci arrivavano più le sue e-mail, ma non lo avevamo dimenticato nè lo dimenticheremo.

Un saluto a tutti voi


don Franco e Fiorentina

LEZIONI DI LINGUA LATINA

Mi dichiaro disponibile a dare lezioni di latino ai preti tradizionalisti che non lo conoscono e, quindi, corrono il rischio di trovarsi impreparati alla data del 14 settembre, quando entrerà in vigore il Motu Proprio.

Ovviamente, secondo la tradizione ecclesiastica più collaudata, mi farete un'offerta. Affrettatevi a prenotarvi per il bene vostro e del popolo di Dio che, in questo momento della storia, non ha proprio problemi maggiori della lingua liturgica.

Affrettatevi... In ogni caso, non comincerò dall'Ave Maria. Se volete, se la cosa vi aiuta nella concentrazione, portatevi camice e stola.... e la corona del rosario.

Portatevi anche la grammatica pubblicata dall'OPUS DEI perchè lì le regole sono chiare e immutabili. Sono regole in versione cattolica, garantite dal MOTU PROPRIO di Bonifacio VIII 'Deus latine loquitur"(Dio parla latino) e dal MOTU PROPRIO di Alessandro VI "Extra latinam nulla lingua" (fuori dal latino non esiste nessuna lingua) o ancora dal MOTU PROPRIO di Pio IX "Aut catholici aut nihil" (o si è cattolici o non si esiste).

Vi assicuro che faremo un' esperienza esaltante.

lunedì 16 luglio 2007

Cari Francesco e Claudio...

Cari Francesco e Claudio,

in questi giorni festeggiate i vostri 20 anni di amore e di convivenza.

Purtroppo mi sarà impossibile essere presente e partecipe a questa bellissima festa. Voglio che vi giungano i miei auguri più affettuosi.

Venerdì, durante la celebrazione eucaristica, vi ho ricordati. Erano presenti all' eucarestia cinque ragazzi gay che hanno avuto un gioioso sobbalzo del cuore quando hanno sentito il lieto annuncio dei vostri venti anni.

Scrivo queste poche righe anche perchè, davanti ad una chiesa gerarchica che semina a piene mani diffidenza e disprezzo verso la relazione omosessuale, è sempre più importante poter segnalare che esistono tante esperienze positive tra persone che hanno imparato a vivere con gioia il dono di Dio, al di là delle "maledizioni" dei sacri poteri.

Il mondo ha bisogno di amore e ogni forma di amore è benedizione.

Sentitemi presente alla vostra festa e vi auguro di aggiungere anni all'amore fino al giorno in cui Dio vi accompagnerà. Diciamo al mondo che l'amore è possibile quando esso è visibile nelle nostre vite.

Grazie a voi, Claudio e Francesco, per la vostra testimonianza di un amore accolto, custodito, alimentato nel tempo.

Con un fortissimo abbraccio
don Franco

Rileggendo il MOTU PROPRIO

Ogni volta che rileggo il documento papalino trovo qualche finezza che merita considerazione.

Ci sono delle "perle teologiche" davvero notevoli. I vescovi vengono scavalcati o, meglio, dribblati. In pratica sono ridotti al rango di notai.

Il tutto è giocato a favore dei tradizionalisti che potrebbero trovare opposizione in alcuni vescovi più attenti alla base ecclesiale e ancora favorevoli ad alcune aperture conciliari.

La lettera ai vescovi che accompagna il Motu Proprio è ancora più esplicitamente autoritaria e subdola.

In pratica il papa si pone nettamente sopra il collegio episcopale al quale chiede, senza mezzi termini, di adeguarsi e di non creare ostacoli ai desideri e alle richieste dei cattolici tradizionalisti.

Il che, tutto sommato, è spiegabile, vista la totale mancanza di coraggio e di autonomia che i vescovi cattolici da molti anni manifestano nei confronti della autorità papale. Sono caporali di giornata e il papa li tratta secondo il loro grado.

Lunedì 16 luglio presento i due documenti papali al gruppo di Moncalieri

QUALCHE ALTRA RIFLESSIONE SULL'OMOSESSUALITA'

Riporto qui alcune riflessioni del professor Pier Giorgio Rauzi, sociologo di Trento, comparse su “L’invito” n. 207, anno XXX, primavera 2007, periodico trimestrale di un gruppo di cattolici di Trento e dintorni.


Tempo fa alla presentazione del libro di Pier Giorgio Paterlini edito da Einaudi dal titolo: "Matrimoni", libro in cui l'autore passa in rassegna dodici racconti di "matrimoni" di coppie omosessuali, alternando coppie di maschi e coppie di femmine, porgevo al pubblico presente alcune considerazioni che i racconti mi avevano suggerito, ma che andavano anche oltre le suggestioni dei pur godibili racconti.

Anzitutto la "normalità" relazionale di queste coppie raccontate. In esse infatti il rapporto relazionale è vissuto esattamente come nelle coppie eterosessuali e passa attraverso le stesse dinamiche: positive e negative, di amore e di odio, di fedeltà e infedeltà, di indissolubilità e dissoluzione, di sopportazione e insopportazione, di attrazione e repulsione, di tenerezza e scontrosità.

Manca ovviamente il fatto procreativo, ma non manca un'esigenza genitoriale e nemmeno qualche differenziazione di ruoli nel rapporto di coppia.

Ma quel che vorrei riprendere in questa sede sono alcune considerazioni sull'accettazione e /o sul rifiuto dell'omosessualità nel corso della storia evolutiva dell'umanità.

Fin dal suo apparire sulla faccia del pianeta, l'umanità, o meglio, la sopravvivenza della specie umana, era costantemente messa in pericolo dalla scarsità demografica che non riusciva a far fronte a una dipendenza dalla natura in un rapporto di forze completamente sbilanciato sul versante della natura. Una scarsità che doveva perciò essere sopperita da un'istanza procreativa impellente ed esclusiva.

Da qui l'elaborazione culturale e religiosa che condizionava strettamente la legittimazione dell'esercizio della sessualità alla procreazione, delegittimando socialmente qualsiasi deviazione rispetto a questo imperativo categorico.

Una delegittimazione religiosa, etica, culturale, sociale e istituzionale che caricava di peccaminosità e di condanna morale per il tempo e per l'eternità, di sensi di colpa, di emarginazione sociale, di sanzioni punitive, di disprezzo volgare, di violenza fino all'eliminazione fisica di coloro che a questo imperativo cercassero di sottrarsi o non riuscissero ad adeguarvisi.

L'unica forma di legittimazione riconosciuta poteva essere una rinuncia sacrale al fatto procreativo, normalmente legato alla rinuncia all'esercizio della sessualità.

Tutto questo fino al relativamente recente avvento della modernità - dove questa è riuscita a imporsi e ad affermarsi - con la sua evoluzione scientifica e tecnologica che progressivamente segnava un prolungamento della vita media e un aumento demografico via via sempre più rilevante.

Ci voleva qualche secolo per accorgersi che la sopravvivenza della specie non era più messa in pericolo dalla scarsità demografica quanto piuttosto dal suo eccessivo incremento. Si era passati dal pericolo per difetto al pericolo per eccesso.

A mano a mano che questa consapevolezza si diffonde, lentamente si fa strada una progressiva accettazione di un esercizio della sessualità anche non finalizzato alla procreazione. Uniche a restare a difesa di una minaccia per difetto di una stirpe che ci fa tanto feroci sono le gerarchie religiose che continuano a ostinarsi a dare risposte edite a domande inedite.

La consapevolezza di questa nuova minaccia comporta nell'ambito dell'eterosessualità un'evoluzione che si fa strada anche se a fatica nello stesso contesto cristiano/ cattolico, dove è possibile individuarla nel passaggio, all'inizio degli anni Cinquanta del secolo scorso, dalla procreazione come fine primario del matrimonio (accanto al remedium concupiscentiae come fine secondario), all'ammissione dell'amore di coppia come fine con pari dignità primaria rispetto e accanto alla procreazione.

Sarà poi il Concilio Vaticano II a introdurre il concetto di paternità e maternità responsabili, come primo passo verso un controllo delle nascite finalmente legittimato anche se appesantito da implicazioni metodologiche e relativi divieti.

In ambito laico il controllo delle nascite viene legittimato, anche eticamente, semplicemente sul terreno dell'efficacia dei metodi, metodi che, per la prima volta nella storia dell'umanità, mettono nelle mani della donna il controllo, anche esclusivo, della decisione procreativa.

Nell'ambito dell'omosessualità la consapevolezza del pericolo, per la sopravvivenza della specie, dell'eccesso demografico, comporta una progressiva tolleranza sociale fino all'accettazione di un amore di coppia con relativo esercizio della sessualità senza finalità o possibilità procreati ve, che permette finalmente a chi si sente costituzionalmente attratto da un partner del medesimo sesso di venire allo scoperto uscendo dalle catacombe del nascondimento a cui la società lo costringeva o dalle situazioni coatte a cui aveva dovuto suo malgrado adeguarsi.

Che poi una certa qual rivincita su millenni di repressione e contro una situazione che ancora non vuole abbandonare la vecchia logica repressiva e delegittimante porti anche all'orgoglio omosessuale, è una conseguenza ampiamente comprensibile quantomeno fintanto che le discriminazioni sessuali tenderanno a persistere come purtroppo quotidianamente siamo costretti a constatare.

È pensabile di trovarsi anche qui in una di quelle zone grigie dell'etica dove è sempre più difficile accettare le pretese monopolistiche sull'elaborazione delle leggi morali con riferimento alla natura, in base alle quali si legittimano o si delegittimano i comportamenti umani da parte di qualcuno che si ritiene in possesso di una speciale delega divina (delega monopolistica che non tutti, tra gli stessi credenti, sono disposti ancora a concedere senza qualche riserva o distinzione).

Zone grigie che invece sarebbe assai meglio affrontare insieme a tutti gli uomini e le donne di buona volontà che si pongono responsabilmente e pensosamente questi problemi.

Quando poi queste pretese monopolistiche arrivano fino a voler imporre a tutti, credenti e non credenti, la propria visione delle cose attraverso le leggi dello stato, esse portano solo a una politicizzazione dell'etica il cui risultato è solo la contrapposizione frontale e il conflitto - come se la storia dolorosa di siffatti conflitti non offrisse abbondanti dosi di contraddizioni sul piano della credibilità e dell'autorevolezza e di esiti infausti sul piano dell'etica e delle politica.

I pericoli per la sopravvivenza della specie umana derivanti - come abbiamo visto - prima dal difetto e poi dall'eccesso demografico, non possono prescindere comunque dalla disponibilità delle risorse che il pianeta offre.

È pertanto inevitabile che gli standard di vita della porzione di umanità che occupa il cosiddetto mondo occidentale moderno e industrializzato non possano essere estesi a tutti i 6 miliardi e mezzo della popolazione mondiale, pena il rapido esaurimento delle risorse disponibili.

E siccome sembra che nessuno, senza esservi costretto da eventi catastrofici, sia disposto a rinunciare agli standard conseguiti, logica vuole che sia inevitabile andare verso una progressiva diminuzione della popolazione stessa.

A questo scopo una legittimazione sociale di amori non procreativi potrebbe essere, anche moralmente, assai più accettabile degli interventi bellici o repressivi e autoritari quali quelli presi dalle economie emergenti di molti stati asiatici, ma anche della logica inesorabile delle cosiddette leggi del mercato.

Ma la saggezza impone di chiedersi: - sarà possibile mantenere gli stessi standard di vita a cui siamo abituati con un calo demografico come quello che registriamo nelle nostre società e senza il contributo di quelle aree di umanità a cui abbiamo delegato, accanto a tanti lavori usuranti e inaccettabili per noi cittadini dell'occidente, anche il lavoro procreativo?

Lavoro e compito quello procreativo che è diventato ormai incompatibile con troppe nostre situazioni di vita, di lavoro, di carriera, di genere, di tempo libero, di compatibilità all'interno di un rapporto di coppia sempre più problematico e provvisorio o che tutt'al più proprio per queste incompatibilità non riesce ad andare oltre le esigenze di un'esperienza di realizzazione genitoriale per la quale basta un unico prototipo che ovviamente deve corrispondere ai requisiti del desiderio?

Una delega il cui diffondersi è ormai sotto gli occhi di chiunque la voglia vedere. Difficile separare o tener distinti ambiti che vanno necessariamente collegati e affrontati insieme nelle loro connessioni materiali ed etiche non districabili.

A questo siamo chiamati dalle responsabilità che le generazioni future e la sopravvivenza della specie sul pianeta ci affidano.